A VI _ N. 2 nno Ca Consolata RELIGWSO e- MENSILE PERIODICO e DEL MESE AL PRINCIPIO ESCE /"ìJ .E'ebbraio 190!
2· tJARTA DELLE MISSIONI DELLA CONSOLATA NELL' AFRICA ORIENTALE 6' 8 EAST AFRICA PROTECTORATE n< nrv nrJ·_. 0 r - KENIA W\ ~ ~\ ILI ' u DEPART. steppa. fo s . . strppa. 7' 2 ' <?\½~:: ' -~: , . ~ ... · :'":", ..!:'.\1~l~)}:_: , '-!- ·.-. ~:~ • • ·; . 4'u--"------I Moria o P(U;>"II. 6' 8' 37' 2' 4' 6' I puntini in bleu segnano il percorso del viaggio descritto nel diario di D. Perlo Gabriele (Vedi pagina 22)
DIREZIONE ~(J(~~::.~ PRESSO LA dell~ 4• spedizione -: I missionari della C_onsolata in Africa: In giro attorno al K1kùyu - Inaugm;az10ne del culto alla t Consolata nella parrocchia di S. Francesco in Piossasco - SACRESTIA DELLA CONSOLATA I due fioretti per l'anno della Consolata - Cro,iaca men- . Nile del Sa,ituario: Grazie recenti riferite alla sacrestia - I sabati quaresimali alla Consolata - Relazioni compenTORINO J diate di grazie - S. Funzioni e visite in gennaio - Oggetti offnti in gennaio ~ Indulgenze a chi visita il Santuario nel mese di febbraio - Orario delle S. Funzioni pel mese di { febbraio. - Offerte per l' ampliome,ito del Sa,ituario. Silvio pellioo e la aoqsolata ~Y= Nel 1889 Saluzzo con solenni onoranze commemorava il centenario della nascita del grande suo cittadino Sil-vio Pellico, al quale già aveva qualche tempo prima innalzato un monumento. ·A noi torinesi meglio si addice ricordare la morte del forte filosofo e gentile poeta, avvenuta il 31 gennaio 1854, · perchè il Pellico trasse l'ultim11. parte della travagliata sua vita in Torino, e qui ebbe la tomba venerata. Doppiamente poi il ricordare la morte piuttosto che la nascita del grande saluzzese conviene a noi, figli e devoti della Consolata, di Colei a cui egli disse poetando : Nei giorni più infèlìci di mia vita" L'invisibil tua man mi terse il pianto ; di ' Colei che abbellì gli ultimi anni del suo poeta e ne accolse il supremo sospirq, come la tenera madre che sul suo seno fa riposare il figliuolo stanco da lungo e doloroso, cammino. Taluni poco avendo ; meditato sulla vita ' e sugli scritti del Pellico e meno ancora o avendo penetrati i segreti della bell'anima sua, dissero che soltanto la sventura ed il carcere, infiacchendone la fibra e ottenebrandone l'intelletto·, l'avevano reso religioso e pio. Nulla di più falso. Nei primi anni infantili passati a Saluzzo, poi nella fanciullezza trascorsa parte a Pinerolo e parte a Torino colla famiglia, Silvio fu religiosissimo, come i suoi genitori, i quali appunto dalla verace e profonda loro religiosità erano resi mod.elli di quella perfetta e nobile rettitudine che trasmisero ai figli, e che in Silvio, provato nel crogiuolo della più crudele sventura, così splendidamente rifulse da essergli riconosciuta anche dai leali disapprovatori della sua bigotteria. Verso- i diciasette anni cominciarono i traviamenti, di cui Silvio stesso ci ha narrato candidamente fa genesi e la storia. A quell'eta, cedendo alle istanze di un parente, i suoi genitori lo mandarono p~esso di lui a Lione. Allora in Francia:, malgrado le tremende lezioni della grande Rivoluzione, prevaler vano · ancora le dottrine ed i costumi che tanto avevan concorso a produrla. Silvio già poeta ed autore a dieci anni, col potente ingegno ~he di .giorno in giorno si risve-
18 lll· eorisolata gliava avido di conquistare la scienza e di conosc~re la vita, si .dette con passio.ne allo studio della letteratura francese ed alla lettura delle opere filosofiche più in voga. Le amicizie ch'egli presto contrasse e la posizione del dovizioso parente gli aprirono l'accesso alle congreghe dei letterati ed ai ritrovi eleganti, dove l'incredulità, divenuta quasi sinonimo di coltura e di spirito, era di gran moda. Quasi inevitabilmente il baldo intelletto dell'adolescente d0,veva esserne tocco. o Perciò Iddio non lo abbandonò. È· commovente rintracciare attraverso i versi di Pellico le acutissime pene interne che lo straziarono in quegli anni: sovente dopo aver invano cercato la ve~ità in velenosi volumi, . il povero giovane, assalito da un. amaro rimorso, gettava i libri e correva a cercare pace fra il silenzio della cattedrale 'di Lione. Ma non avéva umiltà e forza bastante a rompere l'incanto con cui il mondo e la falsa scienza lo ammaliavano: uscito dal tempio vi ricascava. Per maggior sventura, egli trovò sulla sua via un vecchio transfuga del chiostro, il quale cercava di farsi perdonare l'apostasia guadagnando nuovi proseliti alla velata sua empietà. Silvio n'ebbe dapprima fastidio come di schifoso rettile; ma poi, quasi suo malgrado, si senti attratto dalla facile parola di colui, dai suoi sottili motteggi, dalla coltu~a che ostentava-e da In queste stesse alternative di dubbi e di intimi ritorni alla .fede; di superficiale . allontanamento dalla religione e di slanci I verso di essa, a cui in fondo serbava rispetto ed amore, passarono gli anni trascorsi da Silvio in Milano, quando il suo genio ed il caldo e generoso ani~o suo lo collocavano . . . . . . . . quell'audace Sentenziar ·che sicurezza appare. * * * Dopo qualche tempo il nobile giovane, nauseato, si staccò dal perfido che gli si preseiitava come •amico, ma già ne aveva avute instillate malefiche idee ed i primi dubbi sulla fede cattolica, :fin'allora pura ed inconcussa serbata in cuore, dubbi che gli furono in seguito ribaditi da insidiose letture e nei salon1 dov'egli era festeggiato. Però nel dubbio, nei momentanei acc13ssi d'incredulità, Silvio non cercava l'affranchimento dal giogo della religione, a fine di potere con maggior tranquillità scuotere quello delle . leggi morali, come troppo spesso succede nel bollore dell'età e delle passioni. Le sue tenebre spirituali erano smarrimenti dell'anima che -voleva orgogliosamente avventurarsi alla ricerca della verità, senza appoggiarsi alle guide infallibili che Dio pose a rischiarare ogni uomo che viene nel mondo; egli peccava di presunzione giovanile, certo punto commendevole, ma nel suo fallire non lo abbandonava quella drittura d'intenzione e I quella nobiltà d'intendimenti che fu la caratteristica di tutta la sua vita. tra i primi di coloro che, dopo l'invasione delle armi, della letteratura e dei costumi francesi, cercavano di ridonare all'Italia una letteratura nazionale e di redimerla dalla , nuòvà oppressione stran:iera. A Milano, come . a Lione, Silvio si rifugiava talvolta sotto le volte maestose del duomo deserto, o nel solenne sileuzio delle vetuste basiliche di S. Ambrogio e di S. Agostino volgendo . . . . . , • nella mesta alma Sete di verità, sete di calma. E nei templi della capitale lombarda, come in quelli di Francia, egli si sentiva maggiormente intenerire il cuore davanti alle 'imag.ini di Maria: Un bisogno invincibile d'Iddio Talvolta mi assaliva, e mi parea · Che a speranza da Te mosso foss' io. E se in un tempio allor mi ritraeva Cercava la tua immagine e in quel viso Virgineo_e celestlal fede io ponea. E gioiva al pensar che in paradiso, Appò il fulgor dell'eterna! bellezza Brillasse . , . . . . . . , , . Il sorriso di Madre a pietà avvezza. * * * Non è nel nostro compito soffermarci sulle disgraziate apparenze di colpe politiche che condussero il R.ellico alla dura prigione dello Spielberg, in cui gli :fu commutata la pena
