Missioni Consolata - Giugno 1905

.. .12 eof}solata 95 perenne di una vegetazione semi-tropicale, la dolcezza di una perpetua primavera. Ma c'e ben altro ancora, poiche tutto questo che cosa varrebbe da solo per il missionario? Di fuori migliaia e migliaia di neri fratelli, creati come noi per il Cielo e per conoscere ed amare il nostro Dio, ci circondano, nell'incosciente attesa di ricevere qualche grande cosa da noi ... .. La romana madre dei Gracchi, richiesta di mostrare i suoi gioielli, indicava i suoi figli. Il missionario ha le sue ricchezze, f suoi piaceri, le sue aspirazioni nelle selvaggia creature che lo,circondano. Staccato dalle memorie della vita passata, lontano dalle a_ffezioni della famiglia e dell'amicizia, nulla pfù lo ritiene dall'essere tutto per esse, e nulla può amare sulla terra oltre e sopra delle anime loro. Oh, come è dolce il fascino di sentirsi tutto per gli altri, senza sottintesi, senza secondi fini; senza che un solo atto, un solo pensiero della vita nostra possa ormai mirare ad altro che alla redenzione di questi infelici fratelli! ~noora l a quova iqdulgenza pleqaria in articulo martis Due motivi specialmente ci spingono a tornare sull'argomento. Il primo e un vivo sentimento di compiacenza e di gratitudine alla Consolata, nel vedere il santo impegno dei fedeli nel procurarsi il nuovo spirituale favore. I nostri foglietti portanti le necessarie dilucidazioni sull'indulgenza in articulo martis detta di-D. Cafasso, il decreto con cui fu accordata da S. S. Pio X ed il modo pratico di lucrarla, vanno a ruba; già se ne stamparono 192 mila copie in successive edizioni, pressochè intiera. mente esaurite, e le richieste continuano a giungerci da ogni parte. Ciò dimostra che si è ben compresa tutta _l'importanza d1 tale indulgenza, e che ritorna alle menti il giusto concetto del purgatorio, cosi nitido e vivo nei primitivi cristiani. La· nostra natura, qui sulla terra, pone un limite ai dolori morali ed agli spasimi fisici i quali, oltrepassata una certa misura ci cagionano la morte; come ci torna fatale una gioia superiore alle forze del nostro cervello e del nostro cuore. Non così quando noi siamo passati all'eternità: a quel modo che si acquista allora. la potenza di godere dei beni immensi del Cielo, così si diventa capaci di soffrire nel purgat,orio mali quasi infiniti e che rimangono inconcepibili alla nostra mente, finchè ref'ltiamo in questo mondo. Questa riflessione basta a farci intendere il valore di un'indulgenza in articulo martis della quale noi possiamo porre tutte le condizioni mentre siamo ancor!_!. in vita e che, anche in caso di morte improvvisa, ci libererà dal cadere in purgatorio. Il secondo motivo di questi nuovi cenni è il bisogno che sentiamo di rassicurare le anime timide e scrupolose. Molte persone ci vengono domandando se, emesso che abbiano l'atto di accettare qualunque genere di morte, prescritto · per lucrare poi nel momento estremo di loro vita l'indulgenza di D. Cafasso, non sia loro più lecito di chiedere a Dio la liberazione dalla morte improvvisa o da qnell'altro qualsiasi genere di morte per il quale ciascuno sente uno speciale orrore. Rispondiamo con un esempio chiaro ed ineccepibile, proposto dallo stesso servo di Dio D. Cafasso a chi gli faceva· somiglianti domande: Gesù Cristo, l'Uomo-Dio venuto per sua spontanea e libera elezione in terra a patire e morire per la salute degli uomini, stando per compiere il sacrificio da lui già voluto ed accettato, volle nell'orto di Getsemani provare tale orrore p.er la sua prossima passione e morte, da .chiedere al Padre: Se Il possibile, passi dtJ me questo calice. Ma tosto soggiunse : Però non la mia, o Padre, ma la tua volontà sia fatta. Ecco quello che possiamo e dobbiamo fare. Noi potremo sempre chiedere a Dio che ci liberi da questo o quel genere di morte; potremo continuare a dire colla S. Chiesa: A subitanea et improvisa morte libera nos, Domine, purchè la nostra preghiera sia subordinata alla 'volontà di fare in questo il divino beneplacito. Come ogm~no vede, l'atto di accettazione della morte richiesto per porci in condizioni di lucrare poi l'indulgenza in articulo martis, nulla ci toglie dei nostri diritti riguardo alle nostre preghiere. Diremo di più: il più perfetto esercizio che l'indulgenza ci porta a fare di rassegnazione nell'accettar la morte; il maggior impegno in cui ci mette di vivere continuamente in quella purezza di coscienza, nella quale, per lucrarla. sicuramente, vogliamo trovarci nel nostro

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