care il gran preservati v o che è la religiosità ben intesa. A sue spese faceva adornare la chiesetta del carcere, affinchè le detenute vi pregassero volentieri. E le precedeva coll'esempio: quest'anno la Duchessa volle prendere parte alla Pasqua delle carcerate, facendo anch'essa con loro la S. Comunione, e regalandole poi copiosamente - come da più anni faceva anche per N atale - di una buona colazione e confetti. I fatti qui ed in altro campo si potrebbero assai moltiplicare, ma al poco che abbiamo accennato il molto si può aggiungere che - malgrado le precauzioni dell'augusta Signora - oramai è caduto nel dominio del pubblico. ·Nessuna n1eraviglia, quindi, se il commiato dei torinesi dai Duchi di A.osta fu un plebiscito d'amore, che fece degno riscontro al miracolo gentile (come venne dalla stampa cittadina chiamato) per cui nel dicembre 1904 s.i vide tutta una cittadinanza unita .apregare per ottenere un miracolo grande dalla Consolata: la guarigione della Duchessa Elena, della quale la scienza disperava. «Il passaggio dei principi per le vie della città - scrisse uno dei primi giornali nostri - è stato uno spettacolo indescrivibile, entusiastico. V'era gente persino sui tetti: erano gremiti i balconi e le fìnestre, d'onde una vera pioggia di eletti fiori cadeva sulla carrozza ducale. Non era soltanto presente la Torino aulica ed ufficiale, l'aristocrazia del sangue, della toga e della spada; ma migliaia e migliaia di persope della borghesia e del popolo si accalcavano nelle vie radiose del bel sole di giugno ; migliaia e migliaia di cuo~i gridavano ai Principi il saluto augurale •. Commoventissima fu la scena nell'interno della stazione di Porta Nuova, dove si pigiava una folla imponente, desiderosa di esprimere un'altra volta agli augusti partenti il rimpianto di perderli, il voto e la ~ speranza di un loro non lontano ritorno fra noi. Quando i Duchi, ricevuti gli ultimi l commiati dalle Autorità e dai Principi loro parenti, uscirono dalla sala reale/ della stazione avviandosi al treno, sotto la grande tettoia scoppiò un applauso alto ed unanime: migliaia di cappelli e di fazzoletti si agitarono in segno di caldo, reverente saluto: tutti gli occhi si fecero lucenti per sincere lagrime. La Duchessa, salita nel carrozzone, si affacciò tosto allo sportello e col suo sorriso, pieno sempre di bontà ed ora di mestizia, rispondeva all'ovazione solennè, asciugandosi gli occhi col fazzoletto che stringeva con stretta angosciosa nella destra. Il Duca, in grande uniforme di generale, ritto sulla piattaforma, salutava militarmente; anch'egli appariva profondamente commosso e cogli occhi gonfi di lagrime mal rattenute. Con gentile pensiero le signore torinesi avevano convertito in ambulante giardino di rose il carrozzone che doveva portar lontano Elena d'Aosta, come un augurio fervido e vivo che l'accompagnasse nel viàggio e nella residenza l<mtana. La principessa avrà certo assai gradito ed apprezzato il simbolico pronostico, ma un più saldo presidio di difesa, un pegno più sicuro di bene portava seco da Torino : l'immagine della Consolata che, presentatale pochi giorni prima dal nostro Rettore, Sua Altezza aveva accettata con vero trasporto, assicurando che n'on poteasi farle più gradito regalo e che avrebbe portato seco a Napoli quel quadro. Il mattino solenne del 20 giugno, fllla aveva fatto al santuario l'ultima visita. Udita la messa, in cui arasi divotamente comunicata insieme col Duca, pareva non sapersi staccare dal luogo benedetto, dal carq altare .per lei doppiamente sacro. Nell'uscire poi dal tempio, volse ancora uno sguardo eloquentissimo all'imagine taumatarga, avvolta dai riflettori elettrici in un nimbo di bianca luce; un profondo sospiro le salì dal petto, e le si velarono le pupille... * * * Ora Elena d'Aosta per qualche tempo non tornerà al santuario che collo spirito, ma
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