Missioni Consolata - Settembre 1904

.lllno VI - N. 9 Settembre 1904: PERIODICO o RELIGIOSO o MENSILE � ESCE AL PRINCIPIO DEL MESE � DIREZIONE PRESSO LA SAGRESTIA IN ' TORINO

1° - Nella Compagnia della SS. Vergine della Consolata canonicamente eretta in Torino nel Santuario della B. V. deUa Consolata, è stabilita una speciale Sezione per accogliere tutte le persone devote di Maria Santissima, che intendono di promuoverne il culto e la divozione sotto il titolo soavissimo della Consolata e di assicurarsi per tal modo le sue speciali consolazioni in vita ed in punto di morte. 2° - Le persone ascritte a questa Sezione si faranno un impegno di onorare Maria SS. Consolata, invocandola ogni giorno colla giaculatoria: Santissima Vergine della Consolata, pregate per noi (100 giorni d'indulgenza ogni volta), ne porteranno indosso la medaglia, la visiteranno sovente nel suo Santuario e ne terranno in casa l'imagine, facendola oggetto di speciale venerazione. 3°- Sono giorni di speciale divozione, per gli ascritti, tutti i sabati dell'anno e in modo particolare quelli della quaresima ed i nove che precedono la festa titolare del 20 giugno. Si prepareranno a questa solennità con una fervorosa N ovena e coll'accostarsi ai SS. Sacramenti. 4° - Interverranno possibilmente alla solenne processione che ha luogo nel giorno della festa; in essa avranno un posto distinto e porteranno come distintivo una medaglia della Consolata con nastro celeste. 5° -·Possono ascriversi a questa Compagnia tutti i fedeli di qualunque età e condizione e farvi inscrivere i membri delle loro famiglie, anche òefunti. 6°- Le accettazioni si ricevono nella sacristia del Santuario, in ogni giorno dell'anno, da un sacerdote appositamente delegato dal Direttore. 7° - La quota personale d'inscrizione è di lù·e l! n a, da pagarsi per una volta tanto, che si farà tenere alla sacristia del Santuario unitamente al nome e cognome della persona da inscriversi, e se ne riceverà la pagella di aggregazione. La 1nedaglla, particolarmente benedetta, ed il nastro da portarsi in processione, si possono avere dalla sacristia del Santteario, pagandone l'i1nporto di cent. 50 (Indicare ss si desidera it nastro per uomo o per donna). 8° - Dil'ettore della Compagnia é il Rettore del Santuario 9°- Gli ascritti, tanto vivi come defunti, godono del vantaggio di cinquantadue lll esse annuali, celebrate all'altare della Consolata in ogni sabato dell'anno alle ore 8, ed applicate esclusivamente secondo le inten· zioni dei Confratelli e Consorelle di questa Sezione. Partecipano inoltre a tutto il bene che si fa nel Santuario e particolarmente alle speciali preghiere che ogni giorno si recitano nel Santuario per i Confratelli e Consorelle inferme. Gli ascritti che abbisognano di qualche grazia sono pregati di renderne avvisato il Direttore della Compagnia, il quale li raccomanderà alle preghiere dei divoti nel Santuario. 10° - I nomi degli ascritti saranno raccolti in apposito registro, che verrà religiosamente conservato ai piedi del quadro miracoloso della SS. Vergine della Consolata, e vi rimarranno quale attestato di ossequio alla Celeste Patrona per attirare su di essi e sulle loro famiglie nuove grazie e benedizioni. A.nertenze. - 1° Possono ascriversi a questa Compagnia anche le persone residenti fuori di Torino. 2° Per essere ascritti alla Compagnia basta fare l'offerta di lire l per una volta tanto, e non è necessario acquigtare la grande medaglia benedetta da portare in processione, nè lo speciale diploma d'aggregazione.

Settembre 1904 PERIODICO RELIGIOSO MENSILE ·� �nsoiata ����- DIREZIONE �(l SO:M:�ARIO � Le feste centenarie della Consolata fuori di Torino - I PREsso LA � Missionari della Consolata in Africa: Relazione della carot vana da Naivasha a Niere e Kekondi - Offerte fatte \ dai gruppi di Pellegrini �elle passate feste centenarie - Dono cospicuo - Indulgenze a chi visita il Santuar-io nel mese di ] settembre - Orario delle Sacre Funzioni pel mese di set- �� ié' tambre. \, O/l'erte per l'ampliamento d61 Santuario. ... ··j; Le fes�e oenbenarie della Consolaba fuori di Toriqo. Ne.l numero di luglio-agosto abbiamo data una breve e pallida descrizione dei, festeggiamenti svoltisiin Torino nel passato giugno, il cui ricordo perdura vivo e dolcissimo nella memoria e profondo nel cuore di tutti. Tale descrizione però, anche nel suo carattere sommario, sarebbe troppo incompleta, se non fosse integrata con un cenno delle feste celebratesi per 1o stes�o centenario della Consolata fuori di Torino. · Il Piemonte sempre saldo e solidale nella fede avita, che è il segreto della sua forza leggendaria, ha voluto essere più che mai cor unum et anima una colla sua capitale nel celebrare le glorie della secolare sua Patrona. Da quanto più volte .ci occorse di dire riguardo a santuari, cappelle, altari, piloni e quadri, anche i nostri lettori non piemontesi già hanno potuto comprendere quali antiche e profonde radici abbia in questa regione subalpina il culto della Madre o di Dio sotto il titolo della Consolata; di recente poi abbiamo fatto notare il meraviglioso incremento preso da tale culto spe· cialmente nell'ultimo quinquennio. D'altronde i pellegrinaggi di giugno ed il numero delle pie Associazioni convenute a Torino per la indimenticabile processione del giorno 19, ci· dispensano dall'aggiungere parole per provare come la divozione verso Maria SS. Consolatrice di più in più vada dolcemente pervadendo le popolose città delle feraci nostre pianure, i cospicui paesi delle nostre belle colline e fino gli ultimi villaggi custodi dei valichi) alpini. Le relazioni di feste in onore della Consolata che ci giunsero C! per mezzo dei giornali locali o di lettere private sono numerosissime, tanto che a riportarle tutte non baste!ebbè questo nuniero del periodico; alcune descrizioni poi sono cosi belle, caratteristiche ed interessanti che proviamo un vero rincrescimento nel non poterle pubblicare nei loro particolari. Ci limitiamo quindi a dire che in molti paesi la festa straordinaria della Consolata si volle far precedere dalla pubblica solenne pratica dei Nove Sabati; la stessa cosa si fece in molti col-

