Agosto 1905 A:n.:n.o VII • N. 8 periodico R_eli$ioso Me11sile ESCE DIREZIONE AL PRINCIPIO PRESSO LA SAGRESTIA DBL DEL MESE SANTUARIO DBLLA CONSOLATA
Il Periodico si spedisce a chi farà l'offerta annua di almeno L. 1,50 per le Missioni della Consolata in Afriea. Per l'estero l'offerta è di L. 2,50. ~--~---------------------------~ OFFERTE PER L'AMPLIAMENTO DEL SANTUARIO ------~-.·~··4·~-~-..... .-~------ Torino. Amparore Antonio (off. mens.), 2 - Marcellino Natalina, in suffragio del fratello, 6 - Conte Carlo RovaMnda, 3- Oddone Teresa, impl. guar. di due figlie, 2 - Mazzanti Mauro (off. mens.), l ~ S. C., p. g. r., 2 - Paola Bologna, Il· g. r., l - Ferrari Irene, 2 - Gilardi Francesca, 5 - Lorenzo Ferraro, l -Failetti Clemenzia, 5 - Una pia persona raccomanda gli esami dei suoi figli, 5 - Adelaide Carletti Asehieri, 2 - C. F., 5- Sperati Luisa, Il - Ceehslin Emilio, l - N. N., 3 - Molinari Domenica, l - L. V., 0,50-Marangoni Ignazio, 5 - Tribolo Maria, 5 - Sac. Bartolomeo Valimberti, per la guarigione di una persona inferma, 5 - Pezzetti Maria, impl. gr., l - Pesenti Marianna (off. mens.), l - Mirone Enrico, l - Manzetti Clotilde, 2- Francesca Beltramo, inv. prot. di M. Consolatrice, 5 - Abrate Rosa, 5 - Dedonatis Domenica (otf. m.), l - Masoero Ermenegildo, p. g. r., 7 - Mondino Giuseppina, 0,50 - Marenco Giuseppina, una · catena d'argento - Cavaglià Cristina, implorando gr., 5 - V. E., 2 - Coniugi Rinaldi, P• g. r., 10- N. N., l- Una figlia di Maria, l - Emilia Perro, 5 - Riva Maria, 5 - Teresa Filippi, 2 - Ardrizzo Adele, l -Bianca Prat, p. g. r., 15 - Rosa Prat, p. g. r., 8 - Clara Riccardi, l - Bàrberis Luigia, 2 - Salvadori, 2 - Genta Dina, due orecchini d'oro - Contessa Derege di Donato, 5 - Mongini Vincenzo, 2 - Pistamiglio Angela, l - Riccardi Carolina, impl. salute, 2 - Meccio Lucia, 5-Giovanni Borri, 4 - Toia Giuseppa, 0,50 - G. D. M., p. g. r. ed impl. altra, 10 - Piovano Paolo, l - Morello Ersilia, p. g. r., 10 - Lorea Teresa, 2 - Maria Quaranta, 2. Torino. Lia e Mario Ricci, inv. la protezione della Consolata, 30 - S. R. I., 50 - Gilardoni Domenica, 4- Dedonatis Domenica (off. mens.), l e un paio orecchini - - Sorelle Accornero (offerta mens.), l - V M., p. g. r., 5-Saglietti Lucia, impl. gr., 0,50- Zanolino Onorina, 2Benzi Giulia (off. mens.), 0,50 - Dott. Raimondo Enrico, 10-G. M., p. g. r., 5-Elisa Bratehi, pe1· più grazie ricevute, 2 - Sorelle Garrone, 5 - Paola Ferrero, 1,25 - Bussone Carlo, inv. prot., l - Darbesio Vittoria, 2 - Margherita Galliano, 3 - Pizzorno Vittoria, l -Emilia Venni, in ringr., 5- N. N., p. g. r., 2 -Cerino Giuseppe, l - Molineri Paolina, 0,50 - Quirico Crispino, p. g. r., 2 - Cavasola Luigi, 2 - Pagliotti Clementina ved, Vigo, l - Famiglia Lambardi, impl. grazie, 35 - Corsartelli Maria, Jl• g. r., 3- Nina Gedda Copasso, 5 - N. N., 0,50 - Bocciatone Natale, 5 - A. S., p. g. r., 2,50 - Giacinta Fassin Borsotti, 4Cami1la Sclopis ved. Borsotti, l - Degioanni Margherita (off. mens.), l - Ettore Biscaldi, l - Metano Catterina, 2 - N. N., per promessa fatta, 2 - N. N., 5 - Guelpa Orsolina, un anello d'oro - Verray Maria, 5 - Delpiane Luigi, l - Anna Bernardelli Poli, 2 - Famiglia Carena, per la guarigione della loro Maria, 5 - Chicco Margherita, l - S. C. V., Jl· g. r., impl. altra, 4 - Gatto Lorenz(l_ 2 - -Bovone Francesca, p. g. r., 2 - Maria Toss1, Giuseppina Tossi, Zaveria Tossi, per ottenere buona campagna, 15 - Mariotto Maria, 0,50 - Mariotto Carolina, 0,50 - Galantini Rizzieu, 3 - l. C., 0,50 - Lucia Sard, p. g. r., 2 - N. N., 2- N. N., 1- Rasehi Felicita, p. g. r., lO - Teresa Chanoux, 2 - Gatti Luigina, impl. guar., 2 - Delsanti Elisabetta, impl. gr., 5Nicol, 1,50 - Coniugi Benedetto, p. g. r., 3 - Prof. Bettazzi, 3 - E. G., in adempimento di voto fatto, sperandone il compimento, 5 - Luisà Pistone, l - Cagliero Emilia, 10 - Barale Maria, p. g. r~, inv. altre, n,_ Bonaudi Giuseppina, nel giorno della sua cresima, 10 - Farre Mure, p. g. r., 3. Cortemilia. Abrigo Carlotta ved. Rosso, p. g. r., 8,50- Varenna. Famiglia Lavelli, inv. gr., 5Palermo. Manfrè Pietro, 2,50 - Occimiano. Ghione Margherita, 4 - Canelli. G. E., 10Mombercelli. Mortara Maria, p. g. r., 2 - Gremiasco. Tarditi Erminia, p. g. r., 4Sampeyre. Giraudo Maria Benedetta, p. g. r., 5 - Biella. N. N., p. g. r., 10 - Palmi. Nicola Rossi Genoese, l - Carmagnola. Sapino, una broche d'oro - Frossasco. N. N., catenella con ciondolo d'oro - La Loggia. Perrone Maddalena, 5- Ponzone. Battaglia Maria, 2 - Barge. Rossa Tommaso, p. g. r., 5 - Barolo. Clotilde Abbona, inv. gr., l - Torre Bairo. N. N., in ringr., a - Marnate. Maria Robaglia Trivulzio, 5 - S. Giorgio. Paolina Malinverni, 4,90
