Missioni Consolata - Marzo 2002
pella; una residenza per i formatori; un centro sanitario, una scuola ele- mentare e campi agricoli. Il tutto per accogliere varie famiglie, in un pe- riodo di due anni, con l’obiettivo di un’intensa formazione sociale, cul- turale e religiosa. LA GUERRA IN CASA Tra il 1976 e il 1992 il Mozambico attraversò uno dei periodi più tragi- ci della sua storia. Il paese fu deva- stato dalla guerra: una guerra civi- le atroce tra il governo, guidato dal Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico), e il movimento contro- rivoluzionario della Renamo (Resi- stenza nazionale mozambicana). A combattersi furono gli stessi membri della nazione mozambica- na, i figli della medesima terra, fra- telli contro fratelli. Fu una guerra in cui l’uomo guardava al suo prossi- mo senza pietà, uccidendolo. Alla base del conflitto c’erano due ideologie contrapposte: rivoluzione marxista e controrivoluzione bor- ghese ; due modi differenti di vede- re e organizzare la vita. Gli effetti so- no stati devastanti: oltre un milione di morti, un milione e mezzo di rifu- giati nei paesi vicini e più di nove milioni di sfollati interni, che hanno abbandonato o perduto casa e pro- prietà. Sono stati distrutti beni e in- frastrutture essenziali alla vita e al- lo sviluppo del paese: rete commer- ciale, scolastica e sanitaria. Gli spostamenti su strade erano impossibili; i profughi affollavano le città e cittadine più importanti, es- sendo fuggiti dall’insicurezza della campagna. L’abbandono dei campi interruppe ogni produzione, provo- cando miseria permanente e dipen- denza assoluta dai paesi stranieri. In questo dramma la chiesa non ha mai cessato di ammonire che la guer- ra non era la soluzione dei problemi del paese, affermando la necessità di far tacere le armi e aprire la via del dialogo per risolvere i conflitti... co- me facevano gli antenati. In « Un appello alla pace» (gennaio 1983), per esempio, i vescovi invi- tavano la gente a prendere coscien- za della situazione di guerra, denun- ciavano i belligeranti per aver scelto la violenza come strumento per ri- solvere il conflitto e indicavano la promozione della vita e il dialogo quali strumenti ineludibili per pro- muovere il bene della nazione. Il ruolo della chiesa fu determi- nante nel processo che pose fine al- la guerra con l’ Accordo generale di pa- ce , firmato a Roma il 4 ottobre 1992. Fu da questo impegno per la pa- ce, nella fedeltà alla missione della chiesa, che l’Assemblea diocesana della pastorale, tenutasi a Inham- bane il 19-20 novembre 1991, de- nunciò la violenza nella scuola, la violenza per sopravvivere, la violen- za giustizialista e distruttiva di sen- timenti. Nello stesso incontro si av- vertì l’esigenza di assumere un at- teggiamento nuovo per promuovere la riconciliazione in Mozambico, po- tenziando il Centro di Guiúa. Rivolgendosi alle comunità, dopo il massacro del Guiúa, il vescovo di Inhambane, Alberto Setele, scrive- va: «Dove le forze belligeranti si av- vicendano, le popolazioni non pos- sono contare su nessuno. Dipendo- no solo dalla misericordia di coloro che sono armati. È diabolico! Non si rispetta nulla, tutto è paralizzato. Si bruciano villaggi; vengono fatti de- ragliare treni; si distruggono botte- ghe, scuole e ambulatori; le ragazze vengono violentate, i giovani accol- tellati, i bambini trucidati, le donne assassinate, i vecchi decapitati...». In una precedente dichiarazione si leggeva: «Davanti a queste situa- zioni di violenza, ci appelliamo agli uomini di governo di qualsiasi livel- lo, ai responsabili della sicurezza e a tutte le autorità, perché eserciti- no con responsabilità e umanità il ruolo che compete loro. Riflettere su questa inaccettabile situazione e in- terpretarla alla luce della fede è do- vere di ogni cristiano: bisogna apri- re occhi e coscienza ». 31 MARZO 2002 CONSOLATA MI SS IONI A sinistra: stemma del Frelimo , uno dei protagonisti negativi della guerra civile. Sopra: un’auto abbandonata dopo il conflitto. A destra: il Centro catechetico di Guiúa.
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