142 Jli. eoflSO(ata legi e pii ritiri. Quasi dapertutto poi la novena si celtlbrò con tutta la sacra pompa permessa dalle circostanze locali: qui con litanie in musica, là con predica, con lodi eseguite dalle Figlie di Maria o da allievi di collegi con ogni impegno e diligenza. Ad unirsi più· intimamente a Torino, in parecchie città e paesi si fecero splendide illuminazioni nella sera del 18, giorno della solenne incoronazione; in qualche luogo anzi, si incoro11arono pure immagini della Consolata, ripetendo con più semplice rito quanto colla più solenne cerimonia in uso nella Chiesa, per mezzo del Rappresentante del sommo Pontefice, si compi nel nostro santuario sopra la taumaturga effigie di Maria Santissima. Che dire poi del giorno della festa titolare? Esso fu veramentA un di benedetto, pieno di opere sante e di celeste esultanza, anche per coloro a cui non fu dato di recarsi , a Torino. I devoti di Maria Consolatrice si affollarono intorno agli altari a Lei dedicati in vetusti e nobili santuari, in ridenti ora torii di monasteri e di collegi, in umili chiesuole campestri, fra canti, comunioni, preghiere soavi e schiette come l'aroma dell'incenso e l'agreste fragranza dei fiori: Con quale divina compiacenza deve aver ·sorriso la Madre di Consolazione a tanta spontanea unanimità di ossequi figliali, di irrefragabili testimonianze di �ffettosa divozione ! Messe cantate, solenni vespri, pro· cessioni oltre modo decorose: tutte insomma - le manifestazioni usate nelle straordinarie solennità concorsero a celebrare degnamente il giorno auspicatissimo, cosi da renderlo memorando ed indimenticabile in cento e cent� località del. Piemonte. Nnovi quadri e statue della Consolata furono, in memoria, collocate ed esposte alla venerazione dei fedeli coronando i loro voti, e inaugurando altrettanto nuovi focolari di grazia e di benedizioni. Ah, · no! malgrado l'imperversare della · propaganda, con cui le sette sovversive . cercano di arreticare specialmente le popolazioni rurali, al Piemonte nostro non sarà strappata la religiosa sua aureola, fiochè esso si stringerà a Colei che da tanti secoli lo . guida alla vittoria· sugli spirituali ed anche sui temporali nemici. . L'ottavo centenario della Consolata fu altresì celebrato solennemente in America. Più volte già abbiamo detto della sempre ere· sceute diffusione fra i nostri emigrati della divozione a Maria Consolatrice, che portata sulla terra straniera come prezioso ricordo della patria, trapiantata nelle colonie italiane, dell'Argentina, del Brasile e di altre regioni del nuovo mondo, anche là prospera rigogliosa dando frutti di celesti benedizioni. Già di- · verse diligenti relazioni di-feste ci sono giunte dall'America, due delle quali con narrazione specificata di grazie ottenute appunto nella straordinaria ricorrenza del 20 giugno 1904. Sopra tutte caratteristica poi fu la festà centenaria nelle missioni della Consolata in Africa, di cui ci dà una minuta descrizione una lettera testè giuntaci dal superiore teologo Perlo Filippo. Le povere cappelle, la più parte fabbricate con rami, intonacate di fango e ricoperte colle alghe delle paludi, furono adornate con tutto l'impegno, e se le are di Maria Consolatrice nòn poterono essere splendenti di marmi, di ori, di ceri sontuosi, certo lo furono dei fr�schi fiori dei boschi, di verzura, di quanti lumi i nostri sacerdoti, suore e fratelli poterono raccogliere ed improvvisare nella evangelica loro povertà, a significazione di quel vivo affetto a Maria Consolatrice che li spinse a sacrificare, sotto la materna di Lei protezione, le giovani vite per l'apostolato fra gli infedeli. Le profondità delle vergini foreste, l'ampiezza del deserto e le erte dei colli seminati di villaggi ripercossero Ì'eco delle litanie lauretane, delle lodi cantate nei Nove, Sabati, nel decorso della novena e più nel giorno della festa, attirando i poveri indigeni in preda ad ignota, dolcissima commozione. C'era in quei canti tutta . la nostalgia del santuario dj Torino, delle splendide funzioni, delle folle divote di cui è cosi dolce dividere la preghiera e l'entu- 1 siasmo santo; l'intima rinnovazione del· sacrificio· sarà certo salita al tronò della Madre di Consolazione quale mistico profumo di

12 eo.,solata' 143 o �j;;;==<:llil�=·� � � mirra eletta. Nella stazione-procura di S. Gin· fondare ben sette stazioni di mission,e nel diseppe (Limùru) i nostri ebbero fa gradita stretto del Kenia (Africa orientale inglese). sorpresa di veder giungere tra loro il Vi· E fu questo un lavoro immane, che cario Apostolico, Mons. Allgeyer, il quale i nostri sono essi medesimi stupiti di aver con delicato pensiero era venuto per la festa. potuto compiere in meno di due anni d�l loro della Consolata, che vi celebrò con Messa arrivo colà, guidati dalla divina provvidenzl. 'Pontificale e con un affettuoso discorso, im· ·.e sorretti dalla potente intercessione di partendo, poscia la benedizione col SS. Sa- Maria SS. Consolatrice. cramento. I punti da essi occupati, com�. si può ve· Maria SS. tutti ha visti, notati ed ' accolti dere sulla carta geografica in copertina, eono nel cuore materno gli omaggi dei suoi figli fra loro separati da fiumi, .da montagne, da sparsi per sì diverse plaghe della terra. Ella pericolose foreste;. distano l'uno dall'altro saprà riunirli di più in più, in prediletta, parecchie giornate di marcia, da compiersi sp!rituale famiglia, ottenendo a ciascuno le bene spesso per sentieri tracciati soltanto grazie che gli sono necessarie per giovare dall'acqua o dagli elefanti. Per provvedersi a se stesso ed ai suoi fratelli, finchè si formi abitazioni indispensabili a salvaguardare gli quaggiù l'unico ovile, preludente all'unione europei dalle terribili insidie del clima, in perfetta del Cielo. un paese dove ancora non v'è. la menoma I missionari dBlla aonsolata in . �frina Con profonda riconoscenza ed interpreti pure di quella dei nostri missionari, ci accingiamo a dare notizie dei medesimi· ai molti ' benefattori. ed amici che insistentemente ce le vanno richiedendo, lagnandosi del nostro lungo silenzio in proposito. Lettere e diari giunti dall'Africa, da tempo aspettano il loro turno sul periodico: ma come avremmo potuto su queste pagine, già così scarse al dolce ar· gomento, occuparci d'altro negli ultimi mesi che del centenario della nostra Madonna e della nuova Sua incoronazione? - Ora, a guisa di viaggiatori uscenti da un'oasi benedetta colle forze rifatte e coll'animo ritemprato, ripigliamo le usate. rubriche, tra cui quella particolarmente cara al nostro cuore sulle missioni della Consolata. ·Anche i nostri più recenti abbonati e lettori avranno. presente quanto, riepilogando, abbiamo detto nei·numeri dei p. p. febbraio . e marzo, che cioè i missionari della Consolata, per-non lasciarsi rapire dai protestanti le località migliori, dovettero in brevissimo. tempo traccia d'industria, i nostri hanno dovuto di· sboscare il terreno, impiantare una segheria aspettai�,do dall'Europa le ferramenta necessarie a dare almeno una solidità relativa alle costruzioni; hanno dovuto con gravissimo dispendio e fatica provvedere alla. costruzione di casette in pietra per le suore, alle quali il governo inglese, che ha il protettorato sulla regione, non permise l'ingresso nelle missioni, se non a patto che fosse così provveduto alla loro personale sicurezza. Che dire poi del lavoro morale che i missionari hanno dovuto compiere per affiatarsi cogli indigeni, per predisporli ad accogliere la buona novella? Dapertutto dove sono arrivati hanno dovuto aprire ambulatori .. per la cura degli ammalati, scuole e laboratori embrionali, ricorrere ai mille mezzi che nelle diverse località si presentavano come i più efficaci per predisporre l'opera .dell'e· vangelizzazione. Essa però è oramai bene . avviat� e comincia a fruttificare : sono provviste, sebbene non in modo adeguato al bisogno, di personale le varie stazioni ; è già abbastanza avanzata l'organizzazione di una schiera di catechisti indigeni e la loro istru· . zione; avanzata pure l'opera costante con cui i nostri dovettero vincere le diffidenze, · facendo coi fatti intuire agli Akikùyu che i missionari, non sono agenti del governo,