il' C·o11so lata 19 di morte portata .dal suo procPsso. Solo diremo che Silvio non diede mai ·n suo nome alla setta politica dei Carbonari.: aveva bensì · SILVIO PELLICO (*) progettato di farlo credendo, per un'illusione generosa di far cosa utile alla patria; prima però voleva leggere gli statuti della Car- (*) Dobbiamo alla cortesia della benemerita Ammi• nistrazione dell'Opera pia Barolo l'aver potuto riprodurre fotograficamente quest'illustrazione da un ritratto a contè, conservato nel palazzo della Marchesa Barolo. boneria e conoscerne tutti gli scopi, per accertarsi che in essi nulla vi fosse di empio e di malvagio. Il suo arresto non gli diede tempo a ciò, ed egli potè scrivere alla contessa Masino di Mombello : . « J'avais la « folie de voir sous un « aspect avant~geux les « soèiétéssecrètes qui pul- « lulaient en Italie; mais « jamaisj' ai été à aucune « de leurs assemblées, ja- « mais je n'ais eu sous les « yeux les statuts de la « Carbonnerie ». Nei suoi ceppi, sotto il cumulo dei dolori morali e materiali che candidamente esposti nelle Mie Prigioni han fatto palpitare di pietà e d'ammirazione tutto il mondo civile, Silvio trovò nel pieno e ponderato ritorno alla sua primiera fervente fede religiosa un'inesausta sorgente di :energia morale, anzi di sublime eroismo che allo strazio inenarrabile del cuore~ all'ingiustizia degli uomini e alle più spietate durezze della sorte, gli fece apporre con invitta filosofia il sublime trinomio perdonare, ama- , re e soffrire - santificandone i tre termini colla piena rassegnazione ai voleri di Dio, coll'affidarsi alle braccia materne di Colei che semprè aveva i particolarmente amato dal tempo in cui fanciullo, in Pinerolo , , ... nelle vespertine ombre, al chiarore Della lampada santa..., con la madre E col fratel pregava lafpietosa. Degli angioli Regina e degli afflitti. ~ Riedendo in Italia dopo un martirio di ~ dieci anni, Silvio Pellico non riportava,
20 ui · 8011solata C-Q!:1!1.= =~;--===:zn=;;;;.;;~~=~jil;.=;;;,ga;;i;;=;;;.;;s;i;;><;;;;;;;;.S;Pc&fu,~~i;=__.""'lli==ilS>:::~ =.;;;==<==-m.00 dunque, in patria una religione acquisita nella lunga cattività fra gli orrori del castello moravo, sibbene una religione che colà erasi meravigliosamente temprata e che al .filosofo. poeta erasi fatta a mille <ioppi più cara e preziosa, dacchè ne aveva potuto apprezzare l'alto valore morale e la divina virtù confortatrice. Cessata l'orrenda prigionia non cessarono i suoi dolori. L'ineffabile consolazione di trovar vivi i suoi genitori gli fu mista di profonda amarezza, al vedere come lé loro teste venerande si fossero curvate sotto il peso del lungo ed intenso . affanno provato. per cagion sua. Cose e persone intorno a lui erano mutate: invece della schiera di affettuosi amici, della società entusiasta dei suoi scritti, dei miraggi di un roseo avvènire a cui era stato strappato nella capitale lombarda, egli si trovò a Torino circondato da un ambiente di freddezza e di diffidenze appena furono conosciute le sue disposizioni d'animo; presto lo colpirono le vili e contrarie accuse di pusillanime bigottismo e di religiosità simulata ed ipocrita. Ma la religione di Silvio poteva oramai resistere alla prova del fuoco; ma a lui, come ad un uscito dalla tomba, stavano dinnanzi nella loro vera essenza la fama mondana, la gloria e tutti i caduchi beni della terra. E la sua scelta ara irrevocabilmente fissata. * * * Come al Pellico consigliava anche la salute profondamente scossa, egli si restrinse colla riacquistata famiglia e con pochi eletti. Se, a consiglio di un degno ecclesiastico e di quel1' angelo tutelare che sempre gli fu sua madre, si decise a pubblicare Le mieprigioni, non fu per_ vanità di parlare di se stesso, ma per il desiderio di contribuire ad educare le nuove generazioni e così' giovare ancora alla patria, ch'egli amava sempre dello stesso intenso amore. Il giusto entu,siasmo sollevato dall'aureo libro gli oft'.erse una ·splendida occasione· di rientrare acclamato nell'arringo letterario e politico, ma Silvio-si guardò bene dall'afferrarla; così non cedette all'invito che lo chiamava alla Corte di Francia quale educatore d'un principe, nè quell'altro di un editore di Londra, il quale si offriva di stampare i versi del Pellico pag~ndoglieli una ghinea l'uno: il prezzo dei versi del grande poeta inglese Byron. I sarcasmi, i giudizi falsi ed avventati sulle sue opere e sulle sue intenzioni, le vili calunnie, i fischi prestabiliti con cui fu accolto alla rappresentazione in un suo dramma, e finalmente la congiura del silenzio fattasi poi sul suo nome, come su quello di un morto, se giunsero all'anima squisitamente sensibile del reduce dallo Spielberg, non poterono sopraffare mai l'inalterabile serenità della sua mente che si mal).teneva, come quella del cielo, al disopra delle nubi più nere. Gli è che ~ll'anima di Silvio brillava l'eterno sole: Iddio, e presso di Lui, ammantata della sua stessa luce -eterna, una stella argomento indefettibile di gioia e di speranza: Maria. Di questa stella Sil-~io sentì più che mai gli influssi salutari negli ultimi anni della sua vita, quando morti i suoi genitori e dispersi in varie città i suoi fratelli b sorelle, egli accettò la nobile ospitalità dei marchesi di Barolo e divenne il prezioso segretario e èoadiutore della ~archesa Giulietta di Barolo Calbert, di fama mondiale nei fasti della cristiana beneficenza. Il Santuario della Consolata era a pochi passi dal palazzo Barolo e Silvio in ogni giorno feriale vi si portava a sentir messa, recandosi la domenica alla propria parrocchia, S. Dalmazzo, ove faceva la sua Comunione. Colui che affettatamente dimenticato dai falsi liberali e patrioti; era pure nel suo ritiro visitato affettuosamente dai più illustri pie- , montasi e riverito dai grandi letterati stranieri di passaggio per Torino, si poteva vedere nei sabati, frammisto alla turba dei devoti, prostrato dinnanzi all'altare della Vergine taumaturga e poi inginocchiato al confessionale del Padre Oblato Isnardi, col- i locato il primo verso l'altare maggiore dalla parte del Vangelo, prepararsi colla purifica- . zione della cosci~nza .a ricevere iiell'indomani