Anno VII~ 1!. ~n so rata PERIODICO · RELIGIOSO MENSILE J ~~~ -,__.-.r ~~ DIREZIONE ~( SO.M:!MARIO f SACRESTIA DELLA CONSOLATA J La divozione alla Consolata fra i nostri emi~;rati in AmaPREsso LA rica. - Relazioni di grazie scritte dai nostr1 emigrati in America - La mia visita alla Consolata di Torino-Storia [ ,]) TORINO ( del santuario della Consolata in Torino- Vita di missione - Cronaca "'"••sile del santuario: Relazioni compendiate di grazie recenti - Oggetti offerti in luglio - Indul- J genze pel mese di agosto - Orario delle Sacre Funzioni pel ~~ mese di agosto - Chiusura della sottosoritn·one pel pavimento del santuario - 01/'erte per r nmplia- (f met.to del santuario e per le missio••i della Con- \. Boiata in A/'rioa. s==7Siie~C====-a=•;=;;ynn t:uz;t Gi Q LA DIVOZIONE ALLA CONSOLATA :fra i :nostri emigrati in. America ========~~======== Leggendo le lettere che ogni giorno () arrivàno al santuario dalle varie parti dell'America, ci ricorre alla mente, ci prorompe spesso dal cuore l'esclamazione del Salmista: Quanto è buono e giocondo per i fratelli l'abitare insieme l - Giacché in questa pia fioritura di scritti d'ogni mano, d'ogni ortografia, d'ogni stile, spicca un carattere stupendo d'omoge-~ neità: una è l'idea informatrice, uno il sentimento, cioè la fede nella potenza di Maria SS. Consolatrice presso Dio; ~ il tenero affetto verso di Lei , fatto di dolci memorie' di figliale rispetto' di dolcissima riconoscenza. Sono lontani i ~ nostri buoni emigrati; sono sparsi per tutte le piaghe .del doppio continente americano, ma i loro pensieri, le loro anime convergono ad uno stesso luogo: il santuario, dove un tempo hanno pregato con noi, dove ora ci trovano a pregare con loro e per loro, qui, ai piedi della celeste Madre comune, nella sua Gasa. Oh t come è bello e giocondo abitarvi tutti i fratelli insieme, nella comunione degli spiriti e dei cuori! Molti dei nostri compatrioti hanno lasciato l'Italia da dieci, da vent'anni; del paese in cui si sono impiantati e, per così dire, acclimatati, hanno preso le usanze e la lingua: si sottoscrivono Esteban, Juana o Carlos - alla spagnuola - a Buenos Ayres o nel Paraguay; John, LtJwis, Felicity - all'inglese - in
1ll eo~solata QQ~--~aK--~~~·a~~R~~a.~~~a&--~·~,~--~~--~o Qalifornia, ma parlano e scrivono tuttora della Consolata come quando dimoravano nei paes.elltdel Piemonte. Oh, non saranno certo questi italiani, legati alla patria col filo d'oro della divozione a Maria Consolatrice, che disonoreranno l'Italia all'estero! Si dice, ed a ragione, che a mantenere vivo l'amor patrio è mezzo potente la lingua nazionale: d'onde la cura dei varii governi d'impiantare, anche con grandi sacrifizi, scuole all'estero nelle proprie colonie o nei centri principali d'emigrazione. Ma la lingua in tanto serve al nobile seopo, in quanto ridesta la memoria del paese natio e ne richiama efficacemente gli usi e le idealità. Orbene, la divozione alla Consolata è la lingua delle anime, il sacro vincolo di solidarietà che le unisce; la preghiera a Mari~ SS. è la parola che non solo suona nel dolce noto linguaggio, ma crea, rievocando la fede degli avi, le benemerenze dei principi, il valore dei concittadini, le grandezze della patria. È perciò cosa che oltremodo edifica, commove e dà fondate civili e religiose speranze, il vedere come i nostri buoni americani si tengono al corrente di quanto avviene nel santuario, come anche di lontano ne vivano la vita. Il periodico, qual messaggero della patria, è aspettato con vivo desiderio, salutato con gioia, accolto a festa, letto con avidità. È indicibile lo slancio con cui gli emigrati si sono ascritti e si vanno ascrivendo all~t nuova Compagnia della Consolata. Come sorride loro questo sacro arruolamento in patria, al santuario, che vi riporta il loro nome, qualche cosa della loro personalità! Son levate Ìn massa di famiglie ridiventate patriarcali nell l'isolamento nostalgico delle fazende e delle estancie, perdute per le immense f campagne, fra pampas e foreste. Alcuni casati mandano liste di venticinque, trenta e più nomi, dove si va dal bisavo e dalla bisnonna ai pronipoti, e si vede l . l'albero genealogico allargarsi copiosamente in branchi laterali. Nè sono dimenticati i poveri morti. Che dire poi dell'entusiasmo destatosi per il Centenario? Si inaugurarono .qua e là per le colonie cappellette e piloni; si collocarono nuovi quadri nelle case; si volle con generose offerte concorrere allo splendore delle feste di Torino, come si era concorso all'ampliamento ed ai restauri del . santuario, coll'interessamento che si adoprerebbe per le migliorìe ad una proprietà lontana, la quale si spera di rivedere e ritrovare quandochessia più bella e fruttifera. E le motivazioni delle offerte, nella loro forma spesso disadorna, sono .talora veri capi f ' d'opera di fiducia e di tenerezza verso la Madonna. Non fa quindi meraviglia se la Consolata risponde coll'abbondanza delle l grazie alla divozione semplice e profonda dei nostri cari emigrati; divozione che in sul suolo straniero pare svilupparsi con più larga e più dolce spontaneità, qual fiore esotico a cui il clima inusato accresce, anzichè togliere, splendore e fragranza. Oh sì, la Consolata benedica difenda dalle terribili malattie endemiche; impetri fecondità ai loro campi e fortuna ai loro traffici, e sopratutto conservi loro il tesoro della cattolica fede e della pietà religiosa, per cui essi sono sempre parti vive della 'grande unità della patria.