144 J1l eo.,so1ata Q il quale va imponendosi colle armi e colle tasse. Spigolando da lettere e diarii, daremo prossimamente ai buoni lettori un'idea della vita di missione in quei 'luoghi. Ora ci pare op· portuna la narrazione del viaggio compiuto,· per raggiungere i relativi punti di destinazione, dai missionari e dalle suore della 4a spedizione, partiti da Torino il 25 dicembre 1903, giunti felicemente a Mombasa sulle coste dellÒ Zanguèbar il 15 gennaio 1904, e di là recatisi tosto alla stazione di Limùru (missione di S. Giuseppe) sulla ferrovia deli'Uganda, in attesa di avanzarsi nel paese. ------�� ------ Relazione sulla carovana da N�ivasha a Niere e Kekondi Dal diario del Teol. Filippo Perlo Giuste impazienze - Tutto è pronto - Ca· rovana. straordinaria - Per strade in bianco suUa carta geografica - Preoccupazioni e pericoli- Alla guardia della Consolata - Concentramento della carovana al lago di Naiv'qsha. Limùru, febbraio 1904. I missionari e le suore destinati per l'interno - così noi chiamiamo tutto il campo delle nostre missioni all'infuori di �imùru - erano impazienti di raggiungere la loro destinazione. Le lettere che giungevano piene d'inviti e di promesse dalle varie stazioni, non facevano che aggiungere esca al fuoco, tantocbè in questa« forse più grande comunità religiosa dell'Africa equatoriale», -eravamo 19 tra missionari e suore - non mi era più possibile incontrare persona senza sentirmi ripetere, sotto l'una o l'altra forma, il ritornello: quando partiremo? Ma oramai i preparativi erano finiti, non i preparativi di lusso e confortable, che .caratterizzano le moderne spedizioni scientifiche e politiche succedentesi in quest'Africa tenebrosa, ID:a quel tanto che le difficoltà ed i pericoli della via esigono, nonostante la povertà evangelica, la cui osservanza per il o .. . missionario è ben soventi obbligatoria indipendentemente dal voto che ne ha fatto. Si era dovuto pensare a molte cose, perchèa quanto mi consta - mai carovana così importante per numero di europei, e sopratutto di donne, si era avventurata attraverso contrade segnate in bianco sulle carte geografiche, seguendo i sentieri che gli elefanti èd i rinoceronti tortuosamente hanno segnato fra schiantati alberelli e calpesti cespugli, internandosi fra tribù selvagge che l'audace guerriero massai non è mai riuscito a vincere; fra cui l'arabo mercante di· schiaviil terribile negriero - nulla mai ha potut� trarre della sua mercanzia Ulll ana. Ma nell'impazienza di partire, nel sentirRi vicinì a realizzare il sogno dell� vita, al pensiero di quella massa d'anime da redi.mere che ci attendeva, chi si ·curava qi pericoli? Io ero tuttavia preso da una certa qual preoccupazione: non per me, che ormai mi sento africanizzato, ma per gli altri e sopratutto per le suore, poichè so di quante sorprese sia ricca l'Africa e come l'impre· veduto, malgrado tutte le precauzioni, sl\lti fuori ad ogni pie' sospinto. Ma le suore missionarie non sono anch'esse le fi'glie della Consolata? Ella dunque le deve guardare. L'attivo ed energico fratello Celeste Lusso, appena vide ultimate le case ,in pietra per le suore nelle due stazioni dei Sa: Angeli e della Madonna della Provvidenza, · inco�nciò ad organizzare la carovana di portatori. Questi furono scelti à Kekondi (Madonna della Provvidenza) per la maggior faç:ilità di trovarli, essendo noi in ottima relazione con quel capo, W ambogo, ed anche perchè gli abitanti del paese incominciassero a conoscere quelli che, per loro, vi venivano. E la carovana di 150 portatori, guidata da Celeste, si av':'iò alla stazione ferroviaria sul lago di Naivasha, scelta come luogo di concentramento. La ferrovia d'Uganda, che parte da Mombasa sul mare e finisce al lago Vittorja, n.el suo percorso non fa che toccare, a circa 400 miglia dalla costa, le cosidette montagne del Kikùyu, ma il vero paese - l'interno - ne dista parecchie giornate di cammino,

1l' eoflSO{ata i45 e dalla parte del Kenia ne è separato da una serie di altipiani, su cui poggia una lunga catena di monui.gne -l' Aberdare e la Settima Range -che ragg�ungono· i 4500 metri nel punto più alto, il Kinangòp, e superano i 3000 nel pijl basso. Il girare questa catena ad oves� per giungere a �iere (Missione dei . Ss. Angeli) ci avrebbe .costato un otto o dieci giorn,i di marcia, per due �erzi attraverso alla steppa deserta d'abitanti e popolata di leoni; invece, scavalcandola in uno dei suoi punti più bassi, il tempo occorrente si sarebbe ridotto .a meno della metà. Per questa ragione preferimmo quest'ultima via (si vegga la carta goografica stampata in copertina, ove questa via è segnata con ·puntini in bleu). Il 17 febbraio fu fissato per-.trovarci tutti sulle sponde del lago Naivasha. Celeste vi giunse coi suoi portatori alcuni giorni prima ; D. Gays, con 140 carichi di 33 kg. caduno, vi si portò colla ferrovia il 15 per preparare l'accampamento e dar assetto alla carovana, affinché fosse pronta a'partire il domani mattina di buon ora; noi e le· suore, con i re-. sidui oggetti di uso personale e le provviste · di viveri, il 17 febbraio s�limmo nei �arrozzoni speciali del treno che da Limùru doveva portarci a Naivasha. Il nostro treno s'avanza- Saluto al Padrone di casa- Notizie di guerra dal mondo civile -Distacco doloroso - AUa stazione di Naivasha -Le donne dei· bianchi! - Ammira zione e curiosUà indigena - Dal giorno aUa notte - Scena d'accampamento - Distribuzione di matàma. - Recipienti sempre pronti - Anche i coperchi delle marmitte! - Il sale ed il. principio d'autorità - . Tredici a tavola senza paura. . Mercoledi, 17 febbraio. ·.Come sempre .succede quando deve partire una carovana, 'quest'oggi alla procura di J;_,imùru .ci fu un gran da .fare. Mentre .la cuoca soprainte,ndeva alla macellazione e cottura di pàrecchi montoni che doveva�o essere consm:nati per via, E\ la vice-madre suor S. Alessio era in faccende a distribuire gli ultimi con­ �igli alle suore par�enti, queste, nel timore di aver dimenticato qualcosa, andavano a vicend� esaminandosi se tutto era poi stato imballato, e qualcuna più previdente continuava ad insaccare ed intascare pensandQ che, _dopo tutto, alla stazione di rifornimento non si potrà poi tornare tutti i giorni. La direzione della ferrovia avendoci av· vertiti telegraficamente della partenza del nostro -treno d� Nairobi, passammo ancora tutti insieme nella povera cappelletta a salutare il Padrone di casa e domandargli il buon viaggio; poi con grande accompagnamento ci r.ecammo alla stazione. Qui il capoconduttore mi comunica, come cosa .assai in-. teressante, che sono scoppiate le ostilità fra la Russia ed il Giappone. Ma a noi, partenti per l'ignoto, allontanantici dalla civiltà guerriera, come possono premere queste notizie? Il fischio della locomotiva ci divide dai compagni che lasciamo a Limùru, e che rivedremo chissà quandp, forse mai più; la separazione si effettua con lagrime da parte delle suore, con ostentata virile fermezza da parte no.stra. Ma chi non sente il distaeco da quelli con cui dividiamo la vita e le fatiche, ed abbiamo comune il santo scopo, le nobili' aspirazioni? La vista dei fazzol!)tti che si agitano a saluto ci è presto intercettata dalla foresta vergine, nei cui oscuri r�cessi entriamo a tutto vapore, quasi come in una galleria di montagna. E quando questa finisce, si apre ai nostri sguardi in tutta la sua magnificenza la Rifty Valley, disseminata di crateri vulcanici e di laghi separati da chiazze verdi, spiccanti sull'aridità della stappa brulla e polverosa per la siccità che da parecchi mesi pesa· su di essa. Come nei treni dj pellegrinaggio, nei nostri , carrozzoni si cantano lodi e si alternano preghiere. Pochi, minuti prima del tramonto il treno si arresta Hulle rive del lago Naivasha; i nostri con tu,tti i portatori ci circondano u dànno alla stazione ferroviaria un aspetto di animazione. eccezional�, ed anche di confusione. Naturalmente le suore sono oggetto della maggior curiosità: .chi fra quegli indi-

