Missioni Consolata - Aprile 2002
MISSIONI CONSOLATA 54 APRILE 2002 ginale lavoro Vedi alla voce: amore , in cui il piccolo protagonistaMomik crede che la «belva nazista» sia un animale vero. Nel 1997 ha vinto il su- perpremio Grinzane Cavour con il romanzo Ci sono bambini a zig zag . C on onestà Grossman si defi- nisce «un artista del rinvio», perché «per anni non sono andato a compiere visite nei Territori e nemmeno nella Città Vecchia di Gerusalemme. Non l’ho fatto anche perché sentivo quanto mi odiavano gli abitanti di quei posti e, soprattut- to, perché mi rivolta sapere che esi- stono tra esseri umani rapporti di ineguaglianza». Forse, però, questo continuo rin- vio ha permesso che radici profonde crescessero nell’anima dello scritto- re israeliano, che a 33 anni con Vento giallo , frutto di un rigoroso lavoro di ricerca condotto da un poeta conme- todo e determinazione, ha scritto un libro profetico, sce- vro da ogni ipocrisia e sconcertante per la sua attualità dopo 15 anni. Scrive, infatti, Grossman: «Quando mi sono accinto in questo viaggio ho deciso di non incon- trarmi con uomini politici e personalità ufficiali, né tra gli ebrei né tra gli arabi. Volevo incontrarmi solo con quelli che sono i veri attori, che recitano loro stessi dav- vero in questa tragedia, con quelli che pagano di per- sona il prezzo delle loro azioni e dei loro insuccessi, del loro coraggio e della loro codardia, della loro corruzio- ne e della loro nobiltà». Lo scrittore ci presenta i protagonisti della «trage- dia» in una serie di «ritratti d’autore» che ci spalanca- no orizzonti davvero inaspettati. Nel campo profughi di Deheisha (dal bambino di 5 anni alla donna di 80) «tutti loro sono qui... ma tutti loro sono anche laggiù. Vale a dire che si trovano lì da noi, che sono in quella che oggi è Israele». Più di due milioni di profughi «si inebriano di sogni», che in molti casi si trasformano in odio spietato. I versi del poeta Radijah Shehadah di Ramallah, ispi- rati dall’olivo, dipingono questametamorfosi «e in quel- lo stessomomento l’olivomi ha rapito/e al suo posto c’è un vuoto in cui confluiscono dolore e ira». Grossman vede sui volti dei profughi rassegnazione e odio, fo- mentati dalle brutali irruzioni notturne dei soldati israe- liani per scoprire «terroristi» ed imprigionare sospetti. La scuola dell’odio inizia nei fatiscenti asili infantili dei campi profughi, si nutre con la vita negli stessi cam- pi e nella disumana ed umiliante attesa ai posti di bloc- co; si perfeziona, infine, all’università. L’università di Betlemme, ad esempio, è animata da studenti seri ed in- teressati che dichiarano «l’occupazione militare ci op- prime», mentre «su un grande asse è inchiodata una grande carta della Palestina, colorata in rosso, con la scritta “La Palestina a Noi!”». Persino nel villaggio di Wadi Aguku gli abitanti, strappati dalla loro terra nel 1948 e fatti ritornare nel 1972, ricordano: «La vita nel campo profughi è dura, là si deve sempre chinare la testa, aspettando la botta che non mancherà di colpirti. Dopo qualche anno uno non ha più nulla se non la paura e la miseria. Spera solo di morire». Ed è Abu Karb, 85 anni, «la storia ambulante del paese», a suggerire a Grossman il titolo del libro ri- cordando: «Dalla porta dell’inferno verrà questo vento (perché dalla porta del paradiso spira solo un vento fre- sco) e sarà quel vento che gli arabi del posto chiamano RiahAzpar , vento giallo che viene dall’Est, un vento tre- mendamente caldo, un vento che a volte... incendia tut- ta la nostra terra, e allora tutti scappano a rifugiarsi nel- le grotte e nelle caverne; ma, anche lì dentro, il vento raggiunge quelli che vuole raggiungere e cioè i malvagi e crudeli operatori del male, e lì, negli anfratti delle roc- ce, li uccide tutti a uno a uno. Epoi, quando questo ven- to sarà passato, tutta la terra sarà coperta di cadaveri». Lo scrittore israeliano registra con rigore i paradossi insiti sia nel controllo spietato dei Territori e le azioni brutali, commesse dai soldati israeliani sui ponti, dove tra lacrime e strilli di bambini vengono distrutti pure i giocattoli già controllati, sia l’ottusità nell’appoggiarsi ai «vastari». Èquesta una «mafia» arabamediatrice nei vil- laggi e nel non controllo di dormitori clandestini e im- prese di pulizia, tanto che «dovunque andranno, gli ope- rai arabi saranno guardati con sospetto, li frugheranno, li tormenteranno a ogni momento; però ci sono lunghe ore, al buio, in cui loro hanno in mano tutte le nostre chiavi». Denuncia, inoltre, in quale focolaio d’odio e divisio- ne si può trasformare «l’associazione clandestina di ter- rorismo ebraico», che ha in Ofra una delle sue roc- Gerusalemme, pomo della discordia fra israeliani e palestinesi. Sullo sfondo: la torre di Davide.
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