Missioni Consolata - Marzo 2002
MISSIONI CONSOLATA 20 MARZO 2002 paese, sfociate in distruzioni e sac- cheggi di edifici religiosi nell’ottobre del 1999. I musulmani si sono armati. Sono state trovate armi nascoste nelle moschee: una scoperta che non ha fat- to piacere ai cristiani. Anche in questa diocesi cristiani e mu- sulmani vivevano in pace, finché il se- minatore di zizzania non ha portato la discordia. Ora la situazione è miglio- rata; ma bisogna lavorare per ricucire gli strappi e riparare il male fatto. C’è chi afferma che, dopo i pre- sidenti cristiani e del sud, sia ora che un uomo del nord e mu- sulmano guidi le sorti del paese. Dall’indipendenza a oggi nella Costa d’Avorio si sono succeduti presidenti cattolici: Boigny, Bédié e l’attuale Gbagbo. Ma il ragionamento è del tut- to sbagliato. La presidenza del paese non è un problema di chiesa o di reli- gione, ma di gioco democratico. La gente sceglie il candidato che presen- ta il programma migliore. La chiesa non s’immischia in politica, nel senso che non si schiera con nessuno, né in- dica quale candidato votare, ma lascia ai fedeli piena libertà di scelta. E poi, dividere il paese tra nord musul- mano e sud cristiano è totalmente fal- so; tale divisione esiste solo nella testa dei politici. Nel nord i musulmani sono più numerosi che nel resto del paese, ma ci sono anche molti cristiani e la maggioranza della popolazione segue la religione tradizionale e simpatizza più per il cristianesimo che per l’islam. Qual è il ruolo della chiesa nella vita del paese? La maggioranza degli avoriani pratica la religione tradizionale. I cristiani non raggiungono il 20%. La chiesa cattoli- ca è una minoranza, ma gode di gran- de prestigio agli occhi di tutti, cristia- ni, pagani e musulmani, a tale punto che, quando sorge una situazione dif- ficile, tutti guardano alla chiesa, ai ve- scovi, a cosa dicono e come si com- portano; e i loro suggerimenti vengo- no accolti con rispetto e attenzione. Tale prestigio deriva dal fatto che la chiesa lavora per la pace e la giustizia, è coinvolta nell’azione sociale, educa- zione e campo sanitario per il bene di tutta la popolazione, senza alcuna di- stinzione: la chiesa è per tutti e, come dice il papa, «è esperta in umanità». Monsignore, lei ha partecipato al Forum per la riconciliazione... Tra ottobre e dicembre 2001 si è svol- to tale evento che abbiamo accolto con favore. Vi ho partecipato come rappre- sentante della chiesa e come testimo- ne dei problemi che hanno provocato le violenze nella diocesi. Oltre 700 de- legati di partiti politici e gruppi reli- giosi hanno affermato la volontà di ri- marginare le ferite e ricostruire la con- vivenza pacifica delle varie componen- ti sociali. Sono state prese delle deci- sioni, che ora devono essere attuate. Il vero lavoro deve ancora incominciare e siamo tutti coinvolti e responsabili. Anche a San Pedro vogliamo contri- buire a tale processo. Stiamo prepa- rando un sinodo dal tema: «Annun- ciare la buona novella di Gesù Cristo al- le popolazioni del sud-ovest della Costa d’Avorio». Usiamo il plurale di propo- sito, poiché tali popolazioni, autocto- ne e straniere, sono numerose, ma de- vono costituire una famiglia unica nel sud-ovest avoriano; tutte devono vive- re in pace. È questa la missione nostra e della chiesa in Costa d’Avorio: far sì che tutte le etnie vivano e lavorino fra- ternamente. A proposito, qual è la situazione della diocesi di San Pedro? È una diocesi giovane: è stata creata il 23 ottobre del 1989, staccandola dal territorio di Gagnoa. Si estende per una superficie di 35 mila kmq e conta oltre Capi tradizionali godié (sinistra); donne cristiane e musulmane (sopra); essiccazione di semi di cacao (destra).
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