Aprile 1905 A:n.:n.o VII = N. 4 periodico R.eli~i.oso Me11sil.e ESCE DIREZIONE PR~SSO LA SACRES'r!l. AL PRINCIPIO DEL MESE SANTUARIO DlllLLA C".~NSOLA'l'A
• a nJ un ca b q tJ •• n ........... ., -- n Periodi~ si spedisCe a chi farà l'offerta annua di almeno L. .1,50 per le Missioni della Consolata. in Africa. - Per l'estero l'8fl:tn1a è di L. 2,50. ~-----------------------------------------------~ OFFERTE PER L'AMPLIAMENTO DEL SANTUARIO Torino. Marchesa Erminia d'Ormea, 10 - Sacerdote avv. Gutd> Gapit~ni, 6- S~cerdoteGiampero Vittorio, 10 - Famiglia Ca~ana, 6 - Michetti Lorenzo, 8 - Lavino Pdmira, Il - Zucca Luigia, Il - Torre Felicita, B - F. M., 6 - B, D., Il- Novo Giovanna, S- Magoni Emilia, impl. cr., l - N. N., 2 - Girando Maddalena, Il-Avataneo ,Adelaide, IlPera Giuseppina, 2 - E. D., li! - Superiora Fedeli , Compagne, Il ~ liolzio Virginia, l- Bolognino Vittorio, 2 - Famiglia Demorra, 10 - Amdia Sella, impl. gr., 5 - Rocco Giuseppina, 8 - N. 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Pelissero Petronilla, 15 - Paaae,..Do. N. N.. 2 - l'ont 8. Martin. Ester Gouthier, 4 - Vioo. Pitetti Antonio, p. l• r., 5 - Bre. Bonardi Battista, 6. Torino. Conte Camerana, 6 - Galli B&ttist&, l - !rene Colomiatti, Il - Una figlia di Maria, per una grazia spirituale, 2 - Carbonatto Carlotta, 10 - Tasso Maria, 6 - Mario Catella, 2 - Giovanelli, Il - Guelpa Giuseppina, Il - Lombardi Natali&, Il - Generale Lavista, il - Delprete Giuseppina, 2 - Prof. Luigi Capra, Il- Camilla Sclopis, 1- Giacinta Fauini, 6 - Un militare, l - Tirone Maria, 10 - Yazzucchelli Albertina, S - L. M. V., 0,60 - Cra· vero Cesarina, 6 - Piccardi Ro~a, 2 - Benedetto Pio e Olimpia1 1!,60 - Marchisio Michele, 2 - Ba viola, 6 - C. E., 1 - Montaldo Ludovica, 2 - D. 0., oft. mena., 1 - N. N., 8 - Zeglio Csrlo, ilLovera prof. Vincenzo, 10 - Maria Reviglio, l - Mazzatti Mauro, 1 - Dondana Biov. (off. m.), 1 - Costanza Carosio, 5- Vergnano Pietro. 7 - Luigi Malacarne {ofi. mena.), l- Coniugi Avanzato, 6. Bel'godale {jariglio Maria, 8 - Bolu Dato. T.- rizzo Olga, impl.. prot., Il - SaiUliZD. Aicotti aabriele, l - 8. Mau•lzlo, Camandcne Francesco, 6 - Gal'ba..ne. Alessandrina Remotti, riconoscente per tante grazie, 1,60 - Carlo Geri, 15 - Sangetnlnl. N. N., 2 - Pelml. Anna Rossi a.enovesi, impl. gr., 6 - Roma. lllatis cav. Modesto, 0,50- Coazze Allais Alic31 l - C&l'oare. Contoasa Adele Zerbino ... , = Borwmeo, 10 - VoJDgne. Una pia persona, per ottenere guui~:ione, 6 - Monza. Enric~ Bergoml Oallegari, ~ - Chlevel't. Biovanni Bert.Imia., 8- Sempej ••· Giovanna Brugia.freddo, per la guarigione d'un cuo infermo, 8 - Pel'ma. N. N., 10 - Chambeve. Favre D Giuseppe, B,SJ - Olnzana. Comolli Delfina, 11,,0 - G•.,na. Giuseppina Arrobio, 2,50 - Oletrl'le. Ra.nza Michele, 5 - Fel'e. Barbara Deg~speris, 2 '- Oel'egllo. Monge .A:ntonio, 8 - Savona. Maria Savina, 8 - Saluggia. F. B., l,W - Bevene. Domenica Beltumo, Il - PelermB. Gian Pietro Saint Amour di'Cha.naz, 2 - Olrtè. J!'. E., Il - Ca,.tinano. Cdstaudo Anna, p. 1· r., l - Se- ,..,"'o· Marascbi Oeure, 0,40 ~ Jlll)ndovì. Fas)liB · Paolo, 10 - Rocchetta. Una pia parsona, p. g. r., l - a~ana. Giuseppina Arrobio, 11,60- Roealo. Bondi D. Eugenio, 5 -'Reggio. Lucia Walpot Davoli, 10 - •uaèmaa. Orciller Leonard, B,60- Valprato,lllus· sa.t Muia, 6 - Pallanza. Teresa Zanocco Varini, p~r promessa fatta, 2 - Como. Marta Patterini, l - Divignano. Parachini AntJnio, p. l· r., 10 - Vlllaf,.enca Cesarin~ Airando, l - Roccavione: Giordano, 0,50- Palermo. Pietro Manfrè, 6- Qleveno. Usseglio Delfina, 2 - l.leau11d .•le. Luisa Mignone, 8 - Cue..lio. Martelli Vittoria, 8 - Callo. Giusep· pina. Balduino, p. Q. r., implorandone altre, 6, To,.fno. Francesca. Beltram 1, 10 - J!'euero teologo Carlo, 2 - Teol. G. B. Artaffo, 6 - Fenoglio Teresa, 10 - Solaro P«olina, 10 - N. N., rlcono· scente, p. g. r., 10 - Viola Anna, 10 - Merlo Teresa, 6 -Dattili Tito, l- N. N., 5 - a arrone Carlo, Il - B. Benazzo, 2 - Annetta Bologna, 2 - Giacotti Franceeoo, 0,60 - Berardo Anna, 2 -Maria Sappa, 2 - Paolo Saint·A.mour di Ch~naz, 6- Carolina Ner· chiali, 2 - Emm~ Caviglionl, l!-Camilla Sclopis, l - Giacinta Fdssin, 2 - Combatti Giuseppe, 6 - Banzi Giulio (off. mens.), l - Mercalli Maria, un anello d'oro - N. N., lO - Boris Catterina, 2 - Susanna Carblne, ~.50 - St1or Carmela, 11,•0 - Ceronetti Lucia, 2,60 - Damilano Catterina, Il - Franco Boseth; 2-Famiglia Tavolino, l- N. N., 10 -V. M , l - Gina Uueglio, p. g. ,.,, 6 - Mantaut Angelina, impl. gr., l- Anna Morelli, 15 - G. V., 2 - D. Mecca Auguato, 5 - Aliora Giueeppina, 2 - Clemenza B•lloni,Il -A-ngelina Adami, Il- Sign. Montalti, 2 - Anna e Carol\na Tnrello, il - Moria cav. Filiberto, 5 - Ant mio Stavano, 8 - Le Diret- •trici ed il personale del laboratorio della Consolata, 12,8) - Bertino Cristina, l-Pesanti Marianna (off. mau.), 1 -SJwiniErnaat.., 2.50 -N. N., 10 -M.G.,2 - Morano Fanny, li - Prof. D. Lui~ti Andreozzi, l - Clotilde Mosca. 2- Maria lligat, 1- M..rcheu M. Centurione. 6- N. N., SO -Famiglia Cerale, !1,60- Emilio Occhslin, l - Annetta Muriana, 6 - Sorelle Oal· mazzo, 5 - R. E., li - C. G., Il- Famiglia Muttis. 2 - Vialardi Carmela, p.g. r., 1-Tonelli Anna, p. g. r., 6 - Filippi Tereea, Il - Cava~~:lià. Cristina, p. g. r., un paio orecchini d'oro - Vittoria Allasia, 15 - Ida .Fontana, Il - Giuseppina Tiboldo, 2 - l<. N , impl. J ' s• e w n ~ _......_l
