Missioni Consolata - Marzo 2002
le, sempre più caratterizzato dal dualismo tra mente e materia, ani- ma e corpo . In questo contesto, i fi- losofi ritennero più importante il mondo spirituale, l’anima umana ed i problemi etici, piuttosto che il mondo materiale. Solo dopo duemila anni, con il Ri- nascimento, nacque, accanto alla matematica, un nuovo interesse per la natura, il cui studio fu affrontato per la prima volta con spirito scien- tifico e sperimentale. Galileo Gali- lei , il primo ad impiegare insieme matematica e conoscenza empirica (derivante non da affermazioni teo- riche, bensì da esperimenti pratici), è considerato il padre della scienza moderna. Lo sviluppo di quest’ultima con- tinuò fino a quando, nel Seicento, René Descartes ( Cartesio ) fondò u- na concezione della natura basata sulla separazione netta tra la realtà della mente e la realtà della materia. Tale filosofia portò gli scienziati da un lato a considerare la materia co- me inerte e completamente distinta da se stessi e, dall’altro, a rappre- sentare il mondomateriale come un insieme di oggetti diversi fra loro e uniti insieme come a formare una gigantesca macchina («meccanici- smo», cfr. puntata 1 ). Su queste basi nacque la mecca- nica e da questa la fisica classica; e proprio il modello meccanicistico (sostenuto da Isaac Newton) do- minò il pensiero scientifico fino al- la fine dell’Ottocento. La famosa frase di Cartesio cogito ergo sum , «penso quindi sono», mo- stra come l’uomo occidentale si i- dentifichi con la propria mente an- ziché con l’intero organismo: l’uo- mo moderno vede se stesso, il più delle volte, come un «io» che vive «all’interno» del proprio corpo, controllato dalla mente, e quindi causa di conflitti tra volontà co- sciente (mente e razionalità) e istin- ti involontari (corpo ed emozioni). A sua volta, ogni individuo si sche- matizza secondo le proprie capacità, attività, sentimenti, opinioni…, con la conseguente frammentazione in tanti e differenti, spesso conflittua- li, compartimenti separati tra loro. Analogamente, anche il mondo e- sterno è visto come un insieme di oggetti e fenomeni a se stanti: la na- tura diventa così un insieme di par- ti separate, sfruttabili da interessi differenti . Questa visione non uni- taria investe infine anche la sfera della società, suddivisa infatti in na- zioni, razze, gruppi religiosi, grup- pi politici. La concezione che tutti i fram- menti (in noi, nell’ambiente, nella società) siano effettivamente sepa- rati potrebbe rappresentare la cau- sa profonda delle attuali crisi socia- li, ambientali, culturali. L’uomo si è infatti estraniato dal- la natura e, allo stesso tempo, dagli altri esseri umani, dimenticando che egli stesso è, invece, parte della natura ed assolutamente dipenden- te da essa, e che la sua stessa esi- stenza è inscindibilmente legata a quella degli altri uomini. Come con- seguenza, egli ha trascurato sia il ri- spetto per la natura sia la solidarietà nei confronti dei suoi simili. In altre parole, è diventato «egoista». P iemonte, gennaio 2002. Allarme siccità e inquinamento atmosfe- rico. Non piove da più di tre mesi, i letti dei fiumi sono spavento- samente secchi, l’agricoltura è a rischio. Torino è la città più inquina- ta d’Italia. Superati ripetutamente i limiti di molti inquinanti, in parti- colare le polveri (le cosiddette « PM 10 »). Allarme patologie respiratorie. Provvedimenti per limitare il traffico automobilistico: targhe alterne il mercoledì e giovedì ed uno sporadico blocco totale domenicale della circolazione. È in una situazione come questa che può manifestarsi il grottesco ed al momento insanabile conflitto tra «crescita economica» e «sviluppo ci- vile». Sì, perché in questi giorni critici (settimane…) è possibile vedere quei famigerati macchinari che, stendendo l’asfalto, a dispetto delle in- novazioni tecnologiche, regalano ai nostri polmoni fumi irritanti e tos- sici i quali, uniti ai famigerati inquinanti atmosferici, rendono l’aria del- la zona interessata irrespirabile. Nei momenti di maggior crisi da in- quinamento atmosferico non sarebbe più utile posticipare questi lavori, spesso superflui? La gentile operatrice dell’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico) passa la patata bollente al nucleo di Polizia ecologica, che mi rimanda ai vi- gili di zona. «Non è possibile fermare questi lavori, l’impresa ha un ap- palto e deve rispettare i tempi, altrimenti dovrà pagare delle penali», mi risponde il vigile. «D’altronde è un servizio di utilità pubblica!». Scu- si, ribatto, forse la salute pubblica non lo è? «E poi - insiste - il lavoro durerà al massimo un’ora!» Sì, ma quando finisce sotto casa mia si spo- sterà da qualche altra parte! «Comunque non si preoccupi, viene e- messo solo vapor d’acqua». Solo vapor acqueo?... Tutto quadra con la «cultura» dominante: meglio avere la viuzza sotto casa con l’asfalto li- scio come la pista di Monza, ed i polmoni neri. Tanto i polmoni non si vedono... Si.Ba. IL VIGILE URBANO Storie di ordinaria quotidianità (1)
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