Missioni Consolata - Aprile 2002
P osteggiammo l’auto proprio di fronte alla baracca che Nol- berto mi aveva indicato. Non c’era niente che poteva fare imma- ginare quello che avremmo trovato all’entrare. Solo una scritta ambi- gua: «Video-Pub». Non so bene per quale lato del mio carattere, ma ogni tanto amo mettermi alla prova. È un aspetto più intellettuale che concreto, ma sempre, quando qualcuno mi pren- de sul serio (e in questo caso era sta- to l’amico Nolberto), mi trovo a compiere passi che mai avrei imma- ginato di poter compiere. Il proble- ma è che, nel momento in cui mi ac- cingo a compierli, mi viene un ter- rore che riesco a superare solo con una certa dose di incoscienza e in quei momenti sempre mi torna in mente la stessa frase: «Ma chi me lo fa fare?». La stessa domanda me la posi nel momento in cui scostammo le ten- de nere che chiudevano l’ingresso della baracca «Video-Pub» di Villa El Salvador, città di 350.000 abitan- ti, all’estrema periferia di Lima, in Perù. Scostata la prima tenda nera, i ru- mori si attutirono completamente e gli occhi, passando dalla luce acce- cante dell’esterno ad un ambiente completamente buio, si trovarono a vagare ansiosi. Un’altra tenda nera chiudeva il vero ingresso. La supe- rammo e il cuore cominciò a batte- re velocemente. Eravamo all’inter- no di un postribolo clandestino di u- na periferia del Terzo mondo. Ma chi me l’aveva fatto fare? A pprofittando di qualche setti- mana di ferie in Perù, avevo deciso di approfondire il te- ma dell’Aids. Dopo alcune intervi- ste, avevo capito che non era possi- bile comprendere il problema, se non cercavo di capire la società in cui esso nasceva e, all’interno di questa, due aspetti in particolare: la sessualità nei giovani e la prostitu- zione. Avevo manifestato a Nolberto la mia idea e lui, da uomo concreto e conoscitore di ogni aspetto della vi- ta di Villa El Salvador, mi aveva pro- posto una visita alla signora Isabel, professionista di riconosciuta fama ed attualmente tenutaria di un pic- colo «elegante» bordello. Passata la seconda tenda nera, ci trovammo in un locale di dimensio- ni impossibili da definire. Le pareti erano totalmente dipinte di nero e l’unica luce presente era una specie di fluorescente (di quelli che si usa- no nelle discoteche di terza categoria), che illuminava di luce az- zurrognola solo il bianco delle camicie e alcune piccole deco- razioni floreali sulle pareti nere. Il resto e- rano solo sagome in- distinte. Lamusica ad altissimo volume completava l’atmo- sfera. L’effetto finale era di stordimento di tutti i sensi (solo il battito del mio cuore si faceva sentire). Trovammo un ta- volino con due sedie e ci sedemmo. In un attimo due ragazze (forse di 16 anni) si avvicinarono e, con fare molto professio- nale, tentarono di se- dersi sulle nostre gi- nocchia e appoggian- doci un braccio sulla spalla ci chiesero: «U- na caraffa di birra con compagnia? O forse preferite una caraffa di sangrilla con com- pagnia?». All’unisono, Nol- berto ed io, quasi ci fossimo messi d’ac- cordo, rispondemmo: «Birra senza compa- gnia, grazie». La risposta le lasciò sconcertate e fece sì che si allonta- nassero subito dal nostro tavolo. Tornarono con la caraffa di birra, che, ad ogni buon conto, ci fecero pagare salatamente e in anticipo, e ci chiesero cosa desideravamo di al- tro. Chissà, forse vedevano in noi clienti un po’ particolari, oppure so- spettavano che fossimo poliziotti. Certamente non dimostravano più il calore dell’iniziale accoglienza e di questo eravamo felici. «Dovremmo parlare con la pa- drona» disse Nolberto, che mi ave- va raccontato di averla conosciuta quando lavorava come taxista. Le due ragazze sparirono e, dopo un po’, arrivò una persona con una torcia elettrica che ci puntò contro per scrutarci bene negli occhi. Riempì di domande Nolberto che rispose sempre a tono, usando il ger- go dell’ambiente. Ad un certo punto, la donna dis- se rivolgendosi a me: «Uno che ha gli occhi come i tuoi, non può esse- re un poliziotto». Senza rispondere, la invitammo a sedere con noi e, ordinata un’altra caraffa di birra (anche questa paga- ta salatamente e in anticipo), co- minciammo a conversare. Q ualche giorno prima, avevo intervistatoMax Pinedo, un ragazzo di 25 anni, studente di pedagogia e fondatore di un gruppo giovanile di lotta all’Aids. Mi avevano detto che Max cono- MISSIONI CONSOLATA 57 APRILE 2002
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