Missioni Consolata - Aprile 2002
nostra lezione si avviava alla fine. Però, ad un certo punto, Victoria scomparve. Poi, aiutata da Faime e Isabel, tornò con un grande vassoio di pasticcini e due bottiglie di spu- mante. La lezione si sciolse così nel più bel compleanno cui io abbia mai partecipato. L'ambiente della nostra scuola è povero; l'aula pic- cola e disadorna. Ma la festa che ab- biamo vissuto tra quelle pareti re- sterà indimenticabile. Ho sentito che i «miei» 20 ragaz- zi, arrivati dalle parti più lontane del globo, diversi per lingua, religione, costumi, colore della pelle... si vole- vano bene ed erano felici di stare in- sieme. Alla ventenne Victoria abbiamo cantato «buon compleanno» in 10 lingue diverse; ogni canto veniva a- scoltato con curiosità, rispetto ed interesse, seguito da applausi dav- vero gioiosi. Tutti, poi, hanno volu- to essere fotografati con tutti. Io li guardavo incantata e pensa- vo: «Potrebbero essere tutti miei fi- gli!». LA STORIA DI BILEN È sabato sera. E già penso che lo scorrere delle ore mi porterà la solita ansia, che si placherà soltan- to quando sentirò girare per due volte la chiave nella toppa; quando cioè i miei due figli, entrambi mag- giorenni, saranno rientrati a casa, dopo aver celebrato il rito del saba- to; dopo essersi omologati al costu- me di questo nostro tempo, per cui le ore del divertimento e dello stare insieme debbono necessariamente essere quelle tarde o tardissime del- la notte! La mia tensione del sabato sera è condivisa damolte altremadri. A lo- ro voglio raccontare una storia, per dire che ci sono altre mamme la cui ansia non conosce sabati, perché na- sce da una separazione totale, da u- no strappo crudele, che noi madri i- taliane non riusciamo nemmeno a pensare possibile. Bilen ha l'età di mia figlia, 24 an- ni. È una graziosa filippina, delica- ta e gentile (come sono spesso le o- rientali), che assiste con intelligen- za e discrezione una signora, mia amica. Bilen è sposata a un suo con- nazionale, che stenta a trovare in I- MISSIONI CONSOLATA 22 APRILE 2002 Aspet tando l ’autobus Tutte le mattine aspettano l’autobus per andare al lavoro: lui e una rove- retana di circa 60 anni. I primi giorni la donna fa finta di non vederlo. Egli aspetta che lo guardi per poterla sa- lutare. Ma siccome questo non acca- de, lascia perdere. Poi, incontrandosi sempre alla stes- sa ora, nello stesso posto e tutti i gior- ni, lei incomincia a guardarlo con cu- riosità: la pelle scura rivela origini lon- tane. La curiosità cresce di giorno in giorno, finché una mattina la signora, appena giunta alla fermata dell’auto- bus, come se si fosse portata la do- manda da casa, sbotta: «Da dove vie- ni, tu?». «Sono pakistano» risponde l’interessato con un sorriso. Dopo una pausa abbastanza lunga, la signora interviene ancora. - Ma voi, nel vostro paese, non avete case? - Chissà, forse no - risponde sorri- dendo. - No? Allora dove sei nato? - Sotto un albero - risponde divertito. - Sotto un albero? E cosa mangiavi? - Le foglie. Il pakistano immagina che la rove- retana si sia accorta dello scherzo. Ma lei lo squadra da capo a piedi, per e- sclamare: « Però, te sei vegnù lo stess grant e gross! ». In quel momento arriva l’autobus. Salgono entrambi: la signora occupa il primo sedile libero e si gira verso il finestrino. S NEZANA P ETROVIC , presidente dell’Associazione dei mediatori interculturali «Città aperta - Ponti fra persone, lingue, culture» di R OVERETO (T N )
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