]1' 8oriscHata 21 la santa eucaristia. Come attestò• D. Ponte, .,,,.. . l'umile e zelante c_appellano di casa Barolo che fu per più anni riella famigliarità e nella confidenza del Pellico, questi non mancava mai alla recita quotidiana del .S. Rosario e ogni sabato cantava da solo nella proprill, camera le litanie lauretane. Le trepidazioni per lo scÒppio del colera nel 1835, il voto della città di Torino, ìa liberazione dal ·tremendo flagello per inter ces,sione di Maria Consolatrice, il sorgere della colonna votiva coronata dalla di Lei statua, fornirono alla musa del poeta argo mento di canti che i piemontesi, -ed i torinesi in ispecie, serberanno sempre religiosamente Ah questo monumento una. incessante ·sarà preghiera alle nostre schiatte! Ei rammenterà sempre al viandante L'inclite grazie che a Taurin son fatte. V'è l'immagin di Lei col Figlio amante, Ch'orgolio umano ed uman'ira abbatte. Deh ! nessun passi mai per questa via Che il cor non alzi ver Gesù e Maria ! O Regina del .Ciel, non è sgombrata La fera lue da tutti i nostri lidi 1 Piange al fl.agel Dertona sconsolata, E d'alt-re sponde a te s' elevan gridi : Pi:età di loro! e sia Taurin salvati,.! Chiedi al Signor che a Lui viviam più fidi; Digli che il vuoi ; le menti in noi migliora, E il tuo figlio benediranne allora! Deh ! ci ottieni ogni don, ma più virtute Di fraterna concordia ed intelletto! Qui in pace o in guerra, in giubilo od in pianto Stiane Maria, sospitatrice accanto! e con legittimo orgoglio. Non potendoli qui citare interi, ne riportiamo qualche più caratteristico squarcio. Le .seguenti terzine SODO della poesia che ha per titolo: Cessato il ~ colera. ~ Le nostre pene, ah si, dalle Taurine Spondè alla Madre del Signor dicemmo, E le pupille sue sovra noi chine Bellissima poi per slancio affettuoso verso la Consolata e sublime nella sua semplicità, come l'anima dell'autore, è l'ode che incomincia: Consolatrice Vergine! Dei tribolati speme, Sei Madre nostra e insieme Sei'Madre al Sah>O:tor. Brillar vedemll\O, L'indica lue nostr'a.ure appena attinse, Ci risovenne la pietà degli avi, E quellò. Madre col sospir respinse, Gli influssi pravi, Andò assalendo il morbo alcune vite, Ma più rifulse indi il recato scampo; A gara insiem di carità squisite S'aperse un campo, E visti fur della Città i Maggiori Trar di Maria Consolatrice al piede, E in voto stringer tutti i nostri cuori A salda fede. _ Piace al Signor che la Sua Vergin Madre Ne incori e affidi col suo bel sorrisò, Si ch'aspiriam con opre alte leggiadre Al Paradiso. Fede in te sempre avremo, o Genitrice Dell'umanato ver, Lume divino. Tu sei potente in ciel, tu salvatrice Sei di Torino. Notissime sono alcune strofe della poesia Il voto a Maria, in cui è parafrasata la stupenda iscrizione del Boucheron, incisa sullo stilobate della colonna votiva: Sciolto è il voto; innalzata è la Colonna, Che, or volge un anno, il cittadin fervore Imprometteva alla superna Donna, Deprecando l'orribile malore: Speranza in Lei vieppiù di noi s'indon'na Dacchè prova ci diè di sommo amore : Venne l'indica lue, tremenda apparve, Ma al cenno di Maria sedo~si e sparve. La tua bontà magnanima Protegga tutti noi: Siam rei, ma siamo tuoi, A Te ci diè il Signor. * ~ * * !~ La tenera affezione ·che dall'infanzia sua poco felice aveva spinto il poeta verso la pietosa degli Angioli Regina e degli afflitti, I era venuta crescendo in lui a misura che l'anima sua/ si era .andata levando più in alto, purificandosi tra i dolori della vita; a misura i che gli orizzonti del mondo le si erano aggranditi dinnanzi, mostrandogli l'infinita va- . nità di tutto ciò che non mette capo al cielo, di cui Maria è la porta. E la pietà che chiedea per sè dalla divina I Consolatrice, l'anima. soavissima del Pellico, andava riversando con carità sempre più perfetta su tutti gli uomini, su quanti l'avevano fatta soffrire e, ben dissimile dal servo spietato del Vangelo, conformandof;li agli esempi della sua mite Signora, sempre meglio meritava ch'Ella stessa gli ponesse sul capo un non caduco alloro. Noi possiamo senza pie esagerazioni immaginarci Maria Consolatrice, invisibile al ca-
22 ui <Zorisolata :zzale de=:::::::etarn: l'a:efk,~ Q§N , ~ 0 gonia placidissima e trasformare per lui in I ll}issionari della Coqsolafia in .Africa rose di eterne gioie i versi che egli con tanto t ~-= sincero amore era venuto componendo in Da diverse parti con gentile insistenza onore di Lei. Ecco perchè abbiamo detto da ci si doman4a perchè dallo scorso settem-= principio che a noi figli della Consolata, bre .1903 più non abbiamo pubblicato scritti meglio che la nascita, si addiceva commemo- dei nostri missionari, con notizie i;;ull'andarare la morte di Silvio Pellico. Altri magni-1 mento della Missione e descrizioni di usi fichi ·soltanto la prima parte della vita di e costumi africani, che giungono così gralui, che si chiude alla soglia dello Spielberg: dite ai lettori del periodico. noi pure apprezzandone gli ideali patriottici Noi siamo gratissimi a queste premure, e letterari, pensiamo che se essi si ·ni_anten- suggerite da quel santo interessamento che, nero sempre alti e puri, è perchè erano so- dopo la grazia di Dio e la benedizione di stenuti da un più alto ideale. religioso, .il Maria SS. Consolata, solo può rendere effiquale più bello rifulse nella seconda parte cace l'azione dei nostri sacerdoti e dei loro della vita del grande saluzzese, imponendosi coadiutori sul campo apostolico, e nè rinalfine anche all'ammirazione degli avversari, graziamo cordialmente gli amici e benefatuno dei quali nella solenne commemorazio:rrn tori delle nostre Missioni. E per dare loro del 1889 ben disse che Silvio Pellico, dalla t alquanto di doverosa soddisfazione, diremo culla alla tomba, avrebbe potuto prendere per , che i nostri ·missionari da qualche tempo, divisa il motto scolpito sopra una lapide nella più che a scrivere debbono attendere a fa1·e. vecchia chiesa di S. Giovanni in Saluzzo : I protestanti disgraziatamente·cominciano Sublimiora quàero I I anch'essi a stabilirsi nel Kikuju·, e coi potenti mezzi finanziari · di cui li forniscono le Società missionarie inglesi e americane, Annunziamo con piacere che l'Unione del l , · · · 1· avorano a tutt uomo per 1mp1antars1 so 1- Coraggio Cattolico di Torino, a ricordo della ricorrenza del Jo cinqµantenario della morte damente nel paese. D'onda nei nostri rad-· · di Silvio Pellico, ha preso l'iniziativa, coll'ap- doppiato il bisogno di lavorare il più attiprovazione dell'Autorità ecclesiastica. della vamente possibile, a diminuire il danno ed erezione di un ricordo marmoreo all'illustre a non perdere irremissibilmente terreno dae pio Salilzzese, da erigersi nel nostro San, vanti all'invasione dell'eresia. Riservandoci tuario ·nelle prossime feste centenarie. Imissionari e le suore della 41 spedizione partiti il 25 difembre, sono arrivati felicemente nel porto di Mombasa. Cosi apprendiamo da un telegramma del teol. Filippo Perla, trovatosi colà ad incontrarli il 15 gennaio p. p. Speriamo che anche il viaggio da Mombasa a Lemòru, sulla ferrovia detta dell' Uganda, · non sarà, stato funestato da quei deragliamenti che si ripetono purtroppo con tanta ·frequenza su quella linea. di dare, appena ci sarà possibile, particolari in proposito, annunziamo per Òra soltanto che i Missionari della .Consolata ·hanno già fondate sei stazioni, intitolate rispettivamente. alla Madonna della Consolata (presso Tusu); al S. Cuore di Gesù (stazione di Moranga); a S. Giuseppe (Lemòru); ai SS. Angeli Custodi (forte Niere); alla Madonna della Prov: videnza di Fossano (Kekondi) ed alla Magonna d'Oropa (Lueno). Una settima mis- i sione, ,dedicata alla Madonna dei Fiori di Bra, si sta erigendo al presente .in centro popolatissimo presso il fiume Seca (Si vegga. la · Carta delle Missioni in copertina). I Diciamo fondate ma, specie per le ultime, sarebbe meglio detto occupate, perchè in esse tutto è da impiantare ed il personale è
ll1 eo11solata 23 a::.i---·-==a.,:i,elillil,;;;=a:=;r~y==•sd¼Jiii,!§ilJl;;:;a=;>QIM;;=....;;,;;,~-=..__;;;;;;.=,~,-;.;;;;=..,.;;,c;;;;;;==!IIDO sempre scarso, anche dopo la quarta spedizione. Ma Ia Consolata vede e provvederà..... .Intanto per non deludere anche stavolta l'aspettazione dei benemeriti nostri lettori ' stralciamo dal diario di D.,Gabrìele Perlo il racconto di un suo viaggio, intrapreso appunto per le necessità delle nuove fondazioni e che non manca di particolari\nteressanti. IN GIRO ATTORNO AL KIKUJU ICINCl In a~tesa di nuovi operai evangelici - I protestanti lavorano, ma la Consolata veglia. Lunedi, 6 aprile 1908. Finalmente ci fu annunziato da Torino la partenza d'un terzo manipolo di nostri e.on-- fratelli e di un primo drappello di suore. Vorremmo _che la picc~la schiera fosse legione, perchè 1 protestanti lav<1rano attivamente e mirano a conqui_stare le più belle posizioni. Ma la Consolata, come fece fin qui, veglierà sull'opera sua: noi non siamo che deboli strumenti nelle mani di Lei avvalorate dalla-forza di Dio. Intanto l'annùnciat·o arrivo dei nostri esi_ge alcu:1i u~genti provvedimenti, · per la cm attu9:z10ne 10 dovrò recarmi da Moranga alla stazione-procura di Lemòru, ove attualmente D. Gais trovasi solo. Verrà meco P.Cravero·: ~a nostra partenza è fissata per. posdomam, mercoledi santo. Il rincrescimento c1:e ~r?vo ~el dover. passare in viaggio i giorm ~n ~m 1~ S. _Chiesa commemora i, più augus~i misteri della nostra Redenzione, mi ·è ampiamente compensato dal merito dell'ubbidienza, e tanto più perchè avrò pure la consolazione di poter celebrare la S. Messa nel giovedì e nel sabato santo, cosa che non avrei po.tuto fare se fossi rimasto qui (1). · . Pas?iamo per la J,iana e Nairobi - ViagfJlatori S1;llla ·?perr:,nza Paesag,qfo pittoresco -- fonti africani - Ombra e fresco dopo il, sollwne - In riva al fiume I(ituiu. Mercoledi 8 aprile. ·Partiamo dunque oggi per Lemòru: Ho decis~ di passare per la piana, e quindi per Nairobi, sia per evitare i continui sali e scendi dalla via di Tusu, sia per vedere questa strada che non ho ancor percorsa Volevamo metterci (1) Si_ ~oti che in quella missione trovavasi pure il teol. Filippo Perlo, e che quando sono più missionari . a~s,eme, ad un solo di essi è permesso il celebrare nel g10vedì e sabato santo. I in via nelle prime ore del mattino· avevo perciò celebrato prestissimo e più 'che in frett9: preparate le due casse di oggetti per- i sonah, che dovevamo portare con noi. Ma dapprima non troviamo pronti i portatori, . . pdoì 1 ~e tr?viam 1 odtroppi, cosicehè la scelta eg 1 uommi, a istribuzione dei carichi le mille piccole remore degli ultimi provv~dimen~i ci fanno perdere tanto tempo, che non poss1a1;110 partire se non a mezzogiorno preciso. . Do 11 segnale della partenza. Fra tutti siamo una ventina, cioè noi due, sette nostri portatori ed undièi altri neri, che ci accompagnano di loro spontanea volontà, nella sperl!,nza che a Lemòru, se ce ne sarà d'a\ranzo, avranno anch'essi un carico di lastre zincate pel ritorno a Moranga. Portiamo con noi una tenda, due galli e tre galline che devono servir\! a cominciare il pollaio a Lemòru dove è tanto difficile_trovare uova e pollam'e. In principio camminiamo per uno stretto sentiero, il quale dopo mezz'ora dà nell'abbastanza larga strada fatta costruire dal governatore, .e che già si addentra nella piana per· circa venticinque miglia inglesi. Prima di entrare in questa strada, il sentiero serpeggia fra colline la cui natùrale bellezza è più che pittoresca: a destra ed a sinistra si vedono numerose foreste di banani, su cui l'occhio si .riposa; molti e molti sono i campi seminati a _migli_o, ad ~udrì ed a meliga, di quella qualità bianca che talvolta si vede ~nche in Piemonte. Si giunge al primo fiume: il Maragna, _la cui acqua è potabilissima. Si traversa e poco lungi si ritraversa per due ponti sospesi, consistenti in lunghi tronchi d'albero gettati da unà sponda all'altra e sostenuti da liane pendenti da alberi delle · due rive. · · Dopo un'ora sola di marcia, i portatori si fermano stançhi e sudati, chè un sole ardente troppo li affatica. Infatti oggi, piu che nei giorni passati, si sente il calore: il termometro segna 38° all'ombra. Concedo un alt di mezz'ora. Ispezionando i. carichi, mi accorgo che una delle nostre galline è morta probabilmente colpita d'insolazione. Al brev~ riposo faccio segui.re una marcia di due ore, nonostante le recriminazioni dei neri che hanno un po' di fiaccona, ed allora soltanto concedo un'altra breve sosta d'un quarto d'ora sulle sponde del Kituiu, un bel fiumicello le cui sponde hanno una vegetazione veramente tropicale. Superbi palmizi chinano dolcemente le foglie a lambir l'acqua; spira un'arietta fresca: tutto qui riposa davvero il viaggiatore che·cerca ristoro all'arsura del sollione. Venendp a conoséere che a mezz'ora di ~istanz~ scorre un altro fiume, subito facmo partire la carovana alla volta di esso con l'intenzione di piantarvi dappresso il campo,: quest'oggi, essendo partiti tardi, ci bastano tre ore e mE)zza di mar'cia. Que~t'~ltro fiume, detto il Saba, è più grande del K1tum, ma le sue acque sono meno lim-
