Missioni Consolata - Febbraio 2002

un marchingegno di elettronica so- fisticata: porte scorrevoli, chiusure antiproiettile, scalini mobili)... Sia- mo inoltre stati descritti come «ge- stori dell’erba», maestri consumati dell’ ndrangheta , cittadini corazzati nell’omertà. Omertà ce n’è, ma non al livello che si vuole far credere. La verità è che tanti non sanno veramente nul- la, né si accorgono di nulla. Tra co- storo si annoverano, sovente, gli stessi familiari e le stesse mogli dei malavitosi. Ne siamo convinti. Os- servatori laici ed ecclesiastici della zona lo confermano. Il malaffare è portato avanti da «specialisti», che vivono nel paese a stretto contatto con i vertici della criminalità (spesso residenti altro- ve), vuoi nell’ordine nazionale vuoi in quello internazionale. SONO CADUTI IN BASSO? Perché noi, missionari della Con- solata, siamo andati a cacciarci così «in basso», vicino alla punta calabra, llu pizzu calabru, capiscistevù ? La risposta è semplice: perché sia- momissionari. Siamo qui per la pro- fezia della speranza, per il ministero della consolazione, per illuminare, purificare e sostenere la religiosità popolare. Siamo qui per temprarci ed essere maggiormente i missiona- ri dell’«oltre». O dobbiamo eternamente discu- tere, rivedere e programmare la no- stra identità a livello cartaceo, senza buttarci mai nella mischia? Non siamo eroi, anche se siamo coscienti che questi primi mesi (per una combinazione di fatti che sa- rebbe troppo lungo descrivere) ci hanno portato a vivere al limite del- la capacità di pazienza e adattamen- to. E, benedetto sia il nostro fonda- tore, Giuseppe Allamano, che ci in- segna a vivere la missione insieme! Da soli non ce la faremmo. Siamo qui per obbedienza e coe- renza. L’ultima conferenza dei mis- sionari della Consolata in Italia si era fatta promotrice di un’urgenza pro- fetica, espressa dal X Capitolo gene- rale: è l’ora dell’ ad gentes anche per l’Europa. E la direzione regionale, raccogliendo l’indicazione, ha deciso così di iniziare una presenza missio- naria nella Locride, una zona piena di sfide ecclesiali e socio-ambientali. E siamo caduti a Platì. La nostra destinazione è stata decisa in una corsia preferenziale, forse per non la- sciare adito al pentimento. E abbia- mo trovato un micromondo inso- spettato: gente che darebbe volen- tieri l’ostracismo a chi ha inventato il lavoro e gente che lavora come be- stie, ma con garbo, genialità e (non è poco) con il sorriso sulle labbra: pro- prio come chi trova gusto, affetto e gratificazione nel lavoro. Gente che mette piede in chiesa soltanto per le «onorate circostan- ze», insieme con i rispettivi compa- ri e comari, e gente che viene tutti i giorni a messa, digiuna due volte la settimana, si prodiga nel silenzio in ogni necessità (ammalati, anziani, bisognosi). Gente che è ingolfata nel malaffa- re fino al collo e gente che, come di- cevamo, pur vivendo ad un palmo dalle abitazioni dei malavitosi, non sa assolutamente niente dell’illecito che si orchestra, soprattutto nelle o- re delle tenebre. Sentiamo compassione per tanta popolazione, molto dispiaciuta, per- ché di Platì si parla esclusivamente nelle circostanze negative. È sconta- to: da sempre i poveri fanno notizia solo nelle sciagure, nei «peccati», mentre i «ricchi» e «color che san- no» si mantengono immacolati nel MISSIONI CONSOLATA 14 FEBBRAIO 2002 «La fiaccolata del coraggio» con la partecipazione dei parenti dei sette scomparsi. Reggio Calabria P L AT Ì Messina Locri Siderno Vibo Valentia Catanzaro Crotone

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