Missioni Consolata - Febbraio 1904

26 Jli eo11solata zione sollecitare la partenza e fare molta via prima del levar del sole Ma pur troppo al mi.o desiderio già vedo subito un ostacolo: la luna che oggi è piena e dovrebbe quindi illuminare il nostro stretto sentiero, è al tutto coperta da densi nuvoloni, i quali rendono così fitte le tenebre da non vederci·ad un passo di distanza. Tuttavia sveglio i portatori e spiego loro che, se partiranno adesso, potranno marciare al fresco e riposarsi poi quando il sole sarà caldo. Essi capiscono che ho ragione, ma mi dicono di non voler partire prima perchè è troppa l'oscurità, epp9i per le bestie e principalmente perchè vi è il leone che ren tosie coruma andu (gira e mangia gli uomini). Li esorto ad aver fiducia in me, ad ascoltarmi, e per accrescere valore alle mie parole, preso in disparte il capo della carovana e lodandolo come mio fedele, gli ordino di far disfare tenda e letti e far preparare i carichi pei; la partenza. Gli altri sono ancora un po' titubanti, ma infine si decidono a fare, sebbene lentamente, quanto vien loro comandato. Frattanto un'ora e tre quarti sono perduti. Decido allora di non sprecar piu altro tempo, di non far colazione che molto più tardi alla prima fermata, e di metterci prontamente -in marcia. L'oscurità è ancora perfetta: la carovana si stende in fila serrata preceduta da un nero senza carico con in mano un tizzone, che continuamente agita per conservarne la fiamma ed allontanare le ·bestie; lo segue il capo carovana col fucile e dietro a lui stiamo P. Oravero ed io a fine di rassicurare ·tutti. Dopo di noi un nero porta una candela accesa attorniata da carta onde non venga spenta· dal vento, ed a tale incerto lume procedono tutti gli altri. Si cammina: la tituba.nza e la paura fanno regnare fra i neri un profondo, insolito silenzio, che però io ben presto rompo, mettendomi a zufolare e cantare a mezza voce tutti i motivi che mi vengono in mente. La carovana prende un passo cadenzato e si procede in avanti molto bene. Di tanto in tanto qualcuno, sbagliando lo stretto sentiero fiancheggiato da alte erbe secche, dà un crollo minacciando di cadere: subito.però si rimette in equilibrio ed in fila, serrandosi alle calcagna di colui che lo precede per non più deviare dal sentiero. A poco a poco le tenebre della notte si dissipano e spunta l'aurora, sempre tra nuvoloni minacciosi che camminano pure nella nostra direzione, e la carovana va avanti meno taciturna. Non ci arrestiamo che al fiume Rùiru che incontriamo dopo alcune ore. Esso è largo come il Darugo, le sue acque sono chiare e la vegetazione sulle sponde abbondante. Facciamo un boccone di colazione, fermandoci un venti minuti; quindi, come gli altri fiumi senza ponte, tragittiamo questo sulle spalle del capo. Poi ripigliamo lo stretto sentiero serpeggiante per la piana già scaldata dal sole. Qua e là disturbiamo dal pascolo numerosi branchi di kongoni e di zebre; Spot, il nostro fedele cane che ci accompagna, ne fa fuggire intere mandre col solo abbaiare. · · Mentre così si cammina pensiamo alla g ande solennità del giorno consacrato alla Passione di N. S. Gesù Cristo. Col mio compagno. andiamo rammentando come sempre, nei passati anni, avessimo assistito e partecipato alle così commoventi e ·maestose funzioni della Settimana santa. Quest'anno, inv~ce, non ci è data tanta fortuna..... Ci consoliamo pensando che quanto stiamo facendo è pur esso indirizzato ad uno scopo santo: ad estendere quella Religione, i cui augusti misteri commemoriamo in questi giorni; speriamo che questa marcia faticosa, offerta a Dio, sarà a Lui accetta quanto la nostra devota assistenza alle funzioni della chi~sa, Senza che i nostri uomini se n'accorgano, cerchiamo in tutti i modi · di accelerare la marcia e portarci ava:p.ti nel cammino: vorremmo arrivare a Lemòru domani' sera, ed avere così la spirituale consolazione di passare colà la solennità della Pasqua, funzionando nella chiesetta che già abbiamo in quella stazione. Mercè le nostre industrie, dopo attraversati il Ramati ed il Mundu Moka, ora nella stagione asciutta più che fiumi pantani, alle 12,20 giungiamo ad un affluente del fiume Nairobi con bell' acqua ~ più bella vegetazione. So _che è ferma intenzione dèi portatori piantare qui-H campo e proseguire per Nairobi soltanto domani mattina: difatti la marcia d'oggi sar.ebbe in realtà sufficiente, ma io che ho i miei fini ad avanzare, ricorro ad un altro · artifizio. · , , Chiamo il capo e cos_ì gli parlo: Tu sei un uomo grande e potente; 'di' dunque .una cosa alla carovana, ed essa farà .come tu dirai. Sì, sì è cosi, mi risponde. - Allora riprendo: So pure che tu sei un uomo buono, fedele al bianco e che fai sempre come egli ti dice. - Sì, sì.' - Ebbene, senti, parla così ai tuoi uomini: Ci fermeremo ora al fiume Nairobi per due ore; mangeremo e ci riposeremo molto, eppoi, quando non saremo più stanchi ed il sole non brucierà più tanto, continueremo la strada per Nairobi mocie (la città), e se a Nairobi questa sera dormiremo tutti, io regalerò a te, che sei il capo, tre pezze ed a tutti i portatori due pezze. Adesso va e ripeti ai tuoi uomini il parlare del Patri. Egli resta alquanto perplesso a questa mia proposta proprio inaspettata; sa che se dà retta a me dovrà questionare .coi suoi col pericolo di non venire obbedito; d' altra parte, dopo essere stato da me lodato, troppo gli rincresce perdere la mia stima non facendo come gli dico. Mi guarda un istante senza nulla rispondere; quindi si reca fra i portatori. Io non mi muovo per non inframettermi I direttamente nella cosa: aspetto in disparte l'esito dell'ambas0iata. Osservo che appena il capo ha finito di parlare, tutti si alzano e . conversano fra loro concitati: poco a poco,

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