Aprile 1905 ' ~ç~~ t tuario della Consolata in Torino - I Nove Sabati in prepaDIREZIONE - razione alla festa della Consolata - Cronaca mensile del · · sant•eario: Relazioni compendiate di grazie recenti - Oggetti offerti in marzo - Indulgenze a chi visita il san- J tuario nel mese di aprile - Orario delle Sacre Funzioni pel mese di aprile - O/l'erte per l'àmpliamento del Sa1l• ( lttario e per le missioni della Oo11sotata i11 Africa. Q= c · z Hi =-=---.o- •zjc; ~me o .I missioqari della Consolata iq-Africa l Nel numero dello scorso febbraio noi ~ abbiamo couchiuso una serie di brevi appunti sul lavoro apostolico dei mis- -sionari della Consolata in Africa, con ~ un accenno pieno di speranze ed una promessa. Oggi ci accingiamo ad ampliare èd illustrare arquanto il primo ed a màntenere la seconda, però senza soverchio . ottimismo, nè con la preten- - sione di raccontare cose straordinarie e meravigliose: esporremo semplicemente il poco che i nostri han potuto fin qui operare, in quello che abbiamo convenuto di chiamare terzo stadio dell'opera da loro intrapresa, per il fine ultimo ~ .della conversione degli indigeni.- Da quanto risulta nei suaccennati appunti, i nos.tri cortesi lettori .hanno po-- tuto form&.rsi una giusta idea del lavoro l difficile, lungo e complesso ·che costò ai nostri l'entrare ·in cordiali relazioni çolle tribù selvagge, fra cui li inviò la divina Provvidenza, e comprenderanno perciò di leggieri quanto le difficoltà di ogni specie si siano fatte più numerose e formidabili, ora che si tratta di aprire le menti dei poveri .neri alle verità del Vangelo; di guadagnarli alla fede cattolica e di elevarli alla dignità di veri seguaci di Gesù Cristo. Il cardinale Lavigerie - gloria delle _missioni africane francesi, come il cardinale Massaia lo è delle italiane-scriveva ai suoi missionari : • È sempre cosa lunga e difficile il fCJr cambiare un popolo e condurlo dall'errore a.lla verità; dal vizio e dalla barbarie alla . civiltà ed alla virtù. Quindi se il missionario arriva sul campo apostolièo colle illusioni troppo comuni ai caratteri generqsi, credendo che basti parlare per convertire gl'infedeli, avrà molto a soffrire -per crudeli disinganni. Si ricordi il missionario che ciò che gli si chiede non è il buòn successo immediato, sibbene la fed_eltà ai suoi doveri,' in premio
l. 50 w eo.,solata Q della quale Iddio gli darà infine grandi .consolazioni, specie nell'Africa equatoriale, dove la messe si presenta più abbondante forse che in verun altro paese di missione del mondo •. - E monsi- . gnor Allgeyer, Vicario Apostolico di Zanzibar, diceva fin da principio ai nostri: c Non pensate di far qualche cosa nel- campo spirituale prima · di molti anni. Tutte le nostre missioni del Kili-. mangiaro e del Taveta nei primi dieci anni quasi non diedero conversioni : gli indigeni non volevano neppure vedere il missionario. Ora quelle missioni sono . fiorenti, ed il numero dei convertiti si eleva a migliaia , . I missionari della Consolata, facendo tesoro dell'esperienza di campioni così sperimentati nell'apostolato fra gli infedeli; procedono oggi, come fecero fin dal loro ingresso in Africa, con pru- . dente lente!l!za e frenando nell'opera, . come nell'aspettazione dei risultati, le generose impazienze, contenti di racco~ gliere quali modesti incoraggiamenti le prime benedizioni di Dio. Il teologo Filippo Perlo scrivendo, or non è molto, al nostro Rettore, dopo .averlo informato .sull'andamento delle missioni soggiungeva: c D'altra parte, che cosa dire a V. S. di stazioni, in cui sono appena quattro o cinqué mesi che si lavora - seppure si può considerare vero lavoro, lavoro cioè che produca frutti - quello fatto in tirocinio (e sottolineava la pa~ rola) e senza nemmeno ancora possedere perfettamente la lingua del paese?». Tutto ben ponderato, noi fummo ad un punto di sospendere la trattazione di questo soggetto e d'intralasciare, per ora, di parlare del terzo stadio ·di lavoro 'apostoliéo dei nostri, aspettando ch'esso fosse pi~ avanzato. Ma ci.rincorò e vinse ogni nostra esitazione la stessa . ·~ o considerazione che - malgrado il riserbo abituale in lui -accende di santo entusiasmo la chiusa della lettera ·del teol. F. Perlo. Egli ricordando le feste centenarie della Consolata a Torino che, anche nell'Africa lontana, fecero palpitare di gioia tenerissima ·e di figliale orgoglio il cuore .dei missionari, soggiunge: c Ma poichè quanto passa per le mani della nostra Madre Consolatrice è destinato à riuscir bene, speriamo che fra qualche anno l'opera delle missioni . abbia da vedere - sebbene in altro genere - simili risultati, coronati pure da trionfi • . .Fiat l Raccogliamo adunque quanto finora s'è operato per l'evangelizzazione· degli Akikùju come una soave pr~messa, come uno sprone a noi, ed a tutti gli ·.amici e benefattori delle nostre missioni d'Africa ad affrettare - secondo la no-· stra possibilità - . cogli aiuti materiali, e specialm~nte con quelli ·della preghiera, l'avverarsi del pronostico, a maggior glorià di Dio e della Madre di consolazione. · r: Esercizi spirituali nel cuore dell'Africa -Diversi metodi d'evangelizzazione - Scelta del più conveniente- Il catechi1Jmo in.kikùjuIn nome di Dio, per la via lt~nga e difficile l Terminate nel1903le prinçipali.fondazioni di missioni e provveduto, con numerose applicazioni di terreno (1) nelle migliori lo_calit~ del paese, a·gli impianti futuri ed a fronteggiare il pericolo protestante, i nostri missionari a.pprofittarono tosto della. tregua relativa nel lavoro materia.le, per prepararsi ad intraprendere un diretto ed intenso 1avoro spirituale, appena lo permettessero le circostanze. A tal fine, il i o marzo 1904, tutti i missionari sacerdoti si radunarono nella stazione (l) Si vegga il periodico di dicembre 1904 a pag. 197.
