Missioni Consolata - Marzo 2002
MISSIONI CONSOLATA 27 MARZO 2002 R accontare i miei tre mesi in Albania non è facile: special- mente se penso ai «luoghi comuni» sugli albanesi, cui sono le- gate le nostre menti. Poi, quando si parla di «missione», non si pensa ad un luogo vicino geograficamente... Quindi i pregiudizi da superare so- no tanti. È lo sforzo che bisogna fa- re anche per incontrare l’Albania nella sua verità. Una terra così vici- na e così lontana da noi. Dopo aver trascorso due anni in una parrocchia di Brescia con mol- ti immigrati, ho desiderato «vede- re» una loro nazione di provenien- za. E sono andato in Albania. Sono partito per compiere un'e- sperienza forte, in vista dellamia or- dinazione diaconale: imparare che nella vita è importante sentirsi pic- coli, non sempre con le soluzioni in tasca. Ma non immaginavo che vi- vere in un luogo di cui conoscevo la lingua solo in modo rudimentale e dove non potevo adottare nessuna «strategia» pastorale... mi avrebbe aiutato a guardare con più umiltà al dono del diaconato. ALBANIA SCONOSCIUTA È il giorno della partenza. Mi at- tende un lungo viaggio in camion da Brescia a Bari, l’attraversata dell'A- driatico in traghetto e l’arrivo a Du- razzo, finalmente in Albania! Ma è solo l’inizio. Dopo due giorni per sbrigare le pratiche doganali (altro che la bu- rocrazia italiana!), mi metto in viag- gio per la diocesi di Rrëshen, dove vivrò. La diocesi si trova nel nord del paese e confina con la Macedo- nia. Gli spostamenti sono lunghi, perché le strade sono pessime ed è necessaria molta attenzione per evi- tare le capre e gli asini che si incon- trano lungo il tragitto. La gente saluta con entusiasmo e i bambini si aggrappano con facilità al camion, per vedere cosa traspor- ta. Sembra che mi aspettino da tan- to. E forse è vero: per troppo tem- po ci siamo dimenticati di questi «vicini di casa», e loro sono lì, come per dirci: «Finalmente!». Dopo tre giorni di viaggio, arrivo a destinazione. Una sosta a Rrëshen per la scorta d’acqua (di potabile ce n’è ben poca!), il saluto a padre Cri- stoforo, amministratore apostolico (uno dei soli tre preti nella diocesi) e sono a Fanë, la meta finale. È un villaggio nascosto fra le montagne, raggiungibile con una strada sterra- ta, che offre però paesaggi stupendi. Pochi minuti per ambientarsi e, subito, sono sommerso da una fol- la di bambini, che accorrono per ve- dere il nuovo arrivato. In quei vol- ti, in quel desiderio di conoscere e accogliere, in quelle mani sporche (segno del lavoro a cui sono sotto- posti i più piccoli)... c'è l'Albania sconosciuta. Intanto gli amici, che mi hanno accompagnato in camion, riparto- no per l'Italia. Io mi ritrovo «solo». Alcune suore mi danno la carica e non c'è troppo tempo per i conve- nevoli: la gente e i giovani aspetta- no. E, siccome la voce della donna non è sempre ben accolta, una suo- ra subitomi catapulta inmezzo a lo- ro, accompagnato da un giovane, per la lingua. Ho poco a disposizione, se non la bibbia, unico libro tradotto in alba- nese, e con questa faccio tutto: cate- chesi, incontri sulla vita, giochi, vi- site alle famiglie. A volte lo stupore mi blocca: i giovani fanno ore di cammino per venire ad ascoltarmi, per parlare con me; poi, digiuni, ri- tornano al villaggio. Nessuno hamai parlato loro della dignità della vita, come il vangelo insegna... ed è della vita, vissuta in grande e con riferi- menti a Dio, che scoprono di avere bisogno. Il regime comunista albanese ave- va cancellato ogni traccia di umanità nelle persone. La maggioranza dei giovani incontrati non aveva mai sentito parlare di Dio prima del 1990: per loro Dio è «una scoperta recente»!Ma se succede (magari at- traverso la testimonianza di un mis- sionario), non riescono più a farne a meno. L'amore di Dio, manifestato nel- la condivisione di vita, entra nel lo- ro cuore indurito e fa quasi toccare con mano che deve esserci Qualcu- no più grande e veramente buono. IMPARANDO AD AMARE Chi fa sperimentare questa pre- senza? Certo, i missionari. Ve ne so- no in Albania? Nelle città, dove tut- to è più o meno comodo, anche la presenza religiosa è considerevole; ma nelle diocesi interne, dove man- ca acqua, la corrente elettrica c’è so- lo 7/8 ore al giorno e la vita è «schia- va» delle tradizioni... la presenza re- ligiosa è rarissima. ARrëshen, su un territorio di 4 mila kmq, dal 1991 vi sono tre solomissionari vincenziani, alcune suore e... basta. Le condizio- ni locali invitano chiunque ad an- darsene. Durante la mia permanenza ho visto molti religiosi venire, guarda- re e andarsene: troppo difficile re- stare. Ho percorso in lungo e in lar- go la diocesi con un padre vincen- ziano; nel guardare la gente lontana da Rrëshen (dove la chiesa cattolica non è arrivata), ci domandavamo: «Qui chi annuncerà Gesù Cristo?». Una domanda che tuttora mi pon- go ogni volta che prendo inmano la bibbia. Prima di lasciare una di queste zone «inesplorate» e ritornare alla missione, abbiamo fermato la jeep sul ciglio della strada; dopo aver ap- peso una corona del rosario ad un albero, abbiamo pregato ricordan- do le parole di Gesù: «Ci sono altre pecore che non sono di questo ovi- le; anche queste io devo condurre». Sì, anche questi fratelli hanno il di- ritto di sentire la vicinanza del Si- gnore. I giorni vissuti a Fanë sono para- gonabili (per intensità) a quelli de- gli «esercizi spirituali»: ti segnano «dentro» e ti spingono a cambiare MACEDONIA G R E C I A A L B A N I A A D R I A T I C O CANALE DI OTRANTO L. Scutari L. Ohrid L. Prespa Skopje TIRANA Durazzo Brindisi Corfù Pristina Scutari Valona Rrëshen
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