1a - eoflSO{ata 115 Q= RELAZI~H:IZ1111IE==~~ :r costre:t~ il loro turno, a soddisfazione di promesse da essi fatte. scritte dai nostri emigrati in America Per condiscendere, e con piacere, alle più pressanti istanze dei nostri buoni abbonati d'America, ~ diamo pubblicità ad alcune tra le molte grazie da ~ essi rlferiteci, intendendo intanto di offrire alla Madonna la buona intenzione dei molti relatori, - Santa Teresa (Rep. Arg.) 15 Aprile 1903. « Rev.do Sig. Direttore, « Anche in queste lontanissime regioni si fa sentire evidentemente il potere e la bontà della Vergine SS. della Consolata. Pochi mesi or sono mi procurai, per mezzo d' un conoscente, un bellissimo quadro della Consolata, al quale preparai un alt arino nella mia camera. Fra le tante e notevoli grazie ricevute in seguito a ciò, ecco la più recente, che mi credo in dovere di far conoscere ai divoti di questa sì buona Madre. « Il 28 marzo del corrente anno tutta la mia famiglia era uscita a passeggio, rim,anendo io sola in casa. Verso il tramonto mi recai nell'orto per prendervi un po' di verdura, e trovandovi un cavallo della casa feci un semplice gesto per scacciarlo di la. Per una stranissima circostanza, inusata e contraria al buon carat· tere e mansuetudine dell'animale, in men che noi dico, ricevetti le due sue zampe nel petto con tal violenza, che appena esclamai: - oh, Madonna della Consolata! - s'affuscò d'un tratto la mia vista e svenni. Passai circa due ore in tale stato, ed al rinvenire in me osservai che il terribile calcio della bestia m'aveva lan·
116 Jl1 Coqsolata ciata quasi ad una diecina di metri'di distanza dal luogo ov'io mi trovavo. . «Sbalordita oltre ogni dire, quasi non osavo muovermi; poi, facendo uno sforzo, tentai alzarmi ed -oh, bontà della Consolata! - mi sentii sana e salva, non provando altro dolore se non quello che mi dava una contu· sione al braccio destro, di nessuna importanza e sola conseguenza di quel salto straordinario, il quale, per più ragioni, avrebbe potuto uccidermi o portarmi almeno danni gravissimi. « Immensamente grata alla mia buona Madre celeste, invio L. 50 al suo santuario di Torino, pregando nello stesso tempo che sia pubblicata la presente, affinchè ognor più si risvegli l' amore e la fiducia verso la Vergine SS. della Consolata. «Di V. S. Dev.ma TERESA CoRTESE»- Almacen El Pongo - Stazione Boni· facia. (Buenos Ayres) - I coniugi MoDESTO ed IDA VoLPE inviarono la seguente relazione di grazia ricevuta, che riassumiamo: « In un magazzino stavano ammonticchiati parecchie centinaia di sacchi di grano, destinato alla semina. Due bambini, cioè una ragazzina di 3 anni, Maria Margherita, ed un suo fratellino di 5, eludendo la vigilan~a della loro mamma, andarono colà a trastullarsi. L'enorme cumulo di sacchi, già toccato per l'incominciata seminagione, si sfasciò, seppellendo la piccina. Si può immaginare lo stato d'animo della madre all'accorgersi della disgrazia. Il suo pensiero volò, qual freccia infuocata, alla Consolata, che invocò con an· goscia terribile, ma pure colla illimitata fi. ducia che le veniva da grazie grandi già ricevute in varie occasioni. La bimba era scomparsa ed il fratellino, nell'incoscienza dell'età, non sapeva indicare il punto preciso dove ella si trovava al momento della disgrazia. La povera Ìnadre era sola... Mandato un ragazzo, che a caso comparve, a chiamare il marito, gente... col nome di Maria sulle labbra, si mise all'opera di salvataggio, senza sapere da che parte in· cominciare e ben persuasa, invece, di non avere la centesima parte della forza che sa· . rebbe occorsa a rimuovere tutti quei sacchi... Oh, era invano sperare di trar viva la cara innocente! Come fu? Ella non riuscì a spiegarselo, ma le venne un vigore straordinario e - prima che altri giungesse - trovò e riuscì a trarre di sotto ai sacchi la sua bambina. Se la gittò sulle spalle e fuggì piangendo disperata, non osando guardare in viso il supposto cadaverino. Quando giunse presso il marito che arrivava, invocando anch'egli la Consolata, ebbero insieme il coraggio di esa· minare la figliuoletta... Oh gioia! Ella apriva già gli occhietti, come destandosi dal sonno... In breve rinvenne totalmente, sorrise; e qualche ora dopo già era tornata ai suoi trastulli, senza nemmeno l'impressione della paura. I genitori, attribuendo lo scampato pericolo a grazia di Maria SS. Consolatrice, mandarono, colla relazione, una generosa offerta al santuario in ringraziamento. Colonia Zenon Pereyra (Argentina). - Il giovane ARMANDO GwvANNI, il 16 maggio 1904, cadde da cavallo così malamente. da versare in pericolo di morte, e difatti il dottore lo dava per spedito, viste che niente giovavano le cure. I genitori, disperati, alle preghiere fatte fin dal primo momento alla Consolata, aggiunsero il voto di un'offerta e di far pubblicare la grazia: voto che ebbe per effetto la guarigione del povero Giovanni, con meraviglia di tutta la colonia, com'essi scrivono.. Pilar di S. Fè (Argentina). Da MICHELE GRELLA, fedele abbonato del periodico e divoto fervente della Consolata, abbiamo ricevuta una lunga relazione di due grazie insignì da lui ricevute, che lo spazio ci obbliga ad appena accennare. Il figlio primogenito del Grella, Tommaso, fu preso da terribile difterite, e mentre egli correva urgente pericolo di morte, in l pericolo gravissimo di conkarre il male si trovavano cinque trafratelli e sorelle di lui. Una novena fervorosissima fatta da tutta la
" famiglia, ottenne dalla Consolata la guarigione -dal medico già disperata- del primo e l'immunità degli altri, che il medico stesso aveva dichiarato non potere in alcun modo garantire. Più tardi fu la volta di una sorellina di Tommaso, di sei anni, che da male violento ed icsidioso fu in breve ridotta in fin di vita, già rantolante negli ultimi sforzi agonici contro il catarro che la soffocava, assolutamente spedita dal sanitario. « Noi grandi e piccoli-scrive con commovente fede il buon padre di famiglia - col cuore straziato dal dolore e gli occhi grondanti di lagrime ci prostrammo ancora davanti all'Immagine della Consolata, supplicandola di darci la vita della nostra cara bambina, con promessa di una messa al suo altare in Torino ». Ed anche questa grazia accordò Maria SS. Consolatrice alla preghiera cotanto fervorosa. Con meraviglia del dottore e di tutti i vicini, - con consolazione grandissima dei parenti, la piccina guarì in modo perfetto. Caraguatula (S. Paolo-Brasile). - Stralciamo da lettera della signora ERMENEGILDA PIMENTA: « Quì dove io risiedo non v'è comodità di sanitari, perciò nelle nostre malattie, dopo quei rimedi casalinghi che la pratica suggerisce, il nostro medico è la Consolata. Ultimamente uno dei miei quattro figli, Carlo di 9 anni, già indebolito e mal guarito da febbri palustri,_fu preso da un accesso di vermi, con coliche e vomiti che lo facevano gemere e gridare ch'era una pietà a sentirlo. Ventiquattr'ore durò in tale stato, e se fu salvo lo devo alla Consolata, la cui santa Immagine sta su un altarino ai piedi del mio letto, e che pregai con tutta l'anima a ridonarmi il mio Carlo. Promisi la pubblicazione della grazia, e subito il povero ragazzo potè quietare un tantino; poi andò migliorando d'ora in ora, sicchè dopo mezza giornata già potè alzarsi alquanto, e rendere egli pure grazie alla B. V. Consolata, di cui porta al collo la benedetta medaglia e che ogni sera prega coi suoi fratelli e sorelle )), « È nostra intenzione far conoscere in questi luoghi una divozione sorgente di tante grazie, perciò abbiamo incaricato un'amica di Torino di mandarci l'oleografia più grande, onde esporla in una cappelletta che. faremo costrurre poco discosta dalla nostra casa». Da Rio Texas (Stati Uniti del Nord).