Marzo 1004: PERIODICO o ~ SE ESCE AL PRINCIPIO DEL ME {"r,J
OUerfie per l' a~pliamenfio del Sanfinario - - -- ---•-··•-............,...... -+-- --- Torino Serafina Pomzi, 2 - Aghemo Luigia, 1 - Ferrero Petronilla, 2 - N. N., 6 - C. G. L., 2 - Testore ·Fdicita, 2 - TiboIdo Ginseppiqa, 2 Piola Anna, li - Olementina M1.ufredi 6 - Berruto Luigia, 2 - Flaminia Riccardi di Netr~, 2 - Meneo Catterina, 2 - Giuseppina Gola (off. mens ), 5 - Benso Teresa, 15 (oro) - Teresa Bonomi, 2 - Sasia Marianna, 2 - Catterina Carletti, per strenna alla Consolata, JO. Casanova, Minetto Pio, 2 - ~ hlv• aso. Brielli Carlo, 2 - Settimo. Festa Rosalia, inv. gr., 2 - Passione. Torta Rosa, 1 - Cardè. Marohese canonico Virginio, prev., 6 - Ca11eo. Loggia Maria, 1 - Gattinara. Camilla Marchieio, 6 - V ,llacorteaa. N. N., 2 - C•evola. Citrini Marietta, il - Ozano. Carolina Daregibus, 3 - Qravellone, Suor Lucia, 6 - Montloello, Barb,ro Lucia, 1 - Cuneo. Silve, etro mons. oa.n, G., 2 •- Silveetro Giulia,2 - Ch1ar• Ione Francesco, 2 - Venez'.a Quaglino Clelia, Il - Firenze. Clara R~nchi, p. g. r., 2,50 - Ida Gistri, l - Rema, Pjetro Ferroni, 2 - Leynì. Caglieris Cat• terina, 2 - Poirino. Paolina Garbella, Il - Trinità, Cravero Lucia, 1 - Var11ll0, Margherita Cao• oiami, p. g. r., 30 - Mea• erano. Delfina Viola, inv. gr., 6 - Corleto, Vittoria Ferrere,, o, g, r., 1 - Saperga, Paretti D.Filippo, 2 • Borgarello cav. D. Vincenzo, 2 - Ooattirllole, Bertola Rosa, 3 - O<>vone, Adele Cantamessa, 6 - Vlllata. Maria Torreano, 2 - Castellaro, Desolina Bruno, Il - Ll•orno. ltiovannina Lorenzo, p. g. r., inv. prot . su di sè e fa miglia, 10 - Druent, Angela Chie,a, 2 - Alba, Teresina Rinaldi, 1 - èeneveglenna. Maddalena Calandri, 2 - Baldlaaere, Candida Masoero, 2-Caluso. N. N,,n - Genova, Panetti Martino, 5 -Rosmunda Irene, 2 - Trl:1ltà. Metano Catterina, 11 - Racconigi, Margherita Bernero, Il - a lva. Gillio Giovanni, 2 - Magllano. Chieaa Maria, p. g. r., 5 ·- Fobello, Patacoia Teresa, 2,60 - Parma. N. N., 8, Torino, Cravero Annetta ,Il - Nobile Giovanna, I! - Delfina Monneret de Villard, 5 - Carauti Snan·t Luigia, 2 - Dematteis mm. Ignazio, p. g. r.1 5 - Conte11a Gabriella D' Angrogna, per la guarigione della fl tlia, 10 - T!Lrinao .Maria, 2 - Corino Amalia, 0,60 - C. F., 6 - Angelo Peracchini, 2 - Macario Fortunata, I! - Giordani Pietro, p. g. r. 1 inv. altre, 6 - G. P., p. g. r., 6 - Chicco Brigida, p. g, r., 1 - Biee e Carlo Langeri, p. g, r.1 invocando protezione; 10 - N, N , 6 - Agnese Ravinale, 6 - Baloire Catterina, Il - Gallo Margherita, Il - Una pia persona, 10 - Compaire Giovanna, 6 - Ing. N. N., 10 - Ida Roggeri, p. g. r,, 6 - Bando Tere,a, S - C. N., 6 - Alasia Clara, 2 - A. B., 10 - Enrichetta Blanohi, Il - Vogliotti Maria, Il - Chiara Ruscazio, Il - Carolina Lover!' Ricca, p. g. r.1 !l,IIO - Eugenia Grossoni, 2 - Farina cav, Alessandro, 2- Ved. Tavolag, 5 - Bnaca Felicita, per irnarigione ottenuta, 6 - Rocco Giuseppina, S - N. N., 11 - Felicina Martinengo, 11 - · Dntto Antonietta, Il - Casartelli, 2 - 0iuseppina Brnn, 80 - Dova Paolina, Il - Tnrletti Secondina, 2 - Carpignauo Erminia, Il - Gedda, 2 -Gioia Oreste, p, g.,. , 2. Mllane, Anna Crippa, Il - Giuseppina Pacellini, p. g. r. 1 S - Oaaalgraaao. Cristaudo Teresa, 8 - Cagllarl. Albina Rossi, 2 - Luigia Lusaardo, 2 - Palazzolo, Bon Lavezzari, 8 - Cumiana. Issoglio Giovanni, 2 - Napo,11, Giovanni In,garamo, S - Ottobiano. Maria Monti, p. g. r, 2 - lqulque. Jcseph Pazzini, 2J O - Pianfei, P. M., p. g. r., 5 - Ceatel11uovo, llns,o Giacomo, 8 - Genova, Bosco Anna, Il - Favria B. D., 8 - Lugano. Antonio Capietto, 8 - Qlvo,-a. Volta Carlo, 2,50- 8 . Ouen Luppo Elena, 2.50 - Opfsso Maddalena, 2;50 - Caateldetflno. Ri• chard Margherita, p. g. r,, 6 - Dom1d:>aaola, N. N., devota della Consolata, p. g. r., 10 - llllaroenasoo. Rivara Eugenio, p. g. r., 5 - Tortona, Biancotti Giulia, 5 - Nocetta, Irene Gastaldi, 2 - VIiiafaiietto. Angela Carie, 2 - Mondovì, Martini profe•- aore Carlo, 6 - 8. Albano, Bertola D, Giovanni, S • - Vlgone, Cerino Gio, Batt., 10 - Barga, Agne1e Flesia, p. g. r., ~O - MIiano, Carolina Pozzi, 25 - Prlaoco. Pechenino Domenico, 6 - Vicenza. Augnsto Ortolani, 2 - Fosaane. Bartolomeo Miglio, Il - Cumiana, F. M., rimethndosi nelle mani della Consolata, 5 - Rivoli, Tinivella Maria, l!,W - L 1tseatettan, Ieerman Wisscher, l!,60 - Pa,-la, Giuseppina Allasia, ll,60 - Spezia. Giuseppina Z mobini, 2 - Pont. D~nna G. B,, 2 - o .aggio, Meotti D. Emanuele, 11 - Vllleneuve, An•elmet Giuseppe, 2 - Plne,-ole, Costamagua 0iuseppina, Il - Como. Maria Ressgotti, 11 - StrepJ)o, LPjnardi D. Gioff '8do, parr., 6 - Pallanza, Cristina Sfùrzani, 8 - Piovere, Baiardini Maddalena, 2 - Q,-ana Celestina Testa, 2. Torino. Famidia Demorra, 10 - Un sacerdote, 10 - Audreozzi prof. D. Luigi, 1,20 - Gavotti Francesco, 6 - Bruno Candida, l!,60 - Sorelle Buffa, Il - Luigia Cassaz, 2 - Caudellero Giu1eppe, p, g, r,, 5 - N. N., per strenna di riconosceuea a Gesù Bambino, 2'7 - Capitani sao. avv. Guid~, 5 - ConiugiBava,11E. Civardi, impl. prot. sui suoi cari, Il - Quadri prof. Pietro, S - Annetta Muriaue, 6 - Conte,sa Livia di S, Marzano, Il - Clotilde Boggio, 8 - Giovanelli Giovanna, Il - M. E., per strenna, 1 - Margherita Banchiero, p. g, r., 1 - Coniugi Avanzato, 6 - Sorelle L. V, (off, mene,), 0,60 - Un sacerdote plirinese, 10 - Fratelli Faj", capimastri costrattori, 10 - C,ntena Lidia di Robilant, ll,60 - Teologo Luigi di Robilant, ll,50 - Bonzauino profe•- sore Gabriele, 2 - Luigia Maspsrone, 2 - G. M, A, (off. mene.), 1 - Coniugi Gìacoardo, 8 - Moniotto Mària, 5 - Pautaaso Margherita, 11 - Famiglia Golzlo, 6 - Castelli Paolina, 2 - Teresa Guazzo, a - Cariola Luigia, 8 - Conte Camerana, 5 - Con• . t essa Marianna Incisa di S. ·Stefano, 5 - N. N., p. g. r. 1 Il - N. N., p, g, r,, Il - Irene Colomiatti, p. g. r., 2 - Morie ca..-, Filibel'to, 6 - Tegbillo Mad• daleua, 2 - Tirone Praesede, 2 - Un sacerdote divoto della Consolata, 8. Aleaaandrla. Maggioli Edvige, S - Alghero. Suor Barulla, 2 - Terrugla, Robba D. Gerol,.mo, prev., 5 - Mathi. Ballesio Guglielmo, 2 - Bra, Giacomc, Rambaudi, p. g. r., 8 - 1'1golavatt•re, lda PDnte, 8 - Rlvalta, Audisio teol. Giuseppe, Il - Varrone Paola, O,~o - Cherasoo. Tarditi O. Berna.rdo, parr,, 5 - Santhià, Coniugi Degregori, 8 - Beggto. Luci& Walpot, 10 - Oavour . .Martini Luigi, 8 - Spezia, Ghigo Domenico, 2 - Sordevolo, Faglfano Teresa, 2 - Satt•nao. Arduino Natalina, p, g. r, 1 3 - Pianfei, R. G., '7,50 - Casale, Giolio oan. Ottavio, 8 - Suae. Laverdino Marcellino, p. g. r., Il - Montecreteae, Din& Storni, inv. gr., 1-Aoqul, Michele Mola, 60aaelgerola. Fratelli Ferrini, 5 - Taranto, Emma
