Missioni Consolata - Febbraio 2002

MISSIONI CONSOLATA 7 FEBBRAIO 2002 Il circo della «formula uno» Spettabile redazione, avete fatto bene a eviden- ziare le responsabilità del- la tivù per l’insensata at- tenzione ai divi della for- mula uno . Anch’io ho l’impressione che giornali e telegiornali esagerino nel dare la prima pagina alla Ferrari . Anche se le «rosse» non hanno la pole position e a vincere sono MacLaren o Williams , lo spazio per l’automobili- smo è troppo. Molti parlano di «circo della formula uno », allu- dendo alla spettacolarità delle corse, alla disinvol- tura con la quale le princi- pali case automobilistiche si spostano da un punto all’altro del pianeta, all’ef- ficienza con cui si risolvo- no i problemi tecnici. La parola «circo» espri- me l’incredibile docilità con cui piloti e tifosi ubbi- discono ai loro ammae- stratori (Montezemolo, Ecclestone, Williams, Briatore...). Sono convin- to che, quando M. Schu- macher proclama «amo la rossa come mia moglie» e «alla prima curva non ho parenti», lo fa soprattutto per tranquillizzare i suoi padroni e non far nascere il sospetto che gli affetti familiari possano condi- zionare negativamente il suo rendimento. Una conferma del rove- sciamento della scala na- turale dei valori è arrivata dal circuito di Lausitzring. Costato 300 miliardi di li- re e definito un «gioiello di sicurezza», su questo circuito, dopo pochi mesi di attività, è morto Albo- reto, mentre Zanardi ha perso le gambe... Venerdì, 14 settembre 2001, per commemorare le vittime delle Twin Towers e del Pentagono, sul circuito di Monza c’è stato un minuto di silen- zio, e non tre; domenica 16, non c’è stato nessun rallentamento alla prima curva, nessun accordo tra le scuderie per ridurre il rischio di collisioni. Per- ché? Perché altrimenti Ecclestone si sarebbe ar- rabbiato. Francesco Rondina Fano (PS) Il signor Rondina si ri- ferisce alla nostra rispo- sta ad un lettore ( Missio- ni Consolata, settembre 2001). Accendi il motore Grazie a Missioni Con- solata , oggi mi ritrovo un cuore con porte più aper- te, mani più tese verso il prossimo e occhi che si spingono oltre l’orizzonte nazionale. Da anni collaboro con i salesiani nella formazione dei giovani, credendo nel- le parole «religione, ragio- ne e amore». Ma conside- ravo solo i giovani che mi circondavano fisicamente. Mai mi ero chiesta quali e quanti visi di uomini e donne, sfruttati, vi fossero dietro le etichette dei pro- dotti acquistati o quanto costasse, in termini di vite umane, la benzina. Parlavo di solidarietà, impegno e coscienza so- ciale del «buon cristiano e onesto cittadino», ma in modo astratto. Poi ho co- minciato a capire di esser parte di una rete di ingiu- stizia e illegalità, di essere piccola, ma anche potente da rendere «schiavi» altri esseri umani. Schiavi dei miei bisogni. E ho comin- ciato a vedere «incarnato» in alcuni il senso di re- sponsabilità per chi ci è accanto. Se ami l’uomo e credi in lui, ami e credi in tutti. Se decidi di essere consape- vole di te stesso, decidi pure di essere responsabi- le dei tuoi fratelli, chiun- que e dovunque siano. Nel mio «viaggio di ter- ra» ho iniziato a conosce- re la bellezza delle perso- ne: è la capacità di riscat- to, il dono di un cuore che non si stanca e di una mente che può arrivare al- le «radici» della terra e al- le «cime» del cielo. Ogni uomo ha un «mo- tore vitale», non inqui- nante, anzi rigenerante. Ogni persona merita ri- spetto e ascolto: anche quelle che hanno nascosto il loro «motore vitale» sot- to logiche di mercato e profitto; anche quelle che ci vogliono «comparse» nella vita. Ma chi ne è vit- tima e schiavo merita di più: merita che il nostro «motore vitale» generi un movimento di coscienze, di piedi che marciano, di mani che donano e scrivo- no e di parole che scuoto- no. Lo sento come dove- re, per guadagnarmi la «fortuna di essere». Voi missionari avete «acceso il motore»... Ac- cendete una lampada e ponetela sul lampadario, perché chi entra veda la luce (cfr. Lc 8, 16 ). Anna Salzano Torino Arrivederci Etiopia S to andando dai nostri amici italiani, ma non ti di- mentico, Etiopia; anzi, mi manchi già tantissimo. Ti penso sempre e voglio per te felicità e pace. Etio- pia, quanto sei bella! Però hai tanti problemi. Spero che un giorno tu li possa risolvere. Ci sono tanti bambini senza i genitori (ma alcuni vengono adottati dai nostri amici italiani). Ci sono ammalati senza ospedale, perché senza soldi; così la sofferenza li fa morire. Ci sono tanti sfortunati, ma anche fortunati. Fortunata sono anch’io. Ringrazio Dio di essermi stato vicino e aver avuto la famiglia a consolarmi. Ora sto trascorrendo un bellissimo periodo con u- na famiglia italiana e voglio ricordare anche padre Domenico Zordan, che è stato l’inizio della mia fortu- na. Sarei felice se lo avessi vicino, per ringraziarlo con tutto il cuore. Etiopia, non ti dico addio, perché, se Dio vuole, tornerò a rivedere la mamma, i fratelli, gli amici. Ar- rivederci dunque. Z ENNASH - R UBANO (PD) Testimonianza per- venutaci attraverso la famiglia di Ivo Babo- lin, presso la quale Zennash, etiope di 18 anni, è ospite per cure mediche. Padre Domenico Zordan, missionario della Consolata, è de- ceduto nel 1997.

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