Missioni Consolata - Settembre/Ottobre 1905

NUMERO DOPPIO Settembre e Ottobre 1905 Anno VII · N.1 9 e 10 onsoiata feriodico ~eli~ipso Mef}sile ESCE DIREZIONE PRESSO LA SAORESTIA AL PRINCIPIO DBL DEL MESE SANTUARIO DXLLA CONSOLATA

ISTITUir della CONSOLATA per le MISSIONI ESTERE TORINO - Corso Duca di Genova, 49 "Bregramn1a per l' accettaz1Ghè !ESTRATTO DAL REGOLAMENTO} E istituito in Torino, sotto la protezione della SS. Vtlrgine della Cousolata, e coll'approvazione degli E}c.mi Arcivescovi e Vescovi delltl provincie ecclesiastiche di Torino e di Vercelli, un Istituto di Missionarii per l'evangelizzazione degli infedeli, primieramente nell' Afric<~. equatoriale. , I membri dell'I -Hituto non p JSS mo essere destinati ad altre missioni all'infuori di quelle dalla S. ·Sdde assegnate all'Istituto stesso, ed ivi sono retti da su;>eriori proprii, scelti tra di loro. Si ricevono giovani sacerdoti, chierici e studenti che abbiano compiuti i corsi ginnasiali, e desiderino di dedicarsi alle missioni straniere. Si accetta.no pure giovani secolari non studenti, per coadiuvare i sacerdoti missionarii in qualità di Ounfratelli. Per l'ammissione nell'Istituto si richiede: a) Pei sacerdoti il consenso del proprio Ordinario, ed un attestato del medesimo intorno alla loro condotta ed alle qualità nece3sarie pel genere di vita che vogliono abbracciare. b) I chierici presenteranno le s~esse attestazioni ed insiéme quella degli studi percorsi. c) Per .i secolari è richiesta una dichiarazione del proprio parroco in cui attesti della loro buona condotta, degli studi fatti, arti o mestieri esercitati, del consenso dei loro genitori, e che non sono vincolati da speciali doveri di famiglia. L'Istituto non esige alcuna tassa d'entrata, nè pensione: gli aspiranti devono soltanto, nel loro ingrass.o, portar seco un corredo di vestiario e biancheria personale sufficiente per un anno. Ammessi nell'Istituto, si fermano nella casa·madre psr quel · tempo che il Superiore giudica necessario ad accertare la loro voca· zione; poscia prendono impegno di completare nell'Istituto stesso la loro preparazione al ministero apostolico e di recarsi nei luoghi delle missioni rimanendovi per 5 anni. Al termine del quinquennio sono ammessi a vincolarsi in perpetuo all'Istituto, e questo si assume di provvedere al loro a v ve·

Settembre-Ottobre 1905 l~~nsoiat~ PERIODICO RELIGIOSO MENSILE . ç~~ -~~~ DIREZIONE ~( · SO:M:M:.ARIO ,PREsse LA Le nusswm della Consolata nell'Africa equatoriale· nel ~ primo triennio dalla loro fondazione - Stato delle missioni SACRESTIA DELLA CONSOLATA della Consolata al l• lug!io,1905 ~ La gran questio,ne..... - :; Indulgenze a chi visita il santuario in settembre e ottobre - TORINO Orario delle Sacre Funzioni per settembre· e ottobre.- 0/l'erte per l'ampliamento del santuario ~~ e per le missioni d~lla Consolata in A/'rica. LE MISSIONI DELLA' CONSOLATA NELL'AFRICA EQUATORIALE ' ' , nel priOlo triennio dalla loro fondazione =========~~·========= Le relazioni da noi fin qui pubblicate sul soggetto, sebbene frammentarie, hanno fatto constatare ai nostri lettori che la Consolata va' visibilm:ente benedicendo le Sue missioni dell'Africa equatm·iale. / In meno 'di tre anni dacchè queste furono iniziate, già una cinquantina di missionarii -sacerdoti, confratelli e suore- salparono per quelle terre avvolte nelle tenebre della barbarie e, dell'ignoranza; ove alcun raggio. di t:eligione o di civiltà mai, dai primi giorni del mondo; aveva brillato: terre che, anche al giorno d'oggi, non ostante le progredite cognizioni g~ografiche e le avventurose espio· · razioni di viaggiatori attraverso.!'Africa te nebrbsa., con~inuano ad essere segnate in bianco sulle carte geogratìche. • Eppure in quelle piaghe, c)le parevan deserte sòlo perchè separate dal monP.o dvile, vivevanocentinaia•dimigliaia di nostrifratelli: l (J Ma che diciamo: vivevano? Vegetavano: è la -vera parola. Poichè che cosa è la .vita ~mana senza la luce della fede, priva di quel corredo di leggi e di cognizioni che sono i pre-. ziosi benefizi di una religione divina e d'una civiltà . millenaria ? ' La Cona:olata, che da secoli e secoli andava spargendo le .sue materne beneficenze sui padri nostvi, e che ora dalla forte e generosa fede ·subalpina vedeva prepararsi i gloriosi ed indimenticabili trionfi delle passate feste centenarie, volle ricompens~re la devozione dei suoi figli, e lo ha fatto con una nobiltà ed una delicatezza degna di Lei. Volle cioè che i barbari abitatori dei grani- . tici contrafforti dol Kéhya venissero alla luce ~ della religione e della civiltà per opera dir.etta dei figli delle granitiche Alpi, a questi affidando l'incarico - vero attestato di fiducia - di portare la buona novella, la re-

