Missioni Consolata - Aprile 1903
64 J.!l eo.,solata ammonitrice buona col suo esempio della ge– nerosità con cui bisogna piegar le spalle al peso della croce, se pur si voglia essere non indegni del nome di Cristiani. IL traggono il loro vitale nutrimento. L'obolo della carità affluì ad ogni umana miseria in quei sacri refugii raccolta, affluì da cuori che la Consolata aveva resi pietosi, la Con– solatrice avea educato e formato consolatori. Non si può amare Maria e venerarla senza sentirsi accesi alla imitazione di Lei; chi la :1 saluta consolatrice sente accendersi dentro un grande e misterioso desiderio di non !asciarla 1 sola nelle grandi opere di umana pietà. Consolatrice col ricordo dei suoi dolori, lo spettacolo della sua fortezza, Maria lo è da ul– timo colle ispirazioni della sua botità. Io vo· glio tacere oggi dei benefizi che qui essa me– desima direttamente ha fatti - lunga storia dei cui documenti è pieno il santuario, è un monumento esso in ogni sua pietra, lunga storia a cui forse ciascuno di voi potrebbe aggiungere un commovente capitolo - voglio tacere dei benefizi che essa ha fat t o, per ri– cordar solo quelli che ha ispirati ed ispira. Questa fine del mio discorso si ricollega ora spontaneamente al principio; è un'altra bene· merenza sociale del culto a Maria che quei fatti proclamano colla loro invitta eloquenza. Maria Consolatrice è ispiratrice feconda di umana pietà, i consolati da Lei diventano spontaneamente consolatori. Io mi guardo d'intorno e veggo proprio, si può dire, al· l'ombra del santuario, crescere, giganteggiare due opere di cristiana ed umana pietà, due opere che Torino può senza orgoglio additare agli stranieri che vengono a · visitarla, due opere per cui Torino non è solo la città della Consolata e del Corpus Domini, è la città della carità... e a cui la vecchia, la cristiana parola non basta, non piace, dicano pure, chè fJ è a posto perfettamente, della filantropia. ~ Coloro ai quali sembra che la pietà dissecchi ~ i cuori, li rimpicciolisca, che non serva in l! ogni caso a nulla, o serva ben poco, sì costoro vengano qua e vedano: venite et videte. f1 La pietà.... o signori e fratelli miei, essa ~ non è troppa davvero al mondo: in questa 1; società dove tanti ridono ancora spensierati e tanti piangono disperati le loro lagrime più calde, la pietà manca - noi siamo an– cora feroci. E pur troppo a vece di diffon- Eccovi accanto alla Consolata, e non per caso, il Gottolengo e D. Bosco - un'opera caritatevole che vive da più di cinquant'anni l d'amore e di preghiere, un'opera che da poco ,1 meno vive di una operosità indefessa - quella ~ tutta in sè romita e raccolta, questa tutta ~ fiammante ed espansiva. Non a caso le due l opere sorgono vicino al santuario, poichè di .' qui trassero la loro ispirazione prima, di qui derla, accrescono l'odio molti di coloro che si atteggiano ad una affannosa sollecitudine so– ciale, che (orse da tal sollecitudine sono since– ramente compresi. C'è una gran propaganda di odio, forse inconscia ma efficacissima in basso - e c'è in alto, ma nelle altezze pa– gane, una propaganda di egoismo, di odio, contro chi sta in basso. Di fronte alla duplice propaganda stia e cresca, o miei signori, questa grande scuola di cristiana e di umana pietà: la Consolata. Qui vengano le nuove generazioni ad apprendere da .Maria che non si è cristiani per davvero se non si ama, che la più cristiana delle opere è l'opera della consolazione... tergere lagrime, fasciare ferite, spargere balsamo su cicatrici sanguinanti an- cora - e mentre il Tempio materialmente si rinnova e si ingrandisee, cresca la sua effi– cacia cristiana ed umana ; stia il nuovo san– tuario in una Torino più numerosa, più ricca, e ciò che più importa, più giusta e più mi– sericordiosa, stia palladio insieme di fede e di civiltà, di fede che non muore, di civiltà che all'ombra della croce ascende pacifica e sicura.
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