Missioni Consolata - Gennaio 2002
AVVOCATO E INQUISITORE Toribio Alfonso de Mogrovejo nacque nel 1538 a Mayorga, provin- cia di Valladolid e diocesi di Leon (Spagna). Il bisnonno Giovanni, il nonnoGiorgio e il padre Luigi avvo- cati e lo zioGiovanni per 25 anni pro- fessore di diritto nell’università di Coimbra (Portogallo), il giovane rampollo nonpoteva tralignare. Ter- minati gli studi umanistici a Vallado- lid, iniziò a frequentare l’università di Salamanca (1562), dove ottenne il ti- tolo di baccelliere. Poi raggiunse lo zio in Portogallo, per aiutarlo a ordi- nare i manoscritti in vista di una e- ventuale pubblicazione; quindi con- tinuò gli studi a Salamanca e ottenne la licenza in diritto dall’università di Compostela nel 1568. Sensibilità e amore verso i poveri, lucidità intellettuale, coscienza del dovere, serietà professionale, auste- rità di vita, religiosità e ascetismo fu- rono le caratteristiche di Toribio fin dalla giovinezza. Doti che gli merita- rono una borsa di studio per conse- guire il dottorato nel Collegio mag- giore di Oviedo, una specie di semi- nario dipendente dall’università di Salamanca. Ma nel 1573, prima che terminasse i corsi, Toribio fu nomi- nato giudice del tribunale dell’In- quisizione di Granada. Due anni do- po ne divenne presidente. Era una carica scottante. Ai pro- blemi religiosi comuni all’Europa del secolo XVI si aggiungevano le in- crostazioni che la dominazione ara- ba aveva lasciato nella vita sociale e cristiana, con frequenti rigurgiti di ri- vincita da parte dei «mori». Toribio si trovò spesso in contrasto col tri- bunale civile.Ma tutto veniva appia- nato dalle sue doti di equilibrio ema- gnanimità, amore e umiltà. Il capitano Juan Reinoso, per e- sempio, stava per essere impiccato. Solo il perdono dell’offeso, un nobi- le cavaliere, lo avrebbe potuto salva- re. Toribio si recò personalmente a implorare la grazia; esauriti tutti gli argomenti, si gettò in ginocchio da- vanti al cavaliere che, commosso, concesse il perdono. Di solito le cause trattate dal no- stro inquisitore erano di poco conto; ma in un tempo di caccia alle streghe bastava ancora meno per finire sul rogo. Alle visionarie con cui ebbe a che fare, Toribio s’accontentava di imporre «penitenze spirituali di pre- ghiere, elemosine e digiuni», facen- do arricciare il naso ai giudici del Santo Ufficio, che non sempre ap- provavano la sua manica larga. MISSIONI CONSOLATA 48 GENNAIO 2002 C’ era una volta l’impero degli incas , o Tawantinsuyo (quattro canto- ni), caratterizzato da solida struttura organizzativa e militare, economia basata sulla produzione agricola e tra- sferimento forzato delle popolazioni. L’individuo era totalmente assogget- tato allo stato: a tale scopo contri- buiva la paura del castigo e una reli- gione fatalista che però, senza di- struggere la caratteristica specifica delle popolazioni conquistate, con- solidava il senso comunitario. N el 1531 Francisco Pizarro, con 180 spagnoli, avviò la conquista dell’impero incaico, giustificata dal- l’ideologia della cristianità e conti- nuata con varie violenze e tradimen- ti. Per controllare le popolazioni indige- ne, si ricorse al meccanismo dell’ en- comiendas : vaste estensioni di terra e relativi abitanti affidati a spagnoli benemeriti ( encomenderos ), con l’ob- bligo di proteggere gli indigeni, prov- vedere loro l’istruzione cristiana e col diritto di esigere servizi personali, in cambio di una remunerazione mini- ma. Ben presto l’ encomendero tipico non si preoccupò neppure di salvare le ap- parenze: sfruttava a morte gli indige- ni a lui affidati, senza dare loro la mi- nima istruzione cristiana. Dei benefici del sistema usufruirono anche vari membri del clero regolare e comunità religiose, responsabili del- le cosiddette doctrinas, villaggio o parrocchie in cui gli indios erano in maggioranza battezzati. N el 1541 fu costituita la provincia ecclesiastica di Lima (fino allora le diocesi ispano-americane dipende- vano da Siviglia). L’anno seguente Carlo V emanò le «Nuove leggi» in di- fesa degli indios , istituì il viceregno del Perú e mandò il primo viceré per farle applicare. Ma la nuova organizzazione politico- religiosa incontrò immense difficoltà: i figli dei conquistatori si opponeva- no con vigore a tutte le leggi del re e suo consiglio, tendenti a migliorare la situazione degli indios e a evangeliz- zarli seriamente. La vita sociale era avvelenata da innumerevoli tensioni: tra vescovo e viceré, curia e ammini- strazione ( audiencia ), clero regolare e religiosi. In questo ambiente si trovò a lavora- re Toribio Alfonso de Mogrovejo. PERÚ NEL SECOLO XVI A lato: tomba di Francisco Pizarro, lo spregiudicato conquistatore del Perú. Il Perú oggi: povertà alla perife- ria di Lima (sopra) e mercato dei quechua davanti alla chiesa di Chinchero (a destra).
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