24 ,pid.e e le sue sponde meno; ricche di v:egetazione. Ment.re si rizza ,la tenda, si montano i nostri letti da campo ed il bois (ragazzo) che fa da cuoco prepara la-.cena cucinando la gallina i;norta, io seduto vicino alle acque correnti recito il Breviario. Sento di farlo con maggior divozione lontano da ogni abi.tazione umana : mi pare che le mie lodi debbano unirsi a quelle della silente natura e giungere più accette al Creatore. Fatta la cena, prima ancora che scendano comple~amente le tenebre, P. Cravero ed io ci ritiriamo ne.Ba tenda; trovandoci sulle rive d'µn fiume, dobbiamo schivare le pericolose punture delle zanzare d11, mal11,ria. E dobbiamo anche pensare ad essere p:r;esti.ad alzarci domattina, a fine di compiere con tranquillità i nostri doveri religiosi e poi metterci in marcia prima del levar del sole. È giovedt santo! - La S. Pasqua nel deserto - Varietà di , vegetazione - Zebre, antilopi e kongoni - Tentazioni di caccia - Aridità desolante della piana - L'oasi nel deserto - Disaccordo tra il mio itinerario e quello dei portatori - Dieci ore di marcia! - Come si tragitta a piedi asciutti un fiume. senza ponte. Giovedl 9 Aprile. È Giovedì Santo! zione; quanto dovrà riusc"ire accetto a Dio il santo Sacrificio offerto in luogo, nel quale certamente mai ancora è stato reso un degho omaggio al Signore di ogni cosa! Il silenzio Non sono ancora le tre che già siamo in piedi : f11,cciamo subito rotolare ed insaccare i nostri letti e convertiamo 111,tendain modesta capD.ue ricche spose wakikuju in gr~nde abito di gala (Da una fotografia Ml Teol. Filippo Perlo) pella. Gli uomini della carovana dormono pro: e fondamenta: ogni cosa tace ancora intorno. f E' Giovedì Santo! Noi qui, lontani da ogni consorzio civile, perduti in una piana senza confini, soddisfaremo al nostro prec,;itto pasquale. Oh quanto è commovente queeta fundel deserto ci raccoglie maggiormente in Dio ed accresce la solennità .del momento: ci pare di meglio sentire 1~ presenza dell'Onnipotente, di essere compresi da un sentimeuto relìgic;>so così vivo e profondo, che non riusciamo a spiegare a noi stessi. Già l'anno
,, scorso ci toccò di ~asteggiare il S. Natale sul mare, la cui immensità, facendoci meglio comprendere la grandezza di Dio, maggiormente faceva risaltare alla nostra mente la degnazione 'di Lui nell'annichilirsi per farsi uomo. Oggi pure fra l'immensità del deserto ,commemoriamo l'istituzione del sacramento dell'Eucaristia, dove Iddio non solo ·si fa simile all'uomo, ma riduce il ·suo corpo sotto le specie di un po' di pane per farsi a lui cibo 4i eterna vita. No, non ci è possibile restare freddi a queste ~onsiderazioni: i nostri cuori si alzano al Signore pieni di riconoscenza e di amore·; lo preghiamo di benedire noi,· il nos~ro Rettore, ,il nostro Istituto, i parenti, i benefattori.·E sentiamo la certezza di essere esauditi..... Alle 4 là. nostra funzione è terminata. Mentre facciamo il ringraziamento, il nostro r'agazzo cuoco ci prepara la colazione. Alle 5,20, benchè sia ancpra un, po' scuro, do il segnale della p~rtenza: tutti si ,-mettono volentieri per istrada, chè la frescura mattutina pare inviti a. sgranchire le gambe, .a respirare a . pieni polmoni l'aria balsamica che spira dolcemente. Si cammina e si cammina : allo spuntar del sole siamo al fiume Sana, un po' piu grande · del Saba e con acqu,e piu ~impide. Su uno dei soliti ponti sospesi attraversiamo ai;iche questo fiume, e continuiamo la strada che sempre, piu s'addentra nella piana, la cui vista finisce per stancare -!'·occhio per la sua uniformità., Qui però·,essa è leggermente ondulata: qua e là sono sparsi molti alberi, che in alcuni tratti sono quasi tutte piante alte e diritte, in altri invece, sono ·piante dal fusto tanto contortO' da formare alti cespugli, Passato il Sana ·cominciamo a vedere gran numero di bestie selvaggia, specialm_ente"zebre, kongoni ed antilopi d'ogni varietà. Qualcuno di questi animali si lascia sorprendere addormentato a pochi passi .dal nostro sentiero: ci sarebbe assai facile colpirlo col fucile, ma per non disturbare la marcia della carovana, co.si béne focàmminata, ci asteniamo da questo innocente piacere. D'altronde, anche ucciso µn capo di questa grossa selvaggina, che he faremmo noi ? N,on possiamo certamente perdere le ore preziose del mattino· a scuoiarlo e squartarlo a fine di prenderne la, pelle e un po' di carne. - ' Frattanto il sole si leva· alto sull'orizzonte ed i portatori, ·dopo piu di due ore di marcia, richi~dono, ed a ragione, una fermata che io volentieri concedo. La nostra via continua quindi nella piana fattasi di un'aridità desolante: la vegetazione è completamente cessata ed il sole caldo, anzi infuocato, rende la marcia pesante. Tuttavia si va avanti, facendo di tanto in tanto un breve alt, e soltanto a mezzogiorno 'Ci è dato arrivare ad. un fiume: il Makindo, le cui acque chiare e le sponde ove lussureggia una floridissima vegetazione tropicale-ci fanno esclamare: - Ecco l'oasi nel des.erto, sia ringraziato il Signore! Ci dissetiamo alle fresche onde e ci riposiamo all'ombra delle stupende palme, che colle larghe foglie ci difendono benissimo dai terribili raggi del sole. Qui la tappa è di un'ora e mezza, e crsi noi, come i portatori, abbiamo tempo a fare il nostro pranzo. Ci accorgiamo che il grande calore ha quasi intieramante guasta la carne che portavamo )con -noi e formava·la parte principale delle nostre poche vettovaglie. Che farci? Con un po' di sacrificio la mangeremo cosi. Completamente riposati, ripartiamo, non senza rincrescimento di abbandonare un luogo tanto incantevole per rimetterci sotto la sferza d1 un sole caldo piu che mai; ma il desiderio di giungere presto al sito fissato per l'accampamento ci incoraggia e non ci lascia perdere piu tempo nelle fermate. Il deserto continua nella sua crudezza; però abbiamo il sollievo di trova.re di tanto in tanto qualche corso d'acqua che lo interrompe per un momento. Passiamo il Kabogo ed alle tre l!