Missioni Consolata - Gennaio 2002

assurdo si riuscisse ad inventare u- na fonte di energia ad impatto nul- lo, probabilmente ci sarebbe un danno maggiore: il problema infat- ti non si risolverebbe, bensì si spo- sterebbe soltanto. Basti pensare a quante automobi- li «pulite» (per esempio, ad idroge- no) intaserebbero le città di tutto il mondo: il problema non sarebbe più il petrolio e l’inquinamento nei paesi ricchi, ma l’impatto dei mate- riali dovuto al vertiginoso aumento dei consumi, con il relativo sfrutta- mento di risorse ed inquinamento nei paesi poveri, l’aumento incon- trollato delle infrastrutture (strade e simili…), il conseguente ulteriore impatto sui già deboli ecosistemi, la loro ulteriore frammentazione… O ancora, se si riuscisse a massifi- care l’uso dei combustibili vegetali (probabilmente transgenici), quan- ta superficie terrestre verrebbe oc- cupata da future «benzine» al posto di cibo per l’alimentazione? È come quando, a proposito del corpo umano, si riconosce l’impor- tanza fondamentale del dolore co- me sintomo di malattie più gravi, sia perché permette di operare una dia- gnosi precoce, sia perché permette di invertire comportamenti nocivi alla salute. Se non ci fossero segna- li d’allarme, i comportamenti con- troproducenti porterebbero a con- seguenze molto rischiose e spesso non prevedibili. Allo stesso modo, inquinamento ed altri fattori di degrado ambien- tale rappresentano sintomi di feno- meni più complessi; la tecnologia deve aiutarci ad interpretare tali sin- tomi e a farci cambiare rotta, senza diventare il pretesto per mantenere lo status quo . È quindi estremamente utile e prezioso fornire una visione olisti- ca dei fenomeni, evidenziando tut- te le interrelazioni che un problema di natura ambientale ha sia con l’e- conomia e la società, sia con ogni singolo individuo (nei suoi com- portamenti materiali quotidiani, co- me negli atteggiamenti con cui af- fronta la vita). Non esiste problema ambientale che non abbia forti implicazioni di carattere sociale. UNA SOLA SCIENZA? Un approccio innovativo è quel- lo di sottolineare che la visione di qualsiasi problema (ecologico, eco- nomico, sociale) è la nostra visione, quella del pensiero dominante oc- cidentale. La scienza (occidentale) è frutto della nostra evoluzione storico-cul- turale e, quindi, non può pretende- re di essere l’unica forma di cono- scenza. D’altra parte, è impressio- nante e inatteso scoprire come sa- peri molto lontani tra loro, quali la scienza occidentale e le teorie o- rientali (intendendo con questo ter- mine tutto ciò che non è occidenta- le), presentino punti d’incontro. Per ritornare all’esempio dell’ef- fetto serra, gli scienziati occidenta- li hanno investito anni di ricerche ed ingenti somme di denaro per confermare il cambiamento clima- tico in atto e, quindi, le potenziali catastrofi che incombono sul pia- neta. A questa stessa conclusione sono giunte alcune popolazioni an- dine, lontane anni luce dal mondo della scienza. Queste sanno intuiti- vamente, da tempo immemore, che ciò che per noi è stato ed è il mag- gior responsabile dell’effetto serra, il petrolio, è semplicemente il «san- gue della terra», la quale ovviamen- te morirebbe se ne venisse privata. Di conseguenza, un approccio più umile ai problemi globali po- trebbe anche permetterci di trarre insegnamenti importanti da popo- lazioni che vengono comunemente

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