130 llt (20f1SO(ata l . . denzione a quelle povere anime. E no1 piemontesi dobbiamo sentirei orgogliosi di essere stati scelti a questo sublime ministero d'apostolato, a continuatori delle gloriose tradizioni dell'Italia, la q~ale se ?egli antichi tempi dominò il mondo con le armi, continua ora a guidarlo colla luce che irradia dalla cattedra di .S. Pietro. Fin_dai primi loro passi, la pr:_otezi(nìe della Consolata si fece sentire- e spesso in modo veramente miracoloso - sui missionari par-· titi sotto i di Lei auspici, e continuò poi sempre ad essere loro di guida ed aiuto; tantochè - con un risultato insperato - una rapida espansione caratterizzò il periodo iniziale di queste miss}.oni.,Le difficoltà e le con tr~ddizioni non ~ancarono - .ed essendo ' opera di Dio non dovevano mancare -; ma a nostro conforto, sempre e dovunque, nelle ore tristi o nelle gravi dijficoltà, appariva la mano materna della nostra Patroria. Quando più si addensavan le tenebre, ecco improvvisi raggi di luce irrompere a squarciarle; se talora le difficoltà. par~vano I).Ccumularsi, ingigantire, ad uh dato momento si S<J..u.agliavano, come al sole equatoriale si sciolgono in mezza gior nata le 'nevi, di cui il freddo notturno ha imbiancato i fianchi poderosi del Kénya. Fidenti in q!!est~ celeste protezione i nostri missionarii seguiterann~ animosi le vie che la Pro~ videnza va loro indicando. E poichè, .Purtroppo, sono giunti i giorni in cui i pro- 'testanti cercano insistentemente di penetrare ,nel futuro ovile di Gesù Cristo per ' seminarvi l'errore, !l ciò fanno proprio. nel tempo in cui un consolante movimento di quegli indigeni va accentuandosi verso la religione, s'impone il' dare alle missioni un nuovo e vigoroso impulso. Quindi sia per i necessarii accordi, ~ia per esser messo verbalmente al corrente dell'incremento e dei bisogni delle missioni già stabilite e di quanto .occorra per le nuove fondazioni, il nostro Rettore invitava il teo-. logo Perlo - partito co~ la prima spedizione - a venire in Italia. Questi,·rlopo una rapida ispezione a tutte le stazioni di mis· sione, a fine di constatarne de, visu gli ultimi l' progressi e poterne coscientemente riferire al suo ~uperiore, si imbarcava a Mombasa col Lloyd austriaco, giungendo a Torino ,il 28 del p. p. lnglio. Era la prima volta che le notizie dell'Africa equatoriale ci erano portate a viva voce . . È interrogando e discorrendo che saltano fuori i minimi particolari di quella vita primitiva, gli usi e costumi di quei ' popoli, il .lavoro attivo e ininterrotto ·dei nostri" nell'apostolato: cose. tutte ·che, per lettera, era appena possibile conoscere .in modo sommario. ·Poichè, colà, si vive cosi intensamente, le occupazioni più disparate si succedono in modo cosi vertiginoso, che il tempo vola, 'ed ai missionarii paion sempre minuti rubati al loro lavoro, quelli che debbono impiegare a scrivere altre notizie aH'infuor,i delle stret· tamente necessarie. I nostri lettori gra·diranno senza dubbio di esser messi a parte del piacere/ da noi provatq alle buone nuove che dall'Africa ci furono recate. Sono le gioie di famiglia: e poichè i nostri lettori appartengono ormai realmente alla fl!omiglia dei missionarii - per l'affetto e per ,l'aiuto che loro portano - essi hanno ben diritto di parteciparvi. Non intèndiamo - nè ci sarebbe po~sibile in un articolo di periodico - di fare una storia completa dell'operato dei nostri nell'Africa: è appena un quadro sinottico quello che presentiamo; un sunto della relazione al Rettore, ma sufficiente - speriamo - a dare un'idea chiara dello shto attuale di queste missioni. Da Nairobi a T ùsu Alla ricerca di Karòli - '"Quanto.ci volle per conoscere il Ktkùiu -Importanza d'arrivare al momento giusto-. La pruden~a umana smentita dalle disposizioni di Dio - .Il ten·ibile dilemma per il Kikùiu: o cattolico, o protestante - Tagliati fuori dal mondo civile! Nel giugno 1902, dopo oltre un mese di viaggio, il .primo drappello dei ·missionarii dell~ Consolata giungeva a Nairobi (Africa equatqriale): una città che pareva sorge~e allora dalla terra. come gli Aborigeni degli antichi tempi; ove qualche d'ozzina d'europei e due o tre.migliaia d'indiani si eran prov-

J.ll <20f}SO{ata 131 visoriamente stabiliti in baracche di lastra ~ zincata, formando i quartieri generali -della .. ' :.~bvia d'Uganda, allora in costruzione. ~ prete, si rivolsero per informazioni agli indigeni, le cui capanne erano appena ad un'ora dalla città. Quivi furono più fortunati; e da loro vennero finalmente a sapere che Karòli era un gran capo, il quale comandava terribili guerrieri, laggiù, fra le àlte montagne-e le in~ica vano-, soggiungendo Questo era l'ultimo punto di paese cono· sciuto chè i nostri potessero incontrare sul loro cammino; e percio quivi eransi diretti per avere informazioni sulla regi?ne che si Il catechismo nella foresta vergine (da fotogr. del teol. Perlo) A tutti gli operai addetti ai lavori nelle varie stazioni si fa og11i giorno un'ora di catechismo. n teol. Cagliero, superiore della stazione industriale sta catechizzalldo una delle squadre incaricate del trasl;'orto dei travi alla 1 segheria, portatosi egli stesso su luogo, per nqn disturbar!' gli operai dal lavoro. I tronch1 d'albero sostituiscono la cattedra. e i sedili ; i bastoni tenut1 fra m~n? sono le l~-ve per f~r rotolare i travi ai laboratorii. stendeva al di là di Nairohi; ed ove avevan saputo che un certo Karòli, capo di tribù indigen~ dell'int~rno, era assai ben disposto verso i bianchi, e li avrebbe anche desiderati nel suo paese. Ma il di là di Nairobi, verso nord, rappresentava per tutti una incognita. Alle prime domande ove si trovasse Karòli fu un allargar d'occhi. Karòli! ... è un fiume, un paese o una tribù? Visto che gli europei e gli indiani nulla ne sapevano- noti avendo neppure mai S6ll· tito tal nome -i missionarii, a mezzo d'interl (J però subito che non era possibile l'arrivare l fin là, sia a motivo dello stato ostile' di quei popoli, come per i.fiumi allora in piena, causa la stagione delle pioggia. i L'essere un gran capo implica l'avere molti sudditi: tale fq il ragionamento dei nostri i' e siccome il desiderio più .ardente d'ogni J;,llissionario è appunto di poter pene- ~ trare fra popolazioni ove le anime da salvare siano numerose, decist!ro che colà bisognava arrivare a qualunque costo. Le ricerche di una strada possibile dura-

