Missioni Consolata - Ottobre 1996

solo a dar vita alla Gran Colombia, annettendo Ecuador e Panama. Sull'orlo della bancarotta econo- mico-fmanziaria e dissanguata degli uomini migliori dalle guerre di libe- razione, la traballante Gran Colom- bia fu subito scossa dalle spinte campanilistiche di caudillos e riva- lità tra venezuelani, granadini, ecua- doriani; fu insanguinata dalle ambi- zioni di generali e colonnelli im- provvisati che, per nulla disposti a rientrare nella quiete della vita civi- le, fomentavano sommosse e aperte ribellioni, fino a scannarsi reciproca- mente. Bolivar correva da un capo all'altro del territorio per rimettere ordine; ma alle spalle si ordivano complotti. Al culmine della tensione tra centralisti, guidati da Bolivar, e federalisti, appoggiati da Santander, il libertador assunse poteri dittato- riali, per poi dimettersi nel 1830, quando Venezuela ed Ecuador recla- marono la propria indipendenza. Morì lo stesso anno, confessando a- gli amici tutta la sua amarezza: «Servire la causa della rivoluzione è come arare il mare». Liberali contro conservatori Alla morte dellibertador, il paese era un'immensa foresta disseminata 1O «NON DI SOLA COCA» Missioni Consolata- Ottobre '96 Santa Fé de Bogotà: Piazza Simon Bolivar e monumento al /ibertador. di villaggi, capanne e modesti bor- ghi. Nel giro di un secolo si dissoda- rono terre tre volte superiori a quelle colonizzate in tre secoli di dominio spagnolo; furono gettate le basi per ammodernare lo stato in campo eco- nomico, fmanziario, giuridico, am- ministrativo. Tale progresso fu pagato a caro prezzo: nello stesso periodo la Co- lombia fu dilaniata da nove guerre civili nazionali, quattordici guerre locali e due contro l'Ecuador; ebbe 12 costituzioni e 17 riforme costitu- zionali; cambiò nome cinque volte: Repubblica della Nuova Granada (1830), Confederazione Granadina (1858), Stati Uniti della Nuova Gra- nada (1861), Stati Uniti di Colombia (1863) e, finalmente, Repubblica di Colombia (1886). · A insanguinare la scena politica furono le contese tra caudillos, con- flitti tra unionisti e federalisti, con- trasti commerciali tra fautori di e- sportazione di materie prime grezze e sostenitori dell'esportazione di prodotti lavorati, lotta allo schiavi- smo, guerre religioso-politiche. Odi ereditari, voglie di rivincita, ideologie clericali e anticlericali si coagularono attorno a due partiti: conservatori e liberali. I primi, auto- definendosi paladini dell'ordine, si battevano per un governo fortemen- te centralizzato, perpetuità dei privi- legi delle classi tradizionali e del clero, restrizione del diritto di voto. I liberali, al potere quasi ininterrotta- mente nella seconda metà del secolo scorso, ponevano l'enfasi sui diritti dei vari stati (o dipartimenti), suffra- gio universale, completa separazio- ne tra stato e chiesa. La questione dello status della chiesa scatenò forti passioni, sfocia- te spesso nel sangue. Non fu guerra di religione, ma di princìpi. Da una parte si credeva fermamente che la Colombia era e doveva restare al servizio della vera fede e che eretici e miscredenti erano nemici della na- zione; all'estremo opposto, si difen- devano con altrettanto ardore i «pro- pri» princìpi, circonfusi da un'aura di nuova fede religiosa. <<L'ardente razza colombiana - scriveva uno studioso peruviano all'inizio di questo secolo- ama le i- dee vaghe e astratte. Un ardore gia- cobino divide gli uomini, le cui esal- tate convinzioni danno origine a ini- micizie politiche; abbandonano for- tune e famiglie, come al tempo delle crociate, per accorrere e morire no- bilmente alla difesa del principio. Le lotte sanguinose hanno una certa ru- de grandezza. Obbediente alla logi- ca giacobina, la Colombia perisce, ma la verità è salva». A parte la retorica letteraria, sta il fatto che i colombiani hanno com- battuto i colombiani e continuano a farlo. Un secolo di lotte civili ba ele- vato la guerra a sistema di vita, fon- damento del diritto e unico modo per far evolvere le strutture del pae- se. Si è radicata una mentalità che ragiona così: i conflitti, per quanto sanguinosi, non finiscono con vitto- rie incontestabili e sconfitte totali, ma sboccano nella trattativa, il cui rapporto di forze riflette quelle an- cora in campo al momento dell'ar- mistizio; per ottenere riconoscimen- to e responsabilità politica e diventa- re interlocutore valido, bisogna aver perso con onore la propria guerra. A tale schema obbedisce oggi il com- portamento della guerriglia che, pur sicura di non riuscire a raggiungere il potere, continua ad avvelenare la vita politica colombiana, in attesa di sedersi al tavolo delle trattative.

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