- L'abbonata LUIGIA FONTANA-FILIPPONE nel mandare una lunga lista di persone desiderose di ascriversi alla Compagnia colle relative quote, dice: «Sono nomi di emigrati italiani, qui dimoranti, ma fra essi ve ne sono pure di stmnieri, alcuni dei quali già hanno provato gli effetti della divozione alla Consolata, specialmente uno che già aveva ricevuti tutti i conforti religiosi, compresa la benedizione d'agonia; fu in quello estremo votato alla Consolata e dopo otto giorni già andava coi suoi piedi in chiesa ». Morteros (Argentina) 10 novembre 1904. Rev.mo sig. Direttore, A gloria di Maria SS. ed a pubblica attestazione di riconoscenza desidero darle una relazione, di cui sono debitore alla Consolata. Il nostro figlio, dell'età di tre anni, avendo uno spillo in mano e divertendosi come fanno i bambini, lo mise in bocca e lo inghiottì. Il povero figlio fu preso da sforzi di vomiti, ma senza poter rigettare lo spillo che certo si era appuntato in qualche parte dello stomaco; gridava disperato con una voce debole e rauca, che pareva spirasse da un momento all'altro. Trovandoci, fortunatamente, vicino alla nostra cappelletta della Consolata, io e sua madre piangendo abbiamo preso il piccino sulle braccia e siamo andati a gettarci ai piedi dell'altare, raccomandandolo con gran fervore. E la Madonna ce lo salvò Un nostro quadro votivo resterà nella cappella, ed avendo pure promesso di far pubblicare la grazia, ciò mi fa insistere a pregare la sua bontà, Rev.mo sig. Direttore, perchè voglia accondiscendere al mio ardente desiderio di pubblicare il favore grandissimo a noi concesso dalla SS Vergine della Consolata. Suo dev.mo FRANCESCO DANIELE =~Wr'l:==
118 w eo.,solata LA MIA VISITA ALLA CONSOLATA DI TORINO O Mad1·e, che il bel titolo Porti di Consolata, E che in Torino assiderti Volesti incoronata, Bella Regina, memore Sempre sarò di te. Ne' tempi 1·emotissimi Di Massimo Pastore, Delle tue tante glmie Insigne laudatore, Avesti tm culto, un solio Insiem col Re dei re. Come un sol uomo il popolo Dell'alma tua Torino - Venne a pregarti, e grazie Dal caro tuo Bambino Tu gli ottenesti, e videsi Sommesso al tuo voler. Innanzi a te prostraronsi Pontefici Romani, Oh quanti illustri presuli, Regine, pii sovrani, Duci, guerrieri, conscii Dell'alto tuo poter. Io pur che sono un umile Figlio del gran Liguori, Venni le mie miserie A esporti, i miei dolori, E tu mi desti il balsamo Che cangia in gioia il duol. Ed or dalla Campania Che detta fu felice Con gli angeli, con gli uomini Madre Consolatrice -Ti acclamo, . e il grido estendasi Dall'uno all'altro pol. Quanto sei bella, o Vergine, Signom di Tm·ino l Sei sole fulgidissimo, . Sei stella del mattino: . I raggi tuoi son grazie Per ogni affiitto cor. Torino negli assedii Ti chiese, ed ebbe aita: Tu fosti il suo palladio, La forte sua bastita: Da peste, nembi e fulmini Salvasti i tuoi cultor. Quelle votive imagini Che pendon dalle mum Del tuo sacrato tempio Son storia imperitura Del tuo poter, del tenero Tuo cor, tutto bontà. Accogli questo picciolo Fim·e di poesia, O Fonte di letizia, Amor dell'alma mia, O di Torino gloria, Torino tua città. Allo1· che l'alba ·ingigliasi, Allor che ferve il sole, Come nell'ora placida In cui quell'astro suole Nascondersi, l'angelico Saluto intuono a Te. Sull'ali della candida Fede al tuo sacro altare Mi prostro, o Madre, grazie A Te per domandare: E consolata l'anima Si parte dal tuo piè. Marigliano (Caserta) FRANCESCO MAUTONE Redentorista La Direzione del Periodico prega vivamente quanti mandano offerte, di voler specificare ogni volta se queste sono pel santuario, oppure per le Missioni della Consolata in Africa e per abbonamento al periodico. La gestione del santuario è cosa l affatto distinta dall'Opera delle Missioni, alle quali provvede personalmente il canonico Giuseppe Allamano.
Jl1 eoflSO{ata 119 Storia del santuario della Goqsolata IN TORINO ====~~~=-==~ CAPO XI. SOilfliiARIO. ....:.... Reggenza di Cristina di Francia - Discordie e guerre che la turba1'0no - Cw·ioso assedio di Torino nel 1640 - Risveglio di divozione verso la Consolata - - Benefici frutti di esso - Carlo Emanuele II - Elezione solenne da lui fatta di Maria Consolatrice a Patrona della Real Casa di Savoia - Ripresa dei lavori di ristanro ed abbellimento alla cappella della Consolata - Attestazioni intorno alla forma e qualità dell'antica chiesa di S. Andrea. Dopo il 1620, fin oltre alla metà del secolo la storia del santuario non registra più notevoli miglioramenti alla cappella della Consolata, nè alla chiesa di S. Andrea. Ciò non fa meraviglia, se si considerano i disastrosi avvenimenti di quegli anni,, cioè: le guerre in cui fu impegnato Carlo Emanuele I nell'U:ltimo periodo ' della sua vita; la peste del 1630, rimasta in terribile . memoria, e ' finalmente i gravi mali e sconvolgimenti prodotti dalla guerra civile e dall'intervento franc"ese e spagnuolo nelle cose del Piemonte, allorchè, morti Carlo Emanuele nel 1630 ed il figlio e successore di lui Vittorio Amedeo I nel 1637, la reggenza dello stato fu assunta dalla vedova di quest'ultimo, Madama Reale Maria Cristina. ~enchè la duchessa di Savoia, sorella di Luigi XIII re di Francia, per le elette sue qualità di mente .e di carattere ed anche per imponenza di pregi esteriori, fosse donna atta al comando, ella si trovò a governare in mezzo a tante dif· ficoltà, che quella da lei cinta provvisoria· mente, più che corona d'oro, ben si potè chiamare corona di spine. Alla Francia, sempre in vedetta per assorbire il Piemonte, parve ottima occasione il vederlo nelle mani di una donna francese, rappresentante di due eredi in tenera età: i principini Francesco Giacinto e Carlo Ema· nuele. I primi atti a cui fu costretta dal Richelieu, l'onnipotente ministro di Luigi XIII, posero la reggente in sospetto presso una parte del popolo e fecero più risoluto nei due cognati di lei, Tommaso e Maurizio di Savoia, il desiderio di assumere essi medesimi il governo dello Stato, o almeno di parteciparvi. I contrasti fra loro e Maria Cristina si andarono accentuando alla morte del primogenito di lei Francesco Giacinto, e divennero presto