s. s. prn X ed il Centenario della Consolata I mesi di qnesto anno benedetto paiono volare con insolita rapidità, tra l'affacendar:si per portare a termine l'opera colossale dell'ampliamento e del restauro generale del Santuario, ed il pensare ai più prossimi preparativi per le desideratissime feste centen_arie, che si avvicinano a grandi passi: L'aspettazione è vivissima e da molte parti ci si chiede: Come si svolgeranno i festeggiamenti? quanti giorni dureranno; quali ne saranno le più belle ed imponenti funzioni? - Un programma preciso sarà a suo tempo pubblicato; p_er: ora ci _è im~ possibile appagare interamente le pie e naturali curiosità, ·perchè varie cose ancora si stanno ponderando e dis.c::utendo, e per decidere su al.cuoi capi converrà aspettare il verifìc~rsi più o ·meno ·di certe condizioni e speranze. Però, al .riguardo, possiamo e vogliamo dare subito ai nostri buoni lettori ed amici due importanti notizie; vogliamo coi de·voti tutti di Maria SS. Consolatrice dividere la gioia che ci riempie il cuore per due omaggi tributati ·alla nostra Madonna da Sua Santità, il benignissimo Pio X. Del primo omaggiò daremo l'annunzio colle parole stesse usate da S. Em. il nostro venerato Càrdinale Arcivescovo, nelle .Avvertenze annesse alla sua Lettera pastorale per la corrente quaresima. Premesso grande essere la sua fiduèia che l'incidenza avvenfurata del Centenario della Consolata nell'anno giubilare de~- l'Inimacolata Concezione abbia a matu;.. rare fra noi frutti eletti ed abbondari• tissimi, S-. Em·. prosegue: Avremo:sp·esso occasione •di toccare quest'argomento dolcissimo;' ne basti ora comunicare ai nostri diletti fratelli e figliuoli ·una cara notizia. La Santa Sede, ·condi-scendendo alle nos'tre viviss"irne istanze,. si è . degnata elevare al rito _doppio:di pr,ima classe la ·nostm festa · a,nnuaie,di :Mar.ia Gonsol'attice, e 'di 'a:ccor~
34- ll1 eo11solata dare insieme che la medesima sia celebrata colla ottava, nòn solo nel Santuario a Lei consecrato, ma in tutta la Diocesi. Il Sommo Pontefice Clemente XI, con Breve del 22 marzo 171 O, già aveva concesso che la festa del 20 giugno si celebrasse col rito doppio di seconda classe; . S. ·S. teone XIII di s. m. nel 1885 concesse l'Ufficio e la Messa propria per la stessa festa della Consolata; a questi privilegi Pio X pone ora il fastigio. Una splendida memoria dèl prossimo ottavo Centenario resterà, dunque, nella ·.illustre Chiesa Torinese, dove in perpetuo celebrandosi la festa di Maria SS. Consolatrice col più solenne rito dell'Ufficiatura divina, si ricorderà in conseguenza l'anno glorioso da cui data tale· privilegio pontificio. All'omaggio reso alla Consolata nella sua qualità di Capo visibile della Chiesa, Pio X ne volle poi aggiungere un secondo tutto personale: affettuoso questo quanto l'altro è imponente; atto di devozione fervida egenerosa bellamente accoppiato ad un.atto di suprema potestà, in onore della divina Consolatrice degli afili ttL Questo secondo omaggio consiste nell'offerta di quattro magnifici brillanti di grandissimo pregio, destinati alla nuova co- . rona da imporsi all'Effigie taumaturga venerata nel nostro Santuario. Già più volte abbiamo accennato a questa incoronazione, come al punto culminante delle prossime feste, al suggello che deve tramandarne ai secoli venturi il ricordo.. Essendosi finalmente potuto stabilire le modalità della grande ceri- ·inonia, siamo lieti di darne ai nostri · buoni lettori esatte notizie. corona dal medesimo venerando Consesso donata. Tale forma d'incoronazione è la più onorifica in uso nella Chiesa per le sacre Imagini, ed a quelle sole si concede delle quali risulti luminosamente provata l'antichità del culto e le qualità taumaturghe di cui piacque all'Onnipotente di rivestirle. L'Effigie della Consolata, una delle più celebri del mondo cattolico, fu giudicata degnissima di tale distinzione; e l'Arcivescovo di Torino, M.' Colombano Chiaverotti, a ciò espressamente delegato, nel giorno suaccennato imponeva sul capo della Vergine SS. e del Bambino le corone auree spedite da Roma, tra l'esultanza di 'Torino, di tutto il Piemonte e d'innumerevoli devoti forestieri, venuti a prendere parte alle feste grandiosissime che, cominciate colla novena, si protrassero per i due giorni seguenti al 20 giugno. · La corona aurea ottenuta per decreto · e come dono del Capitolo Vaticano è intangibile: essa non può più essere tolta ad una sacra Imagine per sostituirla con altra, nè si può la corona stessa riformare o duplicare. Così stando le cose, prendendo norma dalla competente Au- , torità Ecclesiastica, si è stabilito che la nuova incoronazione della Consolataabbia luogo nello stesso modo' che si farà .quella dell'Immacolata del Vaticano, la quale trovasi nelle medesime condizioni. Si porranno, cioè, sul capo dellaVergine SS. · e del Bambino due corone di dodici stelle in diamanti, le quali col loro fulgore daranno alle due figure benedette un simbolico raggio della luce di cui, secondo la visione dell'Apocalisse, esse brillano in Paradiso : Mulier amicta sole, Come è noto,. la S. Effigie della Consol_ata fu sole~neme~te incoronata per la I prima volta 11 20 grngno 1829, per decreto del Capitolo Vaticano e con aureaet luna sub .pedibus eius et in capite eius corona stellarum duodecim (APOC. XII, 1). A tradurre in atto questo progetto occorrono non meno di 384 tra brillanti