w eo.,so1ata 51 del S. Cuore presso Fort Hall, per ritemprarsi nella vita di ministri di Dio e di apostoli con un còrso di spirituali esercizi. Questi furono accompagnati da una serie di conferenze, in cui, dopo esposti da ciascuno i frutti della propria esperienza e le proprie idee riguardo ai lavori da iniziare, al modo di vincere le difda adottarsi nel Kikliju, come punto di capitale importanza, fu naturalmente il primo . soggetto di quelle conferenze. Tre metodi principali si presentavano: l'individuale, consistente nello scegliere al· cuni indigeni tra i più i~~:telligenti e dotati di naturale bontà e rettitudine, e questi colAlcuni missionari della Consolata convenuti nel 190!l a Fort Hall (Da fotografia del teol. Perlo). :ficoltà, ai perfezionamenti da portarsi negli orari ed in · ogni cosa attinente all' organamento delle singole stazioni, i missionari poterono addivenire a 'conclusioni pratiche e precise, formanti. un corpo di regole, valevole a dare all'azione loro e di tutti i coadiutori quell'indirizzo unico e costante, che è la via più breve e sicura ad ottenere buoni risultati. La scelta; del metodo d'evangelizzazione ~ tivare con cura, fino a convertirli e battez1 zar li; procurando.poi che essi diventino strumenti di conversione per alcuni dei lorò comp~esani, i quali alla loro volta esercite: l ranno su altri .la stessa influenza, così' come la piccola gòccia d'olio si allarga ~egnando un seq~pre piu largo circolo. È sistema buono, l ma di troppo lontana riuscita ; esso è speci~lmente indicato· per quelle ~issioni dove - ·come fra i mussulmani --la popolazione
f>2 .f11 ·eo11solata ~Q~~~~~----~~~·•c~sc~~~~~~~~~~ --~----~~~·•c~8C~-=~ma.-~~.---~ed?.o è per principio avversa. al cristianesimo ed ostile ai missionari. Ma tutt'altre erano le disposizioni degli Akikùju, indifferenti a qualsiasi religione e ben portati, invece, verso i missionari; nè conveniva il troppo lungo indugio in un paese che i protestanti circuiscono e cercano .con ogni arte di invadere. Un altro metodo <l'evangelizzazione consiste nell'impiantare collegi per fanciulli ed ospedali per la curà degli adulti malati, gli uni educando e gli altri convertendo alla vera religione. Ma questo sistema non si presentava adatto nel Kikùju, dove i ge• nitori, non compresi ancora dell'importanza dell'istruzione, non obbligano i fanciulli a frequentare la scuoia; e questi, abituati al libero vagabondaggio, la disertano appena paesate, colle prime lezioni, le·attrattive della novità. Gli ospedali poi avrebbero portato un enorme dispendio, dato pure che i neri' adulti, per il loro carattere indipendente e .!e abitudini randagie si fossero adattati a soggiornarvi; o~trechè questo metodo era anch'esso troppo lento al bisogno. . , Un terzo metodo è quellQ già adottato :nella sua lunga carriera dal cardinale Massaia di gloriosa memoria, il quale passava jncessantemente da una località all' altra seminando la parola di Dio. È un metodo che dà buoni risultati nei paesi civili, o.che hanno una semi-civiltà come l'Abissinia, dove operò l'illustre mjssionario; ma tra popoli affatto selvaggia per indole incostanti e volubili ·come gli Akikùju, ~l buon seme, abbandonato. a sè stesso, inaridirebbe appena germogliato, al par di quello gettato dal simbolico seminatore del Vangelo tra i sassi e gli sterpi. E d'altra parte: quanti m.is13ionari al giorno d'oggi hanno la fibra del Massaia, da reggere 35 anni alla. vita. errq..nte sotto la tenda, tra le insidie del cl:ima non solo africano, ma equatoriale? Tutto ben ponderato, i missionari dt~lla Consolata si convinsero che il II!etodo. di evangelizza:~~ione più conveniente per la lQro regione fosse un misto di questi tre, ordiqato ad @parare contell!poraneamente su tutta la massa della popoia~ione, ed esplicantesi principalmente con questi mezzi; l ° Formazione di catechisti indigeni i quali, scelti in ciascuna stazione ed ivi iniziati nell'istruzione religiosa, passassero poi a com-· pletarla in apposito collegio, divenendo così, per la conoscenza della Ìingua e delle abitudini del paese, preziosi aiuti al missionario (metodo individuale). 2o Un sempre maggiore sviluppo da darsi agli ambulatori delle stazioni, predicandovi colle opere di misericordia, cogli esempi di .bontà e di sacrificio ed, a misura che ciò :fosse possibile, anche parlando di_Dio e di cose attinenti alla religione. Come mezzo a catechizzare i. ragazzi, studiar ogni industria per attirarli alle scuole, èsistenti già dapertutto ma ancora in embrione·; sal,vo che a Tusu dove già era apbastanza fiorente per l'appoggio di Karòli · (ciò in sostituzione di ospedali e collegi). · 3° Le visite ai villaggi da farsi ogni giorno, ·eccetto le domeniche, sia da un missionario solo, sia d~ due suore, accompagnate, quando ne foss~ il caso, dal missionario o da un uomo di fiducia (metodo del ca~di· nale Massaja). Regolare tali visite ip. modo da scorrere successivamente tutti i villaggi posti nelle vicin,anze di ciascuna missione, nel raggio di una a due ore di distanza dalla medesima, e ritornando in ciascuno nel termine di otto o, al più, quindici giorni; a fine poi di poterai spingere anche ai vil,.. laggi distanti fino·a tre ò quattro ore dalla stazione, in un giorno·di ciascuna settimana consacrare alla visita l'intera. giornata, portando seco il necessario ciQo. « Norma direttrice di tale visite, dice il testo di dette Conclusjoni, dev'essere il cercare di attirarsi sempre meglio la benevolenza e la fiducia degli indigeni, interessandosi delle cose loro, curando i malati e, se lo desi.derano, ~acando un po' di scuola ai ragazzi; entrare poi a poco a poco a parlare di Dio. Si ~ccudiscan.o con specialissima cura i malati gravi, visitandoli anche fuori d'orario, i,struendoli rapidamente nelle verità di necessità di mezzo, per poter loro am.ministra.re il bat-
J.!l 8ortsolata 53 e K"'"'~ E~ ~ _•ceK o· tesimo in punto di morte; cosi per aprirsi 'l Intrattenendo i nostri lettori sul secondo la via a battezzare, anche senza l'assenso dei stadio-di lavoro apostolico de' nostri, noi genitori, i bambini morenti, prendere l'ahi· abbiamo;. colla possibile ampiezza, mostrato come si sia svolta, con felice risultato finale, l'azione che essi s'erano prefissa quale primo grado del lavoro d'evangelizzazione, o piuttosto di prossima preparazione alla medesima: la conquista, cioè, dei cuori dei po· veri neri e di un'in· fluen'za morale abba· stanza estesa ed auto· revole, da potere con buona speranza incominciare a spargere i primi semi della parola di Dio. , Ingresso d'nn villaggio indigeno sotto le bananiere (Da fotografia del teol. Perlo) Ma qui, più che mai, conveniva procedere con azione ben ponde· rata, prudente e concorde. I missionari, èon lungo faticosissimo lavoro, avevano prepa· rato 30 lezioni catechistiche nella lingua del paese, compendianti in breve e facile forma le fondamentali verità di teologia naturale: esistenza di Dio; immortalità dell'anima limana; premi -e castighi della vita :futura, ecc·, per pastudine curando i piccini di versare sempre loro aequa sul capo, come medicina». L'insieme di· questi mezzi doveva costituire una specie di educazione pubblica civile e religiosa,, procedente a gradi: dalla intensiva lavorazione d'ambiente per avvicinarsi sempre più agli indigeni, fino all'istruzione delle masse nelle verità della dottrina cattolica. <t sare poi ad accenni sulla Redenzione ed a l quanto è indispensabile a sapersi da un adulto, per ricevere, al caso, n battesimo in punto _di morte. Così pure si erano tradotte in kikuju le principali preghiere. Fustabilitochesireci- ! tassero - una pe-r volta - tal_i lezioni, se· guendone la serie e non passando ad una nuova, finchè fosse appresa e ritenuta dalla maggioranza degli indigeni l'antecedente.