146 Jl1 8of}solata geni ha mai visto le donne dei bianchi? l· Pochi rigidi ufficiali passano la rivista ai loro soldati con minuziosa osservazione, uguale a quella con cui centinaia d'occhi esaminano l e frugano l'aspetto delle suore, il loro vestiario, le cosette che tengono in mano. Tutto viene notato, discusso e <lommentato. D�>-� vanti a questi neri occorre presentarsi bene, poichè ogni più piccolo particolare, che a noi sacchi, valigie, casse d'ogni form� ricoperto da tendoni impermeabili costituisce il centro del campo:. torno torno si innalzano, le nostre tende coll'apertura rivolta all'interno; all'esterno poi, al pari di una grande siepe di zeriba, tutti i portatori, a gruppi di 10 o 12, si scaldano al proprio fuoco.na ogni fuoco si elevano canti che se non fossero da noi interrotti durerebbero tutta la notte, ed in ogni gruppo Veduta del lago Naivasha (Da una fotografia del Teol. Filippo Perlo) potrebbe passare assolutamente inosservato, €11. v'è qualcuno che grida o tiene conversazione rimane loro impresso per anni ed anni, e tutto · con altri di un fuoco ben lontano. Uno dei verranno a ripeterei quando la famigliarità gruppi è formato dai nostri boys ' (ragazzi di con noi l'avrà vinta sul timore. Mentre fac- servizio) e dal fratello che dirige la cucin�: ciamo scaricare il bagaglio le suore atten,dono � questo gruppo è sempre il più numeroso, pernella sala d'aspetto della stazione; quando chè la speranza di aver qualche rimasuglio andiamo ad occupare il campo è già notte vi attira i capi·carovana e ·tutti coloro che fatta, poichè, come tutti sanno, sotto l'equa· ci sono già amici. Ognuno lavora: chi attizza tore la notte succede al giorno in pochi mi- � il fuoco, chi rimescola in una marmitta; altri, nuti, quasi senza transizione. troppo zelante, rovescia il paiuolo del caffè; Le scene d'accampamento oramai sono a i boys, preparata la tavola, rivengono a spi· noi famigliari, ma su coloro che vi assistono l luzzicare qualche pezzetto di carne che, a per la priiD;a volta producono sempre una . parer loro, è di troppo nella padella. Al di stran� impressione. Un mucchio enorme di fuoridellacerchiadelcamposilenzioetenebre: ' f l

w eo.,solata 147 quello rotto soltanto dagli urli di qualèbe iena ·vagabonda; queste dal chiarore dei tizzoni che gli indigeni lanciano contro la belva a fine di allontanarla. S'intende che anche. fra le tende l'illuminazione non è eccessiva, e fra. noi ci riconor sciamo più col chiamarci per nome che col ' vederci in volto; tuttavia, avendo ciascuno qualche cosa da fare, siamo tutti in moto; noi. vecchi come in casa nostra: i novizi invece, uri po' disorientati in quel caos, scambiando la propria tenda, intoppando in tutti i picchetti e corde che incontrano, nulla trovando di ciò che cercano. I portatori chè da buoni Akikùyu, o meglio al pari di tutti i neri d'Africa, avevan da un giorno o due finite le loro prov�iste cibarie e. perciò da un giorno o due ingannavano il ·tempo e la fame cantando e riscaldandosi,. emisero grida e spiccarono salti di gioia quando videro �he d�l tren�, ip.si�me con noi, erano pilr disc�si sacchi di mat'àma (farina indi-_ gena). Q.uello era stato ìl · ca�ico preferito, che tutti si disputayano per portare all'ac� campamento; ed i più impazienti vi avevan fatto capanelÌo attorno, accontentan4q�i, n�ll'attesa della di , stribuzione, di pafpa, re i sacchi ,_ e di far cocca col vestito quasi che essa si do�esse .riempire da sè.' Quando le cose si furono un po' sistemate ed i varii servizi di campo e di guardia ·�ssegnati, si incominciò la distribuzione del cibo. Uno dei capi versava una misura di farina nei re�ipienti. che gli erano m!ln mano presentati: lembi di vestito, berretti, �acchetti di pelle et similia; mentre un altro capo controllava che nessuno si presentasse due volte. Per lo più ogni gruppo inviava il suo rappresentante, il quale riportava tante misure di farjna ·quant'erano i rappresentati; in ultimo tutti attesero che fosse finita la nostrjl. cena. ,Allora le nostre. marmitte, le padelle, i paiuoli e perfino i loro coperchi andarono sparpagliati sui varii fuochi, e dentro di essi 'presero a cuocere tanti polentoni all'acqua pura, eccetto quello dei capi che vi aggiunsero un po' di sale, da noi regalato loro per mantenere alto il principio di autorità. Una grande tenda ci servì da refettorio, e quantunque ci trovassimo in tredici a tavola a nessuno man'cò l'appetito, aumentato anzi dall'aria frizzante che c'inviavano le montagne circondanti il lago. Era inteso che · il seguente mattino si partirebbe per tempo, perciò ognuno si ritirò presto nella propria tenda, mentre lo scoppiettare dei fuochi che che continuava intorno a noi e le' interminabili cantilene degli Akikùyu, come una nenia, venivano a conciliarci il sonno. Tre mesfie nel campo - Malattie improvvisate- Conosciamo i 'J?OStri polli!- La pazienZa. fa miracoli - Disposizione della carovana - Addio al lago e alla civiltà - Alla conquista di anime - Mercato nel deserto- Un bel caso - Cose non mai viste - Si ansima, si sbuffa, ma.si arriva! - Pranzo benguadagnato. Grandioso servizio ... d'appetito - Sciope1·o generale - 'Rimedio radicale - Evviva i nuovi capi! Giovedt 18 febbraio. Il Benedicamus Domino risuonò fra le tende alle 3 , del matti�o. I fuochi ardev�no tuttora, ma all'infuori di qualc4e figura che a mo' di ombra vi si aggirava intorno ed attendeva ad attizzarli ed alimeri.tar�i di nuovi ramoscepi, i portatori dormivano tutti, distesi sulla nuda terra sotto la stellat'a volta del cielo. Noi celebriamo le tre messe ai piccoli altari portabili montati nelle tende più grandi ; i fratelli e le suore fanno la.loro comunione. Finite le nostre divozioni, mentre i cuochi ci preparano la colazione, ciascuno attende .. a far arrotolare ed insaccare il proprio letto colle relative coperte, ed a dar assetto alle cose individuali. Incomincia intanto la distribuzione dei carichi. Le tende si smontano e coi sacchi dei letti si consegnano .ai portatori dall'aspetto più robusto, capaci di tenersi sempre in testa !!.Ila carov,ana, così da non farci subire ritardi nella formazione delcampo guando nel pomeriggio si arrivi al luogo fis- . sato. E fin qui non ci sono difficoltà: le tende 'ed i letti non presentando spigoli duri ed essendo, per modo di dire, carichi di fiducia, poichè ad ogni portatore facciamo conoscere il proprietario del carico al cui servizio egli