132 }11 eoflSO{ata rono ben sette giorni; ma a forza di rega· lucci e promesse, poterono trovare alcune guide pronte ad acc~mpagnarli per la via di ·Naivàsha: una via. ardua, montagnosa e pericolosa per i molti elefanti, sui sentier.i dei quali si doveva camminare;. ma sicura, almeno per parte degli uomini, perchè deserta. Il giorno della festa della Consolata, 2o giu~ gno 1902, segna l'arrivo dei nostri a Naiv!isha; un gran lago giacente ai piedi dei contrafforti delle famose mo~tagne che se· parano il Kikùiu dal resto del mondo; ed n: 28 sera, dopo giornate di marcia fatico· sissima, mettevano piede nel vero Kikùiu, installandosi nella ·sua' càpitale, Tùsu. · Ai lettori recherà forse meraviglia questa sçarsità di notizie sul paese in cui i nostri dovevan recarsi; tanto più in un tempo in cui la scienza geografica è così progredita. Ma è senza dubbio é_ ci piace constatarlo,- per una speciale disposizione della 'Divina Provvidenza, che questo bel paese, trovandosi scartato dalle strade carovaniere, fosse conosciuto cosi tardi; ed in conseguenza re· stasse i:p.colume dall'invasione musulmana e protestante, per aprirsi poi solo al giusto momento in cui vi arrivarono i missionarii della Consolata. Appena nel 1885, quando l'esploratore inglese Thompson visitò il Kénya 'per ve·· dare se vi era realmente quella neve, la cui esistenza sotto l'equatore i geografi si osti navano a negare, e soltanto allora, si seppe che i piedi di quella grande montagna erano ' abitati. Ma il Kìkùiu, cosi detto dal 'nome · degli abitanti (o viceversa), fronteggiante il Kenya a sud e sud-o·qest, non fu conosciuto in qualche modo che due anni più tardi, cioè nel 1887, quando l'austriaco conte Teleki attraversava. nel bel mezzo quella magnifica regione dagli innumerevoli dorsali collinosi e ricca .di abitanti. Da allora non si ebbero altre notizie un po' precise: neppure quando il Dottor Peters ne attraversò un lembò nel suo viaggio alla ricerca di Emin Pascià; poichè non ne vide che !1-na parte minima, e non ne parlò che incidentalmente, . come di un magnifico e popolato paese. p Aacora nel 1895, quando il Foreign Office di Londra prendeva la diretta amministra· zione sull'Africa Orientale Inglese, questa ·regione continuava ad essere praticamente inesplorata, e solo confusamente conosciuta nelle sue grandi linee. Però nel corso della costruzione della ·ferrovia dell'Dganda, la quale da Mombasa mette capo al Victoria Nyanza, un tratto di questa linea venne radendo il Kikùiu a sud-ovest, e la necesSità. di procurare viveri pei 25 mila indiani ad· detti ai lavori fu.causa che qualcuno penetrasse nell'interno ldel paese, in seguito ad informazioni avute daMas!lai, i quali assicuravano che nel Kikùiu era possi~He trovare vet- -tovaglie abbondantissime, grazie alle molte. tribù di agricoltori che vi abitavano. E difatti colle forti quantità di viveri che fu possibile ' incettare ed asportare, giunse pure )a notizia. della numerosa popolazione: in conseguenza. il geverno inglese, due mesi appena prima. che giungessero colà i nostri, faceva del Ki- .\l:ù~u una provincia autonoma, col titolo di Kénya. Operazione, però, fatta - in quei gior11-i - soltanto sulla carta; non essendo· possibile delimit'àre confini, quando nessuno· avrebbE\ sapu"t9 ove collocarli per mancanza delle necessarie cognizioni ·sulla ·configurazio~e di quelle località.. ' / Ecco il :n:tomento scelto dalla Provvidenza, ed il paese nel quale Essa aveva guidato- - e da tutte le .circostanze si pilò dire che aveva voluto-· i missionarii della Consolata. , Umanamente parlando, quell'avventurarsi quasi incoscientemente in un paese sconosciuto, o meglio, cot;l.Osciuto appena per queL tanto che avrebbe servito ·a tenerne lontano qualsiasi europeo con scopi diversi da quello· di predicarvi il Vangelo, parrebbe un'audacia. inconsulta. Qu~l penetrare fra tribù selvaggie del centro dell'Africa, vergini di contatto civile,, circondate anzi dalla fama di guerriéri terribili e odianti il bianco in base alla loro teoria di Monroe d'èsser liberi 'ed indipendenti a casa loro, sembrerebbe quasi un aver voluto tentar Dio. , Eppure si chiarì presto che la mano di Dio aveva tutto guidato; ed ormai circa tre,

.ift eof}SO la t a 133 anni di prova ci danno diritto di affermare che se i nostri fossero giunti nel Kikùiu anche soltanto qualche mese prima, ciò sarebbe stato pericoloso ed immaturo for~e, inutile senza dubbio. Se per contro avessero ritardato di pochi mesi- che diciamo?-di pochi giorni, il loro impiantarsi nel paese sarebbe stato, se non affatto impossibile, ostacolato per lo meno da tali e tante difficoltà, da intralciare non solo il rapido sviluppo dell'opera loro, ma da obbligarli forse a lasciare poco tempo dopo lo stesso paese. Il 'terribile di-. lemma che parve pesare sul Kikùiu: o cattolico, o protestante, .avrebbe avuto. una 'soluzione meno ricca di speranze per noi se altri avessero preceduto i nostri, e se questi non fossero arrivati matematicamente al ' momento giusto. Infatti, neppure una. setti· manadopol'installamento dei nostri a Tùsu, il ·vescovo anglicano di Mombasa - avendo anch'egli sentito parlare di Karòli e dei numerosi suoi sudditi - si era portato a Nairobi, e quivi, orgànizzata una carovana, si disponeva a partire con tende e 'Qagagli per recarsi a fondare presso il medesimo una sua missione. Naturalmente alla notizia che il luogo era già stato occupato dai missionarii italiani - non conoscendosi ancora l'esistenza di altre tribù, da quella di Karòli all'infuori-i protestanti dovettero sospendere per il momento l'attuazione dei loro disegni. I nostri rimasero dunque - nella loro stazione a 45 km. dal forte inglese - i soli ' . ' missionarii, ed, eccettuati i 'due ufficiali del forté, i soli europei nel p~~>ese, completamente tagliati dal mondo civile.. Le difficpltà Se ne dicono ta11te sui bia11chi! - La guerra pm·-la guerra - Si salvi chi può - L'antroppfogia dei bianchi - Tm·nati ai tempi della torre di Babele - Un si per un no e le sue consegue11ze - Meglio soli che male accompagnati - Un nuovo salvacondotto per il Kikùiu.' l .A'1 loro primo giungere a Tùsu, grazie all'influenza di Karòli il quale molto deside· rava che dei bianchi si stabilissero presso di lui nella speranza che ciò avrebbe aume~­ tato il suo prestigio, i missionarii ricevettero accoglienze festose, Ma ·queste si limitarono 1 agli abitanti di quei gruppi di villàggi. .A pochi chilometri di distanza si seppe appena, che uomini bianchi eran venuti nel paese per st'abilirvisi, e la notizia produsse anzi un generale sgomento: ne correvan tante sul conto dei .bianchi! , I mis.sionarii si misero tosto all'opera per accaparrarsi la popolazione, per iniziare quell'entente, senza di cui l'insegnamento del catechismo·sarebbe praticamente impossibile, e le fatiche del missionario cadrebbero nel vuoto·. Impresa non facile, se si considera il nuovo, e strano ambiente in cui il lavoro dei missionarii doveva svolgersi, e le varie difficoltà che dai primi passi subito si affacciano ad intralciare ogni opera di questo genere. Si sa che i pionieri - e i nostri lo furonq. nel più stretto 'senso della parola - sono bene.meriti della società , appunto perchè avanzando intrepidi fra gli ostacoli ed i di· sagi- questi sopportando e quelli superando - raggiungono, a forza d'energia e paziente costanza, i nobili scopi cui tèndevano. Le due principali difficoltà che per prime · si presentarono ai nostri consistevano nella selvatichezza degli indigeni e nel loro linguaggio. Appar~ntemente ve p.e era ancora una terza: la fama di guerrieri terribili, come quelli che ayevan saputo tener testa ai Massai, i quali pure parevan na~cere e vivere solo per la guerra·; il non essersi mai lasciato strappare un solo individuo dai negl'ieri, che 'tuttavia nell'arte di far schiavi eran pro· · fessionis~i emeriti, aveva creato attorno agli Akikùiu una certa aureola di terribile invincibilità, che prima dell'intervento del fucile e della mitragliatrice, non si era mai smentita. Tanto che un viaggiatore africano scrisse che gli Akikùiu facevan la guerra per il gusto della guerra e ammazzavan gente per il pìacere d'ammazzare. Ma quando i nostri, ver..uti in più intimo contatto con gli indigeni, li poterono cono-' scere meglio, trovarono .che questa fama terrorizzante era stata molto esagerata. D'altronde, fosse anche stata fondata sui fatti, •,