12 eortsolata Oh, come apparve presto evidente ai nostri missionari la verità delle parole del cardinale Lavigerie ! Come toccarono con mano che, se è difficile avvicinare le tribù selvagge ed indurle ad accettare i benefizi materiali della civiltà, è incommensurabilmente più arduo l'indurle ad ascoltare la parola di Dio, ad accettare il più grànde dei benefizi spirituali: la fede di Gesù Cristo! Ben s'accorsero essi che per il nuovo, sublime scopo era da rifare tutta la scala del secondo stadio di lavoro apostolico; che conveniva bere ancora all'amaro calice dell'indifferenza, delle fughe e dei rifiuti, per salire man mano, con più intensa ed accorata fatica, i gradini, divenuti più erti e difficili, del progressivo lento successo. Ma delle fatiche ed imprese; delle disillusioni e dei piccoli successi di cui s'intreccia nel terzo stadio di lavoro apostolico la vita dei missionari della Consolata, meglio è che s'intendano ancora parlare i medesimi in brani di lettere e diari che verremmo riportando. II. Generose impateienze /'renate - - l711 granelli11o di lJt~on seme alla mercè della Provvidenza -Il sapere dove va l'anima dopo morte dà forse cibo o montoni 1 - Povere do••ne 1- l7n dialogo origa'n·ale. « Talora - dice il diario della stazione del S. Cuore - talora vedendo in certi villaggi la gente così ben disposta verso di noi, ci prende una viva impazienza di parlar di Dio. Ma purtroppo sentiamo che ci manca ancora il franco possesso della loro lingua, per poter all'uopo rispondere a domande o ad obbiezioni imprevedute; questi cari neri hanno così scarse idee sul soprannaturale, che il nostro vocabolario al riguardo nonostante i continui studi sul vivo - è ancora ben incompleto. E poi questi poveretti, pur col loro fondo di grande bontà naturale, sono così tenacemente _:__ si direbbe fatalmente- attaccati ai loro costumi, a certe loro superstizioni, che il prenderli di fronte sarebbe come un voler fltr fissare il pieno sole meridiano a chi fin allora è stato chiuso in un buio sotterraneo. Ci conviene dunque camminare con piede di piombo; con· tinuare ad avvicinarli colle opere di carità, ed intanto lanciare le prime idee religiose insensibilmente ». Diario missione della Madonna della Provvi· denza. « Oggi ci siamo spinti in villaggi dove non avevamo ancora potuto arrivare. Sono tanti e così sparsi! Molta gente, vistici arrivare di lontano, fuggiva, ma ritornava ~osto_ udendo gridare : - E' il patri, sono le muan (suore) che vengono!- Questi richiami partivano da neri che già ci avevano visti altrove·, oppure erano venuti a farsi curare od a vendere qualche cosa alla missione. Così avemmo agio di dire alle nuove conoscenze che noi veniamo soltanto per far del bene agli Akikùju, perchè siamo mandati da Dio, il quale è buono ed ama tutti gli uomini, bianchi e neri, tutti creati da Lui,,gettando così una prima parola di vita eterna, come il granellino di semè che si abbandona al vento nell'ampiezza della campagna e che la Provvidenza farà germogliare chi sa dove ». Diario della mis:,ione di S. Giuseppe. - « Partendo da un villaggio ci facciamo accompagnare da alcuni uomini in un altro, del quale non sappiamo la strada. Siamo accolti benissimo: anziani, guerrieri, donne e ragazzi ci circondano; si portano dei sedili per noi. Mà dopo le solite domande di cortesia: D'onde venite?-dove andate? - essi non hanno altri complimenti da farci; malati da curare n'on ve ne sono. Che cosa dire? parlare subito di Dio? Sarà prudenza? - Esitiamo ed intanto regna il silenzio. Quand'ecco il Signore ci ispira a trar di tasca una medaglia grande -colla-effigie della Consolata. Tutti vogliono vedere quell'oggetto che rassomiglia ad una . rupìa, ed alcuni esclamano: Mariamo, Ma· riamo ! (E' Maria, è Maria !). Deo gratias! l'esordio è fatto. Noi diciamo che Maria è la madre di Dio e chiediamo ai presenti se lo conoscono. Molti dicono di no; una ragazza - che poi sappiamo essere venuta a farsi curare alla missione - domanda : E' il pat1i Mario Iddio? (l) - Ci fa compassione, ma dobbiamo proprio ridere.·- No, no, il patri Mario è soltanto un uomo di Dio, venuto, come noi, a farlo conoscere dagli Akikùju. E cerchiamo di spiegare chi è Dio; ·diciamo che egli vede tutte le opere degli uomini, e premia i buoni e castiga i cattivi dopo morte. Le nostre ·parole destano grande meraviglia: il Signore si degl).i fecondarle colla sua gra- . ' Zia. ». Diario del teol. Arese. - « In un discorso · cogli operai che assisto al lavoro, mi si presenta l'occasione di chiedere loro: Dove va l'anima vostra dopo morte ?- Gli interrogati alzano le spalle: Che importa ciò? noi non sappiamo; d'altronde il conoscere queste cose non fa punto crescere il numero dei montoni, nè i fagiuoli ed il miglio nel campo ». « In un villaggio, dice il diario della missione dei Ss. Angeli Custodi, trovammo soltanto donne, affacendate a pulire la meliga, di cui si sta facendo il raccolto. Le donne - fa pena l a dirlo ma è la verità - sono qui, come del (l) Allude al missionario, teol. Mario Arese, stato· qualche tempo prima alla missione-di S. Giuseppe.
