8 lll ' <2011solata (Costanzana) - Suor Maria Daria (Cusiano) - Suoi· Eugenia dell'Immacolata (Mondovì-Breo) - Suor Antonia Zaccaria (Cusano) - Suor Scolastica di S. Benedetto (Sala Monferrato) - Suor Ciriaca (Gallino) - Suor Angela Carola (Gaggio Montano) - Suor Gundene (Revò). Sboria tlBl Saqbuario d01la Oonsolaba IN TORINO ~=~=wt:""ìl---- CAPO VI. Il cieco di Brianzone e la_visione di cui fu fav,orito. Brianzone è una piccola città di quella regione della Francia confinante colla Savoia che si chiama Delfinato. Ivi viveva nel 1104 un certo Giovanni Ravacchi o Ravachè, insieme con due suoi fratelli, di lui minori in età. Il non esservi fatta menzione dei loro genitori, fa supporre che essi già fossero morti al tempo in cui avvennero i fatti che stiamo per narrare: si sa però che erano persone di nobile stirpe e che avevano lasciato ai figliuoli un pingue patrimonio. Alcuni autori pongono in dubbio se la famiglia dei Ravacchi fosse originaria di Brianzone, oppure se vi si fosse per politiche vicend_e trapiantata; più tardi essa passò poi a S. Maurizio Canavese e successivamente, per gli impieghi ottenuti, a Torino. Giovanni Ravacchi sul fiore dell'età, ricco di censo, era tuttav~a infelice, perchè cieco dalla nascita. Fervoroso e pio cristiano, egli .trovava un grande conforto nella religione e sopportava rassegnato al volere di Dio la dura sua sorte; nutriva però un vivo desiderio di poter contemplare lo spettacolo grandioso della creazione, e gli splendori di quella luce che riverbera sul mondo visibile un raggio delle eterne bellezze del cielo. E per uno spirituale istinto, di cui egli stesso non sapeva rendersi ragione, il povero Giovanni pregava spesso Iddio e la Vergine 88. ad I avere pietà della sua sventura, sebbene sapesse che la scienza medica.era impotente a rimediare alla di 1ui cecità, e soltanto avrebbe potuto dargli la vista un miracolo, che nella sua umiltà non osava in alcun modo sperare. Taluno forse al vederlo così virtuoso e pio, ma pure così tribolato e privo di quel senso· che è tanta parte della nostra esistenza e che Iddio non nega agli uomini più tristi, avrà, come i falsi amici di Giobbe, argomentato contro la religiosità dél Ravacchi, e preso dal suo misero stato argomento di mormora- .zioni e _di scherni contro la divina provvidenza. Così operano coloro che ignorano essere talora le più grandi sventure ordinate a manifestare la gloria e la potenza di Dio. Tale fu la cecità di parecchi l!Omini di cui narra il Vangelo; tale fu quella di GiovanniRavacchi. Sul fare del mattino di un giorno del giugno 1104, il pio cieco ebbe un sogno, o meglio diremo· una visione, che se non potè rimirare cogli occhi del corpo, contemplò tuttavia chiaramente collo sguardo dell'anima. -Sotto·i ruderi di un tempio diroccato, vide sepolta i' imagine di una Signora di celestiale bellezza, la quale teneva in braccio dal lato sinistro un Bambino tutto grazia e maestà. L'imagine irradiava torrenti di luce fra le tenebre che la circondavano (Vedi incisione a pag. 9 ). Mentre il Ravacchiestatico, col cuore innondato di gioia sovrumana godeva dell'apparizione meravigliosa, gli fu rivelato che a Torino in Piemonte, fra le macerie di una distrutta cappella giaceva dimenticata una preziosa Imagine di Maria Santissima, çhela Vergine benedetta lui aveva prescelto a rimetterla nel dovuto onore: andasse perciò a Torino, facesse scavare nel luogo che gli sarebbe a suo tempo indicato finchè fosse ritrovata1a santa Effigie, davanti a cui egli avrebbe ottenuto la luce degli occhi. Tacque l'arcana voce, scomparve la visione, ma Giovanni Ravacchi sentì che da quel punto cominciava per Iui una nuova vita. Vedevasi di tratto consolato dal cielo con uno di quei favori straordinari, che il Signore raramente concede anche alle anime a Lui più care; eletto ad una missione, non .pure in sommo grado onorevole, ma degna degli angioli, colla promessa di ottenere ciò che • I
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