Missioni Consolata - Marzo 1904

J1i (~011solata 39 verso l'interno del Kikùju, non pensavo certo di tornare così presto a Lemòru. Dunque, il miglior pronostico è quello di rimettermi, ora e sempre, alla volontà di Dio ed alla materna guida della Consolata! Un' opei·azione difficile - Peso e misura I miei compagni di viaggia - Distacca pènoso - &tw il ponte americano - Letto apostolico. Venerdl 17. Il giorno della partenza è arrivato. Fin dalle quattro del mattino, la casa è tutta in subbuglio e più grande è il movimento di fuori: chi non ha visto preparare ed incamminare una grande carovana, non può imma• ginare lo spetta.colo.. Da una ·parte sta schierata la gran massa dei nostri portatori, già prenotati la sera precedente; dall'altra .sono i carichi, segnati ciascuno con un numero. La distribuzione dovrebbe essere la più semplice, se non la più breve operazione del mondo. I capi carovana stanno presso il bianco organizzatore, il quale fa l'appello; il ·nome di ciascun individuo chiamato è ad alta voce ripetuto dal capo gruppo rispettivo: l'uomo si presenta, riceve il carico, il cui numero si scrive sulla lista accanto al suo nome... Adagio: qui viene il bello, per non dire il brutto. Il portatore chiamato si fa avanti, guarda il merigo (carico) che gli si assegna, lo prende, ma tosto lo depone, dicendo che è troppo pesante. Ne adocchia uno di più picco-lo volume, ma poi lascia anche quello per cercarne un altro di dimensioni più modeste ancora, non sapendosi persuadere che i carichi furono tutti preparati colla maggior possibile equità e che peso e volume non sono sempre in diretta proporzione.... La storia si prolunga spesso finchè la minaccia del kibogo (frusta) del munia-para (indigeno capo-carovana) non vi mette fine, • obbligando il portatore ad accettare l'ultimo carico che si trova ad avere fra mano. Così qualcuno che ha rifiutato colli di 30 chi• logrammi, ne ha poi accollato uno di 34 o 35. Già prevedo che la distribuzione dei carichi prenderà almeno 5 ore. Perciò alle 9, essendo all'ordine una cinquantina di portatori, io parto alla testa di essi con D. Scarzello; aspetteremo il resto della carovana ad Escarpement, cioè a quattro ore di distanza da Lemòru. Parto, sia per spronare i portatori ad affrettarsi ad accettare il carico a fine di seguire i loro compagni; sia anche per non avere tutta la carovana unita sulla ferrovia: arrivando un trenp, tanta gente insieme farebbe troppa confusione, con pericolo che qualcuno meno svelto non sappia schivarlo. Il resto della carovana sarà accompagnato da Cattaneo e da Benedetto: Cravero verrà in coda anch'esso fino a Kijàbe, onde aiutarci nel tragitto sulla ferrovia. La strada già mi è ben nota, ma il pensiero o di dover condurre una sì numerosa carovana, con tanti carichi fragili ed importanti, mi fa rivolgere più fervorosamente a Dio ed alla Consolata impetrando buon viaggio. Gli uomini mi seguono volen.tieri: D. Scarzello, a cui commento tutti i luoghi per cui passiamo, è entusiasta di tanto splendore di natura. Un. po' prima di arrivare ad Escarpement, a fine di evitare il lungo giro della ferrovia, attraversiamo un tratto di piana e quasi subito ci troviamo in una pozzanghera che non è possibile schivare. Quindi, non avendo altro ·scampo, entriamo nel fango e nell'acqua alti due spanne e facciamo allegramente un quarto d'ora di tale cammino. Prima delle due ci fermiamo vicino alla stazione di Escarpement, e qui attendo per circa· tre ore il resto della carovana. Arrivata .finalmente tutta, facciamo in fretta una visita ai carichi ad accertarci che siano in buon ordine. Raccomando che d'ora innanzi la carovana stia sempre ben unita, quindi io in capo con D. Scarzello, e gli altri nostri alla testa dei gruppi, ci dirigiamo su Kijàbe accelerando il passo, giacchè il sole è presso a tramontare. S'intona ilgoma (cantilena d'uso), ed all'assordante canto di più che 300 persone si divora la via, la quale ha il buono di essere in 'discesa. Il sole è già tramontato: do quindi il convenzionale segno di trombetta, onde tutti si fermino e si formi il campo. Ci troviamo presso un ruscello, ma in luogo quasi privo d'alberi; perciò i tre capi carovana, a nome dei loro uomini, vengono a chiedermi ·di lasciarli ancora procedere fino ad un altro ruscello che, I ad un'ora di distanza, scorre in mezzo ad una boschina. Avendo io stabilito di conce- . dere il più che sia possibile ad una carovana sì numerosa per non disgustare i portatori, dando loro pretesto a qualche scherzo per via, acconsento. E si va avanti ancora sinò al punto desiderato Quando ci arrestiamo è quasi completamente notte: l'accampamento si fa in una vallata sottostante ad un magnifico ponte americano in ,ferro ed in curva, lungo più di 200 metri. E uno dei più belli della ferrovia dell'Uganda. Nell'oscurità avviene un po' di confusione: ordino che tutti dormano vicino al loro carico, per essere domattina più presti alla partenza. Mentre Cattaneo prepara un po' di cena, faccio rizzare una delle ·nostre due tende: della seconda, come dei letti, non si son potuto ritrovare i portatori, confusi nella turba dei tanti affaccendati intorno ai fuochi a far arrostire patate. Intanto la pioggia viene essa pure ·ad aumentare la fermentazione fra tanta gente; fortunatamente però la densa boschina nella quale stiamo ci ripara abbastanza. I miei quattro compagni ed io, in mancanza della seconda tenda, ci adatteremo tutti insieme in una s.ola: stendiamo a terra le_nostre coperte, su cui, vestiti,)'uno a.ccanto all'altro, dormiremo fino alle quattro di domani mattina.

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