J.2 eof1SO{ata 55 resto fra tutti i popoli selvaggi, le più abbru· 'l rispondono: Non lo so. - Uno salta su: Il tite, perchè costrette a lavorare quali bestie patri è venuto per darci lavoro. Al mio diniego, da soma ed a pensare, quasi da sole, alla col· un altro dice: Tu sei venuto per tagliare alberi tivazione della terra ed al mantenimento della l e far molti assi. - Oh, in Europa se ne fanno famiglia; mentre gli uomini, quando non g~er- assai più. Ed insisto nella domanda. Un nero reggiano, vanno a zonzo. Dopo i saluti ed i. di nòme Kaciobe risponde: Tu sei venuto per soliti discorsi sulle cose loro, noi chiediamo: insegnarci la parola di Dio. · Sapete chi è che manda la pioggia sulle vostre «Bravo! E' così appunto. Ebbene ora ditemi: campagne, facendo · Quanti Dei vi sono, loro produrre la me- lo sapete? - Tre, liga e tante buone grida un nero ercucose? E' Iddio. - leo: il dio sole, il dio Le donne si misero· pioggia, il dio flua ridere, come chi me. Un suo compa· sente una grande gno vuole siano ingenuità, e ribat- quattro, ma nell'e· terono pronte: E' il numerarli non tromogo (stregone) che va che i tre prece· .fa :piovere; Dio sta denti. Mi rivolgo ad lassù, in alto: fa i un giovane dall'a· suoi affari; e noi spetto assai intellifacciamo lo stesso gente: E tu che - nè vollero udir dici? - L'interro· altro sull'argomen- gato mi guarda in to, le poverette ! ». un modo particola· Diario deUa sta· re, tra il compassiozione del S. Cuore- nevole ed il beffar- « La visita giorna· do, e: Non so, dice, liera ai villaggi perchè tu si.a venuandò poco bene. Ca- to nel mio paese; pitammo in un luo- nè so quanto tu vai go dove non erano domandando, ma disposti ad .udirei; questo mi sembra: essendocene subito che tu oggi abbia accorti, non rivol- bevuto molto vino gemmo quasi paro· per venir fuori con la di Dio ai molti queste interroga· uomini che trovam- zioni. - Sarà premo riuniti». sunzione, ma in Dallo stesso dia· quel momento mi rio: « Oggi, in un. ricorse alla mente villaggio ove ero il musto madere de· stato sempre ben putant- q-uos Spi· accolto, udii con me- ritus repleverat. - raviglia dirmi che Sursum corda!». me ne andassi, che Un giované akikùju in atto di gran meraviglia «Indifferenza in· non si voleva sa· (Da fotografia del teol. Perlo) cosciente, indiffeperne della parola _ renza maligna, di Dio. Inutili riuscirono le mie insistenza; ~ scherzo e scherno, sospetto di connivenza seppi poi che ero stato trattato cosi, perchè col governo o di altri secondi fini, non erano ritenuto amico del governatore ». certo rose pei i mis~ionari, ma erano cose Da· « Incontrai un gruppo d'uomini, scrive altra turali, aspettate. Tutto ciò - dice il diario volta. D. Giacosa, che m'interrogarono sulla della missione dei Ss. Angeli, esprimendo un parola di Dio che io vo dicendo per i villaggi, sentimento comune - tutto ciò rattrista l'ama mi accorsi subito che lo facevano per pren- i nimo del missionario, ma non lo scoraggia dermi in giro. Meschinelli! Tuttavia ho get- punto, anzi ne scuote l'inerzia, ne acuisce tato loro qualche frase, e chi sa? Il Signore l'intelletto a trovar sempre nuovi spedienti per può dalle pietre trarre dei figli di Abramo». conquistare le anime di questi poveri neri; Iiiario del teol. Cagliero- «Oggi ho tentato di giorno per giorno gli apprende qualche cosa fare nn po' di catechismo ad una. squadra di riguardo al miglior modo di agire con essi. nuovi operai. Mentre riposavano seduti sul- ~ E quando piaccia a Dio, Egli ben saprà far l'erba, entrai in discorso chiedendo loro: Sa· trionfare il suo Verbo »; · · pete perchè io tlall'Europa, il mio paese lon- Cosf, fidando in Colui che li aveva mantano bello e ricco, sono venuto qui tra i boschi, dati, i missionari fissavano l'occhio della in una misera casa, con poco cibo?- Due o tre mente al futuro. E Dio -stesso e la Vergine
~onsolat~ice-per la bocca dei semplici~ degli Ignoranti - pareva confortarli con questa divinazione. III. lln ln·avo nero - IllJuon seme comincia a germogliare - I semplr'ci sentono Iddio - .La parola,di Dio circola per il paese --' Curiosità ed aspettazio11e cresce11te. E' grazioso il seguente episodio, portato dal diario della missione di S. Giuseppe, sotto la data del 19 luglio 1904. « Le suore di turno, accompagnate da un nero di fiducia, ritornavano verso mezzogiorno dalla visita ai villaggi. Stavano attraversando un lembo di foresta, e si trovavano - per cosi dire - sepolte tra una magnificenza cosi esuberante di verde e di fiori, da ricreare veramente e sollevare lo spirito. Eppure esse erano melanconiche, contro l'usato, e taciturne. Ad un certo punto il nero, inquieto di questo fatto strano per lui, si rivolge .ad una di esse e le domanda: Perchè sei così mesta? - Perchè ? risponde l'interpellata, anche tu l'hai veduto. Noi sapendo che gli Akikùju ignoravano le cose del Cielo, ne aboiamo avuto compassione e siamo venute di molto lontano e con molti sacrifizi ad insegnarle loro. E non vuoi che ci faccia pena il vedere che essi non si curano della parola di Dio? - Il povero uomo è stupefatto ed orgoglioso nel tempo stesso che tanto stia loro a cuC?re la sorte degli Akikùju. - Ma, vedete, dice egli, i giovanetti, i bambini, le ragazze vi ascoltano e vi capiscono; le donne, invece, vanno a lavorare la terra, a r.accogliere patate, e non ·s'intendono di tali cose: chi mai per il passato le insegnò ad esse? Aspet· tate, abbiate pazienza: .quando i bambini ed i giovani da voi istruiti saranno cresciuti, essi insegneranno alla loro famiglia quanto hanno appreso.;... - Le suore si sentono davvero racconsolate dalle parole di quel semplice, a cui il Signore pare abbia dato l'intuito che il buon seme gettato sta pe~ germogliare ». E difatti ciò già apparisce distinto all'occhio dei missionari, specialmente dove l'ha scorto anche il buon nero. Nei villaggi, come alle missioni, le suore son sempre circondate di fanciulli e ragazze e se questa gente - irrequieta e libera come l'aria - non ha la costanza necessaria per frequentare tre