148CG����--������������������������Gm�����-�sen è destinato, tutti accorrono volentieri alla l - chia'mata. · Ma quando compaion� le casse, gli strumenti d'agricoltÙra: tutti colli di egual·peso, ma incomodi ad essere portati, allora, come per incanto, la carovana si converte in un ambulatorio. Chi accusa male ad un piede o dolore al ginocchio; chi, proprio in quel momento, ha avuto una distorsione e difatti fa vedere che camminando zoppica; altri presentano antiche cicatrici alla schiena e mi fan .notare che gli spigoli delle casee riapri- {) rebbero le ferite ed infine quasi tutti, se non hanno più una qualche spina infissa nella pianta del piede, si è perchè . l'hanno estratta a.ppena qualche minuto prima. · Non mancano quelli che mi prendono per il braccio e vogliono ch'io tocchi con mano che la gamba è proprio dolorante. Naturalmente tutte queste asserzioni producono poco effetto su di noi, che oramai conosciamo i nostri polli; ci resta tuttavia un gran da fare a persuaderli che nelle casse abbiamo medicine per tutti e che al prossimo accampamento li cureremo tutti. È solo questione di molta pazienza e di moltissime parole: difatti poco a poco, una cassa dopo l'altra, u� involto dopo l'altro, tutti i carichi se ne vanno, ed il maggior lavoro che ci resta a fare è l'impedire che . � ciascuno se lo scelga da Eè. Tuttavia qual- � cuno che vuoi essere di parola più degli altri• � ricevuto il carico che non è di suo gusto, parte zoppicando e barcollando, ma poi - proprio come i fanciulli che ·cessan dal piangere se nessuno li guarda - vedendo che noi non ci bad-iamo smette i versi ' : le sue gambe si consolidano e fila diritto per la via. E cosi, bene o male, il gran mucehio diminuisce·e sul finire sparisce anche per incanto: coloro che attendevano nella speranza.di avere un carico più piccolo, presi ora dal timore di restarne senza, si gettano tut' ti sul poco che rimane.· Sul luogo a cui poco prima davan l'aspetto d'una gran fiera le tende, i.l mucchio eno�me delle casse, il muoversi delle persone ed il vocio senza fin�, non resta ornai ,che qualche tizzone fumicante. E àttraverso alla steppa testè deserta si disegna ora una catena immane, serpeggiante, lunga 1 lunga, rotta in _ alcuni punti più densa in altri; ed in testa, lonta�o, abbagliante .al sole d'Africa, si vede come uno sprazzo bianco...... sono le suore. D. Barlassina ed il fratello Anselmo con indigeni portatori dei Mauser e W etterly le accompagna�o, avendo· il capo·car.ovana. a guida. D. Gays, Celeste ed io ci siamo fer· mati in coda pèr avvjare la carovana, affare La carovana in marcia attraverso la steppa nel un po' l�ngo nel primo giorno, causa la distribuzione dei carichi ed il tempo impiegato dai rispettivi portatori nel legarli ed aggiustarseli : nei giorni seguenti tutto andrà da sè. Alle 8 già tutta la carovana era; in viaggio; abbandonammo il lago terso •come uno specchio e riflettente un cielo ancor più bello (vedi incisione a,pag. 146), mentre migliaia di rondinelle posate sui fili telegrafici ci davano l'addio col loro cinguettare vivace ed insistente, e grandi uccellacci acquatici ci -passavano davanti con -volo pesante, emettendo stridule grida. Col lago s'allontanava pure l'ultimo segnq di civiltà: la grande ferrovia ad un treno per settimana! Ma chi pensava alla· civiltà da cui ci allontanavamo? Il nostro sguardo

