Missioni Consolata - Febbraio 1905

Febbraio 1905 A:n.:n.o VII = N. 2 fHiodico R.eli~ioso Me11sile DIREZIONE ESCE PRESSO LA SAGRESTIA AL PRINCIPIO DBL DEL MESE .,.,

Il Periodico si ISpe(lisce a chi farà l'offerta arinua di almeno L. 1,50 per le Missioni del1u Consolata in Africa. - Per l'estero l'offerta è di L. 2,50. ~----------------------------------------------~ OFFERTE PER L'AMPLIAMENTO DEL SANTUARIO Torina. Colli Laura, 10 - R11.vera Luigi&, implor!l.ndo benedizione a sè e f!l.millli&, ~ - Maria Caprile, l- Bonino Agneae, 2.- N. N., 2 - Tarditi Tereaa, p. g, r., 2-Degiovaani Margherita, p. g. r., 2 - B.abbia Andreina, p. g. r.12- Gorgerino Giuseppl.\1 2 -Anna e Adele Civallero, p. g. r. 1 10 - Fanny Brusone, Il- Famiglia Marchi•io, 2 - Aiello-Devalle Catterina, lO - Garbacelo leone, 10-Ricci Rosa, l - Sorelle Derossi, 8 - N. N., li - Ventre Andrea, 0,26 - N. N., 10 - Olmi Augusto, 2 - Istituto S. Maria, 6 - R. P., 2 - Mazzanti Mauro, l - Peraldi lrene, 2 - Veglio Orsola, l - Giamberti An· drea, p. g. r ., 2- Perlo Lucia, l- B. L., p. g. r., 8 Felicita Rambaudi, p. g. r , ~-T. F., 6 - P. C. Lodovica, impl.gr., 10- Salice Costanza, impl. gr., Il - Clerico Giovanni, 6 - Rapetti Carlo, Il - L. B., p. g. r. 1 Il - CJstantioo Agnese, p. g. r., 2 - Anilei Dalmazzo, l - Airo Frar.cesco, l - Guglielminotti Tommaso, impl. gr., 2- Giulia Naccari, 3- L. E;doardo, impl. gr., t- M. B., 1 - C. M., p, g. r.1 10- V. B., p. g. r., 6 - Maria Bonamico, 6 - C. Tarizzo Dominica, 2 - C. Favre Callisto, 2 - Gilardi Rosa, 2 - Meuocchio Maria, p. g. r., lO - Capitano Frauchini, p. g. r., 10 - Benzi Giulia, l- Dondano Giov ..nni, p. g. r., l - Prof. D. Luigi Andreczzi 2 - Busca l<'elicita, 2 - Barberia Cesarina, 1', Oastolnu.,vo-Calcea. \Japelli Picco-Secondina, p. g. r. 6e un anello d'oro· Valaesla. Penotti Mugh., 6 -Frossasco. Conte Annibale Ceva, 5- Ciriè. C. C., 6 - Kantova. ·Emilia Paroechi de Santi, p. q. r., 6 - Saluzzo. Ch. Ponte Giovanni, p. g. r., invocandone altre, 6 - Front. T. T. G., p. g. r., l-Moncalieri. Belley Francesca (off. mena.), l - Cambia".,· Famiglia Borgarello, 2- Ooatl•llole. Cardome Zita, l -Barge. N. N., p. g. r., 10 - Celclaate. Cecilia Fachinetti, implorando saluto sila figlia 10-Recco"lgl. Marocco Biagio e famigliA, 8 - Nichelino. Couo Maria, p. g. r., un paio orecchini - S. Benlgao T rom batta Carolina, p. g. r., 2- Ohlevarl. Battaglin.o Angelo, p. g. r., 2,60- Konc&l•erl N. N.. B - Olrlè Deleroaso C6rolina, l - Fo6aano Scotto Tommaso, o- Tronzer>o. ReLditore Agata, un paio orecchini d'oro con ciondolo - Cerli'Daao. Manescotta Teresa, un paio orecchini d'oro - Ce stt 1roaao. B. M., p. g. r., 8 - Rivoli. Gherzi Madda· lena 2 - Bra. Panera Anna, 2- Prandi Rosa, l - Dogliani. P. T., 2,f0- Castagnole. Florio Antonia, Il - Bruino, Bey Luigi, p. g. r., Il - Yer~ leago. Albano Clotilde, l - Roma•. Baronessa :Maria Gennardi, 2 - Contesa& Maria Tutuecca, 2 - Anfo. D. Andrea Pelizzari, parr., 2 - Cavour. Beltramo Giuseppa. p. g. r., 8- Polrl"o, Appendine Vittorio, p, g, r., 2 - Pieve ScalenQhe. Pezzana Giovanna, p. l· r., 0,50 - S. Demleno. Ricatto Amalia, 8 - Chivasso. Toruao Maddalena, impl. gr.,4.- S . ••u· rlzlo. Unia Ersilio, Il - VIrle. Baretto Michele, 4.- Mo!lldovì. Catterina Ferraro, 2- Aolreele. Barone G. di s~nhmargherita, come oegno di riconcscenza, 50. Clrlè. Sopetto Cecilia, lO - Cuaeo. Garesio Cin · zica, 8 - Vl1reqg1o, Mar;a 'Roeio, un anello d'oro con brillanti - Valfenera. Maria Luisa Novo, 2 - Pianezza. Sappo M~~oria, 6 - Sevlwllano. Le suore del Oottolengo, 2 - Prà. Maria. Palan, 6 - Ooaao~brato. E. F. e:l. E. T., 6 - Agliè. Emilio Ca· mara 8 - Rel'gle. Avv. Mao~iò, 2 - D~modoaaola. Guercini Giuaeppioa, p. g. r., l - Sa•ona. Sa· V<na Muia, pll buon e•ito degli esami del figliJ, 2 - """hlhtttJ. Fam'glia Reyneri, 5- Prec"tt.,, A.dele S~opesi, 2 - Oosaano. N. N., Il- Roma. Lidi& Panatti, Il - Pigurini Bari, il sao anello da sposa - Measlo.,, Emma Vareaio, 10 - Foseano. Bavera Albina, 2 - ••zze. C. M., BO - Avigliana. Secondina Genta, l - Roletto, V. M., 2 - Montaaero, Olara Maria, l - !iobrlte. Rissone Margherita, 1 - ~ertolino Vittoria, l - •Ga&atero. De'lu<ria Tor•s.., 2.1!5- Cavou •. Barbieri Calterina, una c~tena d'or t, implorando la gt1arigiot1e del marito - Ceratti B~rbua , i !lvJc..ndo grui• deJideratisoi<na, 6 - C"lle J""· Fiore Enrichetta, in rendimento di grazie, 8 - Pava,.•e. R>ssett~ Maria, B - Bu·laaoo. D. Giuseppe Gastaldi,· 2 - Rivolo Teresa, p. g. r., 6 - Frassinetto. La saperiora del Convitto S. Gin· seppe, 6 -D alar m.,, Aimeri Lea, l- Novoli. Fiocco Annina, 1,8J - Fev,.l•. Bortialli Oatterina, Il - Flec:.na, Lucia Peretti, 2 - Qlaveno. N. N., 6Vlll&fr•noa. Rosetta Collino, 2-Br•. Panaro GiacJmina, l'i - S. Meurlzlp. Reimumier Margherita, p. g. r., 2. 'l'orino. N. ~., l - B. A., 2-- Oefabiani DomitUla, p. g. r., 8- Rolle Annunziata, 2- Malaca~ne Luigi (oli'. mena.), l - V•co Bernardo, p. g. r., 1 - N. N., 6 -O. R., l - P. G., p, •. r., 2.~0- Reina Gio•anni, 6 -Luigi~ Bruno, 2- Sofia Mirano-Rey, 2 - Marenda B"rtolomea, B - Marenda !tlariaona, l - Camandona Enrioo, 6 - Ann" Gallarati, racc1mandando il figlio e il multo alla Consolat.., 2 - Adelina G1mo, 6- L. V. M, 0,50- Barai Erneatc,1 - Renzi Giulia (oli'. meni.), 0,60- C. G., l - Revi~lio A-nna, O,ftO - Eliubetta B ~rea De-Maria (off. mena), l - P~nu C..rolina, un paio oreochini - Ma•ozberita D3gioanni, in adempimento di prom eu& fllth, 8-Giuseppina Merlo, 2- S~r•lle AirJ<udo, p. g. r., l- N. N., l- A.ngiolina Mont..nt, p, O· r., l - Superi 1ra delle fedeli compagne di Gesù, 6 - Le alunne dell'istitutn B. Margherita di Savoia, implorando t .. materna benedizione della C'onoolata sui loro studi, 10 - Ampuore Antonio (off. mena.), l - Una figlia di Maria, 10 - Contena Morelli Ginseppina, 6 - Ellena Giuseppe, l - Cio· tilde C<nsolo-Bianchi. 6 - L. G. B., p. 111· r., 8 - Toriglia Maria 6-Pozzetti Margherita (o !f. me ne.), l -N. N., 10 - Bertino Cristina, l - Ottino ltias., B - Claudia e Alberto Dughera, p. g. r., 7- St•ccbino Cristina, p. g. r., 5 - Barberia Margherita, Il - Chiar· Ione Francesca l - Adele Levtironi (off. meno.), 5 - Ferrere Carolina, 12 -N. N., p. g. r., 6 - Bertetti Ermelinda, 6 - Dedonatil Domenica (off. mena.), l - Emilia Carigoani di Vallori&, !>- Lioa Siccardi,