aperta rottura. Sotto pretesto di proteggere la reggente, i francesi, che già avevano fin allora più o meno velatamente tiranneggiato in Piemonte, ne occuparono diverse città e fortezze; lo stesso fecero gli spagnuoli, venuti di Lombardia a prestare un interessato appoggio ai principi cognati. Si andavano così aggravando per i poveri piemontesi i mali già causati dalla peste, dalla carestia e dai primi furori della guerra civile tra i partigiani della reggente ed i cosidetti principiati. In fine, nel1640, spet· tacolo storico più unico che raro, 'l'orino si trovò cinta quasi di triplice assedio: il principe Tommaso cogli spagnuoli bloccava i francesi che tenevano la cittadella; il gene· rale francese d'Harcourt assediava la città, mentre il Leganez, governatore spagnuolo di Milano, bloccava il d'Harcourt, assediante, nelle sue linee. Questo stato di cose durò dal maggio al settembre, finchè il valorosissimo pri~cipe Tommaso, vedendosi crudelmente ingannato dagli spagnuoli ed impossibilitato a por fine con una decisiva battaglia alle gravi angustie della città, preferì trattare della resa ed uscirne cogli onori di guerra. Torino rimase in balia dei francesi: su tutte le fortezze piemontesi ornai sventolava la loro bandiera o quella spagnuola; i torbidi e la confusione andavano dapertutto dilagando. Specialmente-dal tempo dell'assedio si era risvegliata più che mai la divozione dei torinesi verso Maria Consolatrice: continuo era l'accorrere al di Lei altare ad implorare celesti aiuti. Quelle dei cittadini erano precedute dalle incessanti preghiere della Reggente, la quale ebbe poi a dichiarare che nei più duri frangenti, nelle sventure da cui fu oppressa nel tempo del suo governo, non
120 J1I eo.,so(ata ~Q.-.-~----~~~~--~·~a.--~~---oo trovò altro sollievo e conforto che nel ricorrere a Maria SS., unica consolatrice degli afflitti. Dalle sue lunghe stazioni appiè della taumaturga effigie ella certo trasse quella forza d'animo e quella nobile accortezza con cui, pur tra mille violenze ed insidie, seppe salvaguardare moralmente le ragioni del principe ereditario e l'indipendenza del Piemonte. E Maria .Consolatrice, toccata da questi atti di profonda pietà, rasciugò infine le lagrime dell'augusta signora e dei suoi sudditi. Per accordi felicemente conchiusi, nel 1642 si composero le divergenze tra Madama Reale ed i principi Maurizio e Tommaso, ed il Pie~onte cominciò a respirare dall'oppressione straniera. Giorno doppiamente festivo fu per i torinesi il 20 giugno 1648, in cui Carlo Emanuele II, unico figlio maschio su· perstite di Vittorio Amedeo I e di Maria · Cristina, avendo raggiunta. l'età legale, prese dalle mani di sua madre le redini dello Stato. Questo~ principe la cui nascita anch'essa, come quella del suo grande avo, fu attribuita a grazia. speciale della. Consolata, appena salito al trono mostrò di voler seguire nella divozione verso di Lei l'esempio antico dei gloriosi suoi antenati, nonchè quello dei suoi pii genitori. Particolarissimo segno di questa divozione fu quello che egli diede nel 1669. Avendo ottenuto con ardenti suppliche dall'intercessione di Maria SS. la perfetta guarigione dell' unico suo figliuolo, Vittorio Amedeo, già stimato dai medici assolutamente perduto, Carlo Emanuele II, con grande parata e solennità e con l'intervento di tutta la sua Corte, si recò all'altare della Consolata a fine di oflrirle un suo ex-voto, consistente in una statua d'argento del peso di 28 libbre, della grandezza. e grossezza. stessa del principe risanato. (Un'antico documento dice alta oltre un raso, cioè oltre 60 centimetri). Nella stessa. 0ccasione Carlo Emanuele II pubblicamente dichiarò con voto solenne di eleggere, per sè e per i suoi successori, Maria SS. della Consolata Protettrice della · Real Casa e .di tutti i suoi s· ati. E volle che questo voto fosse ricordato in un bellissimo Oremus, allora composto ed approvato dall'Autorità ecclesiastica., il quale, giusta l'incarico datone dallo stesso duca ai Padri cisterciensi della Consolata, da quel-tempo si' recitava ogni sabato dell'anno prima della benedizione del SS. SacramPnto. Frattanto, cessate le cause dolorose che lo avevano sospeso, riprese intorno all'altare di Maria Consolatrice l'amoroso lavorio che oramai non doveva più arrestarsi, ed a cui ogni futuro disastro superato doveva anzi accrescere lena e generosità. Il conte Flaminio di San Martino d'Agliè il quale, come suo primo ministro e fedele servitore, aveva largamente partecipato ai dolori di Maria Cristina nel tempo della reggenza, nel1659, in adempimento di speciali suoi voti, fece fare nuovi ornamenti fra gli intercolunni della cappella della Consolata, consistenti in fregi, puttini e cherubini di marmo bianco, lavoro che fu condotto a termine nel1662. Ora, prima di passare a dire della totale riedificazionè della chiesa di S. Andrea edella trasformazione della cappella della Madonna in vero santuario, dobbiamo dire una parola dell'antico edificio, desumendo i dati da un documento dell'epoca esistente nell'archivio del Sil.ntuario e intitolato: Attestazioni intorno alla forma e qualità della chiesa antica di S. Andrea, prima della ricosl1-uzione fattane dal1679 al1706. Fino a questa data, dunque; la chiesa di S. Andrea era a tre navi disposte da ponente a levante, e divise l'una dall'altra da tre pilastri che s'innalzavano da ciascuna parte della nava di mezzo, sostenendo il soffitto di legno di questa e le'volte in muratura delle navi minori. In capo alla detta nave mediana, al luogo dell'attuale grande apertura prospiciente la cappella sotterranea delle Grazie, stava l'altare maggiore, in legno, sopra cui vedevasi, sormontato dallo stemma di Casa Savoia, un pregevole quadro rappresentante la deposizione di Gesù dalla Croce. Nella navata laterale in cornu evangelii eranvi .cinque altari dedicati ai santi Carlo e Martino, a S. V.alericò abate protettore di Torino , ai santi Angeli, alla Consolata ed a S. Bernardo. Fra essi primeg-
