Missioni Consolata - Gennaio 1962
corrispondere alla linea fi sica posteriore mentre a ter- ~o sent ivo uno spi raglio frescolino. Ino rridii: la mamma mi aveva messo i calzoncini al contrario e un lembo immodesto di camicia spun - tava d alla fessura. Sbatacch iai il campanello su l gradino e fuggii in sacrestia e poi per vie traverse a casa mia. Chissà quale altro nomignolo mi avrebbero appiop- pato i compagni se mi avessero veduto l PRODEZZE DEL CHIERICHETTO Vennero altr i guai che non mi erano ancora capi- tati fìn'allora. Nonostante la mia assidui tà in chiesa non e ro per nu ll a riformato. E poi si sa, la familiarità genera troppa dimestichezza. T alvolta invece di t ener le mani giunte come ri- chiede la liturgia, io le cacciavo un momento in tasca per riscaldarle e se per caso vi trovavo una pallina delle mie allegre par tite a birilli... come res istere alla ten- tazione? La I>all ina correva verso il mio compagno che me la rimandava a volta di corriere. Il parroco, brav'uomo lui , non se n'accorgeva per- chè badava a dir bene la Messa, ma ben se n 'accorge- vano le devote donnette così zelanti del decoro della chiesa e della ri fo rma dei figli degli altri.. . La mamma non veniva spesso alla prima Messa chè doveva preparar la colazione pei figli che si recavano a ll 'offi cina. Ma quando io arrivavo a casa era già in- formata di tutto dalle devote comari e allora ... Ella era molto gelosa dell'onore e buon nome dei figli e io ne fa cevo sO"ente le spese. Aumentando di grado e di pratica. col tempo di- venili turiferario. Nelle domeniche e feste solenni in - dossavo t'alare e rocchetto e sventolavo il turibolo. Ma le distrazioni erano molte e mentre incensavo il popolo con molta d ignità, qualche ragazzaccio dai banchi mi faceva le boccacce e non sempre ricordavo quante incensate avessi distribuito alla gente. All a festa patronale, i SS. Pietro e Paolo, mi accadde un incidente più vis toso del solito. La chi esa era zeppa fino alla balaustra dove i rap- presentanti delle varie Associazioni drizzavano con fi e- rezza le loro bandiere. Incensando il popolo con lo slancio dovuto alla so- lennità, qualche anello del turibolo s'agganciò nei pizzi del rocchetto e distribuii gra tis una gi ra ndola di car- boni accesi e pro fumati sugli astanti che s 'affrettarono a sgomberare. Dopo questa prodezza il parroco mi promosse ceri· maniere come lavoro meno rischioso. T anto faceva tutto lui bofonchi ando a tratti: « Sur· gant.. . sedeant.. . ministretur... ad sedes ... ». Una vol ta però sicuro del fatto mio volli prendere !'iniziativa. I cantori della Cantoria si rincorrevano con l'interminabile messa del Cagliero. .. Et in spiritum » mi parve " Cum Sancto Spiritu ». Era da tanto che cantavano! Balzai in mezzo al p resbiterio, sprofondai un inchi· no generoso a tutti e tre e strill ai deciso: Surgant! Quando mi drizzai dall'inchino vidi che uno dei preti forestieri faceva un mezzo movimento per obbe- dire, ma il parroco fermo come un macigno mi piantò addosso due occhi più che severi . Ci teneva tanto al suo P iccolo Clerol Il corale continuava a rintronare, ma non tanto da sopprimere l'effetto deleterio di certe ri satine. Ero così stordito che rimasi là piantato in mezzo al presbiterio fino a quando l'Amen non mi venne a liberare. Ma nonostante le mie topiche (le chiamavan cosi) sia il Priore che il suo Vice, il gioviale Don Benvenuto, mi tenevano' in buon conto e a parte qualche scapac- cione bonario mi facevano compagno delle loro escur- sioni apostoliche nei villaggi della montagna, si che e ravamo in buoni t erm ini di camerat ismo. E poi c'erano anche i premi Quella mezza dozzina di ragazzi che a fine mese avevano servito più messe ricevevano un libro a scelta. Libri affascinanti di avventure usciti dalla penna di Ugo Mioni. l o ne andavo pazzo e ne feci una collezione pre- ziosa. PRIMI PENSIERI PER L 'AVVENIRE Ero nel tredicesimo anno e desideravo entrare come apprendista nell 'offi cina Savio. Ma la mamma tempo- reggiava perchè pe r la mia età ero ben poco sviluppato. Quell'estate vennero a passar le vacanze a casa due chi erici giovani, briosi e pi eni d'entusiasmo. Uno era Borello Mario, la futura Medaglia d'oro; l'altro Borello Ciovanni, futuro E conomo Generale, fratello del mio caro amico .. Paulin dia Ciasera ». Conoscevo chi erano; restava a sapere che cosa fa- cesse ro, donde venissero e lo seppi subito da Paulin . Erano missionari... studiavano a Torino... sarebbe· ro andati in Africa dove i leoni erano comuni come da noi le gall ine. Questo era qualcosa tosto presi a considerare seguire la loro via. di meglio dei soli ti preti e quali possibilità avessi io di Non vi pensai molto a dire il vero fino al giorno in cui scoppiò la bomba: Paulin parti con loro per l'lsti- tuto Missionario. Questo avvenimen to che mi toccava tanto da vi- cino mi diede a pensare e Ilon poco. - Oh, cosi è partito anche lui! Tornerà? Come si s ta laggiù a Torino? Come si vive in collegio? Devo rinchiudermi anch 'io fra quattro mura? io che detesto orari e disciplina? Come son faUi i neri? q uanti anni occo rrono per andare in Afri ca? che c'è laggiù? Devo farmi pret e anch ' io? Quest'ultima era ulla domanda particolarmente dif- ficile per me che stavo passando attraverso la crisi dell'adolescenza. Non volli pensarci più e perduto un amico caro me ne cercai alt ri:. (cominua)' P. OUatl io Sulero, I .M .C. ml 55lonl ton$olllh. - 37
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