Missioni Consolata - Giugno 1905

88 fll eof}SO{ata mico dei mezzi ter~ini, imperturbabilmente ci trasmette abbrucciacchiata o cruda, si faceva l'accettazione degli operai. Questi oramai convergevano alla missione da tutti i punti dell'orizzonte in numero sterminato, e perciò - l'offerta superando di gran lunga la domanda·- ci occorreva scegliere fra centinaia che si avanzavano: operazione non troppo facile e richiedente un mare di parole inutili,· poichè i rifiutati sono i più insistenti ad offrirsi di nuovo, nella speranza che si finisca per cedere, come talora è succeduto, tanto per levarseli d'attorno. In quei momenti occorre mettere da parte ogni preoccupazione per conservare al proprio vestito il naturale colore: una tinta rosso-sporca va invece rapidamente diffondendosi sulla stoffa, come un'evoluzione colo:rata sulla pelle d'un camaleonte: chi vi preme IJ. destra ; chi vi si addossa a sinistra ed i più, desiderando richiamare la vostra particolare attenzione su di loro, vi avvertono della·loro presenza prendendovi confidenzialmente per il braccio e stampandovi sulla manica il palmo della mano unta d'ocra rossa, così da farvi sembrare tocchi dalla mano insanguinata di un macellaio. Generalmente la scelta principia fra gli ope,rai che conoscemmo nei giorni antecedenti·come buoni lavoratori; poi ci lasciamo guidare dalle apparenze, colla persuasione che prima di sera già. avremo provato quanto esse siano fallaci. · Gli Akikùj~ di queste parti avendo acquitata la certezza che venendo a lavorare da noi, a differenza di quanto' loro succede nei lavori forzati governativi, si è pagati a pezze in con- .tanti- vere pezze, e non colpi di lcibogo (nervo di bue) come è costume di molti pionieri africani - accorrono alla missione in massa, pensando alla mercede che riceveranno, senza menomamente-preoccuparsi di quello che debbono fare per guadagnarla. Una buon·a metà almeno di questi uomini,'che fin qui avevano -condep.sata la loro attività nell'andare a zonzo -e vivere a spalle altrui, venuti ora a cercare pezze (moneta) per acquistare poi un lembo di bianca tela da mettersi a tracolla, trovano che il lavoro è una cosa tanto diversa dalle loro abitudini e dalle loro idee, che si meravigliano oaltamente quando noi insistiamo affinchè fac- -ciap.o qualcosa oltre il chiaccherare. E questo uno dei principali motivi per cui ·io preferisco arruolare ogni giorno operai avventizi, fra i quali poi è meno difficile scegliere i migliori per fissarli a mesi, f.>rm,andosi così poco a poco una buona squadra. E da notare però, che sovente la loro infingardaggine va in massima parte attribuita all'assoluta novità del lavoro ed alla perftJtta ignoranza circa il modo di compierlo; tantochè in pochi giorni moltissimi appaiono poi come trasformati, e si rendono abili all'opera in tempo ben più breve di quanto si potesse, a prima vista, sup1porre (vedi incisione a pag. 89). I lavori alla cava delle pietre ed alla costru- ~ione sono interamente affidati agli uomini; i trasporti, invece, sono opera esclusiva delle donne, alle quali spetta il portare sul dorso i macigni estratti alla cava, e certe zu ·che ripiene d'acquaattinta al più vicino ruscello. Esse camminano in lunga fila serrata, di pittoresco effetto, e, sottò la direzione alterna d'una di loro, cantano quasi ininterrottamente l'intera giornata, senza che le loro corde vocali diven· tino .r.oche. Però le brave Akikùju sono nel canto famose per una specialità tutta propria. Nelle interminabili loro canzoni, quantunque non espresso a battute, il tempo musicale esiste e regola, non solo la voce, ma anche l'azione di perfette attrici. N all'andante tutta l~ colonna, _carica di pietre, va marciando .al passo ordinario; -col moderato rallenta, il grave poi la ferma addirittura. E siccome in questo genere di musica così espressivo il grave si ripete troppo spesso e l'accelerato manca assolutamente, noi siamo talora costretti a proibire alle operaie di cantare, se vogliamo avere la soddisfazione di veder arrivare ai costrut,-· tori pietre ed acqua. La,d!stribuzione del lavoro alle donne è una faccenda ancor più seria, che non lo sia per. gli uomini. Esse - tutto il mondo è paese - quello che vogliono lo vogliono davvero, e quando,sceltoneun numero occorrenteper quel giorno,·diciamo loro: bas-ta, esse mostrano di capire: ancora; sicchè anche limitando noi la richiesta a dieci operaie, queste si portano sul lavoro in trenta. A prevenire le sorprese, avevamo trovato di fornire ciascuna delle elette di un pezzo di giornale a mo' di tessera, pensando che siccome fortunatamente qui non si stampano ancora giornali; non sarebbe-facile alle interessate averne altri brani. Ma questa nostra precauzione produsse per ben poco tempo i suoi effetti, provandoci che anche in Africa è vero che fatta la legge, trovato l'inganno. Unbel mattino noiinscrivemmo trenta donne per la carovana delle pietre; ciascuna portatrice fu regolarmente munita del suo straccio di stampato, il quale, al solito, sparì subito . nel lobo dell'orecchio o fra gli o-rnamenti del collo e delle braccia della relativa proprietaria, poichè in fatto di saccoccie qui si potrebbe ancora ottenere il brevetto d'invenzione. Dopo di che la colonna si avviò al solito lavoro. Lungo il giorno, ogni ·volta che giungevano pietre -alla casa in costruziçme, notammo che la fila delle portatrici p;treva allungarsi, allungarsi..... e ne ·avvertimmo la sorvegliante, ricordandole che quante si fossero aggiunte dopo la distribuzione del maltoa (la carta stampata); a.lla sera non sarebbero state riconosciute per il pagamento; che era, insomma, affar loro: woro ne nao. Al finire della giornata, quando ci accingemmo a far la paga, eravamo fermamente decisi di appigliarci a questa misura, forse un po' draconiana, ma necessaria per prevenire il ripetersi di simili fatti, poichè se le portatrici venivano in numero superiore ai carichi

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