Missioni Consolata - Febbraio 2002

40 FEBBRAIO 2002 CONSOLATA MI SS IONI Un’utopia, anche se, contraria- mente ad altre donne, come quelle di Rawa («Associazione rivoluzio- naria delle donne dell’Afghani- stan») che contestano tutti i fonda- mentalismi, Shamsia e Rahima non pensano ad un governo laico, ma islamico: «Siamo un paese musul- mano e l’oppressione della donna non dipende certo dal corano. Di- versamente da quanto credete voi occidentali, il corano non impone l’adozione del velo, ma si limita a raccomandare che il corpo della donna non sia oltremodo scoperto. Soltanto in un versetto si parla di velo come elemento di abbiglia- mento. Altrove il libro fa riferi- mento al velo in quanto indumen- to indossato per tutelare il pudore femminile». Sperano invece che torni il re de- posto ed in esilio a Roma, Zahir Shah. Ma non è troppo anziano? «Non importa l’età, contano l’e- sperienza e le capacità intellettua- li». E le donne? «Le donne sono ol- tre il 50 per cento della popolazio- ne e devono avere una partecipazione almeno al 25 per cento nei luoghi di decisione». E Rahima, come molte altre afghane, contesta la rappresentatività delle donne che partecipano alla confe- renza di Bonn: «Non sono presen- ti donne che hanno vissuto in Af- ghanistan in questi anni. Quelle an- date a Bonn hanno vissuto fuori dal paese». CONFLITTO... D’INTERESSI di Fulvio Scaglione (*) D ell’energia di oggi, il petrolio, e di quella di do- mani, il gas, l’Asia centrale è ricchissima. Tanto che i suoi «possedimenti» sono difficili persino da va- lutare. (...) Bastano comunque a capire perché, dal punto di vista economico (e di un’economia che è sempre più il proseguimento della guerra con altri mezzi), le steppe dell’Asia centrale siano oggi il cen- tro del mondo. E perché, tanto per cambiare, i primi ad attivarsi nell’area siano stati gli americani (...). Il tutto in ossequio a quel Rapporto Wolfowitz che il sottosegretario alla Difesa americano (Paul Dundes Wolfowitz, appunto) preparò per il presidente Geor- ge Bush all’indomani della caduta del Muro di Berli- no e che conteneva una sola, chiarissima indicazione strategica: impedire la rinascita di una qualunque po- tenza economica (Giappone e Unione europea, ad esempio) o militare che potesse contrastare gli inte- ressi fondamentali americani. (...) Che gli obiettivi economico-politici globali degli Usa non cambino dalle amministrazioni repubblicane a quelle democratiche lo dimostra anche il fatto che molti stretti collaboratori degli uni e degli altri presi- denti lavorano oggi per le compagnie petrolifere lan- ciatesi sull’Asia centrale. (...) Il progetto più folle, quello in cui tutto il coraggio e il cinismo della nostra epoca e l’assoluta confusione di guerra e pace che la distingue si rivelano appieno: la compagnia americana Unocol ha costruito (con i sau- diti della Delta Oil , i pakistani del Crescent Group , i coreani della Hiunday e i giapponesi della Itochu , più i russi di Gazprom e il governo turkmeno) un con- sorzio chiamato Central Asia Gas Pipeline per co- struire un gasdotto lungo 1.460 chilometri che por- ti il gas dei giacimenti del Turkmenistan (i più ricchi del mondo dopo quelli della Russia) attraverso l’Af- ghanistan fino al Pakistan, al porto di Karachi. Il con- La guerra e il petrolio

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