]l1 '2011solata 35 ed altre pietre preziose di ,varia grossezza, cioè: 19 per ognµna delle 12 stelle della Madonna e 13 per ciascuna di quelle · del Bambino. Il numero delle gemme è grande certamente, ed ingente sarèbbe la spesa per acquistarle. Ma a darci affidamento che il munifico esempio di S. S. Pio X verrà seguito, S. Em. il Cardinale Richelmy donava testè un preziosissimo suo anello pastorale, affinchè esso venga utilizzato per. le corone di stelle. Il castone di esso è formato da una .grossissima ametista contornata da 12 piccole rosette in brillanti: i fregi che · circondano 1' aureo cerchio sono finamente cesellati ed ornati di scheggie di brillanti. Il dono, vèramente degno del Cardinale della Consolata, ben viene a collocarsi immediatamente dopo quello del S. Padre, ed è un vivo commento alle parole piene di tenero ardore, colle quali S. Em. già dìverse volte animò i suoi diocesani ·ad onorare nel più splendido modo a loro possibile la Madre di Consolazione nel di Lei centenario, sempre riserv.andosi di tornare sull'argomento dolcissimo. Al santo e soave incitamento, noi siamo certi che vorranno corrispondere con slancio le pie dame torinesi e piemontesi, e che a queste vorranno aggiungersi in pia e generosa gara altre . doviziose e nobili donne, che pur da città lontane danno continue prove di filiale amore e gratitudine a Maria SS. Consolatrice, alla quale non ricorsero invano nei dolori e nelle avversità della vita, e da cui ancora si ripromettono tante benedizioni. Quante signore conservano inoperosi negli scrigni gioielli preziosissimi, ricordo di giorni felici per ser_npre tramontati, nè Il!ai, per cosa del-mondo, consentirebbero a venderli e neppure a riadornàrsene. Quante famiglie hanno tesori di gemme loro lasciate da persone dilette passate all'eternità, e -che vengono conservate unicamente come venerande memorie I - Ebbene~ nessuna migliore occasione si potrebbe loro pre:. sentare per utilizzare questi tesori, senza· profanare in alcun modo i ricordi ad essi uniti, anzi rendendoii più santi e solenni· col darli in custodia alla divina · Consolatrice. Oh, Maria SS. ben · saprà · ricambiare il dono di gemme terrene e caduche, col dono di quella perla preziosissima di cui parlò il divin Redentore nelle sue parabole, perla per il cui acquisto l'accorto negoziatore vende tutte le altre da lui possedute ed im- i piega tutte le sue ricchezze. · Nei I.avori grandiosi ancora ~n c~rso, e che saranno una nuova gloria d1 Torino, i divoti della Consolata hanno rinnovate e rinnovano le prove della pietà antica e le dimostrazioni di generosità con cui Re .e Principi, grandi e popolo, per il corso di tanti sectli andarono a gara nell'adornare ed arricchire-il tempio della Madre di Consolazione. Come mai, dopo quanto si è I. fatto pel prediletto Santuario, non si vorrà fare un ultimo sacrificio pèr adornare il ritratto di Maria SS., quel ri-· tratto che Ella, in un certo qual modo, vivifica continuamente con le sue grazie ed il Signore si degnò di autenticare col dono dei miracoli? - Noi confidiamo, adunque, che sotto gli auspici del . supremo Pastore della Chiesa, le · dodici simboliche stelle si formeranno con lo splendore e la magnificenza convenienti alla potente Regina del Cielo, che è, ptire la nostra dolce· Signora e Padrona, la quale ci vuole dominare in maniera specjalissima .colla profusione_ delle sue misericordie. Così l'ottav9 Centenario che fonda
36 J.li ·. eorisolata un'altra volta il Santuario colla solidità e la ricchezza dei marmi, colla materiale preziosità delle gemme dirà ai venturi il pregio inestimabile della santa Effigie che del Santuario è l' anima ·e la luce, perpetuando la soave fiducia e l'amore verso Colei che già avrà fatto provare ai munifici donatori presenti la verità assoluta della biblica promessa: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt. Resoritto ponfiifioio PER LA FESTA DELLA CONSOLATA N° 2 / 1904 y TAURINEN. E.mus et R.mus D.nus Cardinalis Augustinus Richelmy, h·chiepiscopus Taurinen., ferventia quoque vota sui R,mi Capituli, Cleri ac populì Taurinensis libenter depromens, a Sanctissimo Domino Nostr·o Pio Papa X supplex petivit, ut festum B. M. V. -Consolatricis, diei vigesimae Junii affi,xum, quod in Ecclesia sive Sanctuario sub ipsius Deipame nomine, vulgo • ~a Consolata •, sub ritu duplici primae classis cum Octava recolitm·, attento per·magno putatis studio in dies augescente, quo Fidelis Plebs Ooelestem ipsam Consolatricem p1·osequitur, a Clero totius Archidioeceseos Taurinen. sub eodem ritu cum Octava in posterum agi valeat. Sanctitas por•ro Sua, clementer deferens supplicibus hisce votis, petitam ritus elevationem cum Octava benigne indulgere dignata est. Oontrariis non obstantibus quibuscumque. Die S:O Jannuarli 1904. S. Card. CRETONI, Praef. Loco li< sigilli : t D. PANICI Archiep. Laodic., Secret. TORINESE U Em.m0 e Rev.m0 Signor Cardinale Agostino Richelmy, Arcivescovo di Torino, lieto d'espiimere pure i vivi desideri del· Reverendissimo Capitolo, del Clero e del popolo Torinese, supplicò umilmente la Santità del Signor Nostro Papa Pio X affi,nchè la festa della B. M. V. Consolatrice, fissa ai 20 giugno - e solita celebrarsi con rito doppio di prima classe con Ottava nella Chiesa ossia Santuario intitolato alla stessa Madre di Dio, detto volgarmente« La Consolata », si possa d'or innanzi celebrare col medesimo rito con Ottava dal Clero di tutta l'Archidiocesi Torinese; e ciò avuto riguardo al grandissimo ed ognor crescente slancio di pietà che il popolo fedele professa verso la medesima Ce- . leste Consolatrice. Sua Santità, annuendo . benignamente a queste suppliche, si degnò ai concedere la richiesta elevazione di rito coll' Ottava. Nonostante cosa alcuna in contrario. Addì 20 Gennaio 1904. S. Card. CRETONI, Pref. t D. PANICI Arciv. di Laodicea, Segr. La ~egiqa N[argherifia alle Missioni della Consolata =AY= Dalla Marchesa Adele Alfieri,·insigne benefattrice delle nostre Missioni, a cui s'interessa in modo specialissimo, ci pervenne un dono gentile come l'animo Augusto·che ne dettò l'invio, e ci f~cciamo dovere di parteciparlo alla grande famiglia .dei nostri lettori, affinchè sempre meglio apprezzino con noi la bontà squisitamente regale della pia Sovrana, che ad ora ad ora si ·compiace di manifestare con novelle, graziosissime prove la sua devozione ed il suo .affetto alla Consolata, _celeste Protettrice dell'avita Stirpe Sabauda. Sono due còllane di perle, varie di tinta. e di forma, che Sua Maestà la Regina Mar-