-rriviamo al Seca, i\ fiume_piu grande incontrato sul nostro passaggio. Le alte piante delle sue sponde, le acque che tranquille e silenziose scorrono al fondo d'una valletta, fanno anche dt questo punto un'oasi di pittoresca, selvaggia bellezza. I nostri portatori si fermano, nè vogliono piu saperne di andare avanti: essi intendono ch'io pianti qui il campo. Ma non cosi stabilisce il mio itinerario: è mià intenzione di giungere stassera al fiume Darùgo, tre ore circa distante di qui. Un poco colle buone, u~ po' minacciandoli di non pagarli, se non ubbidiscono, li decido a partire dopo tre quarti d'ora di fermata, e cosi, continuando sempre per la piana, arriviamo al Darugo che sono le 6,30 avendo nella giornata compiuto piu di dieci ore di marcia. Qui trovo già accampati una tren~ina di soldati .del governatore, venienti da Nairobi e diretti a Moranga; perciò facéio porre il mio campo sull'altra sponda del Darugo. Questo fiume, largo come il Seca, cioè una quindicina di metri, non ha.ponte: lo tragitto, come il mio compagno, sulle spalle del munia 'npara (capo carovana). Come facilmente si può immaginar11, siamo tutti stanchissimi, quindi, montata in fretta la tenda e preparati i letti, mentre io al chiarore di una candela recito il Breviario, il cuoco fa la cena e poi presto presto ci ritiriamo a godere il meritato riposo. La sveglia alle tre - La luna manca all'appelw - Un tizzone contro le bestie - · Un faro economico - Si barcolla, ma non si cade - Ricordi della Settimana santa in Europa - ,Rag_qiri leciti - Nuova lotta fra i due itinerari - Prove oratorie - Evviva il successo! - Via Crucis pratica - A Nairobi. Venerdì, 10 aprile. La sveglia alle 3 stamattina è per tutto il campo, perchè, essendo venerdi santo e non potendo perciò celebrare, sarebbe mia inten-
26 Jli eo11solata zione sollecitare la partenza e fare molta via prima del levar del sole Ma pur troppo al mi.o desiderio già vedo subito un ostacolo: la luna che oggi è piena e dovrebbe quindi illuminare il nostro stretto sentiero, è al tutto coperta da densi nuvoloni, i quali rendono così fitte le tenebre da non vederci·ad un passo di distanza. Tuttavia sveglio i portatori e spiego loro che, se partiranno adesso, potranno marciare al fresco e riposarsi poi quando il sole sarà caldo. Essi capiscono che ho ragione, ma mi dicono di non voler partire prima perchè è troppa l'oscurità, epp9i per le bestie e principalmente perchè vi è il leone che ren tosie coruma andu (gira e mangia gli uomini). Li esorto ad aver fiducia in me, ad ascoltarmi, e per accrescere valore alle mie parole, preso in disparte il capo della carovana e lodandolo come mio fedele, gli ordino di far disfare tenda e letti e far preparare i carichi pei; la partenza. Gli altri sono ancora un po' titubanti, ma infine si decidono a fare, sebbene lentamente, quanto vien loro comandato. Frattanto un'ora e tre quarti sono perduti. Decido allora di non sprecar piu altro tempo, di non far colazione che molto più tardi alla prima fermata, e di metterci prontamente -in marcia. L'oscurità è ancora perfetta: la carovana si stende in fila serrata preceduta da un nero senza carico con in mano un tizzone, che continuamente agita per conservarne la fiamma ed allontanare le ·bestie; lo segue il capo carovana col fucile e dietro a lui stiamo P. Oravero ed io a fine di rassicurare ·tutti. Dopo di noi un nero porta una candela accesa attorniata da carta onde non venga spenta· dal vento, ed a tale incerto lume procedono tutti gli altri. Si cammina: la tituba.nza e la paura fanno regnare fra i neri un profondo, insolito silenzio, che però io ben presto rompo, mettendomi a zufolare e cantare a mezza voce tutti i motivi che mi vengono in mente. La carovana prende un passo cadenzato e si procede in avanti molto bene. Di tanto in tanto qualcuno, sbagliando lo stretto sentiero fiancheggiato da alte erbe secche, dà un crollo minacciando di cadere: subito.però si rimette in equilibrio ed in fila, serrandosi alle calcagna di colui che lo precede per non più deviare dal sentiero. A poco a poco le tenebre della notte si dissipano e spunta l'aurora, sempre tra nuvoloni minacciosi che camminano pure nella nostra direzione, e la carovana va avanti meno taciturna. Non ci arrestiamo che al fiume Rùiru che incontriamo dopo alcune ore. Esso è largo come il Darugo, le sue acque sono chiare e la vegetazione sulle sponde abbondante. Facciamo un boccone di colazione, fermandoci un venti minuti; quindi, come gli altri fiumi senza ponte, tragittiamo questo sulle spalle del capo. Poi ripigliamo lo stretto sentiero serpeggiante per la piana già scaldata dal sole. Qua e là disturbiamo dal pascolo numerosi branchi di kongoni e di zebre; Spot, il nostro fedele cane che ci accompagna, ne fa fuggire intere mandre col solo abbaiare. · · Mentre così si cammina pensiamo alla g ande solennità del giorno consacrato alla Passione di N. S. Gesù Cristo. Col mio compagno. andiamo rammentando come sempre, nei passati anni, avessimo assistito e partecipato alle così commoventi e ·maestose funzioni della Settimana santa. Quest'anno, inv~ce, non ci è data tanta fortuna..... Ci consoliamo pensando che quanto stiamo facendo è pur esso indirizzato ad uno scopo santo: ad estendere quella Religione, i cui augusti misteri commemoriamo in questi giorni; speriamo che questa marcia faticosa, offerta a Dio, sarà a Lui accetta quanto la nostra devota assistenza alle funzioni della chi~sa, Senza che i nostri uomini se n'accorgano, cerchiamo in tutti i modi · di accelerare la marcia e portarci ava:p.ti nel cammino: vorremmo arrivare a Lemòru domani' sera, ed avere così la spirituale consolazione di passare colà la solennità della Pasqua, funzionando nella chiesetta che già abbiamo in quella stazione. Mercè le nostre industrie, dopo attraversati il Ramati ed il Mundu Moka, ora nella stagione asciutta più che fiumi pantani, alle 12,20 giungiamo ad un