-Anno VII- N. 2 Febbraio 1805 ~~nsoiata PERIODICO RELIGIOSO MENSILE DIREZIONE PRESSÒ LA SACRESTIA DELLA CONSOLATA - TORINO SO.MM:.A.RIO Le nozze d'argento episcopali di B. E. il Cardinale Vincenzo Vannutelli -I missionari della Consolata in Africa - Prime relazioni dei missionari :cc•gli indigeni - Nuova partenza dd missionari e suore - Offerte per le missioni della Consolata in Africa - Tesori di confidenza in Maria Santissima - 0j!getti offerti in gennaio - Indulgenze a chi visita il santuario nel mese di febbraio- Orario delle Sacre · Funzioni pel mese di febbraio. 0/J'erte per rampliamento d6l Santuario. LE NOZZE D'ARGENTO EPISOOPALI Em. il Card. VINCENZO V ANNUTELLI Il 2 febbraz·o, festa delta Purificazione di .Marz"a SS., il Cardz"nale Vincenzo Vannutelli, Arciprete della Patrz"arcale Basz"lica Liberiana, Prefetto della S. Congregazione del ConciNo e Vescovo Suburbicario di Palestrina, celebrerà z"l 25° annz·versario detta sua consecrazione episcopale, avvenuta nel 1880. Roma e Palestrinapreparano per la fausta data grandi feste, mentre da ogni parte gz"ungono all'.Eminentz'ssimo Porporato m'vi rallegramenti ed auguri. La vasta coltura, il profondo tatto negli a/fari ecclesiastici, felicemente in lui unite allo splendore dette vz"rtù sacerdotali ed alla pù"t squisita dz"stz"nzione di maniere, colla stima universale, valsero a Vincenzo Vannutelli.la fiduda dei Sommz· Pontefici che lo chiamarono ad alte carz"che e ad z"mportan#ssime missioni diploma- #che, z"n cui egli servì con grande vantaggio la Chz"esa. La gra;tissima impressione che l'illustre Porporato lascz"ò fra noi è viva oggi come negli indimenticabili giorni dello scorso giugno, quando S. E. passava acclamato per le vie di Torino, e.d inc·oronava, quale rappresentante di Pz"o X, la taumaturga Effigie della Conso- . late:.. Cotta; più 'lfZ·vc;- e Cf!rd~ale esp~ns_ione ci a-;socia~o_ quz"ndi alla. . letzzza èlpz Romanz, dez dzocesanz dz Palestrzna, dt znnumerevolt · ammiratorz·, ed ai pz"edi di Maria SS. .Consolatrice innalziamo i .J nostrz· v~ti. affinchè a S . .E. il Card. Vincenzo 'fTonnutelli .Iddio ~ onnipotente conceda ancora lunghi e feUci anni di v#a, a conforto dz" S. S. Pio X,· al bene delta Chiesa e della socz"età.

18 w 8of)so1ata ~MISSIONARI DE: CO~SOLA ~~~=~=~-~;K;~a=e~-i:a"""n;;;-~e-c-~;-~~=ez ... ~==:=s: .:." ' ; vuole arrivare ad un felice esito finale, e non incontrare la terribile responsa-. bilità di aver guastata l'opera di Dio con uno zelo presuntuoso ed intempestivo; ·di avere inutilmente sprecato tempo, sacrifizi ed insieme il denaro donato da pii benefattori, quale mezzo di salvare anime ed estendere il regno di Gesù Cristo. A molti, anche fra ~e per,sone pie, pare che se il missionario è zelante, egli possa in br~vissjmo tempo a centinaia e migliaia operare le conversioni, amministrare i battesimi. IN AFRICA Nelnurnerodidicembre 1904abbiarno, in una specie di bilancio, presèntato ai nostri cortesi lettori il complesso delle opere materiali compiute dai missionari della Consolata, nel breve tempo dacchè si trovano nell'Africa Orientale. I pochi cenni che ci permisero la ristrettezza dello spazio ed i limiti de' singoli articoli, hanno all'evidenza mostrato come i figli di Marià Consoiatrice·non abbiano perduto il' loro tempo ·nè mancato di attività, ma, qual si conviene a solerti operai evangelici, abbiano saputo sgombrarsi 4ai rovi il terreno e prendere buona posizione sul campo apostolico di fronte all'eresia, secondando con tutte le loro forze i disegni della Provvidenza, sotto l'egida della taumaturga loro Madre e Condotti~ra. Ma se l'impiantarsi sulla terra .africana con solidità e decoro era per i nostri condizione fondamentale·;. se era ad essi di prima necessità il provvedere alla propria personale sicurezza ed alla conservazione della sanità che è strumento dell'azione, un ben più importante ed arduo lavoro di preparazione morale rimaneva loro da fare. Prima di accingersi al porro wnum per cui erano ve~ nuti: l'evangelizzazione dei poveri neri, i missionari della Consolata dovevano - come tutti gli operai apostolici - stringere cogli indigeni cordiali relazioni. Per un errore tanto comune, quanto compatibile in chi non è pratico di missioni, d'ordinario si considera questa 1come cosa spiccia ; non si comprende Ia difficoltà di .cui è irta, nè la capitale Ma per arrivare a questo, il missionario deve prima di tutto vincere la innata diffidenza delle tribù ·selvaggie, i timori più o merio ragionevoli che loro ispirano le cose e le persone nuove; poi deve grado a grado, con opportuni mezzi, guad!ignarsene la simpatia e la stima, a fine di potersi applicare a studiarne sul vivo, insieme col·difficile linguaggio, le idee ed i sentimenti. Si t·ratta quindi per lui di scuotere poco a poco, e coll'esempio piu che colle parole, le povere anime dei neri dall'apatia morale in cui hanno piombata la loro razza millennii di abbrutimento, di crassa ignoranza e superstizione; si tratta di accendere nella loro mente ottenebrata il desiderio di conoscere fa verità;·di fissare la loro volontà debole . e volubile .al par di .quella dei fanciulli. Un 'lavoro serio di evangelizzazione non può principiare che a questo punto, al quale certo non si arriva per un cammino facile nè breve , perchè ~ se b · bene intervenga la potente grazia di Dio, questa però d'ordinario vuole il. Signore che l'operaio evangelico sappia attirare, operando come la goccia che cava la pietra ed il martello che a