1.!1 eortsolata 121 giava per ricchezza di marmi e abbondanza di de?Orazioni l'altare della Consolata, situato pressapoco dov'è ora il passaggio tra la chiesa di S. Andrea e la nuova cappella di S. Valerico. A questi cinque altari corrispondevano nella navata di destra l'altare del Crocefisso e due porte, separate da un largo sfondo in cui erano due confessionali: una costruzione, come si vede, poco simmetrica e non certamente grandiosa. Per due scale laterali all'altar maggiore si scendeva nella cappella delle Grazie, che era pur sempre tenuta in venerazione, siccome sito della primitiva cappella di Arduino. Al tempo della visita apostolica, M.r Peruzzi trovò questa cappella sotterraneascura e poco decente, con due altari: quello della Beata Vergine e un altro consacrato a S. Valerico, del quale lì presso si conservava il corpo traslato poi all'altare della chiesa superiore. Nel 1608 la cappella delle Grazie era stata ridotta a miglior forma, ornata di colonne e di stucchi, concorrendo largamente nella spesa Donna Matilde di Savoia, moglie del marchese di Simiana , che vi pose sulla volta le sue armi e quelle del marito. (Continua). VITA DI MISSIONE Sotto questa rubrica nel passato giugno abbiamo fatto assistere i nostri buoni lettori al sorgere della prima casa in pietra nelle Missioni della Consolata, mostrando come il missionario càttolico, per.amore delle anime, non isdegni di sottoporsi anche ai pesanti lavori manuali, per lui inusati. Le scene che oggi esponiamo ci trasportano in altro campo, e facendoci seguire l'assidua vicenda della vita di missione, ci dicono che il missionario in mezzo all'inevitabile affaccendamento materiale non lascia un istante di occuparsi direttamente del porro unum che lo ha guidato fra gli infedeli, e ciò anche in una stazione come Limùru, la quale, e per la speciale sua destinazione e per ·trovarsi in luoghi non molto popolati, parrebbe la meno indicata per un proficuo apostolato. Invece, anche sui confini dell'arida Rifty Valley la grazia di Dio incoraggia l'assiduo lavoro degli operai evangelici, e le deserte campagne gia s'abballano di fiorellini. La Consolata ne affretti colla sua potente intercessione il pieno rigòglio e li muti in frutti di eterna vita! Missione di S. Giuseppe a Limùru (Dal diario del teol. Rodolfo Bertagnaj « Non mi sono mai sentito più missionario, scrive il teol. Bertagna nel diario del 1° trimestre 1905, come dacchè mi trovo a Limùru, dove l'affaccendarsi nelle più disparate occupazioni, ed il continuo via vai di persone e di cosemiricordanoche l'operaio evangelico deve essere buono a tutto, e che egli non ha di stabile se non lo scopo dell'opera sua. « Questa stazione-procura, sede dei nostri magazzini generali, è il nostro piccolo porto di mare, il punto di transito dove arriva dall'Europa e dalla costa africana, e d'onde parte per l'interno, tutto quanto serve ad approvvigionare le nostre missioni. Per conseguenza è qui cosa frequentissima la preparazione di carovane, ed anche oggi (20 gennaio 1905) fummo occupatissimi per avviarne una assai numerosa. Chi non ha pratica nel genere, s'immagina che il più sia fatto quando ogni cosa è stata divisa in cassette, balle e sacchi del giusto peso e confezionati in modo da conciliare, per quanto è possibile, la sicurezza degli oggetti col comodo del portatore. Invece, a questo punto incomincia il còmpito più difficile e noioso: quello di vincere l'innata indolenza e pigrizia del nero e di sventare i trovati dell'inesauribile sua astuzia. « Quanto volenterosi nell'offrirsi a noi in numero doppio o quadruplo del richiesto, i portatori sono restii a caricarsi alla prima del collo che loro tocca. Chi, malgrado la dimostrazione in contrario della bilancia, lo
122 J1t eof}solata trova troppo pesante, chi troppo voluminoso o addirittura impo1·tabile per la forma; v'ha .chi dopo aver invidiato il fardello d'un compagno, litiga ora per disfare il cambio ottenuto a fatica; chi pretenderebbe sdoppiare un carico, sebbene composto di un sol pezzo; chi va a nascondere il carico già avuto, e poi si presenta· con faccia tosta per averne un altro, nella speranza che sia più leggero. E intanto ciascuno parla, grida, gesticola ; tenta mille imbrogli puerili..... (V. incis. a pag. 123 ). Quando alfine una carovana si mette in marcia in bell'ordine, un vivo Deo gratias l esce dal petto del missionario, che riuscito a ,liberarsi da una delle più gravi occupazioni materiali, può tornare in pace alle opere del sacro ministero, sorgente inesausta di pure consolazioni. « Molte qui me ne danno i piccoli Akikùyu, ricordandomi sovente la soave scena evangelica in cui il Divino Maestro li chiamò a sè, proponendoli a modello agli adulti. « Alcuni giorni or sono, andando a visitare i villaggi, capitammo in uno dove si faceva il mercato dei fagiuoli. Col fratello che m'accompagnava, mi cacciai 'tra i negoziatori e m'interessai degli affari, tanto per avvicinare ed essere avvicinato. Presto essendo conchiusi i contratti, partirono gli acquisitori, uomini spediti da negozianti indiani e coi quali, malgrado il buon volere, non mi era stato possibile dire una parola che non fosse di merce o denaro. Allora cominciai ad interrogare gli indigeni presenti sulle nozioni catechistiche altra volta già insegnate in quel villaggio. Alcuni zerbinotti Akikùyu - tutto il mondo è paese! - furono lesti e franchi a dirmi, quasi con vanto, che .essi non ne sapevano niente. Osservai loro che a giovanotti di spirito, come essi volevano essere, male si addiceva ignorare cose tanto importanti, e che se io era venuto ad inse· .gnarle loro, era appunto perché li amavo e desideravo che si facessero onore. La scena non tardò.a cambiare in mio favore. I zerbinotti, vergognosi mi si strinsero intorno, cosi gli uomini e le donne testè mercanteggianti ed incuriositi ora dal preambolo; intanto le suore mi conducevana graziosi gruppetti di bimbi e fanciulli, avvinghiatisi alle loro mani ed ai loro abiti. Tutti si posero a sedere a terra ; io mi accomodai allo stesso modo. Adocchiato un piccolino dall'occhio vivo ed intelligente, l'interrogai e n'ebbi cosi pronte e chiare risposte che tutti gli astanti restarono ammirati,: - Dio è uno, invisibile e non può morire..., L'anima degli uomini non muore; quella dei buoni va in paradiso, quella dei cattivi nell'inlerno, ecc. -Ribadii io stesso all'uditorio le verità contenute in quelle risposte di catechismo, poi (cosa per noi insolita, ma che stimai buona in quell'occasione) premiai il bimbo con una collanina, colmandolo di una gioia da non dirsi. - Vedete, soggiìinsi poi, questo fan· ciullo è buono e sapiente e Dio gli darà del bene. Imitatelo; tenete anche voi a mente le cose che vi ho dette ed avrete la stessa sorte. - Mi promisero di conserva1·e nel cuore le mie parole. Dio lo voglia! « E non sono rari i casi in cui i fanciulli, incoscientemente, compiono un vero apostolato. Or non è molto, Yennero a trovarmi due ragazzetti. Uno lo riconobbi subito: egli è da lun-'o tempo mio amico. Ed ecco come feci la sua conoscenza. Una sera le suore tornate dai villaggi ad ora assai tarda, mi dicono che Kamàn - cosi ha nome il ragazzo - è ammalato e versa in grave pericolo. Ceno in fretta, poi, accompagnato dal fratello Luigi e da un nero con una lanterna da campo, essendo notte fatta, parto alla volta del piccolo infermo, onde, se è il caso, battezzarlo. Lo trovai sufficientemente istruito: gli parlai del battesimo ed ei me lo richiese con insistenza ; anche tutti gli uomini che riempivano la capanna mi pregarono di darglielo. Ma non parendomi ancora disperata la guarLdone, dissi che sarei tornato il seguente mattino ed intanto avrei data al malato una medicina grandissima, molto costosa. Da quella sera il piccino migliorò mirabilmente ed in pochi giorni fu l sano. Subito si sparse largamente la voce della bontà del Padre, che va a curare i malati fin dur-ante la notte e li guarisce già