affluente del fiume Nairobi con bell' acqua ~ più bella vegetazione. So _che è ferma intenzione dèi portatori piantare qui-H campo e proseguire per Nairobi soltanto domani mattina: difatti la marcia d'oggi sar.ebbe in realtà sufficiente, ma io che ho i miei fini ad avanzare, ricorro ad un altro · artifizio. · , , Chiamo il capo e cos_ì gli parlo: Tu sei un uomo grande e potente; 'di' dunque .una cosa alla carovana, ed essa farà .come tu dirai. Sì, sì è cosi, mi risponde. - Allora riprendo: So pure che tu sei un uomo buono, fedele al bianco e che fai sempre come egli ti dice. - Sì, sì.' - Ebbene, senti, parla così ai tuoi uomini: Ci fermeremo ora al fiume Nairobi per due ore; mangeremo e ci riposeremo molto, eppoi, quando non saremo più stanchi ed il sole non brucierà più tanto, continueremo la strada per Nairobi mocie (la città), e se a Nairobi questa sera dormiremo tutti, io regalerò a te, che sei il capo, tre pezze ed a tutti i portatori due pezze. Adesso va e ripeti ai tuoi uomini il parlare del Patri. Egli resta alquanto perplesso a questa mia proposta proprio inaspettata; sa che se dà retta a me dovrà questionare .coi suoi col pericolo di non venire obbedito; d' altra parte, dopo essere stato da me lodato, troppo gli rincresce perdere la mia stima non facendo come gli dico. Mi guarda un istante senza nulla rispondere; quindi si reca fra i portatori. Io non mi muovo per non inframettermi I direttamente nella cosa: aspetto in disparte l'esito dell'ambas0iata. Osservo che appena il capo ha finito di parlare, tutti si alzano e . conversano fra loro concitati: poco a poco,
]l1 8orisolata 2i però; pare che le cose si aggiustino è volgano a me propizie, giacchè tutti ritornano frettolosi ai loro fuochi guardando se le patate siano abbastanza cotte. Allora il capo ritornasubito,da me, dicendomi contento: Tutti faranno come tu, Patri, hai detto. - Sia rin- .graziato il Signore, esclamiamo· noi. - Suffic·.entemente riposati e ristorati, ripigliamo il cammino, dirigendoci su Nairobi. Sono le 3. Con P. Cravero, unendoci ai fe . deli di tutte le.parti del mondo che in quest'ora Messa sospesa dal temporale - Invasione della tenda-cappella - La consegna di tacere si traduce in quella di russare - Si cambia letto, ma non la musica - La ferrovia e la strada degli Akikuyu - I miei uomini sono staw;hi L'oratoria non giuoca più- L'ultima prova - Buona Pasqua me1-itata. . Sabato santo,,U aprile. M'alzo, com.e nei giorni precedenti, alle tre: oggi la sacra liturgia mi permette di celeFanciulle wakikuju che portano sul d01·so, secondo l'uso del paese, i loro fratellini. :A. sinistra un giovane diciottenne (Dà una fotografia de,l Teologo Filippo Perlo)J santa fanno la Via Crucis, cammin facendo attendiamo a questa .pia pratica. Due volte ci tocca attraversare il Nairobi, il quale segue pure la nostra via, ma con molti serpeggiamenti; dobbiamo arrestarci più volte per lasciar respirare i portatori, e non arriviamo a Nairobi città che quando comincia a farsi notte. Il mio orologio, la cui precisione non garantisco, segna le sette. Faccio porre il campo fuori dell'abita,to e, appena la tenda è pronta, ceniamo e ci ritiriamo _a dormire contenti, sicuri di giungere a Lemòru la sera del ,giorno seguente. (} brare e non intendo di privarmi di tanta for- i tuna. Ma, purtroppo, fatti appena insaccare i letti e preparato l'altare, mentre già stavo indossando i sacri paramenti, si scatena subitamente un furioso temporale. I nostri uomini che, come al solito, se la dormivano i saporitamente all'aria libera, cercano tutti un riparo nella tenda. Debbo naturalmente ritardare la S. Messa, perchè ·come mi sarebbe possibile respingere ques.ta buona gente con tale imperversare del temporale? - Intanto che la I pioggia cade a secchie, recito il mio Breviario; in quanto ai neri, essi da me costretti ad un rigoroso silenzio, si sono accoccolati ben stretti gli uni agli altri ed hanno ripreso
28 1l1 czo.,so_{ata <.Qm==-c=--~~'"'',.,.==•oa~.:!OJ"======l!!IIDP a dormire della grossa in tutte le posizioni immaginabili, ·n più delle quali a noi sarebbe impossibile tenere anche per pochi minuti. Finalmente, dopo un diluviare di tre quarti d'ora, la pioggia cessa: il cielo ridiventa sereno come prima e la luna torna a rischiarare la circostante campagna. E' una buona fatica quella di risvegliare questa gente che russa in tutti i toni, e persuaderla che più non piove e può quindi andarsene a finir d1 I dormire nel primo suo letto; ma infine la tenda è vuotata; se ne chiude l'entrata ed io posso celebrare con grande soddisfazione mia e del compagno. Mi sarebbe assai rincresciuto che la pioggia mi avesse impedita la celebrazione, ~ tanto piu oggi che la Chiesa commemora la risurrezione di N. S. Gesu Cristo. E' mia norma d! no1;1 D?-ùaif:o~ett_ered la S. Mesds~, anc1he nei . v1agg1 p1 at1cos1 e a costo 1 qua unque sacrificio, a fine di rendere sempre iù vero che su tutti i punti della terra s'immola I l'Agnello Immacolato all'Eterno Padre. Siccome so che in otto ore di marcia giungeremo facilmente a Lemòru, così questa mattina non mi affretto più che tanto alla par- I tenza: fatta colazione e allestiti i carichi, ci · mettiamo in via alle sei e mezza. Girando a destra della città, entriamo nella strada ferrata ed in questa proseguiamo per un miglio inglese, quindi, a consiglio dei portatori che dicono migliore la strada degli Akikuyu, abbandoniamo. la ferrovia per entrare in essa. Ben presto, però, mi accorgo come i nostri uomini siano stanchi per le n;iarcie forzate'dei giorni . precedenti: molti rimangono indietro e debbo continuamente raccomandare al capo che tenga riunita la carovana. Mentre gli altri giorni non si facevano fermate che dopo circa due ore di marcia, oggi invece ad ogni mezz'ora debbo concedere un alt d'un quarto d'ora. Cerco di far loro coraggio: dico loro che son uomini ngega e 'ngubo (buoni e forti),_ ma purtroppo l'effetto delle mie parole vale a farli ridere un poco, ma non a farli camminare con maggior lena, ed arriva un punto. in cui essi, per mezzQ del capo, mi significano che nella sera non andranno di certo fino a Lemòru. Questa loro decisione mi sconcerta non poco: ora che il piu è fatto, e che poqhe ore ci dividono dal termine desideratiRsimo del viaggio, sento dirmi che è impossi- . bile fare questo poco cammino, il che è come dirmi che inutilmente ci siamo tanto ingegnati per portarci avanti, e che