Missioni Consolata - Agosto 1905

}11 eot'}SO{ata 123 mezzo morti.. Ancora me lo cantano in tutti ~ i villaggi e su tutti i toni. « Appena Kamàn fu guarito venne a strin· germi le mani forte forte, e d'allora, quando ~ mi vedeva passare per i sentieri prossimi al ~ suo villaggio, correva a salutarmi sorridente, ~ a farmi mille feste, conducendo seco altri fanciulli, spesso in buon numero. «Riconobbi dunque su,bito il mio piccolo amico, sebbene da un po' di tempo non ~ l'avessi veduto. Ma chi era il suo compagno? ~ quel ragazzo che gli rassomigliava per la ('J p stanza. Da più di dieci mesi serve alla missione come boy (garzone di cucina). E' di carattere· ottimo, lavora assai e parla poco, al contrario de' suoi compaesani. Un giorno- e1·ano due mesi dacchè trovayasi con noi- entra nella mia camera, s'appressa a quella specie di tavolino su cui io stavo facendo il registro dei conti mensili, mi guarda con affetto di figlio ed incomincia timidamente: Patri... - Oh, Kòghe (così si chiama), che vuoi? - Mio padre vuole che io ritorni a casa, perchè la mia mamma è malata, e bisogna che noi fac L'avviamantO:d'una carovana di portatori dalla missione di Limùru per l'interno (da fotogr. del teol. Pe>·loJ. statura, per l'aria buona e semplice, che con accento attraente mi pregava di accettarlo per figlio? - Era un orfanello, amico di Kamàn e da lui condotto fra le mie braccia. Accettai naturalmente il piccolo Akikùyu, a nome Muàsi, il quale si profferiva pronto a fare qualsiasi lavoro gli avessi comandato, purchè gli dessi qualche patata da mangiare e lo tenessi sempre meco. Sarà proprio sincero, dicevo poi tra me, o meglio sarà costante? I fatti finora rispondono affermativamente: Muàsi dimostra veramente un' indole docile e naturalmente buona; im· para ~ssai facilmente le preghiere ed il ca· techisino, dà, insomma, buone speranze. « Ho già un altro ragazzo in sui 15 anni, · il quale è un esempio straordinario di co· ciamo un sacrifizio per la sua guarigione. - E gli veniva da piangere. Credendo che pianga. per la malattia di sua madre, lo consolo come meglio posso, poi gli .dico: - Ma. sei medico, tu? che vai a fare a casa? - Non voglio andarci, io.... venni da te appunto perchè tu mi ottenga da mio padre che mi lasci qui con te, sempre con te... Se mi vuoi bene... -E giù un diluvio di lagrime. Capii allora il motivo del pianto, e sebbene ciò mi disturbasse assai in quel momento, faccio chiamare il padre: - Perchè sei venuto a prendere Kòghe? - Perchè mia moglie è malata. - Ed è questi il medico? - ·No, ma bisogna. che facciamo dei sacrifizi e tutta la famiglia. ~ deve esservi presente. - Stetti un po' per- ~ plesso, riflettendo se non fosse, per il mo-

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