·111 eorisolata 37 Q ~ ~i;-=---==~Q•illiili=iiaiili;,,i;;;=;;;;;;;i->O gherita, di propria mano, con rara pazienza i e con quel fine buon gusto che in ogni cosa ~ tratt? suo caratteristico, ~nd? bellament~ mtrecciando nella pace solitaria del predidi Boemia, le aurate conterie di Venezia, la sua pietà, con generoso: pensiero, le destinava in dono a Karòli, il capo principale del ·Kikùju, ed a sua moglie che Ella, dal nostro periodico di cui è assidua lettrice, apprese a conoscere sì negli ornamenti del vestiario che nella benevolenza in:verso i Missionari della Consolata, a Lei singolarmente cari. La collana · destinata a Karòli si alterna in tre giri a colori bianco, rosso e bruno, · frammezzati da grosse perle di Murano bronzine, punteggiate di oro. Essa è lunga m. 1,75 e termina in ·due bei fiocchi. Quella per la- consorte di Karòli, lunga m. 1,50, si svolge invece su due fili in tinte ieggermente delicate e tenui, rosa, viola, grigio, bianco e argento, tratto tratto divise da perle oblunghe di Venezia di un rosa còrallino soffuso d'oro, e d'un candore latteo screziato d'argento. Come l'altra, essa finisce in fiocchi a nappihe di conterie, Appena ci giunsero, gradita sorpresa, sì eleganti lavori, la nostra mente, paragonando, corse traverso i secoli ad un'altra RegiKaròli, il capo principale del Kikùju, in atteggiamento guer1'eseo . na, Isabella di Spagna, detta la Cattolica, che mandava essa pure vezzi e smaniglie ai nativi delle isole ignote scoperte da Colom- } (Da una fotografia del Teol. Perlo .Filippo) letto Castello di Stupinigi, quando la funebre mestizia del novembre forsè più che mai rattristava il vedovato suo cuore..... E mentre le sue abili dita gemmate, con sollecita cura, una ad una, infilavai10 •le iridescenti perline bo, ed il nostro cuore; ri- ~ conoscente, pregò la Madre d'ogni consola- i zione a rimaritare la regale Benefattrice per I l'atto suo gentile, che avrà sull'animo ingenuo di quei popoli remoti un largo influsso di salutari affetti, disponendoli sempre meglio
, 38 ili eorisolata- - verso i nostri Missionari, apportatori di civiltà e di fede, col duplice prestigio della grandezza d'una Regina e della soave pietà di una donna cristiana. I ftlissioqari della aoqsolata in Africa ==~r"v= Al felice viaggio descritto nel periodico dello scorso febbraio fa vivo contrasto quello che pubblichiamo oggi, viaggio che lo stesso missionario, D. Perlo Gabriele, intraprese per condurre nell'interno del Kikùju alcuni suoi confratelli della terza spedizione, ed insieme una grossa carovana per il trasporto delle merci e degli effetti, destinati a provvedere le varie nostre stazioni. Nessun paese è più dell'Africa fecondo di sorprese; ma se le affrontano con saldo animo gli esploratori, quanto più non devono farlo i missionari, guidati dal più sublime ideale che possa prefiggersi un uomo: quello di guadagnare anime a Gesù Cristo, e redimere dalle barbarie i suoi fratelli? I nostri missionari, ai quali, come abbiamo più volte accennato, è sacro dovere non lasciarsi prevenire dai protestanti, sono costretti ad essere ancora, più che altro, solleciti pellegrini per le vie del Kikùju: basti osservare .il numero di stazioni da essi im-· piantate in meno di due anni, stazioni non certo collegate fra loro da v_ie facili e brevi: tutt'altro! - Ma se essi devono ancora, per forza maggiore, sacrificare l'intensità all'estensione nella coltura del campo apostolico, già vi hanno sparso a larga mano il buon seme, il quale incomincia a dare i primi frutti, fondamento· a sante speranze che in quest'anno, particolarmente Suo, la Consolata vorrà certo realizzare al di là della nostra aspettazione. o UN BRUTTO VIAGGIO Dal Diario di D. Gabriele Perlo Pronti a partii'e per l'interno - Una cai·ovana per Tusu - Pi·eparazione dei carichi - P.ioggie extra - Sono· arrivati i portatori - AUa volontà di Dio! Mercoledi 16 luglio 1908. Da circa un mese e mezzo eravamo in 17 qui a Lemòru divisi in due piccole comunità, cioè: 9 tra sacerdoti e confratelli ed 8 suore. Ora i nuovi arrivati si sono abbastanza abituati al clima e africanizzati riguardo alle esigenze della vita, accettando colla pratica ciò che già avevano accettato colla volontà nel farsi missionari e nel venire in questi paesi. Sono, dunque, pronti per muovere verso l'interno del Kikùju, e tutti desiderano anzi di essere presto al luogo loro assegnato dal Superiore. Anche alcuni di noi vecchi dobbiamo spostarci in questo nuovo movimento, ed io, fra essi, sono destinato alla stazione della Consolata a Tusu, dove devo, intanto, accompagnare alcuni della terza spedizione e gùidare una grossa carovana per il trasporto di una ingente quantità di effetti e derrate che, a mezzo di altr.e piccole carovane., saranno poi inoltrati alle varie stazioni, secondo i bisogni di esse. La preparazione dei carichi è un 'lavoro lungo e proprio di pazienza: vi attendiamo da oltre quindici giorni. In questo tempo ci dettero molte inquietudini le pioggia, la cui stagione ·dovrebbe essere finita e .che, invece, continuarono a cadere in questi giorni con frequenza e con una straordinaria abbondanza. Nei primi del mese il tempo pareva essersi volto al bello: si ebbero alcune giornate splendide; perciò il 4 furono spediti due uomini a Karoli chiedendogli 350 portatori. Essi sono giunti qui ieri, 14, e si è deciso che io partirò con una prima carovana il mattino di posdomani, 17. Verranno con me D. Scarzello, P. Cattaneo ed il confratello Benedetto. Per Tusu la via più breve è quella di Kijàbe e Giabine (1) ed è quella che prenderemo noi; le suore, invece, essendo destinate alla missione del S Cuore, prenderanno la via di Nairobi e della piana; quella stessa che avevo fatt9 io venendo qui da Moranga. Questa seconda carovana, meno numerosa della mia, ha per·scorta 25 guerrieri mandati da Karòli e sarà guidata da mio fratello, che conosce benissimo la via della piana, avendola già percorsa tre volte dacchè si trova nelle missioni. Ci separeremo, adunque, come Abramo e Lot, avviandosi egli a destra ed io a sinistra per ritrovarci assieme quando?..... Sei mesi fa, partendo di qui la prima volta (l) V. la ·carta geografica in copertina.