.-Jll eortsolata 19 :Qi,..c~'""c;;;;;ol-i;~;;;;;;o~-l:llo.lp ... ~ ;~;-d;" ";à_; ... ~ ... fo;;~;;;r~;E.;fjfii!li:~ar;~.~-a-i--""'.".~"Sii~ ... t;;;;;a-ll""i;ox;p;;;;;iuor;'~i!?~r.s~;~;;;;u-cciQe=so;;s;;;;;o;;;;;d.,.i""·><;;~;;;;;o""nve:;;s;;;;;io;;;;;n..,J·N:,I·Po;;e;;;;;r-n ... o;<;;;n~a;;;;;n;;;;;do;;~a•rge duri. . ~ poi incontro a gravi disinganni ed a Il cardinale Lavigerie, l'illustre fon- ~ pericolosi scoraggiamenti. · Se a premunire i missionari dellaOonsolata contro questi disinganni non fossero bastate le istruzioni loro impartit~ nell' Istituto di Torino, essi le ebbero ribadite al primo por piede in Africa· dal loro vicario apo- ~ stolico, Monsignor Allgeyer e da ,altri provettioperaievangelici da lungo tempo stabiliti in quelle regioni. ~ Se in due o tre anni, diceva ai nostri missionari l'esimio prelato, voi arriverete a farvi favorevolmente conoscere fra le tribù indigene che siete venuti ad evangelizzare, ben potrete chiamarvi conte.qti, perchè già avrete compiuto un grande ·lavoro •. -Poi altre volte in seguito loro Teol. Rolfo Gio. Battista - n·. Bellani Angelo (Vedi pag. 30), ripeteva : - « Ricordatevi che per i primi anpi di missione, il : vqstro ·lavorò deve consistere · datore.dei Padri Bianchi: soleva porre in sull'avviso ,i suoi missionari, inculcando' ai medesimi che, specialmente nelle missioni dell'interno dell'Africa, non contassero su un precoce ed affrettato ~ nel conoscere é nel farvi conQscere , . ~ E l'esperienza personale, suprema, () -pratica maestra, non tardò a far toccare . l con mano ai nostri che anche nel màgnifico lembo di terra africana ove li '

20 1a 8orts-olata - ~P~-=~~·~===·~~·--~~~--go aveva condotti la Provvidenza, tutto l'esito futuro del loro apostolato dipendeva dal sapersi fin da principio conciliare la stima e l'affezione degl'indigeni, perciòsubito volsero i loro sforzi a questo scopo. Con quali mezzi ed in quale mi-_ sura lo abbiano, per grazia insigne della Consolata, raggiunto, non sarà senza interesse per i nostri lettori 1'-appren, _ dere da quanto verremmo dicendo, intrattenendoli sul sec.ondo stadio_ di lavoro apostolico dei nostri, secondo abbiamo promesso nel già citato numero di dicembre. PRIME RELAZIONI DEl MISSIONARI COGLI INDIGENI, L Dil/'icoltà occasionatiincontrate d,ziprimi.miss•'onari detta Consolata- Le gesta di.ttn avventur•'ero - Incontro fJelÌicoso ·:__ Diane/ti clte 110n sono nome gli altri - L' amflulatprio di Tùsu - Augrtrale benedizione di ttn veccltio okikièyu. · · " Alle difficoltà di ordine generale che. a.ttendono i missionari al loro ingresso ~ul campo apostolico, per i nostri un'~ltra. se ne aggiunse, dipendente dalle speciali circostanze in cui si trovava la località nella quale dovettero primamente presentarsi. Essi arrivarono colà. nel momento caratteristico in cui il. paese si apriva ai bianchi; quando il go: verno inglese, per stabilirvi effiQacemj'lnte il suo protettorato politico, imponeva la.propria autorità col fucile degli askari, e castigava le tribù che si rifiutavano a riconoscerla ed a pagarè il tributo col sequestro del loro bestia~e e l'incendio dei loro villaggi. Il solo europeo che fosse penetrato .fin là dove i nostri impiantarono la loro prima stazione di missione, cioè a Tùsu nella provincia del Kenia, era stato un avventuriero scozzese, il quale con furfànterie d'ogni genere aveva così terrorizzati gli indigeni, da obbligare il governo ad espellerlo: - « A dire delle gestà di questo avventuriero secondo ciòche narrano gli indigeni, scriveva il teol. Perlo, occorrebbero dei volumi. Qualunque cosa egli domandasse ovolesse da questi poveretti doveva immediatamente essere fatta o concessa, se no il fucile suo o dei suoi satelliti metteva a dovere i disobb~dienti. Gral). parte del b~­ stiame e tutto l'avorio del paese, pagato talora_con promesse, Ifa }Jet: lo più con bastonate e fucilate, fi-nì nelle sue· mani. Per dare un'ide~ della s~a equità negl~ c;~rdinari rapporti cogli indigeni, basti questo esem}Jio: egli prendeva uomini ~ layorare p~r lui, fis? sando loro l'enorme stipendio. mensile di unlJ. capra. Ma alla fine del mese, il lavorato~e? per il più futile pre~esto, veniva dal padt:on~ o dai suoi sicari battuto. così crudelment~ che il disgraziato, per. salvarsi la pelle, s~ ne fuggiva senza reclamare la. :rp.iset:abpe capra éhe; çhi sa d.a qu,anti- mesi, aveva servito ~rappresentare. l'inafferrabile salario. d~ altri infeiici operai. . . « Edott~ <fa questi precedenti;_ çon~inua il teologo Pe:t:lo1 la popolazione di Tùsu, ~ di~­ torni ci accolse da principi~ cÒn di:ffidenzjl. . e. ~i~or~,- perchè_ gli in~igeni p~~~ava~o qh~ tutti. i bi~nchi venissero nel paei:j~, non per altr~, che. per ammazzar gen~e·,_ bruci!l-re vil,- iaggi, sequestrare bestiame. e domandare i - •· . •. . avor:io e ri}pie ». ' Ebbe a provare quantoJossero vive quef!te prevenzioni D. Gais, il q.uaie 'in qu!li pri~i me~i s'allontanò .alquan:to dalla f!~azione_ d~ Tùsu. per. un piccolo. iii:o.d_i: ~splpr-~ziçne. « Non solo, così egli-scrive nel suo diario, mi avvenne più volté di,vedere gl'indigeni. ~_e.i viÌlaggi a cui mi appress~vo fuggj~e in tutta fretta per le-colline, ·traendosi-dietro pecore e vacch!l, ma in certi luoghi trovai un'accoglienza decisamente ostile e minacciosa. - Avevo da poco attraversato il · fiume Sagana e, superata una fertile collina., · m'inoltravo in una bella conca, che. m'aveva .l'aspetto d'un lago asciutto. Io e gli uomini. della mia piccola carovana procedevamo . silenziosi .e9tto i coca~ ti raggi del sole, quando ' - .

