Missioni Consolata - Giugno 1903
l l· i i 1 j l f f 1 r t l ! l l 94 1a - eoflSO{ata Q lÙogo delle autorità giudiziarie, portammo Teresina all'Ospedale di S. Giovanni. Si te– meva che ci fossero lesioni interne non rive– latesi così alla prima, o una polmonite latente e, più di tutto, si temeva lo sviluppo del te– tano. Ma pas!;arono le ore terribili: Teresina fu presto fuori di pericolo ed in via di guarigione, ed all'inenarrabile dolore mio e della famiglia furono un grandissimo conforto e compenso le cure diligentissime ed affettuose prestate alla bimba salvata, i riguardi a me usati al- ~~. l'osr)edale dai sanitari egregi e dalle suore, le dimostrazioni di pietosa simpatia giuntemi da • nobili e gentili persone Verso tutti sarà eterna J la mia riconoscenza. i,l Ma la suprema, fervente mia gratitudine è ? per lfaria SS. Consolatrice. Un primo ringra- ~~,,,· ziamento, in un palpito di gioia ineffabile, Le inviai già, come dissi, nel terribile momento della prima minuziosa visita medica. E man mano che (colla confessione del reo e col rac ~ conto della vittima) si potè ricostruire in tutte \ le sue circostanze il fatto, che ancora mi ap- , pare un so~no spaventoso, ho sentito più vivo ~l il bisogno di proclamare in faccia a tutti che i;, se ho potuto riav.ere così la mia Teresina, lo devo ad una grazia specialissima della Con– solata. Il 6 maggio mia madre, che era venuta a coabitare con noi, faceva trasportare alcune sue masserizie nel nostro alloggio. E~sendone perciò aperto l'uscio, fu facile a Teresina, un vero frugolo, sgattaiolare sulla scala, tanto più che era assente per malattia una servetta che ten!!o appunto per custodire la bimba e che il fratellino di lei, Michele, di 11 anni, sa- ~ .. 1 liva e scendeva divertendosi a trasportare pie- ? coli oggetti. Lo spazzaturaio del pa azzo, certo ~ Giovanni Gioii, il quale era tenuto come un • 1 mezzo scemo innocuo ed era solito giuocare coi bambini dei casigliani, incontrata la Tere– sina per le scale, trovò modo di eludere la sor- ~ veglianza di Michele e di trarsela dietro fino ad 1 uno dei cancelli che immettono alle cantine, di cui vi sono due piani sotterra. Il Gioii quella sera, come · altre volte, se n'era fatto consegnare dal portinaio la chiave, dicendo di voler spazzarP i corridoi. Narra l'intelligente mia Teresina (e col suo racconto concorda pienamente la confessione del reo) che, aperto il cancello, il Gioli la invitò a scendere con lui. La piccina, come tutti i bimbi abborrente dal buio, si rifiutava: allora il miserabile, fingendo scherzare, l'afferrò per la vestina e la trascinò giù giù, fino al piano dei cosidetti infernotti Là, nel buio fitto, con una mano l'afferrò nel mezzo della schiena, poi la scaraventò al suolo, tal quale si farebbe d'un gattino che si vuole ammazzare. La bambina, che è straordinariamente coraggiosa, forte e svelta, benchè il capo le dolesse in modo or– ribile, cercò di rialzarsi, di reagire, divinco– landosi, dibattendosi, urlando. Sul suolo, dove l'innocente giacque, si trovarono lunghi segni tracciati dalle unghie delle manine di lei, che p nelle contratture di uno spasimo atroce cerca– rono inutilmente qualcosa a cui aggrapparsi... Per ridurla al silenzio, quella belva in umane sembianza colle mani robuste la serrò alla gola, !asciandole tali lividure che riesce umana– mente incomprensibile come una tenera bimba, stretta così, non sia rimasta soffocata. - Quando il mnùè (spazzaturaio j mi stranyolava disse una brutta parola: Dio... poi un'altra an– cora più brutta: Dio f:.. Le maestre all'Asilo ci hanno insPgnato che quando gli uomini di– cono brutte parole, bisogna dire: Dio sia bene– detto! ma lui mi serrava tanto il collo che io non poteva dido.. - Così narrò Teresina al giudice istruttore. - Poi, tenendola sempre col viso contro terra, il manigoldo cominciò a colpirla con un piccolo coltello sulla testa, sul collo, sul dorso, godendo dei gemiti, delle con– vulsioni della innocente sua vittima... Ad un tratto, lasciar do a mezzo l'opera nefanda, l'ab– bandonò, risai\, riconsegnò le chiavi al porti– naio. La povera bimba, oramai impotente ad al– zarsi, udì i passi del suo carnefice che s'allon– tanava e lo chiamò disperatamente:- 1\Ini~è! mnisè!- ~a inutilmente; udì il cigolare del cancello cbe la chiudeva viva in quella tomba, dove continuarono a giungerle fino a sera inol– trata i rumori del cortile, senza che ella riu– scisse a fare intendere da alcuno le grida con cui chiamava la mamma, il babbo, la sorella e tutti i suoi cari. Trascinandosi carponi, ta– stando colle mani e coi piedi tentò di trovare l'uscita, e intanto gemeva:- Madona bela, Ma– dona dla Consulà, f'eme trouvè la porta!- Com:e abbia passata la notte Teresina non sa dire; ad un certo punto dev'essere rimasta in uno stato d'intorpidimento, mezzo svenuta e mezzo as– sopita, per l'esaurimento nervoso prodotto dalle terribili emozioni ... Ma la Madonna bella vegliava su di lei, che quel giorno stesso per fare il fioretto del mese mariano, aveva voluto rimanere senza frutta a colazione; e le fece trovare, insperatamente, la porta il seguente mattino. Ed ecco cnme: il portinaio dell'entrata principale, Carlo Tosi, un ex carabiniere da pochi mesi assunto a quelc l'impiego, al pari del suo collega del portone secondario, prendeva viva parte al dolore della mia famiglia, e fin dalla sera precedente, come ho accennato, aveva visitato con esito nega– tivo qualche sotterraneo, tra cui quello dove fu rinvenuto il cadaverino della povera Vero– nica. Il mattino del 7 ebbe il pensiero di vi· sitare anche i rimanenti, ed incomin~iò da quelli siti sotto l'andito che va verso l'uscita di via del Carmine. Perlustrato il grande corridoio del primo piano di cantine, discese a quello degli infer– notti. Contro la porta di uno, al debole lume della candela che teneva in mano, scorse un oggetto simile ad un involto di panni.. Si chinò per osservarlo: era il corpicino immobile della mia Teresina! Il visino di lei emaciato, scuro, di un colore indefinibile, sembrava co-
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