Missioni Consolata - Marzo 2002

«I VESCOVI LAMENTANO...» Il processo di pacificazione, nato tra grandi speranze, sta naufragan- do? Le critiche verso il presidente Pastrana sono dure, perché avreb- be scontentato tutti. Ma anche i go- verni precedenti non hanno conse- guito risultati. Pastrana, se è stato indulgente verso la guerriglia, è sta- to pure coraggioso. Gli altri non lo sono stati altrettanto. E l’atteggiamento della chiesa? In questo contesto ho la sensazione che non stia svolgendo il ruolo che do- vrebbe. La chiesa è presente nel pro- cesso di pace, però non con una po- sizione autonoma: infatti la guerri- glia ritiene che il presidente della Conferenza episcopale al processo sia quasi una voce del governo. L’analisi della realtà è buona; però le belle riflessioni terminano con un generico «i vescovi lamentano...». È troppo poco in un clima di violenza e ingiustizia. La presenza della chie- sa non appare incisiva, profetica. Si sapeva che il processo di pace sarebbe stato lungo e tortuoso. Ma sono già trascorsi tre anni! Quanto bisogna attendere ancora? C’è chi ricorda con amarezza il detto latino: dum Romae consulitur Saguntum e- spugnatur (mentre a Roma si discu- te, Sagunto viene presa). In Colombia le vittime sono già state un esercito. 2000). Una conseguenza del terrore è l’esodo dalle campagne verso i centri urbani, anche perché dal campo la popolazione non trae più mezzi sufficienti per vivere. E le città diventano megalopoli, circondate da misere favelas . Ogni anno a Bo- gotà arrivano circa 300 mila indivi- dui, si dice... Nel paese si contano 2- 3 milioni di sfollati interni: devono lasciare tutto per sfuggire alla vio- lenza; ma, approdati altrove, non trovano lavoro. La disoccupazione è al 21%. Né si dimentichi il narcotraffico. I cartelli di Medellín e Cali sono spa- riti. Però ci sono gli eredi. E le guer- riglie controllano le coltivazioni di coca e i ricchi traffici di cocaina. Un altro problema gravissimo è la corruzione politica, con fiumi di de- naro. E tutto resta impunito. Impu- niti anche i reati contro i diritti u- mani, che riguardano spesso i para- militari. I processi iniziano, ma non finiscono, perché di solitomancano le prove di colpevolezza. QUALE PROCESSO DI PACE? Bisogna accennare anche del pro- cesso di pacificazione. Il presiden- te della repubblica, Andrés Pastra- na, ne ha fatto la bandiera del suo governo. Non ancora eletto, si in- contrò subito con Manuel Maru- landa, capo delle Farc, sorprenden- do tutti. Qualcuno criticò il gesto. Pastrana incominciò a governare il 7 agosto 1998 tra grandi aspetta- tive. In vista della pacificazione con la guerriglia, il presidente stabilì u- na «zona di distensione», smilita- rizzata: 42 mila chilometri quadra- ti nel Meta e Caquetà (dove opera- no i missionari della Consolata). Fino al natale 1998 ci furono o- stacoli per iniziare i colloqui tra go- verno e Farc: per esempio, a San Vi- cente del Caguán, c’era un batta- glione di 1.500 soldati, che secondo le Farc dovevano essere tutti ritira- ti; ima, secondo il governo, almeno 100 dovevano restare per opere di manutenzione. Alla fine vi fu il riti- ro di tutti i soldati; solo il sindaco poteva restare. Intanto si organizzò una guardia civica, composta da simpatizzanti delle Farc, per con- trollare il territorio. Mc Il 7 febbraio del 1999 Pastrana subì un grave smacco. Quel giorno si doveva inaugurare ufficialmente a SanVicente il processo di pace. Tut- to era pronto, però Maluranda non si presentò. Il processo tuttavia in- cominciò, ma senza risultati concre- ti. L’unico aspetto positivo è stato «un inizio» di dialogo, varie volte so- speso e ripreso. Nell’agosto 2000 Pastrana lanciò anche il «Piano Colombia», ispira- to e finanziato dagli Stati Uniti, con il quale progettava di sradicare 60 mila ettari di coltivazioni di coca. Dato il legame tra guerriglia e coca, il Piano mirava a indebolire le Farc e i narcotrafficanti, invece di af- frontarli sul campo di battaglia. Però gli attacchi ai civili sono con- tinuati fino ad oggi, con numerose vittime. Il governo, criticato per il suo atteggiamento arrendevole ver- so la guerriglia, ha imposto alle Farc delle condizioni per continuare il dialogo, e cioè: rispettare la vita dei civili e non coinvolgerli in conflitti; sospendere i sequestri di persona e abbandonare i blocchi stradali per estorsioni (la cosiddetta «pesca mi- racolosa»). Ma la matassa non si dipana, per- ché le Farc (ad esempio) compren- dono 72 fronti, e ognuno fa ciò che vuole. Si pone allora il quesito: nelle trattative Marulanda chi rappresen- ta? La guerriglia, una parte e quale? Trasporto di caucciù dal vivaio alla piantagione, per una coltivazione alternativa alla coca.

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