1l! 8o11solata 21 . fummo colpiti da un grande schiammazzo che veniva da due punti diversi. «Quasi nel centro deHa conca stavano raccolti una quarantina di giovani tutti armati J. di lancia e scudo, mentre per il declivio . della collina a mia destra ne scendeva un secondo gruppo parimenti armato; gli uni e gli altri spiccavano grandi salti, emettendo alte grida-. Io supposi che i camerati si salutassero così scambievolmènte, ma tosto dovetti -ricredermi. Lo spavento che si dipinse sul volto dei miei portatori; il rifugiarsi del mio piccolo boy tra le mie gambe, mi palesarono le cattive intenzioni di quei grandi guerrieri. Preso come fra due fuochi, io non avrei potuto retrocedere: e poi quale fiducia avrebbero serbata ancora in me 'i miei ùo· mini, se m'avessero veduto fuggire? D'altronde, di che temere, quando la mia vita era nelle mani del Signore? - M'arrestai e raccolsi la piccola carovana in gruppo serrato. Chiesi spiegazione delllimprevisto accidente all'uomo che avevo preso come guida, il quale, tremanje per la paura, mi rispose che di passar oltre conveniva deporre ogni pensiero; che quegli armati volevano farmi del male. Conveniva agire prontamente. «Ai guerrieri che mi si avvicinavano faccio dire ch'io sono lìerisì un musungo (bianco), ma uomo 'di Dio j che vado a Karmuti soltanto per curare malati, dei quali già molti ho curato nelle località vicine; che sono buono e non faccio male nè prendo roba ad alcuno... A tali assicurazioni alcuni fanno atti di meravigHa, ma i più ne fanno d'incredulità e sogghignano sinistramente. Mentre durano i parlari, con frasi dolci da parte mia e dei miei e con petulanti e baldanzose da parte degli avversari, per fortuna mi volto a guardare i miei uomini che si erano aggruppati dietro di ine; il boy che portava il mio fucile, credendo che io lo volessi, celeramente me lo. rimette. I guerrieri, s'immaginano che io voglia far fuoco su di loro, e mal dissimulano il panico che li invade; anzi alcuni van dicendosi concitati: prende il fucile! prende il fucile!... e fuggono. Ciò, non occorre dirlo, mi dà la chiave per sciogliere la questione: faccio la voce grossa; dico che avevo stabilito d'andare a Karmuti e ci sarei andato; intimo ai miei uomini un imperioso: avanti! All'inaspettata mia risolutezza, i prodi subito si ritirano !asciandomi libero il passo, ed io, riconoscente al Signore, ripiglio l'itinerario che mi ero prefisso». I missionari della Consolata dovevano dunque differenziarsi subito ben nettamente dai.musunghi (bianchi) della razza di quell'avventuriero, ed anche dagli agenti del governo; dovevano alle rozze menti dei poveri neri fare comprendere che essi erano veramente gli uomini di Dio, venuti unicamente per far del bene a tutti gli indigeni. Ma come arrivare a ciò? Essi non avevano che a seguire l'esempio del Divin Maestro, del primo missio· nario venuto dal Cielo a convertire il mondo,· di cui il Vangelo compendia la pubblica car· riera con queste parole: pertransiit benefa· ciendo et sanando omnes. Alla più scrupolosa equità e giustizia nei loro rapporti cogli indigeni; alla pazienza longanime e multiforme nel.sopportare, consigliata dal grande apo· stolo S. Paolo, i missionari della Consolata aggiunsero le opere di cristiana carità, specie quella di curare gli infermi. Essi avevano incominciato col medicare le piaghe degli uomini assoldati.come portatori, nella carovana che li internò nel paese e li guidò a Tùsu. Questi portatori, che da Tùsu appunto si erano fatti venire all'uopo, ritornati ai loro villaggi vi diffusero la strana novella che i musunghi testè arrivati non erano come gli altri, ma erano buoni ; non battevano i neri, ma li pagavano equamente con rupìe sonanti e oltre a ciò - cosa inaudita - volevano curare i malati del paese, senza alcun compenso, ed insegnar a tutti le belle cose che. sanno i bianchi. Nel Kikùyu, sebbene paese di clima sanissimo, si riscontrano alquanto frequenti fra gli indigeni disturbi gastro-enterici o polmoniti, data la mancanza fra loro dei più elementari riguardi igienici, e la deficienza quasi asso· Iuta di vestimenta che li espone senza difesa alle variazioni atmosferiche, specie al freddo intenso delle notti. Vi sono poi comunissime

22 J..i <2of}solata l: piaghe alle gambe .::::i, che si for::a.I!Jrò gnavano i san~ di vedere all'ope: mano per le infezioni prodottesi dagli indi- la scienza meravigliosa dei patri, e la ancora geni nel togliersi la pulex-penetrans, insetto <t più meravigliosa generosità con cui essi diche forma il tor- ' ·mento di molte r:--"'"'"------c--.. località africane. Poco a poco incoraggiati anche dall'esempio del lorocaro Karòli, il quale si dimostrava pieno di stima e di benevolenza, per i patri, gli indigeni, avvicinatisi dapprima timidamente per pura curiosità, incominciarono ad acquistar fiducia ed a condurre ai missionari i malati.. Nel periodico ci occorse più volte di parlare dell'ambulatorio di Tùsu, impiantatodapprimain piena aria accanto alle tende, sotto cui i nostri primi missionari vissero tre mesi, poi in un'apposita tettoia presso le povere loro ca panne. M an mano che la prova dei fatti mostr~ va che le ·medicine dei patd erano buone, e che questi, 1 sebbene musunghi, epperciò di tanto superiori ai neri, pure si degnavano di làvare e curare le piaghe degli Akikùyu, i pazienti af- ~ fluivano sempre più numerosi. Li accompa- ~ ~ = "' j; ,Q .. t; :; " ... .. !: e;, "' o ~ = " " ;; .. ... i Q :;: .. ;;. .s :0 .. .. !5. ce 'O = <;> "' Q "' = -e ce = ,Q ;.. ce ;.::: ce -e ~ lo< ~ -~ ;.. ~ Q .... - ce ..... ~ ~ 2 =-- ce o spensavano bende di vera tama (tela): di quella tela cosi preziosa per loro e di cui i più non arrivano ad avere una fascia da cingersi alle reni. Quell' ~~bulatorio divenuto presto famoso in un largo raggio di vii-