134 llt, e o t'} s o l a t a. il missionario cattolico non avrebbe indietreggiato, trovao.do.:che, appunto perchè feroci, quelle popolazioni dimostravano d'aver maggiormente ·bisogno de!Fopera sua. Invece la selvatichezza degh ·Akikùiu.fu , per qualche tenipÒ un. ostacolo ,non indifferente al lavoro dei mission~~orii. AppeJ:!a essi uscivano dal distretto di Tùsu, nei' campi, fra i villaggi, sui sentieri, al primo l6ro apparire era una fuga generale, sovente accompagnata da alte grida di spavento. L'idaa del bianco era giunta agli Akikùiu indisso · lubilmente congiunta con quella del suo fucile, a quel modo stesso che agli antichi ' Messicani i primi cavalieri spagnuoli erano apparsi una bestia sola con il loro cavallo. Le notizie poi che accompagnavano questa idea s'erano ingrossate, e s'aggiravano uni· camente sulle prodezze operate da certi viaggiatori per ·nulla scrupolosi, i quali trovavano che il mezzo più economico per imp!l-dronirsi di bestiame ·o d'avorio, consisteva nello sbarazzarsi dei relativi proprietari. Erano perciò ben scusabili gli indigeni se,.per l'innato istinto della conservazione dellar vita, al primo apparire di qualch.!l bianco avevano l'abitudine di appigliarsi' al solo mezzo di salvezza che loro restasse, dandosi alla fuga. Per i ·nostri però .il ripete.rsi ad ogni momento di queste scene non era per nulla confortante; nè vi trovavano altro rimedio pratico che pazientare. Cominciarono col salutare tutti coloro che incontrava~o ·e, una volta fatta la conoscenza,,recarsi tosto a visitarlineilorovillaggi~ Ma non si doveva lesinare nè sul tempo nè sulla ·pazienza. Anche dopo molti mesi·gli effetti ottenuti non erano che parziali , e scenette, come la seguente, continuavano ad essere giornaliere. Mentre iìnissionarii passano da un villaggio all'altro, s'imbattono in un gruppo di pecore gua'rdate da un fanciulletto, il quale - 'ben s'intende- appena li scorge se la dà. a gambe ;' precipitosamente e, non sicuro ancora in un folto cespuglio dove s'era rifugiato, · seguitava-a -gridare e piangere. Lo-raggiungono, tentano di qalmarlo, ma inutilmente. Infine riesce a parlare e fra le lacrime ed i sin· gulti dice loro: prendete pure le mie pecore, ma non mangiate me! Ecco la gran questione: gli Akikùiu temevano che i missionari si fossero recati nel loro paese per poi mangiarli! E la credenza,' era talmènte diffusa che anche giovani tanto alti, dei veri guerrieri - ora che sono amici lo confidano - girava~o, in quei tempi, ben largo attorno alla missione per non incappare nei nostri e finire nelle loro marmitte! Il linguaggio poi era urt affar serio ed avrebbe dato del filo a torcere a una società d' enigmofili. Altro .éhe rebus ed anagrammi! Imissionariinaturalmente non ne capivano un'acca; nè era il caso di parlare di gram· matiche o dizionarii, chè neppur l'idea di scrittura esisteva presso quelle popolazioni. Fu forza cominciare come debbono 'aver finito i costruttori della torre di Babele, dopo successa la confusione delle lingue: parlare coi segni. Ma, sfortunatamente, anche il significato dei segni non era sempre iden-. tico per le due parti; tanto che, per esempio, l'accennare no dei bianchi col capo era talvolta dagli indigeni interpretato per un sì chiaro e tondo. Tuttav~a, mettendo da parte la fretta, si ' riuscì infine a capirsi per le cose materiali e tangibili. Indicando con la mano, o per maggior .sicurezza impugnando addirittura · ogni singofo oggetto, si 'riuscì ad averne il nome·in kikùiu: nome çhe i nostri scrivevano immediatamente, venendo così, poco a poco, l - alla formazione di un piccolo vocabolario contenente i nomi delle cose più comuni della vita. Fin qui nulla d'impossibile. Ma quando si trattò di cavare di bocca agli -indigeni parole astratte, i v~rbi, gli avverbi e certei,ndispensabili regole grammaticali, la cosa si fece più ardua e la mimica non approdava più a nulla. Occorre inoltre notare che quella lingua non ha con 161 nostre .europee quelle affinità o somiglianze che hanno le latine o le teutoniche tra loro, ~ che' oltre al dare una, chiave per tutte, ne facilitano lo stu$lio. Là,' non solo non si trova neppure una radice (

/ ]11 _8p11solata 135 di parola che sia comune alle nostre; ma le l stesse regole fondamentali della grammatica variano; ve n 'è qualcuna anzi diametralmente opposta. Certe parole poi, in determinati modi o tempi, si agglutinano tali e tanti prefissi e ·suffissi che la radice iniziale rimane come perduta; ed il ritrovarla, cosa necessaria. per averne il significato, è faticoso come il ricer~are in certi complicati stemmi araldici il blasone originale 'della famiglia. manesco giovinetto dal missionario per i necessarii rimproveri. Là, in giudizio, avviene la spiegazione: il boy si scusa dicendo che erà. stata la suora a dargli il permesso. Tutto finì in una risata; solo la suora rimase inquieta d'esser stata la causa di quella bastonatura. Ora,' fortunatamente, queste due maggiori difficoltà sono state vinte. Alla primiera diffidenza nei selvaggi è' successa mail mano Il catechismo nei villaggi (da fotogr. del teol. Perlo) ~· Gays sta facendo il catechismo ad un gruppo di donne intente alla pulitura del mais: operazione che vien compiuta cernendone a mano, ad una ad una, tutte le impurità contenutevi. Naturalmente nei primi tempi gli equivoci erano giornalieri, e sovente anche curiosi. Qualche giorno dopo l'arrivo delle prim'e suore in missione, un boy aveva avuto un non sappiamo qual bisticcio con un suo com- 'pagno. 'Subito corre 'dalla suora che presiedeva alla cucina e le domanda il permesso di andare a farsi giustizia con le busse. La suora capì un bel nulla, e pensando che il ra· gazzo le richiedesss qualche rimasuglio del pranzo, gli risponde con due o tre e e, e, e (sì), una di quelle parole che avev·a già imparate. Il boy parte di corsa; ma passati pochi secondi, la suora ode in cortile grida e pianti ; esce ..a vedere _che cosa succede. .È iLboy.che, at· taccato il compagno, va picchiandolo disperatamente. Corre a separarli e conduce il una famigliare espansività, una vera affezione; e la loro lingua è posseduta dai nostri in ·modo sufficiente da poter non solo trattare con gli indigeni delle cose materiali, ma, quel che è più importante, insegnar loro il catechismo e le principali nozion~ della vita morale e civile. Più tardi una nuova difficoltà parve sdrgere quando il governo inglese volle imporre una tassa sulle capanne degli indigeni. Allora si temette che il generale malumore si ripercuotesse anche sui missionarii. Poichè il dovere la popolazipne pagare una moneta che. conosqevano neppure come fosse fatta, a per- lsone non mai v-iste, suscitò in certe pàrti del paese una reazione, un odio contro i bianchi che pretendevan questa tas~a. E l'odi() • • l

