Missioni Consolata - Luglio 1905

Jll 8ortsolata 107 :erti aveva nel suo ~=·nc:~111eij. l; ;;s;;u..,oiili "'~-o;;d;r;ii!l~'!~<di;;o;;noono:oe•,-~;;·n;;t..,r=at=::a=-so;;;o;;la~aiiS>!Os;;o;;la=c 011o111111~0e, qualc1.e cosa di straordinario. detenute nelle celle, con tale affabilità e dol· Ma chi era essa? Quanti lo domandavano cezza che le infelici ne rimanevano incantate· ed avrebbero voluto saperlo! Eppure la Du· e mosse .a portare con spirito di espiazione· chessa con una volontà assoluta, con una la loro pena - come ella andava loro con. severa consegna, potè per 'parecchi anni con· ogni delicatezza insinuando -; a mostrarsi· servare ii più stretto incognito. Le suore, docili alle suore ed alle inservienti. Le carche le furono compagne indivisibili e fedeli, cerate inferme avevano le sollecitudini più non dovevar..o darle mai altro titolo che quello tenere dell'augusta Donna, che visitavale concomunissimo di madama, e così soltanto ella maggior frequenza e provvedeva loro vitto· godeva di essere chiamata dai suoi poveri. . speciale a sue spese. 1 A questo proposito esistono diversi graziosi Al giungere dell'inverno si informava da aneddoti. La Duchessa aveva lungamente ciascuna di quantC' le abbisognava per ripacurato colla solita fiorita carità una povera rarsi dal freddo, facendo generosa distribudonna. Questa, oramai convalescente, nella zione di vesti, sottane, giubetti e calze. · sua fervida, ingenua gratitudine, le chiese Pensava poi sempre ella· stessa al corredino uri giorno: Ma ella, madama, è una baro- dei bimbi disgraziati, venuti alla luce nel nes.sa od una marchesa ? - Nè l'una cosa nè l'altra, cara - Una contessa, allora? - No, non sono contessa- Peccato- esclamò con profonda · convinzione la poveretta - peccato che una signora cosi buona e distinta come ·lei, non sia almeno, almeno contesa a! E dire che meriterebbe di essere principessa! - E la principessa rideva in cuor suo, felice di sapersi cosi bene nascondere. Un'altra volta ella si trovò colla suora a visitare una povera donna, proprio nel momento in cui questa fu presa improvvisamente dai dolori del parto. Mentre la suora, per ordine di lei, correva a chiamare le persone dell'arte, la principessa rimasta presso la partoriente l'andava assistendo come meglio sapeva. Sopraggiunse il dottore, forse precedentemente già fatto avvertire, e si corrucciò vivamente contro quella signora che, senza la dovuta pratica, voleva immischiarsi a prestar soccorsi in un caso in cui ogni cura inopportuna può far danno alla malata, anzichè giovare. La Duchessa si sorbì in pace, umilmente, la sfuriata del dottore, e chiedendo scusa se ne andò, contenta di lasciare la paziente in buone mani. * * * Luogo prediletto della carità della prin· cipessa furono pure le carcerL. Quasi settimanalmente usava recarsi al reparto delle carcere. E q ~esto e ben altro che i limiti di quest'articolo vietano di pur accennare, riceveva un valore inestimabile di quei tratti che della Duchessa d'Aosta facevano di ciascuna infelice l'amica particolare, guardata con reverenza, ma pur con tanto confidente affetto. A Lei, rispondendo grate alle sue domande, tutte parlavano volentieri della propria famiglia ; le madri in ispecie si commovevano salutarmente nel ricordo dei figli lontani... Non molto prima che la Duchessa lasciasse Torino, una _donna carcerata da ben nove anni, riceveva notizia della morte del figlio soldato. Ne ebbe dolore profondo: quel giovane era l'unico sostegno della famigliuola, quello su cui si fondavano le speranze per tirar su i fratelli minori. La Duchessa, impietosita, ottenne alla madre disgraziata il condono della restante P.ena (19 mesi), affinchè ella potesse consolare la sua fam!glia in tanta sventura. Ed altre volte pure s'adoperò ad ottenere alle detenute, in speciali casi, la grazia sovrana ; di tutte poi, delle . minorenni i~ special modo, s'occupava alla loro uscita dal carcere, perchè tro·f'assero lavoro e fossero tolte al pericolo di recidive, e tutte muniva di un primo soccorso variante dalle 10 alle 50 e più lire. A quest'ultimo scopo, procurava nel tempo di loro permanenza nel triste luogo d'incul·

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