giorni di seguito la scuola - che sarebbe un cosi potente mezzo per catechizzare - pure gode a sentir parlare di Dio, e già incomincia a tenersene fiera, quando può mostrare di avere imparato qualche parola di catechismo. Il diario delle suore della Madonna della Provvidenza racconta:« Una bambina di forse sette anni vedendoci il mariamo, cioè la medaglia coll'effigie di Maria SS., si mise a fare il segno della croce con ambe le mani e tirandoci per l'abito ci diceva: Insegnatemi, insegnatemi a farlo più bene ». Diario deUa stazione del S. Cuore. « I nostri ragazzi prendono gusto all& religione. Talvolta la sera li lasciamo andare a recitare le orazioni in cappella accompagnati dalle suorè, ed allora è per loro una festa. ·Poi dicono che,. .pregando colà, hanno sentito Dio parlare al loro cuore. Che cosa dica loro il Signore non, sanno spiegarlo: dic·ono solo che hanno sentito· qualche cosa dentro che li rendeva contenti». E ci spiace di non potere, costretti dalla. brevità, moltiplicare le care citazioni che, ·ri·· guardo al crescente amore dei bambini ·e dei giovanetti per la parola di Dio, spesseggiano. massimamente nei racconti delle suore. · Ma a quanto appare, progredendo nelle datesegnate sui diarii, per intercessione di Maria SS. che molti neri- sebbene imperfettamente· - già conoscono ed amano, sarà forse anticipato il tempo in cui la fede di Gesù Cristo dai fanciulli passerà nella massa degli Akikùju. Diario della missione Madonna della Provvidenza (6 settembre 1904). « Le nozioni di religione che andiamo spargendo, ripetute - sebbene con sentimenti diversi secondo gli individui - cominciano a circolare per tutta la. regione ed a destare curiosità, interesse ed aspettazione. Questa mattina facemmo il catechismo in cinque grossi villaggi. La gente, vedendoci arrivare, tosto lasciava le sue oc: cupazioni; chi era seduto sull'erba si alzava per venire presso di noi; un gruppo di uomini che si disponeva - al solito - ad andarsene a passeggio, rimase per udire ciò che avremmo detto. Tutti ascoltarono con attenzione la nostra lezione catechistica, rispondendo volentieri alle nostre domande e portandosi spesso la mano alla bocca- segno di meraviglia fra gli Akikùju (vedi incisione a pag. 55) alle spiegazioni che noi andiam loro facendo ». IV. Il campo Bi- allarga .,... {Juadri caratterr'sft'ci8tra11e idee dei poveri 11eri su Iddt'o- liditori assidui - Dattesilni - .La verità si t'a strada- Al!'rettiamo l'ora di Dio/ Dal diario della missione del S. Cuore. - « Deo gratias l Oggi il Signo.re allargò il campo della nostra missione. I villaggi erano più popolati e più volentieri vennero ascoltate le. nostre parole. Anche al mattino, mentre due suore erano alle visite, molti Akikùju s' avvicinarono alla missione, rispondendo volentieri alle nostre domande riguardanti le verità della nostra santa fede. Alcuni che ancora mai non avevano uditi i catechismi, ci asc.oltavano a bocca aperta e chiamavano di lontano quanti vedevano, gridando: Venite· ad udire la bella parola ». Diario·missione di S. Giuseppe. - « Cominciamo a concepire bu<2ne speranze di conversioni. Siamo stati tutto il giorno nei villaggi e non abbiamo cessato un momento di parlare
• 12 <2o11solata di religione cogli Akikùju, che ci attorniarono perfino in tempo del nostro pranzo, fatto in aperta campagna. Come si stava bene circondati da tutti quei cari neri intenti ad ascoltarci ! Quando essi siedono numerosi per terra _in vari atteggiamenti, formano quadri vera· mente caratteristici che rammentano le scene <del Vangelo, e ci animano a compiere volentieri qualunque sacrificio, per strappare tante anime a-ll'ignoranza e guidarle alla conoscenza del vero Dio. Ma nelle istruzioni dobbiamo procedere con passo di piombo, a fine di fondare specialmente vuol sostenere che Dio sta su, in alto, ma che in terra vi è soitanto il demonio. Noi ripetiamo che Dio è in cielo, in terra, in ogni luogo, aiutandoci con immagini e paragoni. Ma inutilmente; la discussione si allarga; aumenta in forza ed in calore da ai:nbe le parti, finchè arriviamo a non comprenderci più a .vicenda: una torre di Babele in miniatura. Ce ne andiamo, non molto contenti del successo immediato, ma colla speranza che la questione, rimasta viva tra gli uditori, sarà dibattuta ancora nelle capanne e portata lonNell'interno d'un villaggio indigeno (Da fotografia del teol. Pe~lo) bene l'edificio, e siamo appena alle prime no- ~ zioni,cheinsegniamoad una ad una lungamente per non confondere queste povere-menti ». E' questa cosa essenziale_: la pioggia meglio Q penetra a fecondare il terreno quanto più è i lenta e sottile. L'esposizione calma e ristretta permette al pensiero, anche non troppo pronto, di affer:t:are le vèrità e dà agio alla discussione, il vero indice dell'interessamento. Diario della stessa missione di S. Giuseppe.- « Stamane in un grosso villaggio avevamo un buon numero di uditori alla lezione catechistica. Finchè andiamo dicendo che Dio è uno, grande e buono; che·premia e castiga gli uo· mini secondo le opere in un'altra vita ; che i bianchi non sono Dio; che il sole, la luna, il tuono, il vento, sono creature di Dio, la cosa va trionfante; ma quando passiamo a ' spiegare dove è Dio, la cosa si fa seria. Un vecchio tano pei villaggi, preparando le menti a intendere la verità. E che l'interessamento vada poco a poco sostituendosi all'indifferenza od alla sterile curiosità e meraviglia, appaiono dapertutto marcati i segni. « Quelli che primà ridevano - dice il diario della missione del Sacro Cuore (18 settembre 1904) - incominciano a desiderare di sentire la parola di Dio, e vanno facendo cento domande, per farsi un'idea di questo.Dio che noi siamo venuti ad annunziar loro.· Quale profonda ignoranza, quale confusione d'idee rivelano al riguardo! Siccome quando arrivò la statua del Sacro Cuore fu un gran concorso di indigeni a vederla ed ammirarla, e se ne parlò per tutta la regione, malgrado le nostre ripetute. spiegazioni, sempre vi sono neri che domandano se Dio è quella statua».