149 Qp C'N P�1 ,� � r() spaziava senzà confini sulla pianura immensa; Ma quelle bestie, neppure a tirarle, non un'aria satura di profumi e di libertà ci veniva c'era modo d� farle avanzare. Dovemmo ridiretti; e tutti CI sentiVamo come affascmati . quasi di peso finché perdemmo di vista Il dallo splendore mattutino della natura -che, resto del gregge, ed anche allora, lasciate elevando la nostra mente a Dio, ·ce ne faceva · in libertà, non ebbimo poco a faticare per .nello stesso tempo intravvedere.la grandezza · avviarle sul buon cammino; tantochè noi e. la magnificenza. � stessi dovemmo darvi mano, discendendo dal-. . Ad,una mezz'ora di cammino ci imbattemmo l'ufficio di pastori d'anime a quello più umile in un gran capannone abitato da Somali, mer- di pastori di montoni. canti di bestiame o;ino. Con essi ci eravamo Per un po', di tempo si andò abbastanza già intesi la sera prima per l'acquisto dei iJ bene; ma ad un tratto ad un montone saltò Massailand (Da una fotografia del Te?l. Filippo Perlo) 1 il ticchio di lanciarsi a tutta corsa attraverso alla steppa. I nostri Akikùyu, come il buon pastore, abbandonano i restanti animali e partono all'inseguimento del perduto, .dopo aver, deposto il carico che portavano. Siccome erano quasi tutti allievi catechisti, avevamo ad essi affidate le cose di fiducia, come la cassetta col danaro e valigiette perso· �li. Così non ci trovammo soli, con tutta questa rob.a ai nostri . piedi, a far la guardia ai montoni che· volevano anche essi fuggirsene, mentre la carovana éontinuava ad allontanarsi. Ci volle del bello e del buono a riprendere· il fuggitivo: finalmente, essendo tornati i nostri uomini, .potemmo raggiungere la carovana che si era arrestata per un breve riposo. Quivi la· montoni, che: eventual;nente pqtessero occor- � sciammo i montoni in custodia al capo che rerci pel vitto durante il viaggio. Ora i pro- � cammina in-coda alla carovana coll'incarico prietarii si trovavano tutti là, attorno ad ·Un � di raccogliere e spingere i ritardatari,· e cosi grand'albero : figure- sec�he, lunghe, slanciate, finirono le nostre preoccupazioni al riguardo. �::� : b ��:�:!t: c � r �� r ;1::e!:: e :!�:U�����:�, �:ei;� s =r�:�! o d� u in:::�a� ll � c :��;:�: i !e:�: parlano le principali lingue in uso sulla costa con due di noi e tre fucili carichi con baio· orientale d'Africa, o meglio, ne ripetono le l netta innastata; i portatori delle tende, dei frasi principali. Uno di essi pretendeva per- letti e della cucina; un altro di noi, indi la fino di discorrere in i�aliano; anzi conoscendo massa dei ca�ichi ed un capo in coda con altri la nostra nazionalità, a fine di ben predisporci � fucili. Quelli · di noi che già hanno più lunga -al contr-atto,. tutti- si. protestavano-apparte- pratica tenevano saltuariamente tutti i punti nenti alla nostra Somalia ed assicuravano che della colonna (vedi incisione qui sdpra). Al gli italiani s.ono i migliori padroni frà tutti. suono della trombetta da caccia si ripigliò . Come conclusione acqui�tiamo 5 montoni, i più � il cammino. grossi del gregge, e ci avviaino per raggiun- La grande distesa di steppa che avevamo gere la carovana già distante.. attraversata e che un tempo era ricoperta

150 l!' �Ot')solata QQZM��.a ������������� �=-�aoo . dalle acque del lago, si avvicinava al suo . termine. Una prima terrazza, a fianchi netti, ci si parava dinnanzi e la scalata di essa richiese più di un'ora. Avevamo così rag· giunto il · primo . altipiano a 2QOO metri sul mare: la vegetazione s'era fatta più verdé, l'aria più fresca; parecchi· kraals (attendamentì) massai coi loro numerosi armenti, apparivano di quando in quando ai lati della via e gli abitatori uscivano a contemplare · cose non mai viste prima d'allora: le donne dei bianchi! Non· conoscendone la lingua, mi è impossibile · ripetere quello che dicevano fra loro, ma i segni di curiosità e di mera· viglia erano molti, principalmente - cio. è naturale - fra le donne e le fanciulle. La traversata dell'altipiano durò due ore <lirca, e fu COIJ}.piuta assai facilmente. Ma d'improvviso una nuova muraglia, ancor più rapida e scoscesa della già superata, ci si p�rò innanzi delimitando la seconda terrazza. Il sentiero era disseminato di. sassi enormi, sparsi su uno strato marnoso mescolato a grande quantità di lamelle di mica lucicinti al so�e come argento brunito : esso · saliv� �u. su, ripido, interminabile. Tuttavia a forza di vicendevoli incoraggiamenti, ansando, sb11f· fando e prendendo le cose come erano,, il cattivo passo finì nuovamente all'improvviso: una sterminata pianura, più estesa di quanto l'occhio potesse spaziare, comparve a noi dinnanzi e fu accolta da un sospiro di sollievo. Sul margine di questa pianurà facemmo il grand'alt per il pranzo. Dal lago che si stendeva ancora sotto i nostri piedi, ma già con tinta azzurrognola, non avevamo più incontrato goccia d'acqua. Ma fu tosto riempito un gran paiuolo di quella che avevamo portata con noi: con latte condensato si preparò una enorme quantità di caffè-latte, di cui gli assetati viaggiatori non tardarono ·a dimostrarsi forti consuma· .tori.. Alcune tazze erano ad uso collettivo ; per i cibi i coperchi delle marmitte fungevano da piatti di servizio, e la maggior parte dei commensàli si serviva delle dita come di forchette e coltelli: per un boccone all'aria libera, chi aveva voglia di tirar fuori tutto l'armamentario di cucina? È vero che i hoèconi furono piuttosto nu111.erosi ed a pochi pranzi di lusso vi è uguale servizio..... di appetito;' ma tant'è: quello era un semplice asciolvere di campagna e non ci doveva essere etichetta. In. un'ora e mezza d'alt ci eravamo ripo· sati, rifocillati e dimenticati della dura salita, che oramai si trovava alle nostre spalle. Celeste ci precedette coi portatori di tende e letti per prepararci l'accampamento, cosicchè noi arrivando al fine della marcia di questo giorno, da gran signori non avessimo "' altro a fare che allogarvici. Noi lo seguimmo a passo più lento col resto della carova�a,. che già incominciava a dar segni di stan· chezza. Le suore si: portavano bene, oltre le nostr� aspettazioni; anche per via a�tendevano a pregare, a cantar lodi ed a respi· rare...... lavoro quest'ultimo che s'andava facendo più difficile per la ra�efazione dell'aria e la stanchezza. Un bicchierino di Amaro çeresole· Reale, ch'e un bene�attore ci aveva inviato, diede ; un po' di coraggio per l'ui.ti�lO tra,tto di via e verso le quattro 'al di là del Kèngia, piccolo fiumiceVo d'acqua limpida � fredda, apparve l'accampamento colle tend� rizzate in circolo ed una fila di pliants aperti ·che ci attendevano. Sicc�me 'ii �or�� dèll'ac: qua era diretto a nord, noi ci trovavamo evidentemente sul displuvio che fa capo alla valle bagnata dal Guaso-Ngiro: il gran corso d'acqua che, girato il Kenia a nord, va a finire alla palude, Lorian nella Somalia in·. glese. Il Kèngia' pare ne. sia un affiuente, e le stesse I}Cque che tingono in nero le pietre da esse. lambite concorrerebbero a provare quest'asserzione: Guaso-Ngiro in linguaggio massai vuoi dire fiume nero, perchè le sue acque tengono disciolta la materia colorante presa dai bambù, fra � quali hanno origine le sorgenti da cui questo fiume è alimentato. Ora ci troviamo a 2300 fuetri sul livello del mare; le montagne della catena Aberdare che domani dovremo attraversare ci appariscono. già ben vicine. L'aria è ·fredda, ma . secca; il cielo un po' nebuloso. Fatta la distribuzione delle rispettive tende, , ciascuno

