61 la eo.,solata - ,:alla cui protezionE! i magistrati comunali, come i privati e le pie associazioni, mai non man- -cavano' di raccomandare l'esito delle loro religiose imprese. Non sapremmo conchiudere questo capitolo dedicato a ricordare, insieme con insignì benefizii dalla Consolata largiti a Torino, il tenerissimo culto di cui Ella era oggetto, senza accennare a due augusti pellegrini che visitarono il santuario nei secoli di cui fin quj abbiamo riandati gli avvenimenti. Uno- fu ·il sommo pontefice Martino V, il quale nel1417 tornando per la Francia e le Alpi dal Concilio di Costanza, si fermò nella nostra città, dove venne ricevutò con tutti gli onori dovuti alla suprema sua dignità dal già mentovato Lodovico principe di Acaia, succeduto al fratello nel governo del Piemonte. Con lo stesso splendido corteo che l'aveva ricevuto al suo ingresso in Torino, il papa volle portarsi a venerare la miracolosa immagine della Madonna della Consolata, a fine di dare con questa solenne visita pubblica attestazione della fiducia che egli poneva nel patrocinio della Madre di Dio invocata sotto il più dolce dei titoli, nei difficili momenti che allora attraversava la Chiesa di Gèsù c"risto. Martino V offerse magnifici doni al santuario, e con sua Bolla del 15 settembre 1417 ne accrebbe le indulgenze ed i privilegi. Il secondo illustre pellegrino fu il grande S. Carlo Borromeo. Per voto fatto nel 1576, durant~ la terribile peste di Milano a cui abbiamo più sopra accennato, nel 1578 egli venne a piedi a Torino per venerare la Santa Sindone, che il duca Emanuele Filiberto aveva in allora appunto fatta qui preventivamente trasportare da Chambéry, per risparmiare·al santo arcivescovo i maggiori incomodi di un viaggio in Savqia. Trovandosi a Torino, S. Carlo volle celebrare la santa messa al- - l'altare della talimaturga effigie della Consolata, impetrando per sè e per il suo popolo gli spirituali e temporali conforti, che i tempi e gli eventi rendevano sommamente ne.cessari e preziosi. (Continua) ---~-~- o I JDVE. SABATI. in preparazione alla festa della Consolata Al rifiorire delle viole e delle simboliche margheritine, ricomincia una dolce cura nella grande famiglia di Maria Consolatrice: la pratica dei Nove Sabati, la quale ha oramai la sua storia breve, ma densa di care e gloriose memorie. Nata da un piccolo germe di Cielo, questa divozione pratiQa e razionale si sviluppò, per forza spontanea, negli anni di prossima preparazione all'ottavo centenario, entrando a far parte dell'opera multiforme con cui si apparecchiavano, da una parte la Casa di Maria, e dall'altra i cuori dei suoi devoti alla celebrazione trionfale della memoranda data: 20 giugno 1904. Chi non ricorda il grandioso, commovente spettacolo che presentò nello ·scorso anno il santuario nella grande novena di sabati, precedenti la festa otto volte secolare della Consolata? Tra il via vai degli artigiani pressati dall'inesorabile termine prefisso ai lavori; tra lo stridere, il battere, il cigolar di strumenti; tr'a l'ingombro di steccati e di•materiali e la molestia della polvere in· tensa, pure i Nove Sabati procedettero, dal · primo all'ultimo, affollati e divoti, con uno. slancio ed una disciplina veramente. degni · del forte carattere piemontese e delle pie tradizioni della Città della Consolata. Il centenario è passato come visione di Paradiso; intorno all'altare della taumaturga effigie s'è rifatta la mistica calma propria del luogo di pre-ghiera e di grazia, che invita ad espandersi nel seno della Madre i cuori bisognosi di pace, di perdono, di consolazione. E la santa Effigie cinta di novella corona; il santuario ingrandito, risplendente d'oro e di marmi preziosi parlano con nuova, potente, soavissima voce ai devoti figli di Maria Consolatrice. Non sono questi i segni della recente, immensa prova d'amore da essi datQ. alla Madre? Non sono il monume.nto destinato a perpetuare nei secoli venturi il ricordo dei giorni trionfali, in cui
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