1!1 eo.,solata 23 Q laggi all'intorno fu, per cosi dire, il primo rozzo cenacolo dove si gettavano le basi di una cristianità futura; dove la religione di Gesù Cristo nella prima sua apparizione siri· velava nel suo carattere essenziale: la carità. L'ambulatorjo di Tùsu fu altresì la prima scuola, non solo degli indigeni·, ma degli stessi missionari. Se questi si erano preparati all'arduo loro còmpito anche collo studio sommario delle principali lingue parlate alla costa dello Zanguebar, non potevano certo -essere addentro al p~rticolare linguaggio di un paese_pressochè inesplorato. E l'intendersi per mezzo della parola, è il primo passo per intendersi poi riguardo alle idee ed ai.sentimenti. Più tardi una vera scuola - elemen- .tare in tutta l'estensione del termine - fu impiantata per insegnare il malloa (il leggere e lo scrivere) ed anche Karòli, come molti nostri lettori ricorderanno, ne fu illustre discepolo (vedi incisione a pag. 22). Così fu che si stabilirono, più presto di quanto si potesse sperare, relazioni abbastanza larghe e cordiali tra i missionari e gli indigeni di Tùsu; anzi un certo numero di questi concepirono per i patri un sentimento di così pr?fonda stima, un affetto reverenziale eosì vivo, che fa stupire in poveri selvaggi, e mostra come la loro anima semplice e rozza .avesse in essi intuito .veramente gli inviati. di Dio. È caratteristico il seguente f11.tto, ri· ferito nel· diario ~el teol. Filippo Perlo, in data del 20 ottobre 1902. - « Mentre sto scrivendo lettere urgenti, -entra nella mia capanna un vecchio molto ornato ai collane e braccialetti: . ha figura intelligente e simpatica (vedi il ritratto a pag. 24); È il padre di uno dei nostri operai: giovane di 18 'anni, attivo, fedele, capace, il quale è da parecchi mesi al nostro servizio. Io ed il vecchio ci salutiamo coll'espansione di vecchi amici, e poi lo lascio tranquillo, coll'intenzione che lasci tranquillo anche me, dovendo finire le mie lettere. Sta un po' in· cantato davanti ~l battere dello svegliarino; osserva con attenzione quella complicata mac· china che è la lucerna a petrolio; sporge il ragg:rinzito viso sul mio scritto, tentando di D carpire i segreti che andavo confidando a quel pezzo di carta, e finalmente, battendo· la mano dalle lunghe ed adunche dita sulla mia spalla destr.a, grida: Atterere (ascolta, fa attenzione). Interrompo il mio lavoro per udire ciò che ha da dirmi. Egli mi parla nel· l'orecchio, quasi sottovoce, e va dicendomi, a frasi staccate, lentamente, che suo figlio da ora in avanti è anche mio figlio, e che come egli è suo padre cosi io sarò suo padre; che se suo figlio è cattivo con lui, egli lo batt-e; se è cattivo con me ~o lo debbo battere; che suo figlio a casa mia è come a casa sua e che mai più andrà via dal mio servizio, perchè io sono buono. Gli rispondo che sono miei figli tutti gli Akikùyu che ascoltàno le mie parole, e che anche lui, se le ascoltava, poteva essere mio figlio. • Capì egli il vero senso delle mie parole, oppure senti soltanto in cuore che esse erano buone? Si rizzò sulla pérsona e stendendo le braccia verso il cielo, tanto da sembrare più alto di quanto veramente fosse, col capo alquanto riverso all'indietro; stette alcuni minuti in silenzio, quasi pregasse od aspet· tasse un'ispirazione..Poi la sua voce si levò alta, quasi imperiosa. Egli gridò a Dio che lo ascoltasse, indi gli domandò che mi man· dasse tutti i beni, tutte le ricchezze; che la mia casa divenisse grande grande come il Kereniàga (il Kenia, gigante dei .monti della regione), che io fossi potente e forte come Karòli, e che il diavolo non riuscisse mai a farm.i alcun male. E disse ancora.' tante altre cose come se, in senso contrario, ripetesse t~tti gli anatemi e le maledizioni che la Chiesa manda ed invoca sui violatori dei monasteri. Io, conchiude il teol. Perlo, me ne stavo come assorto in contemplazione davanti a questo strano vecchio e subivo quasi un'illusione: che la barbarie e l'ignoranza 'fossero ornai scomparse dalle infelici terre africane, e che il Dio testè invocato da questo povero nero vi fosse già adorato in ispirito e verità ». Ci duole di non poterei qui estendere, riferendo mille graziosi fatterelli e dialoghi, ancora inediti, a cui dava luogo l'accorrere degli indigeni alla Missione, divenuta la casa

24 w eo.,solata d~ tutti; il centro d'onde incominciava a dif-1 fondersi una benefica corrente di vita nuova, di nuove conoscenze ed idee. Anzi, se ci siamo un po' a lungo trattenuti a richiamare t cose e fatti di Tùsu, è perchè- mutatis mutandis - le prime mosse fatte dai nostri missionari, la tattica ed i mezzi da essi adottati · in principio. per avvicinarsi agli indigeni, come i risultati inan mano conseguiti, rimasero in seguito sostanzialmente sempre gli stessi. o di queste relazioni: rosservare come dapertutto, alla diffidenza di chi teme e fugge, vada poco a poco subentrando il timido e poi il confidente avvicinamento; come da unà specie di terrore per il musungo si passi gradatamente a sensi di ammirazione, di riconoscenza, di vera affezione. Spigoliamo da diari di missionarii · e. suore. Fondata appena, ogni nuova stazione di missione apriva tosto il suo ambulatorio, e quando e come poteva la scuola; col crescere del personale - e specie coll' ingresso delle suore nelle missioni - si andava rego· larizzando e facendo quotidiana anche l'altra opera di capi· tale jmpox:tanza, cioè la visita ai villaggi. Es~a permettendo ai nostri di cogliere e studiare sul vivo la Un vecchio akikùyu (Da fotografia del teol. Perlo). « Andiamo alla visita dei villaggi verso il fiume Sagana-' scrive D. Gabriele Perlo, della missione della Madonna deila Provvidenza - in un paese battuto tre mesi fa dal governatore perla riscossione del tributo. Dapertutto ci. accolgono con timore: i bambini, che mai non videro donne come le suore, gridano a squarciagola e corrono a nascondersi spaventati. È con somma difficoltà che possia· mo medicare qualcuno, tanta è la loro diffidenza :.. vita indigena in tutte le sue circostanze e manifestazioni, nel i tempo stesso li faceva giorno per giorno avanzare di qualche linea nella confidenza dei neri, . dando loro modo di aggiungere sempre nuove anelli all'aurea catena della carità colla quale a sè li legavano, per condurli infine a Gesù Cristo. IL È assai bello ed interessante il seguire nelle varie località l'intrecciarsi progressivo l Ed il teol. Borda dalla Madonna dei Fiori: « Non sappiamo come meglio passare la festa di S. Giovanni che recandoci ad una lunga passeggiata apo- - stolica. Ci dirigiamò verso i villaggi posti al nord, dove il paese è ancora perfettamente sconosciuto. Abbiamo constatato che la popolazione nell'interno è assai densa, ma in istato pressochè selvaggio. Al nostro apparire fra le capanne fuggivano tutti, adulti e bambini, in preda ad un grande timore ». In un'escursione da un'altra parte, .un vecchietto domanda al teol. Borda: Vieni forse per rubarmi i montoni? - -In un secondo villaggio molti lo interrogano: Vai tu in giro