}11 eot'}SO{ata 123 mezzo morti.. Ancora me lo cantano in tutti ~ i villaggi e su tutti i toni. « Appena Kamàn fu guarito venne a strin· germi le mani forte forte, e d'allora, quando ~ mi vedeva passare per i sentieri prossimi al ~ suo villaggio, correva a salutarmi sorridente, ~ a farmi mille feste, conducendo seco altri fanciulli, spesso in buon numero. «Riconobbi dunque su,bito il mio piccolo amico, sebbene da un po' di tempo non ~ l'avessi veduto. Ma chi era il suo compagno? ~ quel ragazzo che gli rassomigliava per la ('J p stanza. Da più di dieci mesi serve alla missione come boy (garzone di cucina). E' di carattere· ottimo, lavora assai e parla poco, al contrario de' suoi compaesani. Un giorno- e1·ano due mesi dacchè trovayasi con noi- entra nella mia camera, s'appressa a quella specie di tavolino su cui io stavo facendo il registro dei conti mensili, mi guarda con affetto di figlio ed incomincia timidamente: Patri... - Oh, Kòghe (così si chiama), che vuoi? - Mio padre vuole che io ritorni a casa, perchè la mia mamma è malata, e bisogna che noi fac L'avviamantO:d'una carovana di portatori dalla missione di Limùru per l'interno (da fotogr. del teol. Pe>·loJ. statura, per l'aria buona e semplice, che con accento attraente mi pregava di accettarlo per figlio? - Era un orfanello, amico di Kamàn e da lui condotto fra le mie braccia. Accettai naturalmente il piccolo Akikùyu, a nome Muàsi, il quale si profferiva pronto a fare qualsiasi lavoro gli avessi comandato, purchè gli dessi qualche patata da mangiare e lo tenessi sempre meco. Sarà proprio sincero, dicevo poi tra me, o meglio sarà costante? I fatti finora rispondono affermativamente: Muàsi dimostra veramente un' indole docile e naturalmente buona; im· para ~ssai facilmente le preghiere ed il ca· techisino, dà, insomma, buone speranze. « Ho già un altro ragazzo in sui 15 anni, · il quale è un esempio straordinario di co· ciamo un sacrifizio per la sua guarigione. - E gli veniva da piangere. Credendo che pianga. per la malattia di sua madre, lo consolo come meglio posso, poi gli .dico: - Ma. sei medico, tu? che vai a fare a casa? - Non voglio andarci, io.... venni da te appunto perchè tu mi ottenga da mio padre che mi lasci qui con te, sempre con te... Se mi vuoi bene... -E giù un diluvio di lagrime. Capii allora il motivo del pianto, e sebbene ciò mi disturbasse assai in quel momento, faccio chiamare il padre: - Perchè sei venuto a prendere Kòghe? - Perchè mia moglie è malata. - Ed è questi il medico? - ·No, ma bisogna. che facciamo dei sacrifizi e tutta la famiglia. ~ deve esservi presente. - Stetti un po' per- ~ plesso, riflettendo se non fosse, per il mo-
124 lli eot'}solata mento, dannoso tener testa a qualche su perstizione, ed oppormi forse ad un ordine dello stregone. Ma ripresì tosto coraggio e girai la posizione: - Senti, dissi a quell'uomo, io mi intendo assai di malati, ed è inutile che Kòghe faccia un si lungo viaggio (fino a Tùsu). Tu piuttosto, ritorna sollecitamente a casa, va dal Patri Cagliero che è là nei tuoi luoghi; egli verrà a vedere tua moglie e le darà una mecficina che la guarirà molto bene. - Fu persuaso dalle mie parole e se ne andò, !asciandomi l'affezionato Kòghe, felice di averla vinta. Qualche tempo appresso, approfittando di una piccola carovana diretta a Tùsu, inviai Kòghe a vedere sua madre, già in via di guarigione. Ma spirati appena i giorni di permesso che io gli avevo dati, si affrettò a ritornare, con tali segni di pro· fonda gioia che mi commossero. Il povero piccolo nero già ama la vita civile e la religione di Gesù Cristo». Altre ed ~ltre care figurine esotiche di piccoli neri passano nelle pagine del diario che abbiamo preso a sfogliare rapidamente, e che spiegano l'impressione registrata sotto la data del 29 gennaio: « Questo mondo piccino dà pure grandi consolazioni al cuore del missionario ! I fanciulletti che pochi mesi or sono fuggivano spaventati al nostro ap· pressarsi, o tremavano gettando le alte strida quand'erano spinti o portati a noi dai loro genitori, ora lasciano il babbo e la mamma per correrti incontro, e liberatene se puoi... Ti festeggiano, ti seguono, ti ascoltano ed il loro cuore, ancor semplice e puro, sente Iddio. Davvero che alle volte si è tentati di abbandonare tutti gli altri, per volgersi unicamente ai piccoli..... ». Però poco oltre il missionario ben dimostra che alla gentile tentazione sa ben resistere, egli venuto ptr tutti e per cui nulla contano le naturali, sante simpatie, quando si tratta di salvare le anime. « Dapertutto nelle missioni - egli scrive - corre l'assioma che le vere conversioni sono da cercarsi nella popolazione che avendo da poco aperto gli occhi alla luce, li apre pure in faccia 8.1 missionario, che - qual seconda madre - veglia paziente ed amoroso sulla nuova generazione. Ma non è men vero - almeno qui nel Kikùyu - che dagli anziani dipende presentemente il bene da operarsi colla diretta evangelizzazione. Ed agli anziani appunto io cerco di volgere sopratutto i miei passi, le mie attenzioni più sollecite. Ed essi, i capi compresi, non ci sono contrari, anzi ci vogliono assai bene, e .prendiamo insieme di buone prese di tabacco; essendo questa pressochè condizione sine qua non per essere amici, anzi uno di loro - come essi dicon(} - Ma quanta fatica bisogna durare con siffatta gente per arrivare a parlar d'altw che di buoi, di montoni e di buoni partiti per la loro figliuolanza. Tuttavia, colla grazia di Dio, 'un po' di bene si fa.... « Le suore tornate dalla visita ai villlaggi, dice il diario di febbraio, mi riferirono d'aver trovato un uomo gravissimo, ma che tuttavia non s;arrischiarono a battezzare, lasciand(} a me l'andare e decidere, tanto più che il malato chiede di vedermi, perchè ei dice che io so se morirà o guarirà. ·Ci andai volentieri e lo trovai che stava meglio. Mi chiese subit(} se sarebbe morto. Gli risposi: - Siamo tutt~ nelle mani del Signore, il quale solo sa. - Ma il Signore te l'ha detto, e tu pure lo sai, Padre: dimm~lo dunque. - E perchè mi chiedi se morirai?. - Perchè vedo l'anima d'un mio amico morto di fame; mi compare· continuamente durante la notte e mi dice= Vieni, vieni; io e tu dobbiamo fare una cosa sola, dobbiamo stare insieme. Io prendo un tizzone e lo caccio, ma egli è sempre lì. .... - Tentai invano di persuadere il poveretto che quelle visioni erano l'effetto della febbre; dovetti consolarlo dicendogli che sol(} per la parola di colui non sarebbe morto, perchè chi comanda È! Dio. Fatto un po' di catechismo ad alcune donne e ad un uomo eh& stavano col malato, ci lasciammo colla vicendevole promessa di rivederci il domani. n poveretto è grave, ma non ancora al punt(} che convenga battezzarlo in articulo mortis. « Da un po' di tempo, troviamo nello stess(} diario di fèbbraio, hG fatta una scelta di pochi uomini, i migliori tra i nostri operai
