Missioni Consolata - Giugno 1905

l1t eo.,solatà H7 :on un discreto ca=:edacena,~~ zione e che si=avano buoni a tutto,::. tondi deÌla giardiniera alla piemontese ed i pezzi cialisti poi nei lavori in pietra. Messi allaprova, -di montone arrostito al naturale, si ammucchia- la vantata loro abilità si ridusse al saper emetvano sulla tavola frantumi di pietre che noi tere grida da ossessi, quando la mazza bran· ci andavamo servendo l'un l'altro, con gr11nde dita dai nostri robusti Akikùju cadeva a spacallargar d'occhi d·ei boys (ragazzi di servizio) e care i grandi massi, il che era davvero un degli assidui curiosi, i q];lali generalmente cir- po' poco per far avanzare i lavori colla rapidità condano la nostra mensa in attesa di un osso da noi desiderata. Li rinviammo dunque, tanto da rosicchiare, od anche di qualche granello di più che i nostri bravi Akikùju appresero cepepe-o goccia d'aceto da far bene all'anima, se- lermente a compiere questo lavoro, sebbene -condo la loro espressione. Essi forse pensavano affatto nuovo per essi, e vi si impegnarono - con orrore che noi volessimo introdurre nel cl.opo il confronto coi lavoratori Swaili- quasi nostro menu vespertino anche quei minerali: come in una sfida di razza. oramai questi bianchi han già fatto loro vedere Non sarebbe certo facile cosa trovare il ban· di si strane cose!- Siccome eravamo un poco dolo del filo, per cui- gira e rigira -venne novizi nell'arte... lapidaria, si fecero più parole fit subito a cognizione degli Akikùju che i lavori Interno del forte Hall - Capannoni ad uso di caserme per gli askarl. di quanto ne meritassero quelle pietre; però si ~ .:venne infine ad una conclusione, cosa non tanto facile quando si discute su materie che poco o nulla si conoscono. Il campione di pietra da noi prescelto, se non era il puro travertino che i nostri antichi padri Quiriti estrassero dalle catacombe per la co-~ struzione della città eterna, era però soddisfacente sotto ogni riguardo, sopratutto considerando che ci trovavamo in Africa e che l'edilizia del paese - per fortuna degli improvvisati ingegneri - 'non ha soverchie esigenze. ~ Il seguente mattino una squadra di circa cento operai era radunata nel cortile della missione, e dopo lunghe trattative riguardo alla mercede giornaliera, veniva messa a ruolo e .poi distribuita fra i diversi lavori. Alcuni l furono incaricati di disboscare e pulire il ter-- reno su cui doveva tracciarsi il nuovo fabbricato; altri principiarono ad aprire una strada scendente alla cava delle pietre, mentre questa, sotto l'assiduo battere dei picconi maneggiati ~ dai restanti lavoratori, diveniva presto degna di tal nome. Il Dr Hinde ci,aveva anche mandato una mezza dozzina di Swaili, giunti in quei giorni a Fort Hall in cerca d'occupa- , da noi intrapresi erano a scopo di costrurre una casa per suore: s'intende che gli indigeni non le appellavano ancora con questo sostantivo qualificativo. Fatto sta che quella novella si diffuse rapidamente; i nostri operai ne divennero fieri tanto da accampar pretese per un aumento di paga, gli anziani poi venivano a gruppi ad interrogarci se era proprio vera la cosa: non che ne dubitassero, ma per cavarci di bocca qualche particolare più esplicito. Tutti volevano sapere quante fossero le aspettate, come vestivano, se parlavano anche il kikùju e curavano gli ammalati, come facciam noi. Qualcheduno per convincersi che le suore erano bianche volle aspettare a vederle coi propri occhi, nop. parendogli vero che una donna potesse avere un tal privilegio! Quasi a dare soddisfazione alle impazienze, i lavori venivano spinti coll'intensità usata da un impresario che si trovi allo scadere del termine fissatogli, o come in un-arsenale militare in tempo di guerra. Noi, da b~oni capitani, stavamo in testa, cioè al prinCipiare d'ogni giorno era riservata a noi la fatica maggiore. Ogni mattino, finite le pratiche di _pietà e di· vo:r;ata la colazione che ill)oy di cucina, ne-

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