Missioni Consolata - Gennaio 2002
MISSIONI CONSOLATA 62 GENNAIO 2002 S ul treno che da Venezia mi porta a San Donà di Piave (dove ha sede uno degli ospedali nei quali lavoro) si è formato un interessante gruppo di pen- dolari che, nella mezz’ora di viaggio, si scambiano liberamente le impressioni sul mondo. Siamo medi- ci, psicologi, ingegneri, bancari, funzionari pubblici e privati ed un portiere di notte di un albergo di Venezia, che smonta dal lavoro quando noi andia- mo verso il nostro. Gino è uno del gruppo. È un veterinario con un’e- sperienza di tanti anni alle spalle. È stato proprio lui a raccontarci del carbon- chio , degli animali che ricorda aver visto con questa antica malattia, di alcuni pascoli vie- tati nella zona di Belluno a causa della sua presenza. In treno discutevamo con stupore ed incredulità sulle notizie relative al primo caso di terrorismo «biologico» nella storia del- l’umanità e cercavamo di ricostruire nella memoria le nostre conoscenze sul car- bonchio senza, in verità, ricor- darci molto. Nei nostri ricordi, il carbonchio era una malattia degli erbivori, che solo raramente veniva trasmessa all’uomo e che fondamentalmente colpiva addetti ai lavori (pastori, allevatori, addetti alla macellazione) con una forma cutanea benigna e sensibile alla terapia. Ricordavamo anche una forma intestinale, per con- sumo di carni infette, e sinceramente nessuno di noi conosceva la forma polmonare. In Perù, nell’anno 2000, ci sono stati 43 casi di car- bonchio cutaneo e intestinale, mentre nei paesi dove vi è un controllo costante ed effettivo della produzione degli alimenti, la malattia umana è pressoché scomparsa. È quindi una malattia animale, detta anche antrace, dovuta ad un batterio che sopravvive nell’ambien- te sotto forma di spora . Nulla di preoccupante, quindi? Tutto sotto controllo? Sì, tutto sotto con- trollo. Apparentemente. La fantasia distruttiva del- l’uomo ha però individuato in questo bacillo e nella sua spora uno strumento di guerra. Il ragionamento è semplice. Le spore in natura si trovano, in concentrazione molto bassa, in alcuni terreni. È bastato moltiplicarle, renderle in qualche modo più leggere, concentrarle ed ecco che una malattia animale si può trasformare per l’uomo in una temibile infezione polmonare. Dato poi che la fantasia non ha limiti, inserire queste spore leggere in buste della posta ed inviarle a casa delle vittime prescelte, è un gioco quasi da ragazzi. Se poi le vittime sono le segretarie che aprono le buste ed i postini che distribuiscono la posta, que- sti sono solo risultati collaterali di una follia che non ha pari e le cui origini nessuno di noi ancora conosce. No, non mi terrorizza tutto questo, semplicemente mi lascia allibito. Che nei confronti di questo attac- co batteriologico si dovesse rispondere con la mas- sima energia, non vi è alcun dubbio. Ma qualche domanda... permettetemi... mi sovviene. L’antrace, la peste, il vaiolo, il virus Ebola... quante saranno le armi batteriologiche pronte ad ammazzare in maniera casua- le e indiscriminata? Ma, oltre ai responsabili diretti delle azioni (assassi- ni come coloro che hanno fatto crollare le Torri gemelle), quali sono le responsabilità di chi ha stu- diato e prodotto per anni queste armi in laboratori, più o meno segreti, degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Chi ha venduto le tec- nologie a paesi terzi? Chi si è rifiu- tato di firmare la convenzione sulla messa al bando delle armi batteriologiche? E poi ancora una domanda: perché gli Stati Uniti (colpiti da questo attacco) hanno ottenuto di acqui- stare gli antibiotici (il « Cipro ») a prezzo scontato, dietro la minaccia di togliere il brevetto alla società produttrice (la Bayer ), mentre non si riesce ad otte- nere la stessa cosa per altre epidemie? (*) L a guerra quotidiana all’Aids, alla malaria, alla tubercolosi... le milioni di vittime di queste tre malattie (per non parlare delle altre più dimentica- te, come le diarree infantili, la febbre gialla, il den- gue, il colera e chissà quante altre) forse avranno ottenuto meno finanziamenti della produzione del- l’antrace nei laboratori di chi ora ne è vittima. Si sa, i morti dei vincitori pesano sempre più di quelli dei perdenti; quelli poi di chi nasce perdente, non trovano neanche chi osi contarli. La guerra al terrorismo va fatta, anche duramente. Quella alla povertà è una guerra dimenticata. Gu.S. (*) Nella riunione dello scorso novembre, a Doha, l’Organizzazione mondiale del commercio ha dovuto fare qualche concessione in materia di brevetti farmaceutici. Ne parleremo prossimamente. L’antrace e le guerre dimenticate I MORTI DEI VINCITORI E QUELLI DEI PERDENTI L’emergenza carbonchio (comunque limitata a pochi casi) è stata affrontata con grande clamore, mentre per Aids, malaria, tubercolosi, febbre gialla, dengue, colera...
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