Missioni Consolata - Marzo 1905

Q LA CO~SDLATA IN CI~A Una lettera da Pekino, gentilmente comunicataci dal R.mo canonico Condio, ci reca la ~eguente interessantissima relazione di grazia straordinaria che, nell'anno del centenario, l11. Consolata.volle impetrare a favore di una piemontese stabilita in quelle lontane regioni. A rendere possil:!ile la scena di feroce malandrinaggio che stiamo per esporre, oltre . cause antiche ed. immanenti che qui non è il luogo .di studiare, concorse la disorga- ,nizzazione dei pubblici servizi che ancor perdura nella capitale dell'impero cinese e dintorni dopo la guerra .del 1902, in cui l'intervento armato delle potenze europee ridusse Pekino, città di un milione di abitanti, ad un deserto pieno di cadaveri e di ruine: fatto che non contribuì certo a scemare la proverbiale, secolare, profonda avversione dei cinesi per gli stranieri. Ma lasciamo, .senz'altro, la parola alla nostra connazionale, signora Giuseppina Bijno: « Io con mio marito, una nostra bimba di tre anni e mezzo ed un giovane commesso nostro compatriota, abitiamo a Su-theu-fu non molto lungi da Pekino. lvi mio marito·esercita .il suo ·commercio in vini, conserve, li- . quorJ, p•·ofumerie, armi e munizioni ed altri generi. Nel paese non vi sono mòlti europei; non chiese nè missioni cattoliche; vi sono però cinesi convertiti al cristianesimo. La maggior parte della clientela di mio marito si trova lungo la linea della strada ferrata, che è in via di costruzione e che giunge fino a W ei-Wei-fu presso il Fiume Giallo Mio marito che deve perciò quasi continuamente percorrere questa linea, un po' in treno e per la maggior parte su carrette cinesi, per darsi un tantino di riposo, pensò di impratichire il nostro giovane di magazzino in questi viaggi alquanto scabrosi .a causa della lealtà dei cinesi, i quali fanno pagare a caro prezzo la minima imprudenza e la confidenza europea. Il 15 gennaio 19.04, alle ore nove del mattino, tutti e due partironq col treno dell'avan- 'zamento, che li avrebbe lasciati alla prima tappa; il viaggio doveva durare. sei o sette giorni..Io, rimasta a ·casa colla mia bambina ed un servo cinese, passai quella giornata un po' triste; verso sera, sentendomi. piu oppressa dalla melanconia cercai sollievo nella . lettura di alcune lettere dì una mia cara e pia a,mica ·e nel mirare la fotografia delle mie due piccine, una delle quali è a Torino. Alle 81I2, dopo alcuni clienti, venne riel magazzino il capotreno col quale mio marito era partito al mattino: mi portava danaro da lui riscosso in viaggio. Quando egli mi lasciò augurandomi la buona notte, io mi assisi presso la stufa su d'una piccola sedia cinese, 37 o con accanto la mia Vina, ascoltandone le chiacchiere puerili. Poteva essere passato così un quarto d'ora, quando la porta del negozio di nuovo si aperse : entrò un cinese seguito da nove o dieci altri, ma tutti in fila, cosa affatto contraria all'uso dei cinesi che si mettono tutti sulla ·porta per entrare in J:ruppo. Io li guardavo meravigliata: il primo entrato, fermatosi a due passi di distanza da me, chiese sigarette. Chiamai Kuò, il nostro servo cinese, perchè venisse a servirlo, ma Kuò non comparve. Intanto lo strano cliente, avanzatosi ancora di un passo, aveva fatto un cenno d'intelligenza ad uno della comitiva, e questi, in minor tempo ch'io non impiego a dirlo, si gettò su di me buttandomi a terra colla sedia; appoggiò fortemente i suoi ginocchi sul mio petto e sul mio ventre (e notisi che io ero in condizioni delicatissime), mentre che colle mani mi serrava talmente il collo da farmi penetrare i suoi unghioni nella carne. Naturalmente al vedermi assalita avrò gridato: non lo ricordo, perchè tremo ancora nel rivedere colia mente tal quale quella scena. Mi sentii battere fortemente sulle gambe ; mi furono legate le m&ni e colui che mi stava addosso m'andava ripetendo : sapecco·you, sapecco-you. Accennavo a voler parlare e lui mi stringeva piu forte. Mi sentivo morire... mi vedevo perduta. Pregai allora fervorosa· mente col cuore la Madonna della Consolata che ispirasse a qualche europeo di entrare nel mio II.lagazzino... Ma nessuno veniva, e perdendo oramai ogni speranza, rivolsi il pen- ~iero all'ultimo mio momento che non doveva ·essere lontano, non potendo io quasi piu rantolare.. O Maria - dicevo fervorosamente coll'anima - O Maria, non permettete eh'io muoia così per mano dei cinesi; abbiate pietà dell'anima mia, del piccolo essere che non . ha ancor visto la luce, delle mie due bambine... O angelo custode, guardate, proteggete la innocente mia Vina: io non lo posso piu. .. ! (vedi incisione a pag. 39). Non ricordo piu nulla: svenni. Circa due ore dopo, essendo rinvenuta, credetti di essere nel mio letto, avendo affatto smarrita la memoria 'del recente spaventoso incidente, e .non sentendo alcun dolore. Appena un moto impercettibile feci colla testa per voltarmi. Certamente uno degli assassini vegliava a · guardia di me, perchè, in men che non si dice, si gèttò nuovamente coi ginocchi sul mio petto; mi strinse ancora il collo, mentre un altro di nuovo mi percosse le gambe, ma questa volta con grave dolore. Non resistetti a lungo: svenni una seconda volta. Quei manigoldi credendomi, se non morta, agonizzante, mi legarono al collo ben stretto un asciugamano, affinchè il soffocamento fosse completo. Il mio svenimento questa volta fu breve; e quando riacquistai conoscenza una idea, che certamente mi venne dall'alto, mi balenò alla mente: io dovevo continuare a far la morta.

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