ris W eof'}SO{ata Diario della missione della Provvidenza. - 4: Cercando di far un po' di catechismo intanto che nell'ambulatorio si medicavano i malati, ci fu chiesto se Dio eravamo'noi. In un villaggio un uomo ci chiese se il sole era Dio o soltanto fratello di J;>io i altre volte ci fu domandato se di Dio non ve ne erano tanti o per lo meno due : uno bianco per gli europei ed uno nero per gli Akikùju, v:olendo inoltre sapere se il primo era vestito come noi, ed il secondo senza vesti come i neri». «Se Dio vede tutto, quanti occhi ha? - ci chiese un indigeno. - Se mi vede quando sono nella capanna, quando esco, quando vado nel campo i se vede i miei montoni al pascolo, le patate entro la terra, tutto insomma, deve avere molti occhi.... occhi nella faccia, nella nuca, nelle spalle. Poveri infelici! Però ma· nifestando la loro ignoranza, ci danno agio a far meglio quanto vogliamo noi e quanto già cominciano a chiederci : insegnare ! ». Diario della missione di 8. Giuseppe. - « Stamane nel muovere ai villaggi c'imbatt-emmo in un gruppo d'uomini seduti a riposo. Salutatili e discorso un po' con loro, facemmo alcune domande di catechismo Uno di essi,. alzatosi fiero ed impettito, volle per sè il privilegio di rispondere, e lo fece cosi bene da maritarsi i nostri complimenti. - Dove hai imparato tutto questo? - Da voi, rispose sorridendo di compiacenza, quando veniste al mio villaggio. - E lo.nominò ». Dimio della missione della Provvidenza. :._ « Oggi trovammo un uomo, il quale ci segui in tutti i villaggi che visitammo i interrogato perchè ciò facesse, rispose che egli godeva nel sentir parlare di questo Dio sconosciuto agli Akikùju ». E parecchi diari hanno simili note. Queste anime a cui il Signore pare rivelarsi più specialmente, sono forse destinate a divenire apostoli tra la loro gente. Fra di esse nelle varie stazioni già si son potuti scegliere giovani che mostrano ottime disposizioni per formarne buoni catechisti;· un_a cinquantina di questi stanno attualmente compiendo la loro educazione nel collegio per loro fondato presso la stazione agricela di Niere ·(vedi periodico dicembre 1904, pag. 199). Un altro indice· consolante del progredire lento ma continuo del lavoro evangelico è il crescente numero dei battesimi, che si vanno conferendo a bimbi o fanciulletti morenti. Se fino ·a pochi mesi fa i bambini in pericolo di morte o non si potevano assolutamente battezzare, o conveniva, per farlo, ricorrere a cento sante astuzie, ora i battesimi si possono spesso conferire più liberamente, ed un buon numero di angioletti già prega per la conversione dei loro genitori e fratelli. _ Anche parecchi adulti già poterono esser battezzati in punto di morte, e di tali battesimi speriamo fare oggetto di consolanti articoli.. , Cosi il Signore e Maria SS Conso'latrice, ora coi parziali successi nei catechismi, ora col concedere loro di salvare.un'anima, spargono di quaJche fiore il cammino dei nostri missionari, affinchè non perdano lena nell'ardua impresa cui si sono votati, nè si lascino atterrire dalle difficoltà, le quali si presentano loro più formidabili in proporzione che -collo avanzar dell'opera - vengono con-esse a più diretto e cosciente contatto. Cosi il viaggiatore che giunge ai piedi del monte, trova che ne son più dirupati i fianchi e più alta la cima, di quanto gli fosse parso dal lontano pendio, d'onde l'aveva prima coll'occhio misurato. Il teol. Filippo Perlo in una recente lettera scrive : « Questi poveri neri trovano tanto strane le c~se che noi andiamo loro dicendo, tanto differenti dalle loro idee e tradizioni, ohe debbono fare un grande sforzo per crederle, prima di fare lo sforzo per praticarle. Intanto però ci persuadiamo ogni di più che -il sistema di evangelizzazione adottato - sebbene ancora con molte deficienze che la pratica correggerà - quello, cioè, di operare sulla massa della popolazione, sia il migliore per gli Akikùju. Hoterminato testè un giro,intrapreso allo scopo di studiare nelle varie località del paese e di cogliere sull'atto le principali ere· denze e superstizioni religiose di questo popolo, a fine di poterle poi opportunamente confutare nelle lezioni catechistiche. Ebbene: ho trovato che i nostri insegnamenti sono già assai diffusi e - per cosi dire - inconscia· mente assorbiti; tanto che molti anziani, ed anche qualche stregone, m'enunciarono qual· cuna delle cose da noi insegnate l'iguardo a Dio, ai suoi-attributi, all'anima umana ed alla sua destinazione oltre tomba, miste e ·confuse colle tradizionali loro credenze ». E più oltre: · «Io vedo giornalmente che non v'è parola de' nostri missionari che vada perduta; ma vedo pure che se nei paesi civili si richiede tanta fatica per conservare cristiane le popo· lazioni, qui ce ne vorrà molto di più per farle tali. Però, se non speriamo che arrivi domani il tempo in cui potremo contare a migliaia i battesimi di adulti, sentiamo qui più che mai come Iddio sia potente ad operare di nascosto nel cuore degli uomini, e che noi nel lavoro indefesso e nella preghiera dobbiamo attendere con fiducia l'ora di Diò - vicina o lon· tana - secondo il suo beneplacito». Ed alle preghiere dei missionari, all'opera loro per affrettare l'ora di Dio, siamo certi vorranno continuare ad aver parte i bene· meriti amici delle missioni della Consolata. Su di esse aleggia in questi giorni la parola di vita, ed al suo tocco, come per la campagna all'alito dello zefiro primaverile, spuntano dapertutto gemme e fiori i verdeggiano nei campi i primi germogli del buon grano evangelico. Ma anche noi, simili al trepido agricoltore, non sappiamo fino a qual punto il lontano autunno realizzerà le speranze della mistica primavera..... Tutto è nelle mani di Dio, e ben spera chi le sue speranze affida a Maria Consolatrice. . · -w~ '
J.2 8of}solata 59 QS~ori·a d~l san'uari·o dolla "oqsola~a f&:ne di irro~fede ed armarli:: li t1 li u ~ li ~ prova, a cui dovevano poi sottostare da parte 'IN TORINO degli eretici ugonotti. ------~~--==-- Segue il CAPO IX. SOMMARIO. - Grazie spirituali della Consolata · a Torino- Il miracolo del SS. SacramentoI francesi in Piemonte .nel 1536 - Occupa· zione di Torino e danni della medesima - Assalto di truppe imperiali respinto per grazia di Maria SS. - Gli ugonotti a Torino ed in Piemonte - La Consolata preservatrice della fede del popolo subalpino - La Compagnia di S. Paolo - Il sommo pontefice Martino V e S. Carlo Borromeo alla Consolata. Come .a preservare e risanare i torinesi dalla peste del.corpo, sempre vegliò la Vergine SS. a guarirli da quella dell'anima, cioè dalla rilassatazza nella pietà e dal malo costume, suscitando fra loro grandi suoi divoti i quali, colla santità dell'esempio e l'eloquenza della parola, li ritraessero dagli storti sentieri e introducessero man mano nella città pie e salutari pratiche. Nel1402 predicò in Torino con mirabilifrutti di conversione SanVincenzo Ferrari; ne} 1446 il celebre frate Giovanni Marchisio degli Eremitani di Sant'Agostino vi rinfocolava i sentimenti di compunzione e di devozione verso la Consolata; alcuni anni più tardi ciò