Missioni Consolata - Aprile 2002
40 APRILE 2002 CONSOLATA MI SS IONI perta perché la considerava un be- ne comune da dividere tra tutti». Professore, qualcuno sostiene che con il vertice di Genova (luglio 2001) e di Doha (novembre 2001) si sono fatti passi in avanti nel campo delle politiche sanitarie. È vero? «Affatto. Gli unici progressi so- no avvenuti per puro caso. Dap- prima, per lo scandalo del Sudafri- ca, poi a seguito della vicenda del- l’antrace, quando il governo degli Stati Uniti è intervenuto sulla Bayer per costringerla a vendere l’anti- biotico a metà del suo prezzo». Io continuo a chiamarla profes- sore, ma lei è anche un sacerdote... «Non c’è dubbio al riguardo. So- no - risponde con un sorriso - ami- co di papa Wojtyla da oltre 30 an- ni. L’ho conosciuto da giovane, quando studiavo in seminario a Ro- ma. Egli veniva a trascorrere le sue vacanze di natale e pasqua in Bel- gio, mentre io lo visitavo spesso in Polonia, a Cracovia soprattutto. In seguito, ci ritrovammo al Concilio Vaticano II in una commissione preparatoria per la “Gaudium et Spes”, della quale io ero il segreta- rio. Dopo la sua elezione a papa, io non l’ho più visto...». Le sue idee, i suoi studi le hanno creato qualche problema con i ver- tici ecclesiastici? «Sì, ma il fatto di essere sociolo- go mi ha aiutato a non rompere. Comunque, i miei problemi non sono iniziati con il pontificato di Giovanni Paolo II. Già durante la conferenza di Medellin, dove ero stato invitato dalla Conferenza la- tinoamericana, sono stato fatto og- getto di veto da parte della Santa Sede. Identicamente c’è stato un veto per la mia nomina alla testa dell’“Istitutomissiologico” dell’U- niversità di Münster, in Germa- nia». D’altra parte, lei ha insegnato lungamente presso l’Università di Lovanio, una delle più antiche e prestigiose università cattoliche del mondo... «Verissimo. Ho insegnato a Lo- vanio per oltre 30 anni, dal 1958 al 1990. Ad onor del vero, anche lì ho avuto un paio di richiami... Tutto ciò non mi ha impedito di avere rapporti normali con l’epi- scopato belga e gli organi centrali della chiesa. Io affermo la mia ap- partenenza alla chiesa cattolica». Da dove nasce il suo amore per l’America Latina? «Da 15 anni di lavoro con quei paesi e poi dalla stretta amicizia che mi ha legato a monsignor Helder Camara. Comunque, non mi sono interessato soltanto di America La- tina. Ho lavorato anche in Asia, so- prattutto in Sri Lanka e Vietnam». Lei è uno dei principali organiz- zatori del «Forum sociale mondia- le» di PortoAlegre. Rispetto ad es- so le opinioni sono discordanti. Qualcuno lo disprezza, altri sorri- dono con sufficienza, altri ancora sparano insulti contro i parteci- panti, definendoli illusi o addirit- tura pericolosi, nemici dei poveri e del progresso... «A me pare che Porto Alegre ab- bia prodotto un effetto fondamen- tale sul piano internazionale. Vale a dire un cambiamento di prospet- tiva, in base al quale all’idea domi- nante che non ci sono alternative al cammino del capitalismo oggi si contrappone l’idea che “un altro mondo è possibile”, perché esisto- no delle alternative credibili. Per sintetizzare, possiamo dire che il “Forum Social Mundial” di Porto Alegre rappresenta il punto di vista della società civile dal bas- so, mentre il “World Economic Forum” di Davos (quest’anno spo- stato a New York) porta avanti le istanze dall’alto. Attualmente la responsabilità principale del Forumdi Porto Ale- gre è sulle spalle di movimenti lati- noamericani ed europei. Ma stia- mo lavorando per coinvolgere di più il mondo africano, asiatico ed arabo. Per questo è probabile che, dopo la prossima edizione (ancora a Porto Alegre), il Forum sarà ospi- tato altrove, forse in India». Gli obiettori (anche tra i lettori che scrivono alla nostra rivista) af- fermano che tutti questi movi- menti contrari alla globalizzazione sono, per la loro stessa natura, contro la società nella quale vivo- no. Per dirla in maniera popolare, sarebbero «persone che sputano nel piatto nel quale mangiano». Che rispondere, professor Hou- tart? «Il grande vantaggio di Porto Alegre è di riunire movimenti e or- ganizzazioni, che non hanno l’ob- bligo di essere d’accordo su un te- sto unico. D’altra parte, è vero che a Porto Alegre si riuniscono tutti i soggetti che hanno preso posizione contro il neo-liberismo e il capita- lismo, e a favore di una ricerca di alternative. Accanto a tutto ciò ci sono anche molti pericoli: una certa domina- zione delle Organizzazioni non go- vernative (Ong) sui movimenti so- ciali, una folklorizzazione dei mo- vimenti di resistenza contro la mondializzazione della filosofia ca- pitalista, una repressione sempre più forte (soprattutto dopo l’11 settembre) da parte dei poteri do- minanti, con una criminalizzazione delle resistenze e delle lotte sociali, e una militarizzazione delle so- cietà». Professore, a sentire queste sue considerazioni, nonmi pare si pos- sa essere molto ottimisti per il fu- turo... «Guardi, voglio risponderle con le parole di EdoardoGaleano: “La- sciamo il pessimismo per tempi mi- gliori”». Sempre affollatissime le sale della «Pontificia università cattolica» (Puc) di Porto Alegre.
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