Missioni Consolata - Febbraio 2002

Dio ama. La loro storia inizia lonta- no. La maggior parte viene dal Nord. Fuggendo dal Chaco e For- mosa, loro terre d’origine, alla ri- cerca di un lavoro e di un avvenire migliore, si ritrovano qui più pove- ri di quanto lo fossero prima, soli, senza alcun legame con le famiglie che hanno lasciato, incapaci di pa- garsi il biglietto di ritorno verso il paese natale. In questo luogo di miseria e de- linquenza, non trovano aiuti per crescere; sovente, per sopravvivere, iniziano a rubare, si danno alla vio- lenza, all’alcool, alla droga per di- menticare. La storia dei Miserabili , persone sfortunate dal cuore pieno di bontà descritte da Victor Hugo, non è ancora terminata. Vedo suor Annapiera avvicinarsi alle persone come un’amica. Cerca di soddisfare una quantità infinita di bisogni primari: cibo, abiti, me- dicinali, bimbi abbandonati, morti. Ha organizzato una presenza e un lavoro veramente notevoli in questo quartiere, anche se i soldi non sono mai sufficienti. Vedo sfilare tutta una serie di vi- si, dagli occhi spenti e dai cuori spezzati. Più che di aiuto materiale (anche se indispensabile), hanno bi- sogno di amicizia, comprensione, sostegno morale, parole di confor- to. È triste vivere in solitudine, sen- za potersi confidare con nessuno, racchiudendo in se stessi tutte le difficoltà e le ferite. I missionari lo sanno bene. Sono là come amici, compagni di strada, dando segni concre- ti di umanità e di carità. Qui il vangelo passa attraverso le a- zioni più che la parola e padre Crespi lo conferma: «Troppe a- trocità e violenze, nascondono loro il viso di Dio. È la nostra a- micizia che aspettano: un’amici- zia che faccia loro intravvedere di essere amati da Dio e salvati da Gesù. Un lavoro non facile da compiere. L’eterna domanda mi ritorna inmente: perché loro e non io? Non ho risposta, ma so che, al loro posto, io non farei meglio. Rendono visibile ai miei occhi una parte di me stesso segreta, nascosta. Sovente si è troppo severi con i po- veri, scaricando facilmente le nostre responsabilità nei loro confronti. Le parole di sant'Ambrogio “o ricchi, voi donate troppo poco della vostra ricchezza e siete troppo esigenti ver- so i poveri!” sono di un’attualità sconcertante». IL RISCHIO DEI «DINOSAURI» Il futuro dell’Argentina è nelle mani dei giovani. Tutti i missionari lo sanno e la loro formazione è un punto prioritario nel programma di evangelizzazione. È impossibile qui presentare, in breve, i tratti che caratterizzano i giovani argentini. Città e campagne producono modelli diversi, dovuti a problemi particolari, legati al- l’ambiente in cui vivono, all’essere senza radici, alla mancanza di iden- tità che, a volte, li conduce al suici- dio. A San Francisco è nato un isti- tuto diocesano (C EAS ) per aiutare i giovani che nutrono delle aspettati- ve. Quello che li scoraggia mag- giormente è la mancanza di speran- za, a causa della situazione econo- mica e sociale. Attività a tutti i livelli sono state «inventate» nelle parrocchie per a- nimare i giovani sbandati. Un po’ o- vunque si vedono club, movimenti, gruppi di spiritualità o sportivi per giovani, ma lo sforzo principale re- sta quello della scolarizzazione. A San Francisco e Mendoza, i missio- nari della Consolata si sono impe- gnati nella scuola elementare e su- periore. La serietà e la competenza di questi istituti sono evidenti ai vi- sitatori. I signori Miguel Alessi, direttore della scuola «Paolo VI» a San Fran- cisco, Gabrielle Panero de Romero e Tito Lopez, direttori della scuola secondaria di Mendoza, mi mostra- no la loro programmazione: precisa negli obiettivi e metodi di lavoro, chiara nell’organigramma degli in- segnanti e discipline; un documen- to che si propone di portare i giova- ni ad una formazione completa, u- mana e scientifica, capace di avviare ad un lavoro competente, sorgente di felicità. L’Argentina, potenziale grande produttrice di carne, oggi soffre la fame.

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