Missioni Consolata - Gennaio 2002

rale e spirituale» degli indigeni, «per cui metteranno particolare diligenza nel guidarli ad abbandonare i costu- mi barbari e vivere civilmente, come non andare in chiesa sudici e malve- stiti, ma lavati, acconciati e puliti... che le loro case abbiano tavole per mangiare e letti per dormire; le case non devono assomigliare a stalle, ma ad abitazioni di esseri umani, con or- dine, pulizia e altre cose simili... Nel- le doctrinas devono organizzare la scuola dove i bambini indios impari- no a leggere e scrivere». Per facilitare l’evangelizzazione, favorire la vita cristiana e impedire lo sfruttamento degli indigeni, fu abo- lito il sistema delle encomiendas e riorganizzate le doctrinas , sul model- lo poi sviluppato nelle famose «ri- duzioni» del Paraguay. IL RIFORMATORE La riforma deve cominciare dalla «testa» diceva Toribio. «Per essere guida del gregge, il vescovo deve ri- splendere per esempio di vita e com- portamento santo, fuggire lusso e profitti, non dare troppa importanza ai piaceri della tavola». E poteva dir- lo con ragione: «In 25 anni di episco- pato non dormì mai nel letto - testi- monia chi lo ha conosciuto -; era un esempiodi eroicapovertà, penitenza, astinenza, digiuno e generosa carità». Era soprattutto il clero che aveva bisogno di riforma. Fu stabilito che ogni vescovo costruisse il seminario; che i candidati al sacerdozio fossero uomini di «buoni costumi, suffi- ciente istruzione e conoscenza della lingua delle proprie terre». In teoria potevano essere ordinati anche indi- geni e meticci; nella pratica non av- venne per molti secoli. Il Concilio dettò altre misure pra- tiche, non nuove in verità: «I preti devono indossare un abito distinti- vo; evitare la caccia e ogni tipo di di- vertimento; continuare a studiare; non fumare né tabaccare prima del- lamessa, neppure sotto forma di me- dicina; non esigere la decima e tri- buti dagli indigeni; proibizione as- soluta di praticare commercio e qualsiasi forma di simonia». La novità portata da Toribio fu la scomunica automatica legata alla violazione di tali norme. «Le forti multe comminate dai predecessori - ripeteva il santo vescovo - non sono molto temute, perché non è difficile eluderle; le censure però, grazie a Dio, si temono ancora». Il Concilio scomodava tutti: il cle- ro regolare per via delle riforme; i re- ligiosi per i tagli ai privilegi; gli spa- gnoli per la difesa degli indigeni. Una parte del clero del viceregno inviò a Madrid e a Roma due delegati per impedirne la conferma, almeno del- le leggi più severe. Ma Toribio giocò d’anticipo: mandòpadreAcosta a la- vorare re e dicasteri romani, con prudenza e rapidità, perché tutti i ca- noni venissero approvati. E ci riuscì: nel 1591 il Concilio Limense fu ap- provato, stampato e promulgato. IL PASTORE «IN CAMMINO» Per attuarne i decreti, il Concilio di Trento e quello di Lima obbliga- vano i vescovi a regolari visite pasto- rali. E Toribio si mise subito in cam- mino. Anzi, «visse in cammino», co- me pastore itinerante, realizzando tre grandi visite, senza contare quel- la fatta prima del Concilio: la prima durò sei anni (1584-90); la seconda quattro (1593-1597), prolungata poi nel 1598-99; la terza iniziò nel 1605 e finì con la sua morte. Il territorio affidato a Toribio, scri- veva un suo contemporaneo, «è la più vasta estensione che, per quanto io sappia, abbiamai avuto arcivesco- vado alcuno». E padre Acosta affer- mava che l’impervia e ostile topogra- fia del Perú offriva «cammini piùper camosci e capre che per uomini». Dei 25 anni di episcopato, ne spese 17 visitando palmo a palmo tutti gli angoli della sua diocesi, ammini- strando più di 800 mila cresime; zig- zagando a piedi e a dorsodimuloper oltre 40mila chilometri. Avrebbe po- tuto farsi trasportare in portantina, ma preferiva camminare, «per non essere di peso a nessuno e non gra- vare gli indios di un inutile lavoro» annotava nel suo diario. Per raggiungere le capanne degli indigeni più isolati, incontrare per- sonalmente tutti, cristiani e non cri- stiani, portare conforto agli amma- lati, predicare dappertutto il vange- lo, sfidava deserti infuocati e foreste vergini, paludi insidiose, montagne MISSIONI CONSOLATA 51 GENNAIO 2002 I l III Concilio di Lima, presieduto da san To- ribio, difese con vigore la dignità degli in- dios . Ecco un esempio. «Questo santo sinodo si duole assai del fatto che non solo in tempi passati siano state in- flitte a questi poverelli tante ingiurie e violen- ze, rendendoli vittime di tanti eccessi, bensì nel constatare che anche oggi si cerca di fare lo stesso. È per questo che prega nel nome di Ge- sù Cristo e ammonisce tutti gli amministratori della giustizia e governatori, affinché si mo- strino compassionevoli verso gli indios e sap- piano affrontare l'insolenza dei propri ministri qualora sia necessario. Debbono trattare que- sti indios non come schiavi, bensì come uomi- ni liberi e come sudditi di sua maestà reale, cui Dio e la chiesa li hanno affidati. Ai preti e ministri ecclesiastici comanda di tut- to cuore che ricordino di essere pastori e non carnefici, e che debbono sostenere e proteg- gere gli indios come figli, accogliendoli nel se- no della carità cristiana». UOMINI LIBERI La cattedrale di Lima, centro dell’attività missionaria svolta da Toribio de Mogrovejo.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=