; lli eo.,sotata 25 Q per contare le nostre capanne, e dirne poi il numero al govet:natore_?. Alludevano al fatto che il governo inglese andava imponendo il tributo di una rupia per ogni capanna. Dal diario di suor Agnesina, addetta alla missione degli Angeli Custodi presso Niere: « Con suor Metilde e D. Barlassina visitammo oggi sei villaggi, arrivandovi per salite straordinariamente lunghe e faticose assai, causa il cresciuto caldo di questi giorni. Trovammo gente di straordinaria selvatic:ihezza e diffidenza verso di noi. La maggior pa;te vedendoci comparire, fuggivano al bosco gridando: I musunghi vengono per ammazzarci! - _oppure-vengono a prenderei i montoni! - Appena qualcuno dei più coraggiosi si fermava, a rispettosa distanza, guardandoci con aria spaventata ed ostile. Riusciti ad avvicinare cautamente due o tre·di costoro, cercammo di persuaderli che lo scopo della nostra visita non era quello che essi temevano, sibbene ·volevamo stringere amicizia con loro e far loro del bene. Ma le nostre parole non furono credute, e dolenti dovemmo andarcene altrove». Un altro squarcio del medesimo diario dice: « Sempre la stessa cosa ci capita: appena entriamo in un villaggio, una parte della gente scappa e gli altri tirano a scappare..... Si perderebbe il coraggio, se non si pensasse che Iddio tiene in gran conto anche queste v!site in apparenza -inutili, e che da esse saprà a suo tempo trarre qualche bene per questi cari neri! ». Non mancano fra queste note scoraggianti i piccoli aneddoti lepidi. La stessa suora racconta: «Un bambino ci fece ridere di cuore. Appena ci vide fuggi di corsa, e giunto in un villaggio cintato, d'onde non poteva più scappare, ci diceva: Vi do banani, patate, tutto quello che volete, ma non mangiatemi, }asciatemi tornare a casa! Cercammo di tranquillare il piccino, ma appena lasciato in libertà, se la diede a gambe come un leprotto ». Alquanto pi-i:t avanti-nelle date, non è più la fuga generale, ma le visite hanno pur sempre esito negativo, quanto ad effetti im- . mediati. Racconta D. Barlassina, sempre della stessa stazione degli Angeli Custodi: « Ci portammo per tempo alla visita dei villaggi. Per via incontravamo lunghe file d'indigeni specialmente donne, cariche di enormi some di banani, patate e moguo (specie di sale che gli Akikùyu ottengono dalle ceneri di certe piante). Tutti erano diretti ad un grand_e mercato. Raramente rispondevano al nostro saluto; alcune donne correvano a nascondersi nel bosco. Come vanno gli affari? chiesi ad un crocchio di uomini seduti nell'erba. Essi non mi risposero, voltando altrove il capo per sfuggire il nostro sguardo ». E ancora: «In un villaggio trovammo una quarantina di persone, sedute a terra ed intente a ciarlare animatamente. Al nostro apparire tutti tacquero. Noi rivolgemmo loro dolcemente la - parola, ma o non rispondevano, o lo facevano ·con un'indifferenza da non potersi descrivere. Quasi tutti àvevano piaghe;. era una vera compassione! Ma appena nna donna, dopo infinite assicurazioni, si lasciò medicare un piede straordinariamente gonfio e permise che dessimo qualche rimedio ad un suo bambino malato; gli altri ci dissero : Noi non vogliamo essere curati dai musunghi, nè vogliamo le loro medicine che non sono buone ». Nel diarie di suor Opportuna, della missione di S. Giuseppe a Limùru, dopo notata la gita faticosissima per ·colline ripide e sdrucciolevoli-in sommo grado per la pioggia caduta, è detto-: « Pazienza, questo è nulla: ciò che ci addolora è che nei villaggi da,nno a vedere di aver paura di noi~ gli infermi non vogliono essere curati; le donne ci guardano con diffidenza e mormorano fra di loro; i bimbi fuggono nel luogo più recondito della capanna per non essere veduti. Sia anche questo per amor di Dio! »- E così - per non ripetere citazioni quasi identiche nella sostanza- in tutte le stazioni di fondazione recente. III. Una fluo•• a ricetta- Il segreto dell'ambulatorio - Sei senza naso tt~ J' - Il patri è come la mamma - {Juanti malati l Però la paura e la diffidenza andavano grado a grado cedendo all'infallibile ricetta: pazienza, dolcezza e carità. Nel Kikùju, come

26 J.ll· e o f) s o l a t a - in tutta l'Africa, è caratteristica la rapidità con cui le notizie si propagano fra i neri, di lor natura fantastici ed impressionabili come fan_ciulli, girelloni ed avidi di fare ed udire chiacchere. Intanto che s'andavano fondando ·le varie stazioni di missione, buon numero di indigeni rimanevano qualche tempo a contatto diretto coi missionari, quali portatori . od operai, ed imparavano a conoscerli. Essi distruggendo poi nei loro villaggi le false prevenzioni, invogliavano i loro conterrazzani a venire alla missione a visitare i patri; a vedere coi loro occhi le meraviglie di fabbriche che sorgevano, di oggetti non più ve duti che arrivavano dall~Europa. Ma ciò che più valse ad attirare i neri verso il missionario furono pur sempre le cure ai malati « il mezzo - ci scriveva ancora recentemente il teol. Perlo- che è forse l'unico per accaparrarsi rapidamente · queste popolazioni Belvaggie, le quali non conoscono altri bisogni se non quello di una medicina che essi non hanno ». I primi accorsi all'ambulatorio diciascuna stazione, curati e guariti, ne richiamavano altri in numero progressivamente crescente: tutti poi disponevano i timidi e gli impGtenti rimasti nei villaggi, ~ non solo a sottomettersi volentieri alle cure, ma ad invocarle; a far chiamare il missionario o le suore in luogo del mogo (medico indigeno o stregone) che andava di giorno in giorno perdendo terreno. « È certo - scrive il teol. Bertagna ·da Limùru - che i neri incominciano ad apprezzare altamente l'operato nostro. Essi che, se son sani, non toccherebbero per qualunque cosa una piaga infettiva, al veder noi farlo senza alcun ribrezzo, con tanto amore; farlo noi i quali siamo pure musunghi, come il governatore, taciono e le loro menti si confondono. Da un preconcetto timore passano man mano ad una illimitata con:fidenza:ci vengono attorno e c'invitano a visitare la loro capanna, .a mangiare del loro cibo. E noi ci sforziamo di soddisfarli in tutto, ·affinchè non abbiano più timore di noi; ci prendanò affezione e vengano a capire - com' è loro possibile - la nostra nobile missione fra di essi ». «Questa mattina - narra D. Scarzello addetto alla stazione della Consolata- stavo medicando una piaga assai fetente. Gli indigeni mi domandarono : - ·Sei senza naso tu ? -Oh, certo-che no. - Allora come va che non ~enti il puzzo? - Sì che lo sento.... e ben forte. - Ed alle loro esclamazioni di meraviglia ripresi: Ma vostra madre non vi medicherebbe? - Sì, sì, ci medicherebbe. -Ebbene, ripresi, il patri è come vostra madre. Non osai dire éome vostro padre, ·sog; giunge argutamente D. Scarzello, perchè dubito assai che il loro padre volesse medicarli ». Costretti dallo spazio non moltiplicheremo · questi tratti graziosi e commoventi, che si potrebbero dai diarii estrarre in gran numero. Solo raccogliamo ancora qua e là alcuni cenni, i quali, dimostrando il crescere della clientela dei nostri medici in sottana ed in gonnella, danno anche una delle principali ragioni del felice cambiamento che si va operando a loro favore fra gli indigeni in ,tempo assai più breve di quello che gli esperti in materia, ed essi medesimi, avessero preveduto. Scegliamo a: caso. Stazione del S. Onore (Moranga). ~« È impossibile- scrive D. Gia~osa -far passare tutti quelli che giornalmente si presentano all'ambulatorio »-Il diario delle suore nota: « Suor Maria è stata oggi t~tto il mattino occupata a medicar malati. E tutti i giQrni si rassomigliano ». Stazione di S. Giuseppe (Limùru).-~ Suor Scolastica passa il mattino curando infermi». - ·« Suor Antonia trascorse il di attendendo agli ammalati, che continuamente si presentavàno ». - E ancora, sotto la data di un giorno in cui a questa missione-procura ferveva il lavoro per trarre dal magazzino e preparare i carichi di derrate da rifornire varie stazioni: « La suora Assistente cura ·i malati, e, con quelli che lo sono veramente, si presentano molti, di cui chi dice di aver male alle ossa, chi mostra una piccola piaga in un dito; chi si è tolta una spina dal piede e gli è rimasto un buco grosso come la cruna di un ago...._Eppure bisogna aver pazienza, non