J1i (~011solata 39 verso l'interno del Kikùju, non pensavo certo di tornare così presto a Lemòru. Dunque, il miglior pronostico è quello di rimettermi, ora e sempre, alla volontà di Dio ed alla materna guida della Consolata! Un' opei·azione difficile - Peso e misura I miei compagni di viaggia - Distacca pènoso - &tw il ponte americano - Letto apostolico. Venerdl 17. Il giorno della partenza è arrivato. Fin dalle quattro del mattino, la casa è tutta in subbuglio e più grande è il movimento di fuori: chi non ha visto preparare ed incamminare una grande carovana, non può imma• ginare lo spetta.colo.. Da una ·parte sta schierata la gran massa dei nostri portatori, già prenotati la sera precedente; dall'altra .sono i carichi, segnati ciascuno con un numero. La distribuzione dovrebbe essere la più semplice, se non la più breve operazione del mondo. I capi carovana stanno presso il bianco organizzatore, il quale fa l'appello; il ·nome di ciascun individuo chiamato è ad alta voce ripetuto dal capo gruppo rispettivo: l'uomo si presenta, riceve il carico, il cui numero si scrive sulla lista accanto al suo nome... Adagio: qui viene il bello, per non dire il brutto. Il portatore chiamato si fa avanti, guarda il merigo (carico) che gli si assegna, lo prende, ma tosto lo depone, dicendo che è troppo pesante. Ne adocchia uno di più picco-lo volume, ma poi lascia anche quello per cercarne un altro di dimensioni più modeste ancora, non sapendosi persuadere che i carichi furono tutti preparati colla maggior possibile equità e che peso e volume non sono sempre in diretta proporzione.... La storia si prolunga spesso finchè la minaccia del kibogo (frusta) del munia-para (indigeno capo-carovana) non vi mette fine, • obbligando il portatore ad accettare l'ultimo carico che si trova ad avere fra mano. Così qualcuno che ha rifiutato colli di 30 chi• logrammi, ne ha poi accollato uno di 34 o 35. Già prevedo che la distribuzione dei carichi prenderà almeno 5 ore. Perciò alle 9, essendo all'ordine una cinquantina di portatori, io parto alla testa di essi con D. Scarzello; aspetteremo il resto della carovana ad Escarpement, cioè a quattro ore di distanza da Lemòru. Parto, sia per spronare i portatori ad affrettarsi ad accettare il carico a fine di seguire i loro compagni; sia anche per non avere tutta la carovana unita sulla ferrovia: arrivando un trenp, tanta gente insieme farebbe troppa confusione, con pericolo che qualcuno meno svelto non sappia schivarlo. Il resto della carovana sarà accompagnato da Cattaneo e da Benedetto: Cravero verrà in coda anch'esso fino a Kijàbe, onde aiutarci nel tragitto sulla ferrovia. La strada già mi è ben nota, ma il pensiero o di dover condurre una sì numerosa carovana, con tanti carichi fragili ed importanti, mi fa rivolgere più fervorosamente a Dio ed alla Consolata impetrando buon viaggio. Gli uomini mi seguono volen.tieri: D. Scarzello, a cui commento tutti i luoghi per cui passiamo, è entusiasta di tanto splendore di natura. Un. po' prima di arrivare ad Escarpement, a fine di evitare il lungo giro della ferrovia, attraversiamo un tratto di piana e quasi subito ci troviamo in una pozzanghera che non è possibile schivare. Quindi, non avendo altro ·scampo, entriamo nel fango e nell'acqua alti due spanne e facciamo allegramente un quarto d'ora di tale cammino. Prima delle due ci fermiamo vicino alla stazione di Escarpement, e qui attendo per circa· tre ore il resto della carovana. Arrivata .finalmente tutta, facciamo in fretta una visita ai carichi ad accertarci che siano in buon ordine. Raccomando che d'ora innanzi la carovana stia sempre ben unita, quindi io in capo con D. Scarzello, e gli altri nostri alla testa dei gruppi, ci dirigiamo su Kijàbe accelerando il passo, giacchè il sole è presso a tramontare. S'intona ilgoma (cantilena d'uso), ed all'assordante canto di più che 300 persone si divora la via, la quale ha il buono di essere in 'discesa. Il sole è già tramontato: do quindi il convenzionale segno di trombetta, onde tutti si fermino e si formi il campo. Ci troviamo presso un ruscello, ma in luogo quasi privo d'alberi; perciò i tre capi carovana, a nome dei loro uomini, vengono a chiedermi ·di lasciarli ancora procedere fino ad un altro ruscello che, I ad un'ora di distanza, scorre in mezzo ad una boschina. Avendo io stabilito di conce- . dere il più che sia possibile ad una carovana sì numerosa per non disgustare i portatori, dando loro pretesto a qualche scherzo per via, acconsento. E si va avanti ancora sinò al punto desiderato Quando ci arrestiamo è quasi completamente notte: l'accampamento si fa in una vallata sottostante ad un magnifico ponte americano in ,ferro ed in curva, lungo più di 200 metri. E uno dei più belli della ferrovia dell'Uganda. Nell'oscurità avviene un po' di confusione: ordino che tutti dormano vicino al loro carico, per essere domattina più presti alla partenza. Mentre Cattaneo prepara un po' di cena, faccio rizzare una delle ·nostre due tende: della seconda, come dei letti, non si son potuto ritrovare i portatori, confusi nella turba dei tanti affaccendati intorno ai fuochi a far arrostire patate. Intanto la pioggia viene essa pure ·ad aumentare la fermentazione fra tanta gente; fortunatamente però la densa boschina nella quale stiamo ci ripara abbastanza. I miei quattro compagni ed io, in mancanza della seconda tenda, ci adatteremo tutti insieme in una s.ola: stendiamo a terra le_nostre coperte, su cui, vestiti,)'uno a.ccanto all'altro, dormiremo fino alle quattro di domani mattina.
40 Q ,,.. Intanto un po' di cena è pronta e mentre soddisfacciamo al nostro appetito di viaggiatori africani, ci avvisano che non è arrivato il pane ordinato a Nairobi nè le paste. Con un allegro - ci aggiusteremo I - andiamo .contenti a letto, cioè · a pigliar posto sulle coperte stese sulla nuda terra, e non aspettiamo di venir cullati per addormentarci. Un lago improvvisato - Avanzare o retrocedere? - Lotta eroù:a - Il saluto gelato dtl Kinangòp - Acqua (li sotto, pioggia di sopra! Quadro grandioso ma triste - Nuovo concilio - Avanti, e in alto i cuori I Sabato 18. L'ora della levata per la carovana è suonata. Noi siamo presto in piedi: prilpariamo l'altare e D. Scarzello ed io celebriamo la S. Messa, I capi, intanto, mettono all'ordine -i loro uomini e alle sette tutta la carovana è già distesa sulla via ferrata, pronta a partire per Kijàbe, distante ancora un'ora,· appena ne oda il segnale. Salutiamo Cravero che ci lascia per ritornare a Lemòru, e noi . continuiamo la nostra via. Arriviamo a Kijàlie, lo sorpassiamo, e presto siamo alla dura salita di una bella ora e mezza che ci porta sul piano Massa.i, il quale si distende fino a Giabine, proprio sopra il lago di Naivasha. Non sto a descrivere questi luoghi, perchè della via che noi ora percorriamo scrisse già sufficientemente mio fratello (1). I miei compagni, che per la prima volta lo contemplano, sono ammirati dello stupendo panorama. In capo alla salita facciamo il nostro pranzo. L'acqua, scolaticcio dell'altipiano sovrastante, ha il colore del caffè e latte: si prende un asciugamano, si filtra, si fa bollire, poi ci si mette un po' di sale ed una sufficiente quantità di galletta militare, ed ecco pronta la nostra minestra. Si fa un po' di caffè e si torna a camminare. Arriviamo