Missioni Consolata - Gennaio 2002

MISSIONI CONSOLATA 8 GENNAIO 2002 Non è «pasta e fagioli» Spettabile redazione, solo ultimamente ho colto il valore di Missioni Con- solata . Allora ho cercato i numeri del passato e vi ho trovato apertura mentale e una grande capacità di a- nalisi. Prima avevo dei preconcetti: mi immagina- vo (trattandosi di una rivi- sta religiosa) il solito e in- concludente buonismo «pasta e fagioli». Invece Missioni Conso- lata non è così. Non fa ve- dere i problemi del mon- do, come si possono scor- gere gli animali allo zoo: tutto finisce con il paga- mento del biglietto. Nel numero di marzo 2001, ad esempio, ho tro- vato anche la lettera di Luigi Fressoia di Perugia, al quale vorrei rispondere. Avere una vita dignitosa vuol dire possedere tutto ciò che il nostro ego chie- de? Dall’abito «firmato» alla macchina «elegante»? O il lettore si riferisce ad un abbigliamento garbato e ad una vita che, nella sua sobrietà, permette all’uo- mo di essere sereno? È impossibile fare un ragio- namento di appagamento personale, soprattutto se ci si rifà ad una cultura re- ligiosa, secondo la quale «bisogna donare agli al- tri», dove per donare non si intende far l’elemosina, ma ridistribuire. Il lettore sostiene la ne- cessità di creare nuove im- prese. D’accordo, se si tratta di dare lavoro, per- ché il lavoro dona dignità. Ma, da economista, criti- co il concetto di «crescita continua», perché ha un grosso sbarramento, do- vuto alla limitatezza delle risorse. La iperproduzio- ne, la spinta a consumare sempre di più (per creare la domanda, di cui l’eco- nomia ha bisogno per cre- scere) crea squilibri enor- mi, perché non è naturale, non è eco-compatibile, non è sostenibile. Spesso d’estate si sento- no interviste a personaggi intraprendenti, che gesti- scono imprese di ogni ti- po e parlano anche delle feste che organizzano, delle barche che compra- no, dei milioni che spen- dono per i filtri delle pisci- ne. Si potrebbe obiettare che, se i ricchi non ci fos- sero, i poveri costruttori di beni di lusso fallirebbe- ro. Ma è etico investire in tali beni, sapendo che il denaro impiegato potreb- be salvare la vita a molti se fosse utilizzato diversa- mente? Spesso le nuove a- ziende non nascono per dare nuovi posti di lavoro, ma per creare nuovi ric- chi. Il fatto strano è che tale comportamento pre- scinde dalla politica: non c’è destra, sinistra o cen- tro... L’etica nel comporta- mento e la capacità di sen- tire gli altri come ipotetici noi ci salvaguarda da grandi egoismi. Missioni Consolata ser- ve a confrontarsi, a capire meglio le dinamiche del mondo. Se noi, quando ragioniamo ci dimostria- mo rigidi, è un brutto se- gno. Solo l’apertura men- tale, la sete di conoscenza e la volontà di spostare il proprio punto di vista fi- no a raggiungere quello più vicino alla correttez- za... possono favorire un mondo migliore. Ringrazio la redazione, che tanto bene gestisce la rivista, sperando che con- tinui ad essere sempre pu- ra e razionale. Cinzia Vaccaneo Torino Affinché il mondo sia migliore, bisogna pren- dere alla lettera il termine «mondo»: cioè l’intera u- manità, compresa quella in Congo, afflitta da tre anni di guerra, o quella in Colombia, vittima della violencia di guerriglie, paramilitari e dello stesso governo. Non ci stancheremo mai di denunciare l’uso di «due pesi e due misu- re». Lo ricorda pure (in termini anche provocato- ri) la lettera che segue. Cercate il nemico... Partecipo al dolore de- gli Stati Uniti, causato da tante vittime: i responsa- bili vanno certamente pu- niti. Ma sono anche scon- certato dall’ipocrisia che il fatto ha suscitato nel mondo. Chi fu così colpi- to dopo i bombardamenti su Baghdad e Belgrado? I morti di allora non erano innocenti? In Iraq sono stati 180 mila, con molti bambini. Non credo che un morto innocente sia meno morto, soltanto per- ché non ne parla il tigì o perché è «un po’ lontano» dalla mia cultura. Bisogna capire che la pace deve essere garantita a tutti, altrimenti non c’è per nessuno. Gli Stati U- niti devono capire che non possono andare in gi- ro per il mondo seminan- do guerre, e poi pensare di vivere tranquilli in casa loro! Sono contento di far parte della società dei di- ritti, ma provo anche ver- gogna, perché non ha an- cora capito il rispetto ver- so tutti i paesi. L’indignazione per la tragedia delle Torri Ge- melle si è tramutata in vendetta. Essa è scaturita dall’attaccamento al por- tafoglio, dall’esserci sve- gliati dal mondo di fiaba che ogni «buon occidenta- le» aveva in mente: vivere in un «castello dorato», al sicuro da ogni pericolo, di cui gli Usa sono stati il simbolo. Dopo le Torri Gemelle, gli americani e tutti noi potevamo capire una buo- na lezione: che non esiste un «castello dorato» per pochi e catapecchie per molti. Ma l’arroganza del più forte (senza essere il più corretto) prevale an- cora. Così la pace di alcu- ni si difende con la guerra contro altri. Quando capiremo che non c’è ricchezza per nes- suno finché esiste povertà per qualcuno? Forse solo la borsa di Baghdad è me- no importante di quella di Wall Street... Infatti nes- suna borsa è crollata per le guerre in Africa, neppu- re per quelle incoraggiate da chi si crede tutore della giustizia internazionale, ma rifiuta di pagare il de- bito verso le Nazioni Uni- te. Possibile che nessuno veda incongruenze così macroscopiche? Perché non fa scandalo che gli Stati Uniti non ab- biano ratificato importan- ti convenzioni, come quel- la Onu sulla tutela del- l’ambiente durante i conflitti (1976), quella di Parigi circa il controllo delle armi (1980), quella sulla proibizione delle ar- mi chimiche e della messa al bando delle mine anti- persona (1993 e 1997)? E vogliono a tutti i costi lo scudo stellare! Depreco i brutali attac- chi terroristici agli Usa, ma depreco di più l’atteg- giamento che perseguita le nostre menti... Cercate allora il nemico, cercatelo

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