Jl1 eof1SO{ata . 151 nQ--a���·=-����Gm����- ��������������.-����.m�D . vi occupò il suo post(): le suore al centro, ,noi alle estremità più avanzate, come di . guardia (vedi incisio7J.e qui sotto). Non vi era legna sul luogo; per accendere e mantenere i tanti fuochi che dovevano ardere durante la notte, tutta· la carovana andò a far raccolta di ramoscelli secchi fra i-cespugli costeggianti il fiumicello. Al loro ritorno i portatori, nulla avendo di meglio a fare e ad istigazione forse di qualche pretendente al ' trono.... di capo, concertarono uno sciopero generale, sotto pre· l. viaggio, ora im�ùgnato con una mano ·ed ora coll'altra, sovente con tutte due, gli serviva a fare la mimica e ad accompagnare le pa- 1 role, battendolo violentemente per terra, se· condo l'uso indigenò, quand'egli intendeva dar maggior forza a qualche frase, o voleva meglio farla penetrare nel comprendonio degli � uditori. Al contrario di quanto succede nei con· gressi fra le popolazioni civili, gli scioperanti vennero ad una conclijsione, eleggendo Ce l'l leste a loro cap0, coll'intesa che per il servizio della · , carovana· avrebbe egli eletto degli Ak ikùyu di sua· fiducia. Il che egli fece seduta Attendamento della carovana nella steppa (Da u1Ja fotografia del Teol. Filippo Perlo) stante, nomiI;lando gli an· tichi titolari, i quali furono accolti con feste, poichè oramai la testo· che non erano contenti dei capi·mtro· l'l � publica opinione era soddisfatta.•Allora, a cuor vana stati loro assegnati. Sarebb'El stato cu· contento, i nostri neri intuonarono fragoro· rioso che i nostri uomini· ci avessero piantati samente·le loro canzoni, il cui leift mqtive si in inezzo alla steppa, costringendoci ad an- � svolse naturalmente sul nuovo capo che . s'edare in cerca di nuovi portatori a distanza .. i rano eletto e sul come egli sapeva - al pari di parecchie giornate di marcia'! Appena di un vero akikùyu - bastonare il terreno. qualche fido venne ad avvertirmi della no· �-· . · Anche i sobillatori cantarono del loro meglio; vità, mandai il fratello Celeste ad udire le poichè sebbene fossero loro state promesse le ragioni dei portatori, dandogli pieni poteri vindici ire del èa'po Wambogo, sanno ormai per acçomodare la vertenza. ·benissimo che noi ce1·te cose le promettiamo Il suo arrivo fra gli scioperanti fu accolto senza mantenerle. da qualche protesta_ da parte dei sobillatori, l La cena ci attendeva, é se per prepararla ma egli con due o tre parole, di quelle ·che quasi tutti avevamo concorso, a consumarla sa dir lui in puro piemontese, li liquidò pron- ci trovammo tutti, senza eccezione. tamente; quindi, da perfetto tribuna, prese � ad arringare la folla. .Noi frammezzo· alle tende osservammo la scena, prendendovi gu· sto. Tutti gli Akikùyu erano, al loro solito, accoccolati a terra in silenzio, chè chi vuol � dire qualcosa deve alzarsi. Celeste ritto in mezzo a loro parlava, ed il suo bastone da Ignoranti o maligni? - La legge del taglione - 1'utto a posto - D. Barlassina uccide un lcongone - Albe1·i sù1golari - Gli ultimi vi� laggi massai - La carovana · profitta della siesta. degli elefanti e dei rinoceronti - Come in paese nemico - Alpinismo a quattro piedi

152 . w eo.,so (a t a a.-. -� � · �-==;;o;>C==;;;I!!II" - Carboni colossali - Portici di Po di nuovo genere - Panorama .incantevole -Sofferenza provvidenziale - A1·dzta ·salita - Un elefante morto - A 3100 metri - Delusione - La località ideale - Riposo meritato. Venerdi 19 febbraio. Quando, ·celebrate le tre messe, finite le nostre devozioni e fatta colazione, suonò la tromba per la partenza, il sole spuntava appena sull'orizzonte. Come al solito, le suore ci precedettero e noi. restammo per disfare il campo ed avviare la carovana; affare molto semplice� quando vien fatto dai nostri porta.tori· di Tusu già pratici e che, sopratutto, sanno già benissimo che noi non vogliamo as.solutamente perdere tempo. Ma in questa carovana., tolte alcune vecchie conoscenze ed un gruppo di catechisti adibiti alla sicurezza eçl. al servizio personale delle suore, gli altri er!!Jn tutti individui che non 'avevan mai Il!esso piede fuori dell'uscio di casa.- nella supposi#on� ch'e abbiano anch'ess,i degli usci � e ,tanto ,ll eno imparato come va fatto il servi�io di , carovana.. Era anche questa una ·ragione p.er cui ieri avevano creduto di poter �a:mbiare'. i capi �d ogni�.tappa. E non riuscito lo . scambio dei _capi, -stam�ne si scam� b�ano i �aricJ?.i. È consuetudine i� carovana ch,e, accettato un carico, questo diventa, per co�i dire, personale ed inalienabile: al termine del viaggio, all'atto in cui viene pagato, il p_o�:: tatore deve riconsegnare lo stesso carico che ha ricevuto alla prima partenza. Cosi ognuno è responsabile degli oggetti a lui affidati, e non succedono con.testazioni in caso di rottura o smarrimento: incidenti, a dire il vero, assai rari. Che i nostri portatori non sapessero di quest'uso, o che la cosa fosse stata premeditata, fatto sta che parecchi i quali avevano ricevuto un carico un po' incomodo, dopo essersi impadroniti prestamente di un altro, ancor più in fretta se ne erano. partiti. Noi, lontani dall'immaginare una,cosa simile, non ci accorgemmo del tiro birbone se non quando un . bel numero di portatori sorse protestando di non trovare più il. carico del giorno precedente, e vedemmo un numero ancor maggiore di carichi giacenti sul terreno, senza che alcuno li reclamasse. Era troppo tardi per porre un immediato riparo alla jattura, resa maggiQre dal fatto che parecchi carichi composti di due cassette o di due sacchetti, erano stati sdoppiati, cosicchè ci trovavamo con quasi tutta la carovana . partita ed attorno . a noi un numero di portatori inferiore ai .carichi rimasti. Poichè i capi avevano, nel fatto almeno, la colpa d'in- · sufficiente vigilanza, li obbligamtp.o a caricarsi di quanto restava unitamente ai portatori che s' eran lasciati sostituire i loro carichi; cosi si potè ovviare provvisoriamen�e all'inconveniente. 'C'n'ora dopo il vero rimedio .era :stato applicato, restituendo ogni cosa in pristinum, con un predicozzo ai più o meno innocenti autori del disordine. Il cammino contirluava attraverso alla steppa, ora non più deserta ed arida come ieri: numerosi ruscelli, tutti decorrenti a nord, la intersecavano, e squadroni di zebre, gruppi di kongoni ed antilopi animavano il paesaggio incorniciato dalle montagne, fra i cui poderosi contrafforti noi ci addentravamo. D. Barlassina, che si trovava in testa .alla carovana ad acco�pagnare le suore, co'n un colpo ben aggiustato al cuore, abbatteva un grosso kongone (bubalis). Anche le suore accorsero ad ammirare la bella bestia della grossezza di un bue, dalla lucida pelle e dalle spJendide corna. Sfortu,n�tamente, tutti i portatori avevano già il carico completo, per cui nulla potemmo usufruire di quella massa di carne, che iasciammo in preda alle iene ed agli avoltoi già roteanti sulla vittima. Soltanto alcuni Akikùyu tagliarono nella sua pelle poche ' striscia da far correggia per portare i carichi. ·D'altronde non conveniva arrestare la carovana, avendo troppa strada da fare oggi prima di arrivare· all'acqua. E difatti verso le nove attraversammo l'ultimoJìumicello, profondamente incassato, colle rive coperte di alberi enormi e d'aspetto assai caratteristico per avere tutte le estremità dei rami infestonate con pennacchi di una muffa speciale a tinta ' verde chiaro, contrastante col verde cupo del fogliame. Quivi incon- ' .