• 136 llt eoflSO(ata Q= ,.,. ,. nazionale contro gli invasori·- la Cina sta a dÙnostrarlo - è' cieco. Tutti i bianchi vengono accomunati, e la storia coloniale ci insegna che ben sovente i missionarii pagarono con le persecuzioni .e la vita l'impiantarsi di un goverp.o straniero. ' . Gli Akikuiu invece capirono ben presto la differenza tra i missionari e. gli uomjni , del governo: questi esige.vano 'rupie; quelli ·davan gratuitamente' medicine, cure ai ma. la,ti, istruzione a tutti; ecco la pietra di paragone. Il governatore della provinc:ia, poco tempÒ dopo, diceva egli .stesso ai nostri: «Voi siete conosciuti in un modo ben di- ; verso da noi; voi potete passare liberamente anche fra quelle tribu dove .noi dobbiamo aprirci il passaggio con le armi ». Difatti per fondare a stazione della Ma-· donna dèlla Provvidenza, dovendo i missionarii recarsi sul posto per i definitivi accordi col capo locale ·di nome Vambogo, il quale li av:eva replicatamente invitati, il governatore -siccome il paesein quei giorni non era tranquillo- non permise loro d'andarvi senza un accompagnamento .d' askari (soldati del governo). I nostri li acèettarono, partendo con la scorta al;'.,mata che il governatore aveva loro fornito. .La sera·, giunti vicino ai villaggi di Vambogo, si eresse l'accampamento. Appena gli indigeni scorsero il drappello di 9rskari, arguendone la presenza di qualche ufficiale del governo, incominciàro~o· tosto ad emettere le soljte grida di guerra e vi du- , rarono per tutta .la notte. All'udirle i famòsi askari. furon presi da tale una tremarella che i missionarii, stanchi dalle loro insistenza, dovettero permettertl che se ne andassero prima dell'alba, poichè dicevano che solo col favore delle tenebre speravano ritornarsane incolumi al forte. Il mattino, quando la popolazione non vide piu alcun askaro e si accorse che invece di ufficiali vi erano i Patri, fu un: accorrere festoso e un portare donativi,e viveri per essi e.d i loro portatori. Questa prova bastò: d'allora. in poi i nostri, volendo viaggiare in ,'pace, rifiutarono sempre l'accompagnamento di soldati del governo. E difatti essi vanno Q e vengono per il paese talmente sicuri che attualmente la parola d'ordine Pat1·i è il migliore salvacondotto per girare impunemente dappertutto fra gli Akikuiu. Le relazioni 'con gli indigeni .I t1·e fili per tirarli - La medicina p~r il cmyo e la , buona parola per l'anima - Perquisizioni o visite d'amicizia? - La1 . passione dei mtss~onarii e delle suore - Beneficando.. . pfff arriva1·e al!'unum necessarium. Quando un' nuov~ bianco arri;a in paese l d'indige:O:i selvaggi, nei p~imi giorni è un .accorrere di gente a vedere chi è, che cosa fa, che vuole; ma appena la curiosità è soddisfatta, ognuno ritorna alle sue occ~pazioni e nessuno ne parla piu. È il solito oblìo che cade su sutte le cose di questo mondo e che si verifica pùre 'pei missionarii, i quali,-se non vogliono rimanere isolati-cosa che renderebbe inutile la . loro presenza fra gli infedeli- debbono cercare con tutti i mezzi /adatti all' ambiente' di aprire relazioni durature .con gli indigeni, a fine di tenersi a contatto con essi. I metodi che, considerata la natura degli abitanti e l& loro speciali abitudini, parvero i migliori per , allora ai nostri, si possono ridurre ai seguenti: la cura degli ammalati negli ambulatorii ed a domicilio, le visite ai villaggi, ed il dar lavoro in missione od in ca- .rovana. Su qu,esti tre mezzi si imperniarono gli sforzi dei nostri per stabilire un contatto efficace e permanente con la popolaziohe. La cura degli ammalati, intensificata con l'arrivo delle suore, li fece presto cono~cere dapertutto, e porse loro occasione di poterbattezzare molti bambinj in punto di ·morte, 1 che senza ques~o mezzo non sarebbe neppur stato possibile rintracciare. La fama delle prime guarigioni fece la réclame, e da tutte le parti i pazienti accorrevano sempre più numerosi a chiedere una medicina per il corpo, ricevendo intanto una buona parola per l'anima. Le prime diffidenze,- .poichè nessuno poteva-persuadersi che la cura fosse affatto gratuita e tel!levano vi covasse sotto qualche i~sidia - svanirono gradatamente; ed ora che incominciano ~ com prendere il vero perchè,

