; lli eo.,sotata 25 Q per contare le nostre capanne, e dirne poi il numero al govet:natore_?. Alludevano al fatto che il governo inglese andava imponendo il tributo di una rupia per ogni capanna. Dal diario di suor Agnesina, addetta alla missione degli Angeli Custodi presso Niere: « Con suor Metilde e D. Barlassina visitammo oggi sei villaggi, arrivandovi per salite straordinariamente lunghe e faticose assai, causa il cresciuto caldo di questi giorni. Trovammo gente di straordinaria selvatic:ihezza e diffidenza verso di noi. La maggior pa;te vedendoci comparire, fuggivano al bosco gridando: I musunghi vengono per ammazzarci! - _oppure-vengono a prenderei i montoni! - Appena qualcuno dei più coraggiosi si fermava, a rispettosa distanza, guardandoci con aria spaventata ed ostile. Riusciti ad avvicinare cautamente due o tre·di costoro, cercammo di persuaderli che lo scopo della nostra visita non era quello che essi temevano, sibbene ·volevamo stringere amicizia con loro e far loro del bene. Ma le nostre parole non furono credute, e dolenti dovemmo andarcene altrove». Un altro squarcio del medesimo diario dice: « Sempre la stessa cosa ci capita: appena entriamo in un villaggio, una parte della gente scappa e gli altri tirano a scappare..... Si perderebbe il coraggio, se non si pensasse che Iddio tiene in gran conto anche queste v!site in apparenza -inutili, e che da esse saprà a suo tempo trarre qualche bene per questi cari neri! ». Non mancano fra queste note scoraggianti i piccoli aneddoti lepidi. La stessa suora racconta: «Un bambino ci fece ridere di cuore. Appena ci vide fuggi di corsa, e giunto in un villaggio cintato, d'onde non poteva più scappare, ci diceva: Vi do banani, patate, tutto quello che volete, ma non mangiatemi, }asciatemi tornare a casa! Cercammo di tranquillare il piccino, ma appena lasciato in libertà, se la diede a gambe come un leprotto ». Alquanto pi-i:t avanti-nelle date, non è più la fuga generale, ma le visite hanno pur sempre esito negativo, quanto ad effetti im- . mediati. Racconta D. Barlassina, sempre della stessa stazione degli Angeli Custodi: « Ci portammo per tempo alla visita dei villaggi. Per via incontravamo lunghe file d'indigeni specialmente donne, cariche di enormi some di banani, patate e moguo (specie di sale che gli Akikùyu ottengono dalle ceneri di certe piante). Tutti erano diretti ad un grand_e mercato. Raramente rispondevano al nostro saluto; alcune donne correvano a nascondersi nel bosco. Come vanno gli affari? chiesi ad un crocchio di uomini seduti nell'erba. Essi non mi risposero, voltando altrove il capo per sfuggire il nostro sguardo ». E ancora: «In un villaggio trovammo una quarantina di persone, sedute a terra ed intente a ciarlare animatamente. Al nostro apparire tutti tacquero. Noi rivolgemmo loro dolcemente la - parola, ma o non rispondevano, o lo facevano ·con un'indifferenza da non potersi descrivere. Quasi tutti àvevano piaghe;. era una vera compassione! Ma appena nna donna, dopo infinite assicurazioni, si lasciò medicare un piede straordinariamente gonfio e permise che dessimo qualche rimedio ad un suo bambino malato; gli altri ci dissero : Noi non vogliamo essere curati dai musunghi, nè vogliamo le loro medicine che non sono buone ». Nel diarie di suor Opportuna, della missione di S. Giuseppe a Limùru, dopo notata la gita faticosissima per ·colline ripide e sdrucciolevoli-in sommo grado per la pioggia caduta, è detto-: « Pazienza, questo è nulla: ciò che ci addolora è che nei villaggi da,nno a vedere di aver paura di noi~ gli infermi non vogliono essere curati; le donne ci guardano con diffidenza e mormorano fra di loro; i bimbi fuggono nel luogo più recondito della capanna per non essere veduti. Sia anche questo per amor di Dio! »- E così - per non ripetere citazioni quasi identiche nella sostanza- in tutte le stazioni di fondazione recente. III. Una fluo•• a ricetta- Il segreto dell'ambulatorio - Sei senza naso tt~ J' - Il patri è come la mamma - {Juanti malati l Però la paura e la diffidenza andavano grado a grado cedendo all'infallibile ricetta: pazienza, dolcezza e carità. Nel Kikùju, come
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