.f!1 8.o11solata :ammo p:;:::;: massai: :��ifb mostri della :=�li Akikùyu no: arrestammo · �er un'ora e mezzo, a riprender navano a bassa voce, quasi temendo di evoforze per il tratto più difficile della marcia carli, ed i cui nomi indigeni fortu�atamente che s'avvicinava (vedi incisiqne qui sotto). le suore non capivano. Naturalmente si avanIl terreno dinnanzi a noi aècennava ad l zava con tutte le precauzioni ed esplorando un'eievazione ben più notevole dell'attuale; il terreno; come ·in paese nemico. l'alta erba della steppa \ si era convertita in Più tardi i cespugli <lettera luogo ad una cespugli; le orme degli elefanti e dei . rino foresta di pini in parte abbruciati, ed i cui Un breve alt della carovana a 2600 metri sul mare (Da, una fotografia del Teol. Filippo Pe1·lo) ceranti erano comparsè. Siccome si doveva � attraversare una zona pericolosa, ' scelsi ap· � . positamente l'ora del meriggio, in cui quegli � animali riposano, e mutammo anche legger- � mente l'ordine della carovana. Noi cinque, ciascuno col proprioportatore di fucile, e questo · carico a balistite, racchiudemmo in mezzo le suore. Due capi, pure con fucile, dovevano pensare alla difesa della carovana, ed io con . qualche indigeno passai in testa, precedendo alquanto. Ad ogni tratto alberetti schiantati o divelti attestavano i frequenti passaggi di numerosi elefanti e rinoceronti, di questi tronchi caduti ci conveniva scavalcare, an· nerendoci i vestiti e· spesso anche le mani, con cui talvolta eravamo costretti ad appoggiarci ed aggrapparci a quegli enormi · tiz· zoni, a fine di evitare cadute più sgradevoli. Si saliva sempre, però senza troppo rapido dislivello. A mezzogiorno la pineta era finita ed entravamo decisamente nei bambù. E qui la montagna si rizzò ad un tratto davanti a noi. Se fossimo stati tutti antichi camminatori, era questo un posto ben indicato per il pranzo, che ci avrebbe rinnovate le forze ·per l'ardua salit�. Ma quelli' fra i no�tri com-

154 UI eof]SO·{ata pago� non abituati a lunghe marcie ed a scalare i monti non si sentivano disposti - � - nè d'altronde per loro pareva prudente - ' a fare lo sforzo d'una salita come quella che ci si presentava, dopo un pasto. 'Perciò, a voti unanimi, si decise di attendere a pranzare sulllaltipiamo, che si vedeva vicino. Difatti-appena u " n 500'metri di dislivello ci separavano ornai dal colle che·dovevamo attraversare. Ci incamminammo lentamente a salirlo : il sentiero, aperto dagli elefanti, non era molto agevole ed in certi punti si svolgeva con un'inçli- . nazione di 60 gradi. Per fortuna la folta vege· _ :tazione impediva ai raggi del sole . di giunger,e ;fino· a noi : altrimenti essi in quell'ora avreb­ ;bero aggiunto difficoltà alla salita. In testa •alla colorina era U:n continuo Ìavoro'a sgom­ :brare il passaggio dai bambù caduti; e talvolta � dovevamo-limitarci ad aprire picéoli tunnel.s, entro ·cui camminare carponi e che scherzosa­ •mente.venivano qualificati come portici dlPo . . Al contrario di quanto succede nelìe nostrè Alpi, salendo, la· pietra era scomparsa, e non calpestavamo più che humus ricchissimo, sul .quale si scivolava e si affondava facilmente. In quasi tutto il Kikùyu ho osservato qu�sto fatto.· Intorno ai 1000 metri sul mare·si trovano in abbondanza e dappertutto _roccie sfio 'ranti-il terrenò e massi erratici; ad eleva .zioni maggiori diminuiscono gradatamente, . tanto che·verso i 2000 metri non è quasi ·più possibile· ritrovare pietre, o se, scavando profondamente, se ne possono rintracciare, esse si presentano semp�e allo stato molle e friabile, e perciò o in formazione o in disgregazione; eccettuati, s'intende; i sassi fluviali. · In qualche tratto 13: vegetazione si squarcia, ed allora ai nostri occhi si presenta un panorama veramente incantevole: le terrazze �he abbiamo attraversate, il lontano lago. Nafvasha colla sua cintura di crateri e dirupi e. più lontano ancora i monti di Màu, . che formano come una sponda · al lago Vittoria: tutto appare ai nostri ocèhi riunito in un ampio quadro meravigÌioso, soffuso di · ima leggèr' a tinta a·zzuro_gnola che ne sfuma i contorni - . all' ori zzonte . .I primi piani del quadro sono �ostituìti dalle fore13te che ora attraversiamo, e che vivamente contrastano col giallo fulvo della steppa abbandonata. Sfodunatamente, a causa di un malinteso, colui che portava le bevande da consumar.si in cammino era passato in coda alla carovana, ed i portatori per l'erta salita si erano distanziati così che parecchi chilometri separav.ano ora i due estremi della colo.nna. Ag. li assetati viaggiatori percjò non rimaneva che la speranza di presto incontrare la fresca sorgente, che loro promettevamo appena fos-· sero arrivati sul nuovo altipiano. Ma anche questa privazione fu provvidenziale: essendo ' oggi venerdì ed avvicinandosi l'ora che ci ricorda le sofferenze di Colui che qui veniamo l a- far conoscere, ci fu porto un mezzo facile, quantunque imposto dalle necessita; di soffrire qualche poco per Lui. Sebbene non muovessero il minimo lamento, le suore debbo11o aver sentita duramente questa privazione, anche avuto riguardo -all'ora calda ed all'aria secca : noi,· i�vece,· mont�nari· ornai per forza delle cose e per vocazione, siamo già induriti..... : Quasi tutte le suqre dimostravàno una energia _be'n superiore al loro sesso ed alle loro abitudini poichè, quantunque si avan-' zasse lentamente, il sentiero ripidissi!ll o. era 'faticoso assai e, causa la · rarefaziol!e dell'aria, il reRpiro diventava sempre più d,if� ficile.-ba due ore durava l'ascesa ed, all'infuori di· brevi riposi indispensabili, non era possibile interromperla, · dovendo giungere prima di notte al fiumicello dell'idtipiano per poterei attendare. Dapprima qualche suora che si sentiva più stanca, aveva provato ad interrogare se il termine della · salita era vicino, ma aveva ricevuto risposte così con· tradditorie, che trovò miglior partito prendere le cose come venivano. Se uno l'assicurava che non restava se non un quarto d'ora per raggiungere la meta·- dei quarti d!ora invece ne passarono parecchi - un altro· immediatamente saltava ··su . ·a protestare che ' più di due· ore· non erano· sufficienti, per discendere dalla cima d,el colle al punto in cui ora noi ci trovavamo, e ancora di quelle ore � che fa il lupo di notte, come si dice. Per � fortuna, cosa solita fra i .missionari, il buon

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