Missioni Consolata - Marzo 1905

38 Q •eeiG _ o Ma quali torture, o mio Dio, non subii durante un lungo quarto d'ora! Il mio pensiero era fisso alla mia povera Vina, della quale non sapevo che fosse avvenuto. Ah, Maria Santissima sola sa quanto il mio cuore di madre fu torturato mentre io do· vevo , a schivare peggiori. danni , rimanere immobile, quando. il mio cuore di madre mi spingeva a correre in ·cerca della mia creatura!- Intanto udivo i ma.landrini scassinare e rompere, e siccome io era éaduta attraverso una porta che dava ingresso ad una camera dove stavano tutte le nostre casse e bauli di biancheria ed effetti di vestiario , nonchè merci per la vendita, li sentivo passare· e ripassare sul mio corpo per entrare in quella stanza ed esportarne gli oggetti. Udii scas· sinare e rompere il tiretto ov'era la cassa del giorno; li sentii per ultimo avvicinarsi a me per giungere ad una rastrelliera portante una quindicina di fucili: li vidi attraverso le palpebre socchiuse prendere quelle armi e poi allontanarsi di li. Non vidi gli assassini uscire dal magazzino : indovinai ·però che essi se n' erano finalmente andati dal silenzio che prese a. regnare a me d'in- . torno. Con un balzo di gioia nel cuore sentii la voce della mia Vinetta che accanto a me cominciò a piangere, dicendomi: « Levati su, mamma, levati su, basta cosi! ». Come tremassi a quelle care parole non lo saprei esprimere; so soltanto che sottovoce - per timore di essere ancora sorvegliata dagli assassini -dissi .alla piccina : ·« Taci, taci, o Vina, e prega la Madonna: prega, per carità f». E siccome la bambina continuava a piangere, senza riflettere più oltre, cercai di sciogliermi le mani dalla funicella che ·me le teneva legate, a fine di poterle appuntare a terra e sollevarmi... Ma ecco che sento riaprire la porta del •magazzino. Ritornai subito inerte, e dagli occhi socclliusi vidi sporgersi nell'in· terno la testa di un cinese: certamente venuto ad accertarsi se io ero veramente morta... Vedendomi immobile al posto dov'ero stata lasciata, rinchiudendo di nuovo la porta se ne andò, stavolta definitivamente, speravo... Ma riflettendo a quello· che mi sarebbe accaduto poco prima, se fossi stata trovata in posizione da dimostrarmi viva, rimasi a terra ancora per qualche tempo, eppoi piano alla mia bambina, ridivenuta muta, dissi ~ « Va sulla porta e guarda se nel cortile ci sono ancora cinesi ; ma ·non aprire, sai : guarda dai vetri». La pov:era cara, con tatto .assài superiore all'età sua, guardò e frugò cogli occhi ogni angolo del cortile attraverso ai vetri ; poi tornata a me vicina, a voce 'bassa bassa mi disse: « Sono andati via tutti, mamma». Allòra, raccomandandomi alla Consolata, potei levare le mani dalla corda; eppoi arrabbattandomi con precauzione, a fine di non fare un male maggiore, riuscii con grave stento e dolore a porm:i seduta e slegarmi i piedi, quindi a sorgere in piedi. Quanto sof- ·frivo! Ma il pensiero che la Madonna mi aiutava, mi diede coraggio, e credo che fuMaria Santissima che in quei momenti non mi lasciò pensare più oltre alle conseguenze che avrebbe potuto avere il mio atto, se ·qualcuno fosse ancora stato in agguato a spiarmi... Presa per mano la mia Vina, attraversai il cortile della casa ed uscii fuori in istrada. Proprio accanto alla nostra porta e da essa separata.soltanto per un muro, c'è un piccolo negozio cinese che per solito alle nove, o al più tardi alle dieci, è sempre chiuso: mentre quella sera, alle dodici ben ·passate, era ancora aperto. Chiamai il padrone, il quale venne subito. Non mi sfuggi il suo pallore nè la sua agitazione, ma quello r on era il momento di considerazioni. Mi feci da lui dare il braccio, chè mi sentivo mancare dopo lo sforzo impulsivo fatto; da un piccolo monello, che a caso in quel momento passava, mi feci sorreggere dall' altro lato, e cosi mi feci condurre alla casa dove abitavano due europei, agenti della ferrovia, distante. 'un centinaio di passi dalla mia abitazione. For• tunatamente uno di essi, un piemontese, era in casa. Fattolo svegliare dal suo boy (domestico) gli raccontai il caso. Il bravo mio compatriota subito mi offerse ospitalità, ma io preferii ritornarmene a casa mia ; e siccome non mi potevo più reggere in piedi, mi coricai su di una sedia lunga e q!lattro cinesi mi trasportarano. La mia bambina mi seguiva dappresso. A stento potemmo attraversare il magazzino: una bottega da rigattiere J;J.On potrebbe dare che una pallida .idea del disordine che regnava in casa mia. Con:te si potè meglio si sbarazzò il mio letto dagli. oggetti che si stavano alla rinfusa, tra cui perfino i cassetti del cassettone; quindi mi vi lasciai scivolare adagino, adagino, perchè sentivo un gran male. Per mezzo dei boys furono avvertiti altri europei, tra i quali due che, essendo stati in passato infermieri, vennero portando bende per fasciature, disinfettanti e cordiali. Mi dovettero tagliare le calze per potermele levare senza troppo dolore, çhè sulle ·gambe mi si riscontrarono ferite inferte con arma da taglio: le calzE) ed i calzoni, anch'essi di lana ed assai spessi, avevano qua e là "tagli in forma di bottoniera. Oltre le ferite, la gamba destra era tutta contusa e livida: credo che la seconda volta in cui f)li battuta gli assassini adope· rassero un bastone, e ancor oggi porto una piaga viva nel punto ove la gamba fu maggiormente maltrattata. Fu vero miracolo che la mia Vina sia rimasta inèolume, frammezzo alle vicende della brutale aggressione da ine patita e dello svaligiamento · del negozio ; fu provvidenza che la. poverina, la quale al solo veder battere qualcuno per ischerzo piange e grida, non desse un grido, un gemito vedendo i chinesi gettar a terra sua madre,·batterla, lasciarla per morta..... Il pen-

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