al principio della piana. I portatori fanno difficoltà ad a vanzare, dicendo che nella piana senza vegetazione verrà loro a mancare la legna; i capì con'qualche loro ragionamento, e piu colla paura del kibogo, li persuadòno a camminare; Ma altro che mancanza di legna! Di poco avanzatici su un terreno melmoso, ci troviamo davanti ad un gran tra.tto di piana convertito in lago dalle pioggie dei di precedenti, che non hanno trovato una via di scolo. Io ed i miei compagni ci guardiamo in faccia e guardiamo il lago-pantano. ·Eravamo, è véro, stati avvertiti che di qui avremmo incontrato una strada poco bella; ma i portatori che venendo da Tusu l'avevano percorsa pochi dì prima, non ci avevano detto che ci fosse tant'acqua e tanto fango, chè altrimenti si sarebbe rimandata ancora la nostra partenza. Ed ora che fare? dobbiamo (I) Questa descrizione trovasi nel diario del Teolol(o .Perlo Filippo pubblicatonel periodico di novembre 1903, o avanzare o tornare indietro? - Appigliarci al primo partito sarebbe un'enorme fatica, anzi un vero disastro: eppure se fosse necessario per non compromettere la. nostra sanità e quella di questi poveri neri..... Sentiamo il parere dei capi-carovana: essi no;n mettono , in dubbio che sì possa avanzare; sono persuasi che, al di là delle ondulazioni del terreno, formanti l'opposta sponda del lago improvvisato, la piana è, se non senza fango, senza acqua..... Rassicurati riguardo alle piu serie conseguenze, pensando che a far cammino per belle strade tutti sono capaci, andiamo avanti in Doinino per quella che è l'unica nostra via, se non vogliamo retrocedere. Cattaneo, sperando di conservare asciutti i pantaloni, si toglie calze e scarpe, ma ben presto vedendo come siano inutili tali precauzioni anch'esso, a nostro esempio, piu a null'altro bada che a-far strada. 1 portatori-poverini! - sebbene non diano troppa importanza a quel poco d'acqua, fanno compassione; il loro carico fa spessi tonfi nelle loro cadute .sul. fondo viscido: faticano il dopp.io, facendo solo metà del cammino normale; talora il loro piede si sprofonda tanto nella melma che, per trarsene fuori, .debbono scaricarsi del merigo e deporlo nell'acqua. Per fortuna la piana, come ho accennato, non è perfettamente livellata, ma presenta qua e là ondulazioni e rialzi di terreno naturalmente asciutti, su cui si può riposare e riprendere lena .Ognuna di tali alture ci fa sperare un miglioramento nella nostra via; f ma invano. Intanto i nuvoloni vaganti per un cielo che si fa sempre più cupo, incominciano a regalarci di tratto in tratto un temporale; un vento gelato si leva e soffia dal -Ki.nangòp ra·vvolto anch'esso in neri nuvoloni: l'acqua ci bagna di sotto, la pioggia ci prende -di sopra; l'aria freddissima ci fa serrare strettamente nell'impermeabile e dà acuti brividi a noi che siamo ben cope~ti. Quanto devono _ soffrire i nostri poveri portatori, ben lo sentiamo dai loro continui lamenti. Eppure, che còsa .possiamo mai fare per sollevarli? Con un forzato sorriso li incoraggio continuamente, esortandoli ad accelerare, se è possibile, il passo, e dando loro a sperare che ad un primo piano asciutto, ove la carovana si possa accampare, faremo alt per quest'oggi. · Ma le mie parole ottengono solo un effetto molto relativo, giacchè l'occhio spingendosi avanti vede ancora un gran tratto d'acqua, e volgendosi indietro vede la carovana,. dispersa su un'interminabile linea di quasi due chilometrJ, lottare strenuamente per seguirci a stento. E un quadro grandioso quanto triste, a cui fa da ben adatta cornice un orizzonte -sempre piu nero. Camminiamo cosi per quattro I ore, percorrendo una strada che si sarebbe potuta fare in due, se la piana fosse stata bella. All'una e mezza comando l'alt su d'una piccola collina, presso le rovine di un craal (vil-
J1i eorisolata 41 laggio) massa.i. I disgraziati porta.tori si get- i te.no a terra col loro carico, e J>er la grande stanchezza rimangono immobili durante un quarto d'ora; quindi in quegli avanzi di capanne cercano per la prossima notte un riparo dal freddo e dalla pioggia, che ricomincia I a cadere dirotta.mente. Un· piccolo boschetto presso al villaggio in un batter d'occhio è distrutto per fare i fuochi. Io m'affaccendo con D. Scarzello a far rizzare le due tende; · intanto Benedetto cura specialmente che si oollochino presso ad esse tutti i carichi, i qua�i poi, a.Ila l!l eglio ! facciamo coprire co1 copertoni portati a tal fine; Cattaneo col bois attende-a prepararci di che soddisfare il nostro potente appetito. Ci mutiamo gli indumenti pregni d'acqua e di fango; ceniamo, recitiamo le nostre preghiere. Brutta notf,af,a - Coll'acqua alla cinto/,a - Al passo del/,a carovat,a -Pietoso inc�tro - Paura dei morti fra i neri - Tra il dO'/Jere e /,a carità -Spiegazioni - Viaggio lugubre - A Giabine - Un morto risuscitato? Domenica 19. Clì:e brutta nottata! - Il mio letto, cedendo al peso del mio corpo, mi costrinse a dormire parte della notte con esso a terra. La pioggia, ·il freddo ed un vento di forza straordinaria. ci han la.sciato il sonno poco tranquillo: da un momento all'altro pareva che la tenda volesse prendere il volo. Eppure, fu ancora una nottata d'oro la nostra e quella dei nostri portatori ripara.ti alla meglio nelle rovinate capanne massa.i, ap• petto a quella di una carovana. di wa.kikuju che sulla strada di Naivasha., a po(l8, distanza da noi, rimaneva mezza distrutta, come apprendemmo in seguito. Meritrè la pioggia continua ad imperversar'e teniamo consiglio; interroghiamo nuovamente i capi : dovremo domani ripetere le fatiche di oggi? Anche i muniapara dividono ora le nostre tristi previsioni ed hanno perduto il loro ottimismo del mattino: purtroppo anche domani dovremo camminare nell'acqua. Eppure oramai sarebbe -follia pensare a retrocedere: abbiamo press'a poco tant' acqua davanti come di dietro. D'altronde se dal potente affetto che li le- Un pastorèlJo wakikuju adorno di perline Viene finalmente il mattino; celebriamo di buon'ora e prima delle 7 ci mettiamo in cammino per una stra.da che, purtroppo, non possiamo riprometterci migliore di ieri. La stessa pia . na senza confini ci si para dinnanzi cc,lla. sua distesa d'acqua fangosa, e ci corre un brivido per le ossa al pensiero che vi dobbiamo rientrare, e rimanervi a diguazzare anche oggi per tut_t a. la gio r nata. L' acqua pare crega alle loro ca.panne (Da una fotcgrafla del Teol. P,erlo Filippo) e dall'amor proprio, i nostri poveri porta.tori possono a.vere _un po' di spinta ad avanzare, essi si abbandonerebbero, invece, ad una pericolosissima sfiducia sulla via del ritorno. Ci affrettiamo a cercare nel riposo nuove forze, e andiamo a letto disposti al sonno dal gran concerto d'ogni qualità di fiere fra cui primeggiano gli urli delle iene e dei leopardi. Il morale dei miei compagni si conserva. elevato, come è tanto necessario in queste contingenze, in cui ci vuole un sangue freddo a tutta prova per non lasciarsi � abbatte,e da qual,ia,i difficoltà e'lnoontri. i sciuta., perchè la piana si è alquanto abbas, sata di livello: ad ogni ora troviemo fiumi che, senza tanti. complimenti, attraversiamo come tutto il resto, nè più ba.diamo se ci tocca bagnarci fin sopra la cintola. Si cammina così fino alle 10,30, sprofondando di tanto in tanto il piede nelle piccole fosse fatte dalle zampe del!'elefante, le quali non si vedono sotto l'acqua che tutto ricopre. Son solo: i miei compagni mi precedono di un bel tratto;però D. Scarzello eBenedetto non son tanto lontani. La carovana. che faticosamente mi segue da vicino, mi costringe a non cammina.re a passo più accelerato;non posso ab-