faceva frate Giaéomo dello stesso ordine, a cui richiesta il comune di Torino emanò severe provvisioni contro l'immodesto vestire delle donne e contro i bestemmiatori del nome di Dio e della Madonna, che furono colpiti coll'ammenda di cinque fiorini d'oro quando si fossero resi colpevoli in pubblico di cosi grave fallo, e se insolvibili, stessero alla berlina un giorno intiero digiunando. a pane ed acqua. Molto bene operò pure l'in· fiammata eloquenza del Beato Angelo Cat'- letti, che predicò la quaresima del1459 dinnanzi alla corte. Intanto nel 1453 era avvenuto in Torino il miracolo del SS. Sacramento, il quale si deve riguardare coine uno dei più insignì favori Spirituali ottenuti dalla Consolata ai torinesi ed a tutti gli abitatori del Piemonte, Per dire di due altre grazie di Maria SS., ci tocca accennare fuggevolmente ad un breve periodo delle lunghe contese per cui Francia e Spagna, con le arti d'ella guerra e gli accorgimenti della politica, si disputarono la padronanza d'Italia e·specialmente il possesso del reame di Napoli e della Lombardia. Al tempo a cui siamo giunti col nostro racconto, rappresentavano le due potenze Francesco I re di Francia e Carlo V, erede dei troni d'Austria e di Spagna ed eletto imperatore di Germania. I principi italiani si alleavano or coll'uno ed or coll'altro, ed intanto, alleati o nemici, tedeschi, francesi e spagnuoli erano egualmente· infesti all'Italia e specialmente al Piemonte, fatto dalla sua posizione geografica il più naturale passaggio agli eserciti belligeranti che calavano dalle Alpi. Il duca di Savoia Carlo III, detto il Buono, principe di ottime qualità d'ingegno e di cuore, era per carattere timido, irresoluto ed alieno dalle contese. Essendo zio di Francesco I e cognato di Carlo V, egli cercò di restare neutrale fra i due, ma gli eventi lo spinsero, quasi a forza, ad allearsi coll'ultimo. Di ciò fortemente adirato, Francesco I ruppe i ri- .tegni, ed effettuando le rapaci mire che da lungo tempo la Francia, già padrona del Mon· ferrato, aveva sull'intero Piemonte, mandò un esercito ad occupare lo stato dello zio, non !asciandogli che Vercelli, dove Carlo III dovette ritirarsi. Ad evitare i danni gravissimi di un'inevitabile presa colle armi, Torino, protestando di voler salvi i diritti del duca e le proprie franchigie comunali, apri le porte ai francesi. Questi vi entrarono n-2 aprile 1536, e preso possesso della città a nome delJa corona di Francia, a fine di meglio fortificarvisi, ne distrussero i quattro grandi sobborghi che, insigni per chiese e monasteri, si stendevano fuori delle porte. Per le vicende della guerra,·l'anno seguente un esercito al soldo di Carlo V tentava di ritogliere Torino ai fr~ncesi ., Le soldatesche
60 -~ <2o11solata Q di cui era composto erano i sinistramente famosi lanzi.chenecchi che già avevano straziato il Milanese; le stesse orde d_i fanatici luterani tedeschi che, unite alla feccia dei soldati · di ventura di Spagna e d'Italia, nel 1527 avevano dato il sacco a Roma ed emulate le gesta dei .'più feroci barbari depredando, uccidendo, violando perfino le tombe e sfogando il loro satanico maltalento contro le cose e gli edifici sacri. Si comprenderà di leggieri lo sgomento provato dai torinesi la notte sul 26 luglio 1537, ad un assalto improvviso dato a Torino da simili truppe, sebbene esse fossero al soldo di un alleato del duca di Savoia. Le guidava il capitano imperiale Cesare di Napoli, il quale con alcuni dei più ardimentosi soldati tentò di entrare nella città sorprendendola nel sonno. Gli invasori saliti sul bastione detto allora di S. Giorgio e più tardi della Consolata, già ·erano giunti alla porta dei Comizi e stavano aprendola. Ma imbarazzatisi in questa operazione, diedero il tempo a chi vi vegliava di dare l'allarme. Con prontezza meravigliosa, soldati e cittadini sorsero dal riposo: l'assalto fu valorosamente respinto, ed i torinesi ritennero come grazia specialissima della Consolata, da loro invocata nell'ora" del pericolo, se la loro città non dovette sottostare al saccheggio, · agli incendi ed alle uccisioni, che avrebbero senza dubbioseguital'entratadegli imperiali. Intanto, quasi non bastassero a Torino i malanni materiali dell'occupazione francese, si tentò di torle il suo bene più prezioso: la cattolica fede. I protestanti calvinisti, che sotto il nome di ugonotti erano divenuti in Francia anche un forte partito politico, col favore dei vicerè e dei generali francesi, tentarono d'introdurre anche in Piemonte la loro eresia, disseminando fra il popolo perniciose dottrine con scritti e concioni; nelle città, nei ·villaggi e persino nei casolari delle campagne. Torino specialmente fu presa di mira, e benchè qui come fra la grandissima maggioranza dei piemontesi, venissero sdegnosamente respinti gli insegnamenti degli eretici, nondimeno questi, spalleggiati ~ai malviventi e dalla D forza armata, non desistevano dai loro audaci. disegni, e già macchinavano di agevolarsi,_ con apposite leggi, lo scopo infe~nale di rapire alla nostra regione quella fede cattolica. che ne era la fortezza e la gloria. Nel 1550, ad istigazione dei fàutori dell'eresia, le autorità francesi avevano proibitO> in Torino, con altri pubblici atti di culto, l'esercizio delle divote loro pratiche alle due. confraternite di Santa Croce e del Nome SS. di Gesù. Ma alle vive, reiterate rimostranza dei cittadini, l'ordine iniquo fu tolto nel1552• . In seguito, a frustrare pienamente la risorta baldanza degli eretici valse lo zelo de~ vescovo di Torino e la prudenza dei suoi cattolici magistrati. Nel1561 dopo avere, com~ narrano antichi storici del santuario, con digiuni e pubbliche preci raccomandata la lor() causa alla Beatissima Vergine della Consolata, si mandarono deputati al re di Francia, che ei-a allora Carlo IX, a:ffinchè vietasse ai protestanti di predicare in Torino e di disseminare più oltre i loro errori, giacchè il Piemonte, e Torino a capo di esso, sempre avevano tenuta fede a Dio e non intendevano mutar sistema. La nobile ambasciata ottenne felicissimo successo ed il maresciallo ·di Bordiglione vicerè francese, benchè ugonotto, dovette fare eseguire il decreto reale con cui gli si imponeva di cacciare dal Piemonte i faziosi predicatori e fautori dell'eresia. Per_ armare i torinesi contro le perniciose novità in materia di fede, fin dal 1542 la. città di Torino aveva provveduto perchè dal pulpito di S. Domenico in ogni domenica si leggesse e si spiegasse al popolo qualche tratto delle lettere dell'apostolo S. Paolo, del cui testo, svisato e corrotto, si ser.vivano gli eretici come di autorevole conferma alle loro empie dottrine. Da quest'uso ebbe le origini la Odmpagnia di S. Paolo, detta allora della Fede, formatàsi per iniziativa ·privata presso-la chiesa di S. Domenico, alla quale, insieme col comune di Torino e coi padri della Compagnia di Gesùvenuti fra noi nel 1566, spetta il merito e la gloria di avere alla nostra città ed al Piemonte conservata la purità della fede cattolica, sotto l'egida di Mar!a Consolatrice,
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