Missioni Consolata - Marzo 2002

e né sonno: con la sua predicazione e conforto mi sembrava di aver man- giato fagiani». Portati a riva più morti che vivi, i neri chiesero il battesimo, convinti di essere scampati allamorte per le pre- ghiere del francescano. Seguirono due mesi di fame e iso- lamento. «Solano si prodigava per procurare gamberi, pesci, erbe e ra- dici da spartire tra i superstiti - rac- conta unodi essi -.Nessunodegli uo- mini e frati, per quanto si sforzasse- ro, riuscivano a pescare alcunché. Un giorno alcuni uomini si azzuffarono come lupi per accaparrarsi le provvi- gioni e arrivarono alle armi. Il santo uscì dalla capanna flagellandosi le spalle fino al sangue e rampognando i contendenti per la loro cupidigia. L’effetto fu immediato: quelli getta- rono le spade e caddero ai piedi del frate, abbracciandosi come fratelli». Caricati su un brigantino, i naufra- ghi raggiunsero il portoperuvianodi Paita. I frati continuarono a piedi verso Lima. Dopo quasi 600 chilo- metri, i piedi sanguinanti, sfigurati dalla fatica, i frati facevano pietà. Fu- rono accolti in una guarnigione mili- tare, dove passarono la pasqua. Alla fine di maggio del 1590 raggiunsero Lima, accolti fraternamente nel con- vento di san Francesco, cuore della provincia dei Dodici Apostoli. COL CAVALLO DI S. FRANCESCO Un mese dopo gli 8 frati ripresero il viaggio. Secondo il comando e- vangelico, fra’ Solano non portava né vesti di ricambio, né bisaccia; a quest’ultima supplivano le capaci maniche del saio, dove ammucchia- va tutto il suo capitale: una croce di legno con l’immagine dipinta di Cri- sto, qualche soccorso per infermi e mendicanti, un flauto e un rudimen- tale violino con archetto, costruiti con le sue mani. Fra’ Navarro aveva affittato 19 de- strieri; ma Solano preferì «il cavallo di san Francesco», per non perdere l’allenamento. E fece a piedi 3mila e più chilometri, scavalcando le Ande e attraversando altipiani a oltre 4mi- la metri di altitudine. Ai primi di ottobre la comitiva ar- rivò al convento di Potosí (Bolivia), giusto in tempo per la festa del po- verello di Assisi. La ricorrenza fu ce- lebrata con una liturgia di canzoni e danze rimasta memorabile: il supe- riore del convento intonò un vecchio canto: Tale innamorato mai fu visto, giacché fu conCristo d’amore piagato . Manco a dirlo, fuori di sé dalla gioia, Solano prolungò la canzone com- movendo i frati che già parlavano di lui come di un santo. Alla fine di novembre 1590, dopo 21 mesi di peripezie, Solano final- mente entrava nella regione del Tu- cuman, la terra tanto sospirata. MISSIONI CONSOLATA 51 MARZO 2002 PANE INSANGUINATO Quando Fra’ Solano si recò a La Rioja, fu invitato a pranzo da un uomo mol- to ricco, che approfittava degli indios e li trattava molto crudelmente. Sedu- tosi a mensa, il santo prese del pane e lo strinse tra le mani. Col grande stu- pore dei commensali, dal pane uscì del sangue. Si alzò allora e disse con voce amara ed energica: «Non mangerò mai alla mensa di chi si serve del pane im- pastato con il sangue degli umili». Da quel giorno fu decisa una campa- gna in favore degli indios . Ma non ot- tenne nulla, né con la persuasione né con l'esempio. Scoraggiato risolvette allora di andarsene». GIOVEDÌ SANTO A LA RIOJA Era il giovedì santo del 1593 la Rioja. Erano arrivati in città 45 cacicchi indi- geni con la loro popolazione. La scar- sa popolazione della colonia sente la loro presenza come una minaccia. Il ca- pitano Pedro Sotelo diede ordine di ar- marsi e salire a cavallo, per mettersi in salvo in caso fosse accaduto il peggio. Il momento peggiore sarebbe stato quello della processione. Fra’ Solano era l’unico a guardare sere- namente quelle facce enigmatiche. Parlò loro con tale fervore che tutti lo capivano, nonostante parlassero tre o quattro idiomi differenti. Commossi fi- no alle lacrime, gli indios si inginoc- chiarono dinanzi a frate Diaz chieden- dogli il battesimo. Fra’ Solano abbracciò gli indios e dis- se al confratello: «Non aver paura, fra- tello, facciamo la processione». Vedendo gli spagnoli flagellarsi, gli in- dios domandarono al padre cosa rap- presentasse quello spettacolo dram- matico. Fra’ Solano piegò loro con fer- vore che in quella notte del giovedì santo avevano flagellato ed ucciso No- stro Signore per i nostri peccati. Gli indios ruppero il silenzio e, con molte lacrime, si tolsero le camicette e cominciarono tutti a flagellarsi con fruste e quanto incontravano. E que- sto fu per frate Diaz e per altri di po- ca fede la maggiore edificazione che ebbero nella loro vita. Fra’ Solano si aggirava in mezzo agli indios con tanta allegria e devozione, come un «sergente del cielo», to- gliendo loro i flagelli e raccontando mille cose per tutta la notte, senza ri- paro, predicando e insegnando. Si trat- tenne in quella città fino a quando gli indios non furono idonei ad essere tut- ti cristiani: il loro numero fu di nove mila. SOLANO INNAMORATO Il soldato Fernando Avendano raccon- ta di aver sorpreso più volte il Solano nell'orto conventuale, col volto «alle- grissimo» e violino in mano, a canta- re come un giullare a una «donna mol- to bella» che l’aspettava «nascosta dietro un velo sull'altare di Trujillo». Era la Vergine Madre. E molti lo hanno visto cantare e danzare dinanzi a lei come un innamorato. Sempre a Trujillo, fra’ Solano aveva fatto amicizia con la famiglia San- chez. Il frate vi ricorreva spesso per chiedere alimenti e medicine. Punta da curiosità, un giorno la signora gli domandò dove andasse con le mani- che colme di ogni ben di Dio. «Da un'innamorata che ho fuori città» ri- spose il santo. L'innamorata era una lebbrosa. Il fra- te la curava, le puliva la casa e le pre- parava da mangiare con le sue mani. (da: J. G. Oro, San Francisco Solano , Madrid 1986) I fioretti di fra’ Solano

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