Missioni Consolata - Maggio 1905

w eo.,solata nessa di cui riproduciamo la fotografia, e che travasi ora imbalsamata n'el museo del nostro Istituto in Torino. Crediamo che sarà -interessante per i nostri buoni lettori la breve esposizione del fatto. Da qualche tempo in una larga zona-intorno .alla Madonna dei. fiori regnava lo spavento, per le gesta di un leone che s'era piu volte mostrato sulle colline di Lolie e Maingha ed aveva già fatto diverse vittime. Una notte, nello scorcio di maggio, il leone si era introdotto in una zeriba, dove alcuni guardiani custodivano b_estiame ovino e bovino. D'improvviso il terribile felino, attraversato con un salto poderoso lo steccato di rami fittamente intrecciati, piombò su un giovane pastore ventenne: in men che si dice gli dilaniò cogli artigli e coi denti la parte sinistra del petto. Le grida altissime degli altri guardiani, i muggiti spaventosi emessi dalle vacche, il tramestio indescrivibile suscitatosi nella zeriba, fugarono la belva e le impedirono di portar seco nella foresta la preda umana per divorarla a suo agio; il povero giovane però spirava l'indomani per le mortali lesioni riportate. / Il 6 giugno il leone - o meglio la leonessa come si accertò di poi - verso le tre pomeridiane, strisciando tra i campi di meliga e le bananiere, s'introdusse furtiva in un villaggio posto sulla collina di Maingha ed assalì alle spalle un uomo, piantandogli profondamente le unghie nelle coscia e stritolandogli coi denti le costole. Alle disperate urla del misero, agli alti strilli di alcuni fanciulli che esterrefatti presenziarono l'atroce scena, accorsero tosto sul luogo parecchi uomini armati di lancia, che anche qui fugarono il terribile animale senza recare alla vittima altro van· taggio, da quello all'infuori di non servir di pasto alla belva, ma di poter morire nella sua capanna. Gli Akikùju che pure affrontano coraggiosamente molti animali della foresta, ·temono oltre ogni dire il leone; tuttavia eccitati dal crudele scempio che avevano sott'occhio e che portava al parossismo l'ossessione in cui da tempo li teneva la presenza della fiera minacciante; animati dal tramestio e dalle vociferazioni di una folla di gente accorsa nel villas-gio, i più valenti cacciatori e guerrieri mossero in traccia della belva, decisi a volerla :finire. La scovarono infatti, riuscendo anche a ferirla nel fianco con · una lanciata; ma il cader della notte e l'essersi essa internata in un foltissimo boschetto di canne da zucchero, suggerì all'audace drappello di :t;itirarsi prudentemente per quella sera. L'indomani mattina, 7 giugno, verso le otto alcuni indigeni si presentarono affannati alla missione: « Patri - dissero al teol. Borda - se non vieni col tuo fucile il leone ci mangia tutti». Ed espostigli i fatti della sera precedente, soggiunsero: «Vedi, stamane stessa fu già ucciso un giovanetto quindicenne che, ignaro del pericolo, passò presso il boschetto ~ove ieri s'era nascosta la mala bestia; oramai le nostre donne ed i nostri ·figli non osano più recarsi a coltivare i campi od a condurre le capre al pascolo; noi tutti viviamo in continuo timore; tu solo, patri, puoi liberarci »- Come negare aiuto a quei tapini? D'altronde, se il leone già era ferito gravemen~e, secondo che assicuravanò, l'impresa non appariva più troppo temeraria. Il missionario riflettè un istante e poi rispose: « Va bene, verrò con voi». Preparp debitamente il suo fucile; prese seco l'occorrente per un'eventuale medicazione e segui gli indigeni. Nei pressi del bo· schetto stava un certo numero di neri, ed una vera folla di essi era sparsa sui pendii délle vicine colline: pressochè un migliaio di spet-· tatori .attendeva con ansia l'esito della caccia.. Chi diceva. che il leone dopo aver assalito il povero giovanetto era. rientrato nel folto delle canne; chi pretendeva, invece, che fosse fug- .gito lontano. Dava. qualche credito a. questa ultima asserzione il fatto che, malgrado una fitta gragnuola di sassi lanciati nel boschetto in tutte le direzioni;- la fiera non dava segno di presenza; mentre a rinfrancare la convinzione di chi la riteneva. tuttora apJ?iattata tra le canne di zucchero veniva di tanto in tanto il grido di qualche nero, che più .ardito si spingeva a far capolino un po' addentro tra i fitti ed alti steli, e poi indietreggiava terrorizzato esclamando d'aver visto luccicare nell'oscurità gli occhi leonini. ....:. C'è; non c'è..... Tra questi parlari e queste agitazioni, giun-· sero i missionari, la cui vista qestò un senso generale di sollievo: finalmente sarebbero liberati dall'incubo .che da tanto li opprimeva: il leone stava per essere ucciso! Il drappello l di valorosi armati, rialzato nel morale, era pronto. I capoccja dissero: « Quelli di noi che hanno l'iloschio (coltellaccio) aprano tra le

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