dobbiamo rassegnarci a passare anche stanotte sotto la tenda e metà del giorno solennissimo della S. Pasqua in viaggi,o... Non mi do per vinto e tento un'altra provà. Faccio ai portatori una buona paternale, prometto loro che se fanno un ultimo sforzo li lascierò poi riposare parecchi giorni, e ·conchiudo con dire che io li lascio e me ne vado · ' a Lemòru, che essi mi seguano pian pianino, ma procurino d'arrivar la sera stessa a Lemòru. Ciò detto con P. Cravero, i nostri due boys ed un altro uomo proseguo il cammino, lasciando alla guida del capo la carovana. Troviamo che la strada presto si converte in sentiero, il quale ancora spesso si biforca:- nessuno di noi è pratico dei luoghi, dobbiamo quindi regolarci colle .indicazioni della gente che incontriamo casualmente. per via. Ci si fanno così attraversare una dozzina di colline, inutilmente, come mi accorsi di poi, e descrivere dei grandi circoli viziosi, con molto spreco di tempo e di fatica. Ma finalmente, dopo cinque ore di tale faticoso viaggio, giungiamo a Lemòru con un lungo sospiro di soddisfazione. Ci siamo guadagna.ta la buona Pasqùa ! Ci viene incontro il nostro caro D. Gays, che troviamo in ottima salute. Dopo una brevi;) ma fervida preghiera nella rozza nostra cap'pelletta, apprendiamo le novità d'Europa, tra cui ci empie di gioia quella del prossimo arrivo dei confratelli e delle suore. La cara notizia contribuirà anch'essa a farci p!)-SSare in santa allegrezza il giorno del so7,e , la S. Pasqua. La carovana arriva sul far della notte, e così il nostro viaggio da Moranga a Lemòru si può dire esser stato buono e felice sotto ogni rapporto, grazie a Dio ed alla protezione della Vergine SS. della Consolata. D. PERLO GABRIELE. Inaugurazioqe del culto alla Coqsolata nella parrocéhia di S. Francisco in Pioss-asco La domenica 13 settembre u. s., giorno sacro al nome di Maria SS., nella chiesa parrocchiale. di S. Francesco in Piossasco aveva luogo la benedizione di un quadro della Consolata, che si esponeva alla ·pubblica venerazione. Il tempio testè ingrandito e restaurato, era gremito da folla• straordinaria.. Ter.m:inati i v.espri,. lo zelan.te. parroco, in analogo discorso, esponeva le circostanze che portarono all'offerta del _quadro ed esortava i suoi parrocchiani a ravvivare la loro fiducia nella Madre di Consolazione ; procedeva quindi alla benedizione rituale della
ll1 8011solata _29 Q:13!!.!!!e==;:;:)~-==.,;,~-==iS>4~,Qlili;i;;;;;;=i.,;,l==-a" sacra effigie, fra la viva religiosa commo1 zione di tutti gli astanti. La divozione alla Consolata gia era conosciuta e praticata nel p~ese, che da tempi remoti ha nel suo territorio una cappella a Lei dedicata, ove ogni anno si festeggia divotamente il 20 giugno; ma anche nella chiesa parrocchiale la V ergine SS. voleva aprire la mistica sorgente delle sue conso- ·lazioni; ed a ciò addivenne per mezzo di una grazia singolare. Ecco il fatto nelle sue semplici circostanze: • PAOLINO GAROLA, di Alfonso e Giulia Fontana, non aveva ancora due anni quando fu preso dal morbillo, il quale gli lasciò tali tristi residui che il povero piccino n'ebbe crudelmente a soffrire per sette anni. Dopo avergli cagionato uno spurgo continuo alle orecchie, l'infezione gli si propagò alla gola e ~ia incominciava a prodursi un'ulcera nel petto... Tutto ciò che l'arte medica poteva suggerire, venne esperimentato dagli a:ffiittissimi genitori; consultarono i primari specialisti, ma purtroppo tutti indistintamente pronunciarono la stessa sentenza: essere necessaria una pericolos~ operazione chirùrgica. Il cuore dei genitori, temendone un esito fatale, non sapeva decidersi a questo estremo rimedio. Ma in sul principio dell'agosto del 1901 H povero Paolino peggiorò tanto e così repentinamente, che s'impose terribile l'alternativa: o farlo operare, o lasciarlo morire..... « La scelta non poteva più esser dubbia: tutto si tenti e si faccia per strappare alla morte radorato figliuoletto... Eppure la povera mamma lotta ancora contro la stessa decisa sua volontà.... Il cuore - che cosa non intuisce ·n cuore materno?-- il cuore le dice che la Co~solata·può fare una grazia ·grande come l'afflizione che in quel punto la strazia... Chiede ai chirurgi una dilazione di pochi giorni, e frattanto supplica la Ponsolata ,di guarirle il suo Paolino, senza ch'egli debba patire lo strazio dei ferri con evidente pericolo di soccombervi... . E .Maria pietOsamente esaudisce la preghiera sgorgata in un impeto di suprema angoscia dal petto di una madre. Nella breve dilazione il pericolo di morte è scongiurato: Paolino è salvo! Salvo senza che più sia stata necessaria l'operazione, ed in breve è, completamente ristabilito in salute. ' « Fedele àd una promessa fatta, la mamma unitamente alla famiglia tutta compresa dalla più viva gioia e gratitudine, donava alla parrocchia di S. Francesco U:n' effigie della Consolata, rassomigliantissima alla taumaturga del Santuario, chiusa in ricca cornice ,e promoveva la narrata funzione. Il piccolo Paolino nella stessa chiesa faceva la sua prima comunione _il 24 settembre, festa della Madonna della Mercede • • Si spera che tra poco il quadro della _Consolata possa essere collocato su di un marmoreo altare, d'onde, come da nuovo trono di grazia e di misericordia, Maria SS. protegga la divota Piossasco e le terre limitrofe. I DUE FIORETTI per l'anno della Consolata non potevano avei·e più volenterosa accogliénza. I nuovi abbonamenti al Periodico, procuratici nella 2a quindicina di gennaio, sono già più di mille, e tutto fa sperare che co~tiiÌ,ueranno col medesimo slancio a misura che cì avviciniamo I alla sospirata solennità. Pertanto a chi ci domanda: che cosa presentare alla Consolata all'avvicinarsi delle grandi feste pel suo centenario.~ Rispondiamo: fatevi apostoli della sua divo- I _zione, col diffondere il'Periodico che narra le glorie di Lei e colle iscrizioni alla nuova Compagnia della Consolata. Proponiamo, quindi, che prima delle feste centenarie ciascuno dei nostri lettori 1° procuri un nuovo abbonato al nostro Periodico; - 2° iscriva se stesso e faccia iscrivere almeno un'altra persona alla nuova Compagnia della Consolata. I nomi di quelli che praticheranno questi due fioretti saranno segnati sopra un Grande Album d'onore, che depositereno presso : l'imagine miracolosa, lasciandovelo in perpetuo quale ai-ra di celesti benedizioni.
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