Missioni Consolata - Marzo 2002

MISSIONI CONSOLATA 9 MARZO 2002 Cari... struzzi A pprezzo molto gli articoli di Paolo Moiola . Considero un at- to di coraggio scrivere la verità e, soprattutto, farlo non su un gior- nale che a priori si schiera con lui, ma su una rivista come Missioni Consolata, letta anche da cattoli- ci moderati. È inutile fare lo struzzo. Le de- nunce di Moiola toccano la realtà, che solo gli struzzi non vogliono (o non osano) vedere. La sua penna fa ancora sperare che esista un ve- ro giornalismo: scrivere su ciò che si vede e crede, non per opportuni- smo o secondo una linea editoria- le, ma per onestà intellettuale. Non aver paura degli insulti al- trui è un atto di valore nel mondo attuale, in cui tutto è sempre più omologato (idee, costumi, perso- ne). Tutti per insicurezza tendia- mo ad omologarci. Persino i parti- ti sembrano tutti uguali. Invito i lettori, scandalizzati da alcuni articoli, a rispondere con o- nestà alla domanda: la vostra opi- nione rimarrebbe sempre la stessa se foste nati in una baraccopoli, ci- bandovi dei rifiuti dei ricchi? - morendo di Aids, perché il busi- ness del mercato farmaceutico im- pedisce ai paesi poveri l’accesso ai farmaci? - morendo di fame, freddo o colpi- ti da una mina (l’Italia è ai primi posti nella fabbricazione di armi: vedi il marchio Beretta ) o trasci- nandosi per tutta la vita con pro- tesi agli arti? - morendo avvelenati dai pesticidi riversati su ananas e banane, che giungono sulle nostre tavole sem- pre più imbandite, anche del su- perfluo?... La decantata globalizzazione genera anche questi «effetti colla- terali». Potrebbe essere positiva, ma è impostata molto male. Con- tro questo sistema di morte, per fortuna, c’è ancora gente che lotta pacificamente: non solo per altrui- smo, ma anche per un «sano egoi- smo». Cari struzzi, è ora che alziate la testa e guardiate la realtà in fac- cia: forse capirete che il sistema perverso, prima o poi, si ritorcerà contro di noi che l’abbiamo creato o contribuito a tenerlo in piedi. L’alternativa è un mondo solidale, in cui si abbattono non le barriere dei mercati, ma quelle del cuore. S ILVANA V ERGNANO - T ORINO L’«onestà intellettuale» rifiuta pu- re il processo alle intenzioni; si ma- nifesta nell’impegno solidale e nel confronto con tutti, richiedendo e concedendo libertà. Più che un’idea da sbandierare, è una faticosa via da percorrere. Parentesi che contano N on entro in polemiche... Cerco di essere propositivo con tre ri- flessioni. 1. Non dobbiamo dimenticare che, come lettori di Missioni Con- solata , siamo probabilmente tutti dalla stessa parte: ovvero, voglia- mo un mondo pacifico che dia a tutti la possibilità di una vita di- gnitosa. Pertanto non ha senso di- videre il mondo fra occidente e re- sto del mondo. Gli estremi spesso si toccano, e il grigio comunismo «reale» della miseria non era mi- gliore delle metropoli dell’occiden- te. È importante che le persone co- noscano i fatti, affinché capiscano e decidano, evitando però inter- pretazioni di parte e facili genera- lizzazioni. 2. La nostra libertà di azione, purtroppo, non è così ampia come si potrebbe credere. Questo perché noi stessi siamo «pedine» dei mec- canismi economici-tecnologici. Sarebbe disposta Missioni Con- solata a diminuire il numero di pa- gine, a rinunciare al colore ed ac- cettare tempi di invio ancora mag- giori? La rivista può fare a meno di fax o telefono? Rinunciare a molte distorsioni della nostra civiltà (ad esempio, il ricorso esasperato all’«usa e get- ta», spesso un controsenso econo- mico-ecologico) è possibile; ma ri- chiede un cambiamento di menta- lità, oltre (sarebbe auspicabile) ad un intervento degli stati che do- vrebbero penalizzare economica- mente (per esempio, tassando) i prodotti non indispensabili, che generano inquinamento ed impo- verimento delle risorse. 3. È bene fare attenzione, nel guardare lontano, a non perdere di vista ciò che ci succede vicino. Un esempio: quante donne in Italia sono schiave, costrette contro la lo- ro volontà a prostituirsi? Quante di queste, spesso giovanissime, ver- ranno segnate per tutta la vita? Trovo giusto prendere a cuore gli indios u’wa della Colombia ed in- furiarsi contro un’economia distor- ta che chiede il sacrificio di un po- polo per profitto, ma credo che sia giusto anche provare rabbia per le nostre vite sconvolte, se non di- strutte, che potremmo salvare sen- za la necessità di attraversare con- tinenti. M AURO S ILVERINI - T ORRE DEL L AGO (LU) D’accordo, anche sulle «parente- si». Il «lontano» non indebolisce il «vicino»... Noi proponiamo «la so- brietà felice: non è quella del “bar- bone”, perché a questi manca la le- tizia. La sobrietà felice è un vivere meglio consumando meglio; deve essere pure un modo di giudicare il mondo con lo sguardo dei poveri» (Antonio Nanni). Anche la sobrietà felice è una strada da percorrere. La strada da percorrere

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