,. ]11 eo.,solata 137 questo li sorprende e li porta a riflettere... ed a tirarne a poco a poco le giuste conclttsioni. Anche le. visite ai villaggi furon dapprima accolte con diffidenza. « Che cosa vengono a fare da noi? - È possibile che .sia soltanto per esser. nostri amici? - Quale . interesse hanno ad 'essere nostri amici? ». Anzi qualcuno andava più avanti e formulava egli stessò netta- .mente le rispo· ste: . atteso per una festa. E gl~ stessi indigeni ora si impermaliscono se, nel fare la solita tournée1 la visita alloro villaggio viene omessa: accorrono tosto alla missione a lagnarsi, dicendo che alla fin dei conti essi sono come gli altri, e la parola di Dio la des'iderano come · gli altri. . L'opera che gli indigeni prestano per là. costruzione delle case, per la coltura dei camp!, ed il servizio di . carovana son o sempre equamente retribuiti secondo le tariffe locali, e siccomeè quasisol- _tanto dai missionarii che possono racimolare -lavorandole rupìe per il pagamento della tassa governativa, l'ammetterli al lavoro è un fa v ore l che loro si .fa. «Vengono a numerare le no· stre capanne e farci pagarle rupìe. - Cercano di rubarci i nostri fanciulli »; e difatti molti li nascondevano nel folto dei cespugli; le ragazze si dfugiavano in fondo alle capanne e gli anziani ed i capi dei villaggi si affrettavano ad invitare i misFanciullà qnindicenne ·di Niere e suo fratellino (da (otog1·. del teol. Perlo) D'altra parte essendo nello stesso tempo una necessità sionarii . a parll lungo bastone e le conchiglie attorno la testa sono la divisa usata nel primo~ mese dopo la circoncisione. pei missionarii l'avere dei lavoratori, .ne viene che·senza alcun aggravio vi ha il mezzo di amicarsi tanti neri, i quali convivendo qualche tempo con essi, ritorneranno alle loro case colle molte cognizioni nuove,·che l'esempio della vita re· golare di una missione e la scuol~ catechistica, loro fatta ogni giorno, avranno radi· cato profondamente nelle loro menti. Poichè straordinaria è l'attenzione con cui gli indigeni ~sservano ogni atto, cercano di capi~e · • tire presto, chè « esf:!i avevan tanto da fare »: ~ il gran da fare dei neri !.. .. . ~ Tuttavia anche i primi giorni di sconforto ~ passarono. Ora la visita ai villaggi è dive- -~ nuta la passione dei nostri e delle suore in p~rticolare,. tanto eh~ se. i: mal ~empo o ~l tre p1ù urgenti occupaz10m 1mped1sèono d1 andarvi, restano irrequieti, perfin malcontenti, ~ come un collegiale che si vede negato il per- · messo di mia capatina in famiglia, dove era . .

138 J.li (Zofl~O{at9 QQ~----~~--~-~~~~--~~~~~- ~~~~--~~am~--~~--~•00 ogni parola dei missionarii; ed indubbiamente tutte le impressioni ricevute rimangono fortemente impresse in 1quei cuori, che sentono inconsciamente il bisogno di elevarsi. L'impiego simultaneo di questi tre mezzi diede assai presto buoni risultati. La popolazionè si avvicinò: alla prima diffidenza ed al naturale timore successe una famigliarità ed una confidenza di cui nei paesi civili, ove' le convenienze sociali regolanoanche l' espressione degli affetti del cuore, non si ha tampoco l'idea. Le visite alla missione si fecero vieppiù numerose e regolari. Karòli inviò i suoi figli e poi venne egli stesso alla scuola che si era aperta a Tùsu; il nome del Patri e la sua fama di bontà ~ndarono rapidamente diffondendosi. Così il periodo di prepa· razione finiva per aprire la porta al vero / periodo d'apostolato in cui, vinta la naturale diffidenza degli indigeni, si poteva incominciare a parlare ad essi dell' unum necessarium. Un po' di burra_sca Le prime nubi - La Consolata non vuol star. sola - La stazione del S. Ouore di Gesù - Di n"ovo il sereno. Questo periodo di transizione non passò per altro senza bufera. Mentre ancora duravano i lavori iniziali, già le prime nubi si anda· vano addensando sulla nascente missione. Gli Akikùiu, da secoli indipendenti di nome e di fatto, non volevano s-ottoporsi al giogo inglese, e quantunque gli ufficiali del governo non avessero - per cosi dire - messo piede f~ri di Fort-Hall, parecchie tribù si erano dichiarate in aperta guerra; altre rifiutavano di pagare la modica tassa loro imposta, ed anche le tribù in apparenza tran· quille andavano in segreto covando il desi· derio d'una ·riscossa. La sola tribù, fra cui si trovavano i nòstri missionarii, grazie alla qenefica influenza che essi esercitavano ed alla buona intelligenza del suo capo Karòli col governo inglese, si manteneva perfettamente ~ottomessa . Ma i protestanti anglicani, indispettiti per non aver potuto, come abbiam detto, impiantarsi a Tùsu, tanto sobillarono il governo che tutta la provip.cia del Kénya fu dichiarata interdetta agli Europei; e, dopo solo due mesi di soggiorno, veniva intimato ai nostri missio- . narii di allontanarsi dal paese per il motivo che il governo non poteva più rispondere della loro sicurezza personale. Però siccome per la fondazione di Tùsu si erano avanzate molte spese, i nostri richiesero indennizzi e_gara~zie tali che in discussioni e trattative passarono due mesi (settembre e ottobre 1902). Infine si addivenne a questa transazione: i missionarii della Consolata invece di abbandonare assolutamente la provincia, si sar~bbero trasportati nella zona di protezione di Fort-Hall, riservandosi il diritto di essere i primi a ritornare a Tùs.u il giorno in cui il paese fosse ridiventato sicuro. Il governo offerse una guardia.d'askari per la custodia della casa di Tùsu, ma essa venne rifiutata sia a fine di evitare che i soldati portassero es!lmpi di malcostume nel paese, sia percha i nostri avevano ormai, tra gli indigeni, uomini di fiducia cui commette~e l'ufficio di custodi. Perciò, ' secondo le intelligenze prese ,col governo, il1? novembre 1902, un sacerdote ed un confratello si portarono nei pressi di FortHall ad intraprendervi tosto la costruzione di una casetta provvisoria, nella quale, ap· pena finita, si dovevano ricongiungere ad essi gli altri due missionarii. Sènonchè i nostri, nel timore che i protestanti riuscissero a cogliere il frutto del loro tiro, insediandosi di straforo a Tùsu, il giorno in cui essi l'a~ vessero abbandonato, decisero di fare il possibile per non allontanarsene definitivamente ; e difatti, anche finita la casa di Fort-Hall, continuarono a vivere divisi ed ·occupare le due stazioni, proc~astinando di giorno in giorno la partenza da Tùsu, nella speranzà che le pratiche intraprese dal cav. Pe;ta-_ lozza, console generale italiano a Zanzibar, presso il governatore inglese, riuscissero a far revocare il decreto d'interdetto, almeno a riguardo dei 'missionarii della Consolata. E difatti, meno d'un mese dopo, il governatore generale dell' East Africa Protectorate permetteva ad ·essi, in via eccezionalissima, di restarvi, motivando la licenza colla considerazione delle ottime disposizioni che gli

