Missioni Consolata - Febbraio 2002

sola. Poco male quando si trattava di un piccolo museo, come quello del pittoreMartiros Sarjan, nelle cui modeste sale non è evidente il sen- so di vuoto. Diverso, però, è aggi- rarsi da soli per il Matenadaran, a cinque piani, nel cuore di Erevan, che ospita il museo storico e la pi- nacoteca. Le ampie sale e i soffitti altissimi non fanno che sottolineare la solitudine. Le vetrate offrono ge- nerose viste sulle vie vicine: un am- masso di catapecchie, alcune in ro- vina, fra le quali spicca per contra- sto l’ Hotel Yerevan , egregiamente ristrutturato e gestito da una ditta i- taliana. Il mio arrivo in una sala causava sempre un po’ di scompiglio tra le signore della sorveglianza; prima ancora dei quadri appesi, colpiva i sensi l’aria pregna dell’odore di pe- sce in scatola e di nescafè, insieme alle chiacchiere, loromagro confor- to nelle lunghe ore del servizio. U- na volta sono stata raggiunta da u- na sorvegliante anziana, che, appe- na siamo rimaste sole, mi ha chiesto di aiutarla a pagare la bolletta della luce. A guardarla, non potevo du- bitare che si trovasse nella miseria. Le ho dato il piccolo obolo che mi chiedeva, mentre ascoltavo la sua fi- lippica contro i governanti corrotti che affamano il paese. ARMENI E AZERI IN GUERRA In Armenia corruzione, malgo- verno e lotte di potere affliggono il paese e sono causa di altri mali, che si aggiungono a quelli inflitti dalla natura. Si vive in un paese di sassi, che la- sciano spazio pure a campi e frutte- ti; ma il terreno sembra buono, so- prattutto, per far pascolare le peco- re e qualche mucca. Il sottosuolo è povero. Luce e riscaldamento nelle case ci sono, grazie alla contestatis- sima centrale nucleare, costruita in epoca sovietica alla porte di Erevan. Ma in zona sismica . Il sud del pae- se non si è ancora completamente ripreso dal terribile terremoto del 1988. A ciò si deve aggiungere la guer- ra iniziata nel 1992 per la conquista del Nagorno Karabakh, regione che apparteneva all’ Azerbaigian , ma a maggioranza armena. Il conflitto ha avuto pesanti conseguenze umani- tarie. Stime non ufficiali parlano di circa un milione di profughi, te- nendo conto sia degli azeri fuggiti in Azerbaigian, sia degli armeni che ne sono scappati altrove. In territorio azerbaigiano viveva- no da secoli diverse comunità ar- mene. La più consistente, anche se non la più antica, risiedeva a Baku. Ma, prima il pogrom sovietico con- tro gli armeni nel 1988 a Sumgait, vicino a Baku, e poi l’odio e la furia scatenati dalla guerra hanno posto fine alla loro presenza tra gli azeri. Dal 1994 le armi tacciono, ma la pace non c’è. I negoziati sono a un punto fermo, perché l’Azerbaigian non è disposto a cedere una regio- ne che costituisce il 14% della sua superficie e include Shusha, uno dei maggiori centri storici e culturali a- zeri; né gli armeni intendono ri- nunciare alle proprie conquiste e a un territorio rivendicato da tempo. Un accordo sembrava in vista nel 1999, dopo una serie di incontri tra i due capi di stato; ma nell’ottobre di quell’anno un’incursione armata nel parlamento di Erevan, durante la quale vennero uccisi il primo mi- nistro e sette deputati, seppellì ogni speranza di una rapida soluzione del conflitto. Tuttavia, calamità naturali e guer- ra non bastano a spiegare alcuni a- spetti della vita sociale e politica in Armenia, dove la situazione circa i diritti civili non è ideale. Come nel- le altre repubbliche ex-sovietiche, sono pesanti le conseguenze del re- cente passato totalitario. L’Armenia è ancora lontana dal- l’essere autenticamente democrati- ca. La scena politica è alquanto tra- vagliata: ad ogni nuova elezione gli osservatori rilevano brogli e irrego- MISSIONI CONSOLATA 59 FEBBRAIO 2002 «Angolo del parlatore» davanti al Teatro dell’Opera, ad Erevan. A lato: auto divenuta... rifugio. (continua a pagina 62)

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