Missioni Consolata - Febbraio 1905

1l! 8o11solata 21 . fummo colpiti da un grande schiammazzo che veniva da due punti diversi. «Quasi nel centro deHa conca stavano raccolti una quarantina di giovani tutti armati J. di lancia e scudo, mentre per il declivio . della collina a mia destra ne scendeva un secondo gruppo parimenti armato; gli uni e gli altri spiccavano grandi salti, emettendo alte grida-. Io supposi che i camerati si salutassero così scambievolmènte, ma tosto dovetti -ricredermi. Lo spavento che si dipinse sul volto dei miei portatori; il rifugiarsi del mio piccolo boy tra le mie gambe, mi palesarono le cattive intenzioni di quei grandi guerrieri. Preso come fra due fuochi, io non avrei potuto retrocedere: e poi quale fiducia avrebbero serbata ancora in me 'i miei ùo· mini, se m'avessero veduto fuggire? D'altronde, di che temere, quando la mia vita era nelle mani del Signore? - M'arrestai e raccolsi la piccola carovana in gruppo serrato. Chiesi spiegazione delllimprevisto accidente all'uomo che avevo preso come guida, il quale, tremanje per la paura, mi rispose che di passar oltre conveniva deporre ogni pensiero; che quegli armati volevano farmi del male. Conveniva agire prontamente. «Ai guerrieri che mi si avvicinavano faccio dire ch'io sono lìerisì un musungo (bianco), ma uomo 'di Dio j che vado a Karmuti soltanto per curare malati, dei quali già molti ho curato nelle località vicine; che sono buono e non faccio male nè prendo roba ad alcuno... A tali assicurazioni alcuni fanno atti di meravigHa, ma i più ne fanno d'incredulità e sogghignano sinistramente. Mentre durano i parlari, con frasi dolci da parte mia e dei miei e con petulanti e baldanzose da parte degli avversari, per fortuna mi volto a guardare i miei uomini che si erano aggruppati dietro di ine; il boy che portava il mio fucile, credendo che io lo volessi, celeramente me lo. rimette. I guerrieri, s'immaginano che io voglia far fuoco su di loro, e mal dissimulano il panico che li invade; anzi alcuni van dicendosi concitati: prende il fucile! prende il fucile!... e fuggono. Ciò, non occorre dirlo, mi dà la chiave per sciogliere la questione: faccio la voce grossa; dico che avevo stabilito d'andare a Karmuti e ci sarei andato; intimo ai miei uomini un imperioso: avanti! All'inaspettata mia risolutezza, i prodi subito si ritirano !asciandomi libero il passo, ed io, riconoscente al Signore, ripiglio l'itinerario che mi ero prefisso». I missionari della Consolata dovevano dunque differenziarsi subito ben nettamente dai.musunghi (bianchi) della razza di quell'avventuriero, ed anche dagli agenti del governo; dovevano alle rozze menti dei poveri neri fare comprendere che essi erano veramente gli uomini di Dio, venuti unicamente per far del bene a tutti gli indigeni. Ma come arrivare a ciò? Essi non avevano che a seguire l'esempio del Divin Maestro, del primo missio· nario venuto dal Cielo a convertire il mondo,· di cui il Vangelo compendia la pubblica car· riera con queste parole: pertransiit benefa· ciendo et sanando omnes. Alla più scrupolosa equità e giustizia nei loro rapporti cogli indigeni; alla pazienza longanime e multiforme nel.sopportare, consigliata dal grande apo· stolo S. Paolo, i missionari della Consolata aggiunsero le opere di cristiana carità, specie quella di curare gli infermi. Essi avevano incominciato col medicare le piaghe degli uomini assoldati.come portatori, nella carovana che li internò nel paese e li guidò a Tùsu. Questi portatori, che da Tùsu appunto si erano fatti venire all'uopo, ritornati ai loro villaggi vi diffusero la strana novella che i musunghi testè arrivati non erano come gli altri, ma erano buoni ; non battevano i neri, ma li pagavano equamente con rupìe sonanti e oltre a ciò - cosa inaudita - volevano curare i malati del paese, senza alcun compenso, ed insegnar a tutti le belle cose che. sanno i bianchi. Nel Kikùyu, sebbene paese di clima sanissimo, si riscontrano alquanto frequenti fra gli indigeni disturbi gastro-enterici o polmoniti, data la mancanza fra loro dei più elementari riguardi igienici, e la deficienza quasi asso· Iuta di vestimenta che li espone senza difesa alle variazioni atmosferiche, specie al freddo intenso delle notti. Vi sono poi comunissime

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