J1t eof1SO{ata 139 Qo esa;----, r~ SieiR P indigeni dimostravano verso di loro e per mente quelle popolazioni selvaggia, le quali le insistenzè con cui Karòli àveva tentato di nessun'altra cosa sentono maggior bisogno, opporsi alla loro partenza. che d'una medicina di cui sono prive. Si ri· Da quel momento il lavoro divenne più volse quindi il pensiero ad una cooperazione libero più sicuro. I nostri, rinfrancati dalle delle suore, che le relazioni di molte missioni prove, e sopratutto dal vedere quanto la Con- d'Africa indicano come un aiuto preziosis· solata. li prot.eggeva., si .sentirono infondere simo al missionario, potendo sollevarlo da nuova confidenza nell'esito finale della loro molte cure materiali, e permettergli così di opera e si accinsero quindi éon rinnovellato dedicare l'intero suo temi>o al lavoro diretto ardore a seguitare quella via che la Prpv- di apostolato. Ed in verità nei primi tempi videnza - guidando gli avvenimenti - di una missione, fondata tra soli pagani sel· apriva loro innanzi. (} · vaggi, la suora può facilmente produrre un Visite ai villaggi (da istantanea del teol. Perlo) Entrando il missionario D. Gays fra le capanne degli indigeni, tutti lo circondano per salutarlo. Le suore Femminismo cristiano - L'eterno fanciullo - Le suore e la madre - Prima partenza di suore. Se per potersi dedicare ad un pieno lavoro apostolico parecchie difficoltà erano state felicemente superate, tuttavia quell.a della lingua indigena non era ancor stata completamente vinta, malg'rado che i missionarii, a coordinare ~ effetto utile eguale a quello del missionario, compresa l'amministrazione dei sacramenti, che, per forza di cose, si ~iducono al solo' battesimo. i . L' uomo nero fu definito un fanciullo grande o un eterno fanciullo; definizione abi continui studi che, ·sul vivo, facevano della medesima, concentl-assero tutti i loro sforzi nei momenti lasciati liberi dalle cure degli ammalati. Questi però andavano aumen· tando ogni giorno: nei primi mesi avevano curato circa 2000 individui, ma sparsasi la fama di queste cure, gli accorrenti eransi triplicati, tantochè la giornata del missionario non era talvolta più sufficiente alle richieste.~ Eppure non conveniva trascurare un mezzo che è forse l'unico per accaparrarsi rapidabastanza giusta, se si considera che un fanciullo di dodici anni ne sa e. _ragiona come un uomo di quaranta. Nel fanciullo si sono sviluppate normalmente quelle certe facolt.à naturali che sono ingenite nell'anima dell'uomo; ma poi nessl!na istruzione od educazione successiva è venuta ad aumentarle , o modificarle ; anzi, pel fatto stesso che· non si esercitano é per lo sviluppo contempo· raneo delle passioni - quasi tutte senza freni morali, .eccitate anzi dall'ambiente so· ciale - le buone doti di natura vanno ottun- . ' dendosi per poi quasi scomparire.

l 140 l lE eo.,solata ~a~~~x.~~~~~··~~~~--~~~~~~-~-~~~g~~~~~~~~p~ .. ~~~~o In conseguenza a chi meglio si addice che alla donna, ripetendo le funzioni naturali della madre, d' accogliere questi fanciulloni - orfani ·morali -, infondere in essi i primi rudimenti di una vita religiosa e civile; ma a pizzichi: come sbocconcellando il pane alle loro anime, ~ balbettando con essi le prime parole delle leggi morali e civili? Insomma non è la madre .che accoglie il bambino, lo guida fanciul1o, e lo avvia sul sentiero di divenir uomo? E praticamente: chi meglio ·della suora può preparare le nere fanciulle a madri cristiane? Chi con più dolcezza può sollevare dalle braccia !iella madre selvaggia il bambino morente, e curarlo, oppure mandarne l'anima al Cielo coll'acqua battesimale? y Il governatore della prç>vincia, interpellato se permetterebbe la venuta di suore nel paese e ne garantirebbe la sicurezza personale, rispose affermativamente. In conaeguenza il 25 aprile 1903 una spedizione di 4 saJ}er- ,doti, 2 .confratelli ed 8 suore poteva partire da Torino, ed il 17 luglio successivo - dopo incontrate e vinte mille difficoltà - le suore erano stabilite nella stazione ·del S. Cuore a Fort-Hall. Il registro di ambulatorio prese subito a segnare una media di 50 cure al giorno, e nella·popolazione di quella stazione si notò tosto un favorevole orientamento verso dei nostri, da far nascere le più liete speranze. l protestanti All'assalto <kl Kikùiu - I primi occupanti - Il reticolato strategico - Le calunnie <ki protestanti contro i cattolici - L'ppinio~UJ pubblica Kikùiu, . Affinchè l'acqua non stagni e si corrompa, è necessario che il vento la agiti incessantemente. Nelle opere di Dio è sempre così. Appena le suore eran giunte ad unire il loro lavoro all'apostolato dei missionarii, nuove nubi ~orge vano sull'orizzonte: l'inva- - sione dei protestanti. Malgrado che per due volte il loro tentativo di occupare Tusu fosse fallito, essi non si diedero per vinti. Parecchie società di mi- .nistri inglesi, scozzesi e americani incominciarono a scorrazzare ' il Kikùiu in cerca. di locialità per impiantare loro stazioni. Fortunatamente l'interdetto governativo conti-· nuava a gravar~ sul paese, .e all'infuori delle z0ne protette dai forti_e già dai nostri occupate, nessun europeo poteva restarvi con dimora fissa. Però a qualunque europeo era ben permesso di scegliere la futura località ·ove impiantarsi il giorno in cui cegsasse l'interdetto. La scelta si faceva con un 'application sul terreno, atto che dava all'applicante una specie di diritto di pte!azione,equivalente al diritto legalizzato di primo occupante. Sarebbe stata nn' imperdonabile negligenz~V da parte dei nostri missionarii -:- con conse- · guenze dolorose - se essi, trovandosi sul posto con perfetta cognizione ~el paese; si fossero, lasciati prevenire nell'oç~upazione di quelle località che eran le migliori,, o perèbè si trovavano nel centro delle zone di maggior popolazione, o s~lle più importanti linee di comunicazione, oppure formassero, pfi~r così dire, punti strategici. Le applicazioni fatte · dai nostri furono perciò guidate con' queste norme, risulta.q_done in conseguenza una seri~ di future stazioni,' distanti al ·più una giornata di marcia l'una dall'altra, e scaglionate nelle migliori pbsizioni del Kikùiu..Ed api!ena. il paese, sotto l'influenza della forza del governo inglese e della dolcezza dei missionarii e suore, parve sufficientemente pacificato e l'interdetto fu leva~ per le parti della provincia racchiuse fra la catena deU'Aberdare ed il fiume Sagana, i nostri eràn completamente preparati. Quei mesi segnarono un periodo di lavori febbrili: tre nuove stazioni eran fondate·; tre nuove case in pietra pèr suore ~ran costrutte i mentre accanto a Tùsu sor- .geva una missione industriale cop. laboraratorii completi da falegname e fabbro, forniti di forza idraulica per il movimento del relativo macchinario, la quale potè in breve tempo fornire tutte le stazioni del mobiglio più urgente, delle porte e finestre occorrenti alle nuove costruzioni, e degli altari e banchi per le nuove cappellette. Appena completate le varie stazioni, nuove