1.2 eof1solata -27 badare al da fm·e, trattare e medicare tutti -colla più grande carità ». Stazione della Madon'(ta della Provvidenza. - « Oggi, avendo piovuto tutto il giorno, restammo in casa, e così suor Faconda, e amor Gandene medicarono più di 100 amma· lati ». E uguale andamento ha la cronaca di ·tutte le stazioni. IV. .I primi /'rutti delle visite ai villaggi - Cari qu·ei liamliim:l- It patri viene- Muarl oka 1 Da ciascuna missione intanto, come raggi -da benefico focolare, le opere di misericordia incominciavano ad espandersi e potersi prati- ·care anche nei villaggi e, colla benedizione -di Dio e.la materna compiacenza della Con- .solata, cominciavano ad avverare gli auguri ·fatti dal buon vecchio di Tùsu al teol. Perlo, rendendo lui ed i suoi confratelli e consorelle :9randi nel pa!lse e ricchi di crescente amore presso gli ,indigeni. « Abbiamo ricominciato regolarmente -le visite ai villaggi, scrive D. Giacosa, della ~issione del Sacro Cuore. Troviamo la po· polazione assai più ben disposta clie per l'addietro: si constata con vera consolazione -<lhe siamo ora assai più conosciuti che non -due mesi fa, e che le nostre parole incominciano ad essere ricevute dagli indigeni, come .se noi già fossimo. della loro gente ». Stazione degli Angtli Custodi. - Diario -di D. Barlassina: « Visitammo oggi 12 vil- -laggi, tutti ben numerosi di abitanti. Se in .:alcuni, in cui ci recavamo per la prima volta, la gente ancora fuggiva, invece nei villaggi -dove già in . qualche modo ci conoscevano, .gli indigeni si mòstravano contenti della nostra visita; potemmo curare ben 42 ammalati ». -,- « Mentre in principio, continua lo stesso diario, nei villaggi ci nascondevano i malati, specialmente i bambini, per paure - superstiziose, ora già succede il. contrario: ·quando in un villaggio vi è qualche infermo .che non può muoversi, vengono ad invitarci per andarlo a trovare». - Appunti in questo senso man mano spesseggia.no in diari di missionari e suore. A queste poi toccò naturalmente la parte più bella nella conquista d~i bambini. «Le due suore di turno (Missione del Sacro Cuore' di Gesù) andarono stamane alla visita in otto villaggi, e tornarono a casa contente per essersi acquistata la confidenza di molti ragazzi e fanciulle. Una graziosa bambina saltò in grembo a ·suor Metilde, e non finiva di farle carezze, di toccarle il rosario, il velo, il cappello ». «Un morettino di circa 8 anni a cui ave· vamo medicato un piede - scrive suor S. Alessio (Missione della Madonna della· Provvidenza) - levata la buccia ad un banano che aveva, ne porse col miglior garbo un pezzo a suor Faconda ed a suor Gundene, dicendo a ciascuna: Ooruma, coruma/ (mangia, mangia!}.- In diversi villaggi, continua il diario della stessa suora, trovammo molti seduti al fuoco, intenti ad abbrustolire pannocchie di meliga e mangiarle. In altri si faceva il tembe (vino di banani). Dapertutto ci offrivano di quello che mangiavano loto o da bere, e ci voleva del bello e del buono a schermirsi senza offendere questi cari neri, ahe ora ci dimostrano tanta affezione. Nel villaggio che visitammo ultimo, specialmente le donne e le fanciulle non ci volevano lasciar partire, e ci andavano dicendo: Fermatevi qui éon noi a dormire, vi faremo un bel letto; vi prepareremo una buona cena; diteci quello che vi piace. - Molte· ragazze Ci seguirono poi per lungo tratto di strada; con fatica riuscimmo a farle tornare indietro »· E poco a poco le suore finiscono per avere dapertutto un corteo di fanciulli, spesso dei veri grappoli umani appesi alle braccia ed agli abiti, portandosi dall'uno all'altro spazio fra le .capanne, dall'uno all'altro villaggio. «.Come volentieri - dice D. Gabriele Perlo - le madri cedono ora alle braccia delle suore i loro bambini, e quanto sono felici quand'esse li accarezzano! Poco alla volta noi riusciamo a farci akikùyu ed entriamo ogni giorno più nella loro vita». Difatti qual via più sicura per giungere al cuore dei genitori che la medicazione dei loro bimbi?

llt 80f1.SO{ata N arra D. Scarzello (Missione di Tùsu) • Tornando da un mio viaggio, giunsi ur: mattino nel territorio di Kagnagnèine,, posto tra Tùsu e Lueno, dove più volte avevo preso operai e boys per i servizi delle vicine sta· zioni, ed ero perciò assai conosciuto. La voce del primo ragazzo che mi vide squillò per la valle: Patri viene - altri ragazzi subito vi fecero eco, correndo ·ad incontrarmi. Io m'ero .gm~~~·~~~~~~~~~.op dere, non avendo ancora noi tal possesso della lingua kikùyu da capire perfettamente in alto ed in basso ci son figure nere: da ogni parte giungono al nostro orecchio richiami amichevoli: Muari okal (Vergine, l vieni!). Ma noi, desiderose di proseguire il nostro cammino perchè l'ora si fa tarda, rispondiamo: Okuenda·ke? (Che vuoi?)- Oka .kogleisa. (Vieni a salutarmi)..... Che fare? Ridiamo un tantino e poi replichiamo: Venite voi a salutare le muari: noi vi aspettiamo qui'. Ed ecco gli uomini a lunghi passi attraversare pendii ed avvallamentj; le donne con carichi enormi di patate, e certune con un bimbo sul dorso ed un altro davanti, raggiungerei di Donne akikùyu (Da fotografia àel teol. Perlo) corsa, per conversare qualche minuto con noi, e ]asciarci p oi assiso sull'erba per riposarmi alquanto, e ben presto mi trovai circondato di miei vecchi conoscenti e di loro amici. Molti mi offrivano viveri con tal i;nsistenza che, per accontentar tutti, dovetti da ciascuno prendere qualche piccola cosa per ·la mia colazione »· Cediamo un'altra volta la parola alle suore di Limùru (Missione di S. Giuseppe), in via verso i villaggi: « Oramai abbiamo conoscenti ed amici in tutta la nostra regione. C'imbattiamo in gruppi di uomini e di donne. A tutti bisogna dire una parola: tutti vogliono sapere dove andiamo ed a che cosa fare. Non ad ogni domanda ci è dato rispon· l~ con un caldo jàmbo (addio) ed una buona stretta di mano». v. Il rovescio della medaglia - La capitale di ~ Mongururìtt presso ta Missione dei Ss. Alt· geli Custodi - Una constatazione del dottor Binde - Sintistica che dà ragione dei l fotti- Care speranze. Tutti i diari delle nostre Missioni riboccano ora di scene consimili: il movimento· degli indigeni' verso i missionari si accentua l con si stupenda progressione da animare di nuovo zelo i nostri, che vi veggono una visibile sanzione della Provvidenza, il più bel