42 U1 eo11s.olata (QQ!!:l!!l;;==~~,c:Jlllii!;;;;;;=iiii.9,~""";;;;;;=a.;;,;•~~=~~;__=K-=;;;;.;;;;.;,===• 00 bandonarla, nè dimenticare come essa sia composta d'uomini carichi. Mentre così m'avanzo pian pianino e salgo un leggero pendio, i miei occhi, si posano su di un uomo che, a dieci passi dal fianco destro del sentiero, giace supino a terra. Dapprima mi pare addormentato, ma poi, osservandolo meglio, dubito di una disgrazia. Me gli avvicino. Egli sta presso un fuoco ornai spento: il suo giogoma (bastone) infranto in tre pezzi, le sue collane e ·la sua tabacchiera son lì vicino. Lo esamino attentamente: unico segno di vita ch'egli dà è una debole respirazio·ne; il suo corpo è tutto ustionato, anzi sul petto ha una larga ferita prodotta dal fuoco. Lo chiamo ripetutamente, ma non ottengo un segno che egli m'intenda; lo alzo, lo adagio in una posizione più naturale. Intanto passa la carovana, ma nè da alcun portatore nè dagli stessi capì, malgrado le mie insistenze, posso ottenere un po' d'aiuto nel soccorrere quell'infelice. Questi neri hanno una tremenda paura dei morti per l'idea, radicatissima fra loro, che chi tocca un morJ;o· ·in breve muore anch'esso; perciò portano i loro moribondi nella campagna prima che abbiano esalato l'ultimo respiro e li abbandonano a morir soli. La iena poi fa da becchino. Mando in fretta a·chiamare D. Scarzello e Benedetto che in pochi minuti arrivano, e fra tutti facciamo quel poco che il tempo, e più i mezzi, ci permettono. Dalla scatola farmaceutica, che abbiamo con noi, traggo ammoniaca ed essenza di aceto e tento di far rinvenire il poveretto, ma dopo venti minuti di cure non riesco che a-fargli rigettare una quantità d'acqua. - I nostri portatori continuano a sfilare e, per il ribrezzo che provano, non volgono nemmeno il capo a guardarmi; appena qualcuno più coraggioso osa rivolgermi la pa-rola, chieden• domi se non ho paura di morire toccando quel cadavere, I>overa gente! Più che di rimpro-· vero sono d~gni di compassione, giacchè, data I la ·loro superstizione, come potrebbero regolarsi diversamente? Mentre ci adoperiamo del nostro meglio per contendere alla. morte quest'infelice, vo pensando come mai sia stato ridotto in sì misero stato. Che qualcuno l'abbia assalito di notte, battuto e poi gettato sul fuoco? Non sembra probabile...; però quel che ora c'importa e ci affiigge si è che il disgraziato non rinviene, il tempo passa e la carovana si va allontanando: il dovere ci .costringe a seguirla, la carità vorrebbe ancora qui ritenerci... Fortunatamente arrivano di corsa cinque uomini: vedendoci si fermano all'improvviso e ci chiedono se è ancora vivo colui che curiamo. Questi uomini che non hanno paura del morto ci fanno meravigliare; il loro interessamento per lo svenuto ci dà speranza che essi sappiano dirci qualche cosa a suo riguardo. Li interrogo ed apprendo che questo poverino fa~eva parte di una ca' rovana partita ieri da Naivasha e .che, colta dalla notte sulla piana, era stata quasi distrutta dal vento, dalla pioggia e dal freddo. Soggiungono che di qui a Naivasha ben 17 · sono i morti, e che ancora ne troveremo diversi sulla nostra. strada prima di arri va.re a Giabi-ne. .Coloro che ci davano tali dolorose notizie avevano fatto parte della medesima carovana, ed ·erano i pochi superstiti di essa che, rifocillatisi alquanto a Gia.bine, ritorna.va.no ora a. vedere se qualcuno dei loro compagni rimasti indietro fosse ancor vivo. Un'ora e mezzi;i. è già passata ed il nostro ma.lato non rinviene ancora, sebbene assai ci dia a sperare il fatto eh' egli ha più volte avuto rinnovato il vomito. Non possiamo più oltre fermarci, dobbiamo assolutamente raggiungere -la carovana che più non si vede; ripeto ancora una volta le cure; a-dagio bene il paziente e lo raccomando ai suoi compagni, che mi promettono di non abbandonarlo, avendoli io assicura.ti che fra un'ora sarebbe ritornato ai sensi. Ripigliamo la stra.da quasi di corsa per raggi.ungere la carovana; dopo mezz'ora. di marcia un bel giovinotto, riverso nell'erba, ci sbarra il sentiero. Lo esaminiamo: non è più che un freddo cadavere; lamorte deve da.tare già da qualche ora; stringe ancora una manata d'erba, strappata nel dibattersi colla morte. Col cuore angosciato procediamo : questi tristi incontri si ripetono ancora cinque volte. Qua.si tutti i morti stringono ancora fra le mani tizzi spenti, all'uso di questi negri che li portano spesso accesi da un accampa.- mento all'altro, a fine di accendere più presto il fuoco alla nuova fermata; tutti hanno accanto il loro involto di patate e, dalla posizione che conservano, si arguisce che hanno dovuto soccombere correndo·verso le capanne di Gia.bine, dove avrebbero trovato la vita. Un altro giovinotto sta disteso irrigidito sopra una roccia appena a mezz'ora di distanza da esse: ha ancora attraversato il corso d'acqua che là si trova, ma gli è mancata. la forza per risalire la sponda e guadagnare il sentiero; l'ultimo morto giace a soli cinque minuti dalle capanne: non gli è più bastata la lena a varcare sì piccolo spazio! - Paiono impossibili queste morti per assideramento in Africa e sotto l'equatore, sebbene non il solo freddo le abbia prodotte, ma il vento ghiacciato, insieme, la pioggia e la stanchezza; vera.mente la notte scorsa fu terribile, come ben ci accorgemmo anche noi, pure ripa.rati dalla tenda e dalle bu·one coperte. . Arriviamo a Giabine che quasi tutti ci hanno preceduti colà e già si sono allogati intorno ai fuochi accesi nelle molte ca.panne, fatte appositamente costruire da Karòli per le carovane èhe hanno attraversato la piana. Si sono fatte oggi sole cinque ore di marcia e, secondo il mio -itinerario, si sarebbe dovuto ancora camminare due ore; ma i portatori non vr sono per nulla disposti. Benedetto e Cattaneo mi riferiscono che all'incontro del morto pr"esso il fiume, i nostri uomini, fortemente impressionati dal ripetersi del macabro spettacolo, avevan preso un· passo quasi di
