Missioni Consolata - Aprile 2002

talia un posto di lavoro fisso; ha ten- tato in Veneto; poi è tornato ad An- cona. Così è essenziale che Bilen mantenga la sua occupazione. Non ci sono problemi per questo: Bilen è brava ed apprezzata. Ma aspetta presto un bambino. È felice e trepidante insieme. In- tanto continua a lavorare presso la signora, che le vuole bene e ha per lei tutte le accortezze che avrebbe una madre, sino al nono mese... E nasce Marilù, un delizioso batuffo- lo dagli occhi a mandorla, un mon- do di tenerezza. Non vedo più Bilen e la immagi- no presa dal suo tenero pargoletto dalla pelle d'ambra e dai capelli di ebano. Chiedo notizie di lei. «Bilen è triste e nervosa» mi rispondono. Non riesco a spiegarmi: perché Bi- len, così dolce e sempre sorridente, è triste e nervosa? Immagino che si tratti di proble- mi di lavoro: lei dovrà stare con la piccola Marilù e il marito sarà an- cora alla ricerca di un'occupazione; forse dovranno chiedere una mano a qualcuno dei numerosi filippini di Ancona. E, per una giovane coppia, è sicuramente fonte di preoccupa- zione. Niente di tutto questo. Bilen e il marito lavorano entrambi. Allora sarà una zia o una nonna ad occu- parsi della piccola? In un certo sen- so è così: una zia, che tornava nelle Filippine, ha portato con sé la pic- cola; essa ora è in un villaggio pres- so Manila, dalla nonna, la madre di Bilen. È successo dopo quattro me- si dalla nascita. La notizia mi veniva data con na- turalezza dalla nuova giovane filip- pina, che ha sostituito Bilen presso la signora mia amica. Io ascoltavo quasi con raccapriccio, incredula, in un impotente moto di dolore, so- lidale con la giovane madre. Poi ho ragionato su ciò che avevo giudica- to una barbara legge di clan, un’ef- ferata crudeltà. I genitori di Marilù avevano cer- cato un asilo nido ad Ancona, ma a- vrebbero dovuto pagare una quota mensile di 260 euro; con tale som- ma, che essi inviano nelle Filippine, vive tutta la famiglia di Bilen: padre, madre, i sei fratelli... e la stessa Ma- rilù. Anche questo è immigrazione. La penuria di risorse vitali, che deter- mina lo strazio innaturale della se- parazione di due creature, fatte per vivere l'una dell'altra; la povertà che travolge gli affetti più sacri e li mu- ta in privazione affettiva e in dolo- re; l'incapacità di noi piccoli «ric- chi» e delle nostre istituzioni di sol- levare situazioni limite, come quella di Bilen e della sua Marilù che chie- devano, in fondo, soltanto un posto meno costoso in uno dei nostri asi- li nido. E noi, mamme italiane, ci per- mettiamo «il lusso» di stare in an- sia per i nostri sfaccendati figli, che fanno le ore piccole. Poi, la dome- nica mattina, tutti zitti in casa, per carità: i «giovin signori» riposano! Gran Dio, ci sarà mai giustizia per i poveri del mondo? Mc (*) Docente di lettere nella scuo- la media «Giovanni Pascoli» di Ancona, R ITA V IOZZI M ATTEI è impe- gnata anche in un gruppo missio- nario e insegna italiano ad un gruppo di immigrati. Sopra e a lato: tre albanesi e due ragazzi nigeriani a Torino. Sotto: filippine in Piazza San Pietro a Roma.

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