141 s:edizioni di missiona::::i e suore ve:~~ =a Bibbia =ano degli antichi re d: nivano ad occuparle, e così lo strategico re- popolo ebreo che ne avevano parecchie. ticolato di missioni,nelquale.fosseroinclqse ~ In Nairobi, dove sono pure-installati, si le migliori zone di popolazioni e comprese le limitano a raccontare agli indigeni, che se sedi di tutti i capi più autorevoli ed influenti diverran cattolici, sarà loro interdetto il di questa parte del paese, era un fatto com-~ prender moglie, perchè i preti cattolici non piuto. E lo era proprio in tempo. Le varie l'hanno; oppure.che i cattolici li voglion eresocietà protestantigiuugevano appunto allora sc~re ignoranti, non permettendo loro di leg11 magazzino generale di Limùru (da. fotogr. del teol. Perlo) Questo fabbricato misura 2'd metri di lunghezza per 14 di larghezza, ed è costrutto in tutta pietra da taglio e ricoperto di lastre zincate. nel paese. Fortunatamente una parte·, trovando i migliori posti occupati e la popolazione già troppo qen disposta verso i Romani, se ne tornarono; ma alcuno rimase, installandosi framezzo le nostre missioni. Fra questi, in verità i meno desiderati, eranvi i ministri della Church Missionary Society, detta altrimenti della Bassa Chiesa Inglese. Il loro o(iio contro la Chiesa Cattolic{t è davvero impla· cabiler e non lasci;mo passare occasione senza manifestarlo. N ori. si è ancor spenta l'eco delle· sanguihose stragi da essi provocate ·nell' Uganda ove, pur di fare adepti, eran giunti ~ fino al puntò di permettere ai loro aderenti la pluralità delle mogli, sotto il pretesto che gere il più gran libro che esista, la Bibbia· Senza dubbio è facile smentire queste lo~o asserzioni; ma intanto, alla ·vergine inente del nero, le lotte religiose producono sempre un pessimo effetto; lb disorientano, e sovente lo portano all'irreligione, poichè non sa più a chi credere. Finora essendo i nostri i più forti nel paese,-e l'opinione pubblica essendo loro troppo favorevole, i protestanti non si azzardano a parlare contro di essi: dicono anzi ai neri che il Patri è buono. Però più tardi la lotta non mancherà: il Kikùiu deve esser cattolico, e lo spirito dell'errore.non si ritirerà senza aver combattuto. Ma intanto è neces--' sario far constatare' che senza l'arrivo dei

142 J11 eortsolata missionarii della Consolata, il Kikùiu sarebbe ·senza dubbio caduto nelle braccia dell'eresia. l lavori materiali Quante cose s'intende con la parola: missionario - Trasformazioni darwinistiche: l'albero e la sedia, il taflliapietre e il medico - Enciclopedia di mestieri e d' occupa.zioni. L'insegnamento della parola di Dio non fu la sola opera cui dovettero attendere i nostri. Prima d'arrivarvi, e mentre contemporaneame.nte si dovevano affrontare tutte le altre difficoltà sopraccennate, una somma enorme d( lavoro, materiale, cioè la fondazione quasi contemporanea di parecchie stazioni, aveva formato come la preparazione alla loro vita - africana. Ora, a cose fatte, ed a noi che abitiamo in paesi civili; è neppur calcolabile quanto quei lavori abbiano costato di fatica e di ininterrotte occupazioni. Non bisogna dimenticare che i missionarii, non soltanto eran giunti in un paese affatto nìuovo, ove nulla - assoluta:::nente nulla - esisteva di abitazioni, negozi, magazzini per provviste, 1artefici, strumenti o simili, ma questo paese era ·inoltre perfettamente isolato dal mondo civile. Invece delle vie di comunicazione si frapponevano barriere di montagne, di sterminati deserti: da ciò difficoltà inmimerevoli per portare colà almeno le cose più necessarie e che era impossibile costrurre ~Il luogo. Quanto invece si poteva provvedare su luogo, tutto dovettero fars1 \ nostri colle loro mani, ricercando in natura ciò che, suscettibile di trasformazione, avrebbe coriisposto ai bisogni d'abitazione, mobiglio, viveri, vestito. Perciò i letti ed i tavoli ebbero la loro origine immediata dagli alberi della foresta; per le case si migliorò dapprima il sistema indigeno, costruendole in paglia e terra; indi, trovate le .cave di pietra adatta, i nostri si trasformarono in tagliapietre, ingegneri, muratori. Pel vitto poi dovevano essere alternativamente cacciatori, agricoltori, ortolani, fornai e cuochi, riservando .per il dopo pranzo la cura·di rammendare gli abiti sgualzappa od il martello e s'impugnava il bistori. Le visite ai villaggi non dovevano esser interrotte, perciò, fra le ricerche degli alberi e un'ispezione aì lavoratori alle cave delle pietre, s'intramezzava unlj. visita ad un capo, alternata con qualche lezione di catechismo, o col battesimo ad un bambino morente; oppure si ricevevan visite, si sedeva a giudizio, era fatto l'arruolamento degli operai o venivan liquidati i loro conti. Come si vede, un incessante 'succedersi di lavori occupava tutta la giornata del missionario. Aggiungiamo che ogni giorno portava ancor seco la sua novità. Oggi occorreva far ricerche per aprire nuove vie di collegamento -con le varie stazioni, abbastanza lontane fra loro; domani bisognava còstrurre le strade trovate e fornirle dei necessarii ponti; e, infine, per non rimaner privi di molti generi indispensabili alla vita - e sopratutto ~ella materia del s. sacrificio - si dovevano organizzare, almeno un mese in precedenza, le necessarie carovane; che sono il solo mezzo di trasporto in quei paesi. Anche. le occupazioni scientifiche trovaron modo di entrare nella giornata dei nostri. Gli studi topografici sul p,aese - necessitati dal servizio delle carovane - furono poi concretati in, una carta del Kikùiu, che ri· produciamo in copertina, e che è ancora oggi giorno la migliore esistente. Le osser- . vazioni meteorologiche raccolte in varie stazioni - per i bisogni delJ::!l,gricoltura - erano trasmesse, dietro richiesta, al governo inglese che le pubblicava. Insomma in ognuno dei tre regni della natura, per così dire, si sv?lse l'attività del missionario. Parecchi terreni e minerali furono esaminati e qualcuno anche inviato in Italia per l'analisi. Si introdussero quasi tutte le piante fruttifere dei nostri paesi, compresi la vite, l'ulivo ed il gelso; anzi, quando da quest'ultimo si raccolse la prima fogl\a, furono provati i filugelli con ottimo risultato. P~jtrecchi dei nostri animali domestici, sconosciuti agli ,citi, rattoppare le scarpe o fare un po' di -bucato. Intanto gli ammalati indigeni accorrevano ·alla missione: allora si deponeva la l Akikuiu furono imt'ortati, fra cui il pollame e i porci; e la pecora indigena incrociata con 1quella Massai per averne prodotti migliori.

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