Missioni Consolata - Febbraio 2002

38 FEBBRAIO 2002 CONSOLATA MI SS IONI K abul. Nella capitale afghana è tornata la musica; qua e là spuntano antenne paraboli- che; si vedono di nuovo i libri e i bambini possono giocare con gli aquiloni senza rischiare una severa punizione. Tutto cambia, ma le donne restano invisibili. Le strade sono affollate di uomini, mentre le afghane continuano a camminare rasentando i muri, nascoste sotto i loro burqa, nonostante la vittoria dell’Alleanza del nord. In un negozio di televisioni, aper- to a tempo di record, incontriamo Soraja: sta scegliendo un videore- gistratore. E il televisore? «L’ab- biamo tenuto nascosto durante tut- ti questi anni, ma adesso possiamo utilizzarlo senza paura». E come mai un videoregistratore? «Un pas- satempo per noi donne, che dob- biamo restare in casa». SHAMSIA E RAHIMA, DONNE E MEDICI Negli anni dei talebani (1996- 2001) le donne hanno potuto lavo- rare solo in casi eccezionali e solo a contatto con altre donne. Se le pos- sibilità di lavoro erano così stretta- mente limitate, il problema dell’e- ducazione e della formazione delle bambine era risolto con il divieto alle ragazze di studiare. La sanità poi era un vero dramma. All’inizio tutti gli ospedali furono interdetti A Kabul, con i nuovi padroni e i problemi di sempre «Non vogliamo solo speranze» Musica, televisione, cinema, aquiloni. Tutto sembra tornare, a Kabul. Ma sono questi i veri problemi? Forse è meglio concentrarsi sui diritti e sulla rappresentanza all’interno dei nuovi organismi statali, dicono le donne afghane. Con o senza burqa. di Davide Casali (*) Sopra: membri dell’«Unione delle donne afghane». A sinistra: una donna chiede l’elemosina per le strade di Kabul.

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