corsa verso le capanne, come cercando un riparo contro la morte da cui si credevano anch'essi minacciati. Facendo,un giro .d'ispezione, trovo che davvero alcuni-uomini della carovana sono terrorizzati: mi dicono che se aa.cora vanno avanti morranno anch'essi. Il morale di tutti i neri è molto abbattuto; lo è anche un tantino quello dei miei confratelli, non ancora abituati alle peripezie africane. Visto tutto ciò, ordino l'alt per il campo; tranquillizzo i neri assicurandoli che tutti 43 suscitato e fra pochi momenti giungerà qui! - La bella notizia ci rallegra _e ridiamo un po' del modo e de' termini in cui ci fu recata, d,ella facilità di questi poveri ignoranti ad attribuirci il potere di risuscitare i morti. Andiamo incontro al nostro cliente che arriva quasi portato da due uomini. I patimenti della notte l'hanno reso folle: egli balbetta sommessamente qualche parola da nessuno capita. Gli rinnovo le più diligenti cure: lavo, medico e fascio le innumerevoli sue ferite, Ragazze wakikuju con un carico di patate dolci sostenuto da una cinghia che pa$sa sul capo (Da una fotogi·afia del Teol. Perlo Filippo) coloro che sono coi Patri non morranno, purchè facciano quanto ordiniamo e ci obbediscano in tutto. Montiamo le tende e mettiamo al riparo dalle intemperie la merce. Siccome è domenica e d'altra parte non siamo eccessivamente stanchi, con grande nostra spirituale soddisfazione, possiamo santificare la giornata con qualche pratica di pietà in più del solito. Terminato il rosario recitiamo il Deprofundis per le anime dei poveri morti incontrati sul cammino. Stiamo per finire la lettura spirituale, quando sentiamo un insolito brusio per l'accampamento, come se qualche cosa di strano stia succedendo... Prima -che abbiamo il tempo di uscire a vedere di che si tratti, un uomo entra precipitosamente nella tenda dove stiamo raccolti e mi dice: - Padre, l'uomo morto che tu questa mattina hai curato, è rii mettendo, come già il mattino, a profitto le cognizioni di medicina e di chirurgia dateci con tanta amorosa pazienza dagli egregi dottori Boccasso, Colla e Costa, ai quali il mio pensiero vola riconoscente. Faccio quindi ada1 giare l'ammalato in ùna capanna, vicino al fuoco; alla sera gli porto io stesso un .poco di brodo e di carne, e vedo con grande piacere come poco a poco egli non solo torni alla e, vita fisica, ma anche all'intellettuale. Dopo i le tristissime impressioni del mattino, questa risurrezione ... ha di molto sollevato gli animi di tutti, ed ha riconfermata nei nostri cari indigeni l'idea della bontà del Missionario. ~ Tutto a gloria di Dio e ad onore della dol- i oiss;ma Mad,e noat,o, la ConaolaS.1
44 1l1 eo11solata GG~==,~~-r~-i:,,;;..,=~~•~-*==~=...al!!~O I contrafforti del Kinangòp - Lasciamo · l'acqua per 'il fango - Elefanti vandali - Scarpe di pietra - Cresce la carovana - Allegria su tutta la linea. Lunedl 20. Al nostro alzarsi troviamo il tempo sempre minaccioso. Dopo la S. Messa faccio una visita al mio malato: ha ancora un po' di febbre e le ferite lo fanno soffrire, tuttavia non dà un lamento. Essendo troppo debole per seguirci, egli resterà qui assistito da due compagni, :finchè possa riprendere il viaggio. Noi prima delle sette già siamo in via. Oggi è giorno di salita: dobbiamo attraversare la catena formata dai contrafforti del Kinangòp, per poter giungere a Tusu domani. Secondo l'accordo fatto coi capi-carovana, questa sera ci accamperemo presso il capo Karangia, a 4 ore e mezza da Tusu; così domani prima di mezzogiorno potremo toccare comodamente la nostra meta. Lasciamo la piana e, per conseguenza, lasciamo l'acqua; ma per entrare nel fango che rende il viaggio ancora più faticoso. La nostra strada che sale e sale di continuo serpeggiante per le tenebrose foreste di bambù, è poetica e nuova per i miei compagni. Per chi le vede la prima volta queste foreste hanno un aspetto fantastico e dan l'idea di un paese incantato: piacciono quegl'impenetrabili muri di milioni e milioni di canne gigantesche che fiancheggiano il sentiero, innalzandosi anche sopra i venti metri di altezza. Di tanto in tanto valichiamo cime di montagne scoperte, d'onde i magnifici panorami che si potrebbero godere ci son tolti. dalla densa nebbia, ·che ognora ci accompagna_e che si unisce al fango per richiamarci dalla poesia della natura alla prosa della via, se nierita tal nome quella che seguiamo, alla quale dobbiamo.dare tutta la nosti:a attenzione, se vogliamo andare avanti. E una via tracciata alla lesta: non s'è fatto altro che abbattere i bambù sopra una larghezza da due a tre metri; ma siccome nessuno si è curato di strapparne le radici, conviene che P viaggiatore si guardi dall'inciamparvi dentro ad ogni passo; in qualche punto, però, esse servono benissimo per mettervi il piede sopra nell'attraversare qualche larga pozza d'acqua piovana. Di quando in quando canne grossissime, strappate dalle loro radici, giacciono attraverso il sentiero a terra o appoggiate alle canne dei margini, ed allora conviene o passarvi sotto o scavalcarle: per noi ciò è un nulla, ma per questi poveri portatori, col ·loro carico, è fatica ·grande. Il vandalo ch'è cagiona simili guasti è l'elefante, che volendo passare solo od in gruppo, con un colpo di proposéide getta da: un lato questi fuscelli. Nell'attraversare certe vallette ci troviamo in·vere paludi di fango che.,- è .tutto dire! - ci fanno riropiangere' il cammino nell'acqua I della pia~a. 0olà l'acq~a da qualche buco delle scarpe usciva _ancora, ma qui si tratta di camminare con-scarpe che fan l'effetto di essere di pietra, avendo fango dentro e fuori. Mangiamo camminando, e soltanto carne, non convenendo arrestarci per far la minestra. Usciti, dopo una marcia di cir,ca sette ore, di mezzo ai meranghi (bambù) camminiamo un'altra ora in mezzo a campi e boschi ·del capo Karàngia; è cessato il gran fango, ma in compenso incomincia a cadere la pioggia, bagnandoci fino all'osso. Tuttavia l'allegria oggi è ritornata generale, perchè ci avviciniamo al termine del viaggio. Di tanto in tanto incontriamo gente: sono parenti dei nostri uomini che vengono a portare loro altro cibo o ad aiutarli a portare i1 carico. I portatori intonano il canto in lode del Patri e delle rupie che domani riceveranno; la marcia si fa più spedita e le fatiche passate si dimenticano. Sono le 3 112. Dopo otto ore di faticosissimo viaggio arriviamo presso Karàngia, e sotto una fina pioggia ci accampiamo in un l:!el piazzale. Fatichiamo ancora un pochino . a mettere al coperto i nostri carichi ed a rizzare le tende; ma poi possiamo cambiarci i panni e ristorarci. Facciamo la zuppa di gallette nel latte acido regalatoci dal figlio di Karàngia, e dopo cena ci affrettiamo a cercare il riposo, per essere presti domani a terminare un viaggio così brutto ed infelice nelle vicende che lo accompagnarono. Scala pe1'1·colosa - Appai·e la meta - Doppio saluto alla Missione.di Tusu - Un esercito pacifico - Il benvenuto - Karòli e lo scioglimento della cai·ovana - Iena ladra - La prima chiesa della Consolata in Africa. Martedì 21. Non piove, ma il cielo è molto coperto. Alle ·6 già siamo in via per fare l'ultimo tratto del nostro viaggio. Dopo mezz'ora di discesa attraversiamo un fiume, il quale ha per ponte un tronco d'albero spaccato. Segue una breve salita, poi la via discende di nuovo, ma così precipitosamente che è quasi impossibilè non . cadere: essa è larga 5 o 6 metri, ma solo un piccolo sentiero nel mezzo è praticabile, per-· chè formato a scala. Attraversato il fiume Maragna, ascendiamo un'elevata collina e di lassù abbiamo finalmente la consolazione di scoprire la nostra Missione di Tusu, che·specialmente i nuovi arrivati salutano con profonda commozione : è la culla d~l nostro apo• stolato qui in Africa, la prima stazione che si è fondata su questa terra stranie:ra nel nome dolcissimo di Maria Consolatrice! - I tre capi della carovana con più colpi a salve salutano la. Missione e danno il segnale del nostro arrivo. Ben presto col nostro binoccolp scorgiamo in lontananza il teologo Borda venirci i~contro. Alle falde delìa collina scorre il vorticpso Massioia: lo attraversiamo su un ponte . fattò costrurre già dai riostri missit)- narii. I portatori stanchi si ria.nimano, si ordinano sotto il comando dei capi; coloro che
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