Missioni Consolata - Marzo 2002

vita. Ogni giorno era un esercizio di disponibilità verso i bambini e ra- gazzi che, sin dal mattino, bivacca- vano al cancello della missione in at- tesa di un abbraccio, una parola. E- ra difficile accontentare tutti, ma non impossibile: bastava un po’ di entusiasmo. A volte, di fronte al lo- ro carattere difficile, veniva voglia di essere altrettanto scontrosi; ma scattava «l'esercizio» di amare sen- za contraccambio, richiesto dal Si- gnore. Ma è stato pure arricchente gu- stare l’ospitalità delle famiglie nelle loro povere case: ti davano l'unica sedia e loro, seduti per terra, aspet- tavano una parola diversa. Spende- vano i pochi soldi che avevano, per comprarti una bibita (dato che l'ac- qua è poco affidabile); venivano a prenderti alla missione e ti riporta- vano. Ne nasceva pure una passeg- giata, cui si aggregavano decine di ragazzi. Poi facevano a gara per in- vitarti a casa loro. CON I GIOVANI Ho svolto il mio servizio quasi e- sclusivamente fra i giovani, ed è at- traverso loro che ho incontrato il volto dell’Albania che spesso non ci giunge: quello di gente accogliente, desiderosa di sapere e sperimenta- re sentimenti di amicizia vera, di ca- pire che la vita (anche quella di un albanese!) è una vocazione. Ricordo i ragazzi che stanno fa- cendo un cammino propedeutico al seminario: vedendo i padri e le suo- re, hanno sentito il desiderio di i- mitarli, anche se la strada è lunga. Il cammino consiste nel far loro com- piere un’esperienza di Gesù nella preghiera e, soprattutto, nella di- sponibilità al servizio gratuito verso i coetanei: un compito difficile, an- che per la povertà dei mezzi a di- sposizione. In qualcuno di loro Dio ha seminato il germe della vocazio- ne. Ora tocca a noi aiutarli a farlo crescere con il nostro amore. Forse questo, più che una testi- monianza, è uno sfogo. Ritengo che sia anche necessario gridare dai tet- ti che vi sono fratelli vicini a noi, bi- sognosi di aiuto; che non sono co- me li immaginiamo, perché esiste anche un’Albania diversa dai «soli- ti fatti negativi». È tempo di pensa- re che l’amaro non fa distinzioni, ma richiede solo una grande dispo- nibilità. Se può essere più facile aiu- tare una nazione lontana (perché non ci tocca più di tanto), interes- sarsi ad una vicina può chiederci un coinvolgimento maggiore, soprat- tutto per eliminare pregiudizi e ste- reotipi. Provate a dire che avete aiutato... un albanese e poi osservate la rea- zione dell’interlocutore; provate a dire che partite inmissione per l’Al- bania e avrete reazioni curiose. A me questo non importa. Ho in- contrato Dio in Albania e Lui sta cercando di parlare al cuore del- la gente; ma chiede anche la nostra disponibilità per manifestare il suo amore verso chi, fino a ieri, ha co- nosciuto quasi solo repressione e violenza. Se abbiamo la coscienza di essere stati amati gratuitamente, non pos- siamo esimerci dal fare altrettanto. Questo l’ho scoperto grazie anche a- gli albanesi. Ora ad essi offro, anche se piccolo, il mio amore. MISSIONI CONSOLATA 28 MARZO 2002 Mc Fanë, paese fra le montagne nella diocesi di Rrëshen, dove don Roberto ha operato (foto a sinistra).

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