125 GQ~~~~~~~~~~~~~~~--~~~~Ga~~~~am~~~~~_.gg abituali, ed incominciai per loro un.catechismo tutto speciale, perché spero abbiano -a darmi <:onsolazioni e, quel ch'è più, grande aiuto nelle visite ai villaggi. Oggi per la prima volta ho detto il rosario con questi aspiranti catecumeni. Oh, quale dolcezza mi ~ette il sentirli pregare cosi bene: la Consolata ottenga loro la santa perseveranza! ». Da note posteriori di un mese circa, in- <:ominciano ad apparire i frutti del cate- <:hismo speciale agli operai, come delle cure spese intorno ai ragazzi di servizio della Missio~e. mirati, 'ma commossi. Quest'oggi però i miei uditori mi parvero più tocchi del solito; mi ascoltarono e mi interrogarono con una divozione grande. Perciò, parendomene degni, li prèmiai col condurli a vedere il grande Crocefisso della nostra cappella, come avevo loro promesso. Entrarono nella chiesetta e l vi stettero con un rispetto ed un raccoglimento esemplare, tanto che un missionario forestiero di passaggio in questa. missione ne ~ fu assai meravigliato. ~ «Lì, davanti al Crocifisso, ripetei che Gesù () vuole tanto bene a tutti gli uomini bianchi Catechismo del missionario ai giovani: delle Suore ali~ donne, che vagliano il miglio raa fotogr. del teol. Perlo;. Per ragione di spazio dobbiamo !imitarci ~ alle seguenti: ~ « Oggi al catechismo dei miei operai e giovanetti, che pregano già molto bene e co· noscono ornai il mistero della SS. Trinità, si trovavano pure alcuni altri uomini, venuti solo per curiosità. Il piccolo locale era di· venuto stretto cosi gremito di neri, attenti <:he era un piacere. Salito sulla mia cattedra, un rozzo scabello all'uso kikùju, recitammo o meglio cantammo tutti insieme il Pater, 1' Ave Maria ed un Oremus pro Akikùju e quindi, fatta recitare dai catechizzandi la lezione già imparata sul mistero della SS. Trinità, ripetei io per la seconda volta la lezione e poi la spiegazione 'sul mistero dell'Incarnazione e morte di N. S. Gesù Cristo, cercando di ben imprimerlo nelle loro menti. _ ~ « Noto che ogni1ualvolta parlo ai neri di questo mistero ne rimangono, non solo ame neri, e domandai se anch'essi volevano bene a Gesù. Risposero tutti di sì, qualcuno colle lagrime agli occhi. Intonai, e tutti meco can· tarono, il Pater noster; poscia, indicando il bel quadro della Consolata, spiegai chi fosse in esso rappresentata e cantammo l'Ave Maria. Non posso tacere che mentre additavo il Crocefisso e poi la Consolata, al vedere i volti commossi dei miei moretti, trattenni anch'io a stento le lagrime. Usciti dalla cappella mi si strinsero tutt'intorno, chiedendomi di condurli poi ogni giorno con me in chiesa a pregare. - Adesso che ho visto - mi disse uno dei nuovi venuti- voglio imparare bene quanto tu insegni e poi far conoscere a tutti gli Akikùju chi è Gesù Cristo». Dal diario di marzo togliamo questi altri accenni: «'Oggi ebbi una consolante prova del grande interessamento con cui seguono le
126 )li 8of1solata istruzioni alcuni di questi poveri neri, a cui si direbbe che la Provvidenza riserbi una bella parte fra la loro gente. Or sono quattro giorni, avevo fatto dire ai miei uomini, fra cui due alunni catechisti, il Credo. Dopo non - lo feci più recitare fino ad oggi, ed in questo frattempo corressi una piccola frase verso il fine, per rendere più esatta la traduzione in kikùju. Ebbene uno dei catechisti, quan· tunque non sapesse ancora a memoria il Oredo, pure si accorse subito del lieve cambiamento· e me ne ·chiese il perchè. Non potei far a meno di lodarlo pubblicamente per la tenace sua memoria e per il buon uso che ne fa. « Stamane, scrive ancora lo stesso missionario, stanco di membra e di spirito dopo valicate parecchi colline e visitati molti villaggi con risultati negativi, giunsi in uno, il cui capo è un mundu mogo, cioè uno dei principali stregoni. Egli mi accolse cortesemente, attorniato dalle sue mogli e ragazzi e da molti suoi dipendenti, e dopo avere discorso un po' del suo bestiame, dei suoi raccolti di patate, miglio, ecc., gli chiesi se sapeva cosi bene le cose di Dio come s'intendeva delle sue pecore. Rispose subito che ne sapeva niente. - Pos· sibile, ripresi io, tu che sei un mundu mogo tanto reputato fra gli Akikùju!- Solleticato nell'amor proprio, o piuttosto per non far brutta figura davanti ai suoi, prese a farmi una lunga esposizione di tutto il suo scibile in materia, che in sos,tanza si riduceva a questo: esset·vi due Dei: uno in alto peri~ cose al disopra della superficie terrestre, ed uno in basso, entroterra, da cui vanno quelli che muoiono. Conchiuse la sua dissertazione con un'aria quasi trionfante, visto che io non l'aveva nè interrotto nè contraddetto. Allora risposi che sapevo già essere quella la loro credenza, ma che essi erano in un grande errore. E presi a rilevare una ad una le assurdità e contraddizioni di quelle dottrine, venendo poi ad una esposizione chiara dell'unità di Dio, della creazione dell'uomo, immortalità dell'anima, premi e castighi nell'altra vita, ecc. Pare che il Si· gnore mi assistesse 'particolarmente in questa occasione, poichè non ebbi mai così facile sulle labbra il linguaggio kikùj u; mai ebbi l'udienza così attenta; mai non fui sì bene compreso ed, a quanto pare, anche creduto. Naturalmente non mancarono le solite interruzioni puerili da qualcuno dei presenti: perchè hai tu così lunga barba, e noi no? e simili domande. strane, cui rispondevo senza scompormi, proseguendo poi come nulla fosse. Ci separamm() infine colla massima cordialità, anche da. parte ·del mundu mogo, impressionato egli pure come tutta l'udienza. « Mi conforta poi grandemente il modo con cui i miei operai imparano il catechismo e recitano il rosario. Sono così infervorati che oggi vollero recitarne due parti, anzichè una sola, come al solito. Stamane ne ammisi un() nuovo alla preghiera comune; bisognava vedere quali atti d'ammirazione faceva al sentir cantare il Pater in lingua kikùju! Non poteva stare in se stesso e pareva sollevarsi in un nuovo mondo. Alla fine mi si , avvicinò tutto commosso e mi disse: - Possibile che tu non sia che un uomo? Dove imparasti queste cose? - Sì, povera creaturat io non sono che un uomo, ma sono pure un messaggero di Dio, il quale si serve di m& e dei miei confratelli per chiamare te e la. tua gente a conoscere le dolcezze del suo cult() e del suo amore ». (ero~aca Men~i~ Jl del .8af1tuario ~ ~~~ ~Blazioni compendiate di grazie recenti DEllE QUALI FU CHIESTA LA PUBBliCAZIONE Ottiglio-Monferrato. - « Verso la fine del giugno 1902 fui presa da grave malessere, che mi cagionava frequenti svenimenti e mi ridusse ad estrema prostrazione. Dovetti éessare i miei studi, nè potei, dopo averli ripresi l'anno segue~te, continuarli lungo tempo. Ai primi di gennaio 1903 lasciai di nuovo la scuola per essere dai miei parenti affidata allecure del valente med'co locale. Per suo con-
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