1l1 8o11solata 29 ;remio al~loro .fatic~::erbiamo per =ril!;o;i=«"'U=n;;;;;'a;;;;;lt""r""a,.;;~;;;;;pos;rova;-d_,i_,s""ti•m~;;a=e""d;o;'oc;;;a;;;;;ffi.,et_,t;;;~o.:~:i numeri del periodico cari e drammatici rac· ~ danno ?ra questi cari indigeni: uomini e .conti; però non sappiamo trattenerci dall'al- donne passando davanti alla nostra casa per lungare an_cora il presente articolo, riportando recarsi a lavorare al forte di Niere o nei ·un brano di lettera di D. Barlassina al nostro loro campi, entrano a salutarci e si fermano Rettore, lettera da cui appare che appunto anche ore intiere, poichè il tempo per loro là dove la popolazione si mostrava più sel- non è moneta. Ci sono gli habitues che venvatica e riserbata, quasi ostile anzi, al mis- gono infallantemente ogni giorno, tra cui gionario, cioè nel distretto della Missione_di molte ragazze desiderose d'intrattenersi colle Niere, ora sia maggiore lo slancio di stima suore. Speriamo che giorno per giorno aumenti -e di confidenza verso il medesjmo. - l'opera della grazia di Dio in queste anime, «È aumentata in modo straordinario la per le quali siamo venuti :». Ed invero, quale soddisfazione che provo lavorando in questa miglior pronostico vi può essere per il buon stazione. Ringraziando Iddio e la Consolata, si pastore, che il vedere le pecorelle raggrupè operàto un vero cambiamento in questa po· parsi a lui dintorno? polazione la quale, deposto il timore e la fred- D'altronde non si potrebbe, a favore dei dezza primitiva, si è andata sempre maggior- nostri, desiderare un'attestazione più automente avvicinando ed affezionando a noi. Le revole per la fonte e migliore per la sostanza, visite ai villaggi ci danno ora care speranze: di quella loro data dal governatore della progli indigeni si radunano intorno a noi nume- vincia del Kenia, Dr Hinde, il quale e per rosi in amichevoli conversazioni; ci offrono la lunga residenza in Africa,. e per n· non cibo; ci presentano i malati con piena fiducia. facile compito tocéatogli di aprire il Kikùyu « Una singolare dimostrazione di vera al governo inglese, conosce perfettamente stima è quella che ricevemmo in questi giorni. l'ambiente del paese ed il carattere degli Il governo inglese aveva deposto il capo prin- abitanti. Orbene il Dr Hinde, fin da un anno ·cipale di questa regione, certo N oeri, inviso fa, diceva al teol. Perlo queste precise pa· agli indigeni per le sue prepotenze, e su do- role: « Gli indigeni già vi conoscono in una ·manda fatta da essi con alla testa Karòli, maniera ben differente d~ quella con·cui coaveva eletto a nuovo capo Mangururì-u: un noscono il governo. Per formare carovane o nero già avanzato in età, di carattere buono avere lavoratori, voi non avete che a far core di non comune intelligenza, tenuto in gran· rere la voce; invece il governo deve trarre dissimo conto anche dalle popolazioni dei di- gli, uo~ini a forza. Voi viaggiando anche in stretti viciniori che lo assediano sempre per zone inesplorat\), già si~te per fama conoaverne i responsi, essendo egli altresì il sciuti e chiamati per nome come amici; già mundo mogo (stregone-medico) più impor- si è diffuso nel paese l'uso di imporre ai tante. Mangururìu che, affezionatosi a noi, neonati i vostri nomi ». già in parecr.hi incontri ci aveva favoriti, dopo la ·sua elezione ci chiese di poter tra- . sportare la capitale, cioè il suo villaggio, press'o la Missione sui terreni di nostra proprietà: Il, t_eol._Perlo, al quale trasmisi tosto la di- . manda credette di. esaudirla, ed ora è uno spett~colo bellissimo sotto doppio aspetto il veQ.er sorgere accanto alla nostra stazione - una cittadina di capanne, che si moltiplicano rapidamente, molti essendo coloro che vi hanno trasportato o vi stan trasportando le loro abit8zioni. Coll'ampiezza consentitaci dallo spazio, abbiamo veduto come si fosse arrivati al consolante risultato affermato dal Dr Hin_de, e come il medesimo siasi poi fatto più pieno e generale. Il processo lungo e paziente di : lavorazione d'ambiente è,.in certo qual modo, sintetizzato e reso materialmente visibile nei seguenti pochi, ma precisi dati statistici, risultanti dai registri tenuti nelle varie Missioni: dal loro ingresso in Africa, cioè dal

30 J11 8of)solata QQ=~~~·=-=-~~~~s~a.--~~~--~~~~~~~~CP· 29 giugno 1902, fino al l 0 ottobre 1904, i missionari della Consolata hanno Dfedicati 33369 malati, parte negli ambulatori e parte a domicilio; hanno fatte 18403 visite aì villaggi. Nell'esercizio della carità di Gesù Cristo, . sotto l'occhio materno della Consolata, i con· tatti si sono moltiplicati con un motus in fine velocior che segna l'apice del secondo stadio di lavoro apostolico dei nostri. Coll'ingenuo abbandono della confidenza e dell'affetto, pur senza saperlo, i poveri neri andavano ornai implorando l'aiuto spirituale di coloro a cui avevano fin qui chiesto soltanto la protezione od il ri~edio materiale. Come i missionari della Consolata siano entrati nel terzo stadio dell'opera loro, cioè nella diretta evangeli~­ zazione degli Akikùyu, e come questa proceda, diremo in altro articolo, trattando un argomento oltremodo dolce e confortante per noi e per i molti che benefi~ano e seguono con vivo interesse l'andamento delle nostre missioni d'Africa. NUOVA PARTENZA DI MISSIONARI ESUORE per le Missioni della Consolata in Africa Il 28 dello scorso ge.,nnaio si sono imbarcati a Trieste, 11ul piroscafo Boemia del Lloyd Austriaco, diretti a Mombasa (Africa Orientale) i seguenti : Teol. Rolfo Giov. Battista di Faule Do1n Bellanì Angelo di Palosco (Brescia) Coadiutore Aquilino Caneparo di Torino Su.ar Eutimia (Amalia Dettoni) Suor Benedetta (Angela Olmo) Su?r Maria Om·ola (Fiorina Cecchini) Suor Dolores Massima Tribocco) Suor Teresa Cottolenga (Rosa Oattoi) Suor Santa Paolina (Angela Gallina) Li raccomandiamo alle preghiere dei nostri la<t>'i P" •=::• felioo viaggio. . ~ RIOOR.DIAMO che a cominciare dal 1° gennaio 1905· . l'abbonamento a questo periodico è devo-- luto intieramente a benefizio delle Missioni· della Consolata in Aft·ica. Preghiamo quindi i nostt·i abbonati e· benefattori che nel mandare offerte vogliano· . indicm·ci se esse sono per l'abbonamentoal periodico, cioè a favore delle lJfissionir oppure pel compimento dei lavori del san.:. tuario. Tutte le offerte mandateci finora senza indicazione vennero assegnate a benefizio del santuario. Chi le avesse inviate con altra intenzione è pregato . di avve?·tircene. LA DIREZIONE. OFFERTE per le Missioni della Consolata in Africa (pervenute al C.co ALLAMANO nel1904 e)905) Torino. Cecilia Dogliotti Colongo, p. g. r., 100; Conte Massimo Biandrà di Reaglie, 20 ; Madd'alena Casaleggio n. Mal'ioni, IO; Signora P. M., 12; N. N., 20; Virginia Cervini, augurando inèr&- mento ai collegio dei Catechisti a Niere, intitolato all'Immacolata, 25; N.. N.: in sul tramonto della vita, nell'avventurato giorno in euil ebbi la suprema grazia del S. Battesimo, [offro)_riconosce»te L. IO ; Contessa Roero di Monticelli, 2 tovaglie pér altare e pizzi; Virginia Silvetti Lamp~ri, per ottenere grazia, 50; Damig. C. ~G. ipsegnante, 100; V. S. L., p. g. r., 50; Scbenone Emanuele! (fabbrica ut~nsili da falegname, via Nizza, n. 23, nel-cortile) offre un bell'assortimento di utensili per la segheria di Tùsu. Firenze- March.sv Adele Alfieri dì Sos.tegno, 500 ·- Pinerolo-Cravero B., p. g. r., 2 - ~ettimo- · PerottijD. Giovanni, vicario, 25- Cuneo- Felicita Bai ved. Moschetti, 5 - Olgiate- Redaelli Luigia, 2 - Govone. D. Sibone Antonio, 2 - Aosta-Le suore di carità, 2-Stresa- Eulodia Lamberti, 3 -Saluzzo- Arese Cristina, 3-Alassio-Romersi Luigi, 2 - Ceresole - Colombo Battista, 2 - Darfo. èatterina Cenni, 2 - Est De"Voto-Moli-

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